L'ombra di Peter.
4
La boscaglia era immersa nella nebbia, e il vento soffiava, facendola muovere come onde del mare. Vagai tra quegli alberi per molto tempo, probabilmente girando in tondo, perdendo quasi la cognizione del tempo, poi al tramonto cominciò a piovere. Le gocce scivolavano tra le foglie creando quel suono che assomiglia al mare che si incontra con la riva, per poi tornare indietro, come per fuggire, spaventata da ciò che l'acqua vede in questo mondo.
Arrivata la pioggia la nebbia si abbassò, come appesantita dall'acqua, rilevando la fine del bosco. Mi accostai agli ultimi alberi, appoggiandomi per riposare un attimo. Erano ore che non sentivo più i miei inseguitori, ero bagnato, stanco e affamato. Oltre il bosco, c'era una piccola collina che scendeva, e riuscivo a distinguere una luce in lontananza, immersa nella penombra del crepuscolo. Sembrava la luce di una finestra. Forse c'era qualcuno che poteva aiutarmi. Forse erano i bambini sperduti. Mi incamminai con le ultime energie che mi erano rimaste verso la luce.
Quando arrivai, vidi questa casa, a due piani, con una stalla accanto. Nel giardino c'erano dei cani, che quando mi avvicinai cominciarono ad abbaiare e a venirmi incontro. Uno di loro, il più grosso, aveva una catena, che quando portò al massimo della gittata, lo soffocò per un istante. L'altro cane, molto più piccolo non era legato, e mi venne incontro abbaiando. Altre luci si accesero nella casa.
«Cosa c'è belli?» spalancò la porta un uomo dalla voce anziana. Aveva un cappello di paglia molto grande, e un fucile imbracciato con due mani. Non era un bambino sperduto.
«Chi è là?» disse avvicinandosi, «Vieni sotto la luce dove posso vederti.»
Feci qualche passo verso di lui, poi la mia testa si fece leggera, e tutto ciò che avevo intorno cominciò a girare, per qualche istante sentii ancora il mare in tempesta, che si abbatteva con furia, prima di cadere in un buio profondo.
Aprii gli occhi. Ero disteso su un divano accanto ad un camino acceso. Mi alzai di scatto, e mi tolsi le coperte di dosso. Le mie ferite erano fasciate, ma sentivo ancora male in tutto il corpo. Ero in un salotto, con teste di animali impagliati al muro, che sembravano fissarmi, giudicarmi dall'alto. Quegli sguardi freddi, tutti su di me mi terrorizzavano. Forse loro sapevano cosa volesse dire Trilli "mi hai abbandonato" pensavo, "io ti ho aspettato ma tu non sei arrivato". Non aveva senso, non capivo cosa volesse dire Trilli, non avevo memoria di quello che era successo prima della mia cattura. "Wendy" tornai a pensare a lei e al fazzoletto che Uncino mi aveva mostrato. Dovevo trovare anche lei. Ma da dove iniziare? Poi mentre ero immerso nei miei pensieri, mi accorsi dopo qualche istante, che la mia ombra stava saltellando, facendomi segno con il braccio per attirare la mia attenzione. «Cosa vuoi tu adesso?» dissi guardandola muoversi verso la porta della stanza. «Non ho tempo per te ora, mi hai dato già abbastanza problemi in passato.» L'ombra cominciò ad indicare la porta insistentemente, portando la mano dietro l'orecchio, come per dirmi di ascoltare. Allora mi alzai e feci qualche passo incerto verso di lei. Presi la maniglia tra le mani e aprii la porta lentamente. C'era una voce ovattata che parlava «...Per stasera è tutto, qui da Radio informazione è tutto. Torneremo più tardi con aggiornamenti sul caso.» Poi sentii della musica classica che proveniva dall'apparecchio al piano di sopra. Le scale erano ripide, e coperte con un tappeto rosso inchiodato ai gradini. Salendo le scale sembrava di calpestare una grossa lingua rossa, come se stessi uscendo dalla bocca del Coccodrillo. Poi di nuovo quel rumore "Tick Tock...Tick Tock...", terrorizzato mi gettai a terra nascosto tra i gradini, il suono proveniva dal piano di sopra. Lentamente strisciai su per le scale, cercando di non fare rumore, anche se il legno sotto di me scricchiolava terribilmente. Arrivato in cima, mentre il mio cuore stava scoppiando, mi trovai davanti un uomo anziano, con pochi capelli bianchi in testa, che mi sorrideva, come divertito da quella scena. «Tutto bene?» mi disse allungandomi la mano, «Cosa stai facendo lì a terra ragazzo?»
«Sono scivolato»
«Hai fame ragazzo? Come ti chiami?»
«Peter. Si ho molta fame.»
«Andiamo Peter, ho una zuppa di ceci con il pomodoro.»
Mi aiutò ad alzarmi, e mi fece strada lungo un corridoio pieno di armi da caccia appese, il ticchettare proveniva da un grosso orologio a pendolo che sembrava essere lì da secoli. Mi sentivo davvero stupido in questo momento, poi sentii un buon profumo provenire dalla cucina, una stanza calda, illuminata da un camino con un pentolone appeso sul fuoco. Dentro sfrigolava qualcosa di liquido. La pioggia fuori era aumentata, contro le finestre sembrava ci fossero delle cascate d'acqua che impedivano di vedere il panorama fuori. L'uomo versò dentro una scodella la zuppa che stava cuocendo nel pentolone e me la mise davanti, mentre mi accomodava su una sedia.
«Cosa ti sei fatto Peter?»
"I pirati" avrei voluto dire in quel momento. Ma non potevo, dovevo inventarmi qualcosa e sperare che il vecchio credesse alle mie parole.
«Un lupo, oppure un grosso segugio nel bosco qui vicino.» dissi con la bocca piena di zuppa, come a voler mascherare la menzogna.
«Lupi?» piegò la testa guardandomi di traverso, «qui a Hellingly?»
«Hellingly?»
«Si ragazzo. Siamo a sessanta miglia da Londra.» disse il vecchio guardandomi con fare interrogativo. «Quanto tempo hai camminato?»
«Ho perso il senso del tempo signor...?»
«Thomas.»
«...Thomas.» conclusi mentre mandavo giù un boccone di pane, «ho viaggiato molto, dopo che sono rimasto a piedi con la macchina, stavo cercando aiuto e sono stato inseguito da questa belva, e fuggendo mi sono perso.»
Thomas mi stava guardando con un'espressione interrogativa. Sembrava ascoltare la mia storia e basta. Si era creato un silenzio eterno, ed ogni istante che passavamo in silenzio, mi forava lo stomaco, come se fosse percorso da piccoli agi; venne interrotto dallo squillare di un telefono, che proveniva da qualche parte oltre il corridoio dell'orologio a pendolo. Sentii staccarsi di netto lo sguardo del vecchio su di me «Mangia pure quanto vuoi Peter.» disse mentre si alzava per andare a rispondere. Sentivo i suoi passi pesanti allontanarsi, mentre io con la testa china sul piatto, non mi attentavo a girarmi, come se avessi rivelato il mio inganno.
«Pronto...si...certo, capisco.»
La musica che suonava nella radio smise, e un uomo dall'altro lato prese a parlare dopo una sigla che richiamava l'attenzione. «Qui è Radio Informazioni. Non ci sono aggiornamenti sull'uomo scappato dall'ospedale psichiatrico di Hellingly. L'uomo è molto pericoloso. La polizia esorta ad avvertire subito se avvistate questo paziente. L'uomo ha circa ventotto anni, magro con i capelli castani. Il paziente, di nome Peter ha già ucciso degli uomini durante la fuga. Non fate gli eroi e non invitate assolutamente in casa vostra quest'uomo.» il boccone mi si bloccò in gola. Stavano parlando di me. E se Thomas avesse già sentito l'annuncio?
Preso dal panico mi alzai di scatto, sentendo che il vecchio stava tornando nella cucina, quando vidi la mia ombra allontanarsi da me, staccandosi completamente, come spesso succedeva quando la perdevo. Poi un urlo soffocato provenire dal corridoio, e rumore di legno distrutto. Rumori di lotta provenivano dal corridoio. Le mie gambe erano paralizzate dalla paura, e da fuori riuscivo a sentire i cani che stavano abbaiando fortissimo, come se li avessi contagiati con il mio terrore. Lentamente sentii i tonfi sul pavimento calare, e con coraggio mi addentrai nel corridoio. Quando accesi la luce vidi la mia ombra con le mani al collo del vecchio, che era a terra, privo di vita.
«Cosa diavolo hai fatto?!» dissi mentre cadevo in ginocchio sentendomi mancare l'aria. I cani fuori abbaiavano sempre più forte. Uno di loro, probabilmente il cane più piccolo stava grattando contro la porta d'ingresso furiosamente, come se sapesse quello che stava accadendo in casa, e volesse aiutare il suo padrone. L'ombra, staccate le mani da Thomas prese uno dei fucili che era appeso alla parete del corridoio, e si diresse verso l'ingresso, dove il cane stava cercando di entrare. Mi alzai di scatto, e cercai di fermare la mia ombra, mettendomi in mezzo al corridoio. Con un colpo rapido del calcio del fucile mi scaraventò a terra. Mi fischiavano le orecchie, e avevo la vista appannata. Cercai di strisciare sul pavimento per avvicinarmi all'ingresso.
Poi la porta si aprì. Sentii uno sparo tuonare fuori, e un guaito. Poi buio.
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