Sesto


Steph si era ridotta persino a sognare Becky. Quando si stendeva sotto le coperte accanto al marito sperava che al posto dell'uomo ci fosse l'amica.
Non c'era nulla di strano per lei nel vivere questa speciale e unica amicizia in una maniera così particolare. Le ragazze erano sempre molto affettuose con altre ragazze. Le ragazze sono dolci.
Le ragazze posso permettersi di essere carine tra loro.
Steph però aveva completamente frainteso l'amicizia, perché ogni volta che ci pensava -a Becky- lo stomaco si stringeva fortissimo.
E aveva una voglia continua di vederla e passare le giornate assieme a lei, ma allo stesso tempo se ne vergognava parecchio, perciò meglio che stava in silenzio piuttosto che iniziare a parlare.
Stephanie voleva che la mora la venisse a cercare in ogni angolo della città ma anche che si dimenticasse di lei. No, anzi, dimenticare mai. Soltanto disintossicarsi.
Ormai Steph scandiva i propri giorni in base alle volte in cui poteva vedere Becky. Non avevano l'opportunità di incontrarsi ogni giorno, ma il più delle volte se la cavavano sempre a beccarsi al solito orario della fine del lavoro di Jamie. Ad entrambe bastava anche solo scambiare qualche parola monotona e salutarsi con un sorriso.
Steph aveva imparato ad amare alla follia il fatto di essere fotografata. E le poesie del libro che aveva ricevuto come regalo.
O forse amava Becky?
Lo pensò più di una volta; mentre stirava le camice di Markus e anche quando metteva le stoviglie negli sportelli delle cucina. Lo pensava sempre quando era a casa da sola, e le fuggiva dalle corde vocali una risata di vergogna, una di quelle incredule che fa pensare "che diavolo mi passa mai per la testa?"
Tornò in sesto; Steph amava le fotografie e le poesie di Becky. Non Becky.
Lei era solo un'amica. La sua migliore amica.
E allora perché si preoccupava tanto di apparire bella davanti ai suoi occhi? Di tenere i capelli chiari sempre ben pettinati, o di indossare abiti più eleganti?
Voleva farsi notare, non poteva rinnegarlo a se stessa. Ma nemmeno fermare quell'istinto sembrava fattibile.

Nella sua testa escogitava migliaia di pose diverse per apparire più bella davanti all'obiettivo. O davanti alla fotografa?
Eppure Becky le aveva detto più volte quanto fosse bella, Steph non riusciva a capire perché ciò continuasse a non bastarle.
Pensieri, troppi, infiniti. Stephanie finiva per sedersi sul tappeto del salotto con il nuovo libro in mano e sbuffare con stanchezza. Ecco, i capelli erano nuovamente un disastro.

Quel pomeriggio indossò una semplicissima maglia bianca forse troppo larga; la raccolse tutta dentro la gonna a vita alta color bordeaux e mise le belle scarpe con il tacco non troppo alto che Pety le aveva comprato per il compleanno.
Strinse forte la borsetta sotto braccio, che le serviva esclusivamente per portare con se il libro, un documento e le chiavi di casa. Aveva trovato così tante poesie che in mezzo alle pagine, per tenere in conto tutte quelle che le erano piaciute, aveva messo qualsiasi cosa; dalla carta di una busta della spesa a ritagli di giornale o volantini pubblicitari. Non vedeva l'ora di mostrarle a Becky per assegnarle alle nuove foto che avrebbero fatto.

Non andarono all'aperto, anche se splendeva una bella giornata. Jamie era rientrata da lavoro più stanca del solito, e per non far tornare a casa Steph dopo la strada percorsa per raggiungerla alla fabbrica, l'aveva invitata a casa propria. Steph la ricordava meno disordinata l'ultima volta che era stata lì.
Le piaceva comunque, anche con gli abiti poggiati ovunque e scarpe sparse sul pavimento. Buste della spesa quasi vuote accanto all'entrata e un ombrello rotto dal vento troppo forte appeso all'appendiabiti.

«Scusa per il disordine.» disse Becky sistemando la macchina fotografica.
«Figurati.» le rispose Steph, contenta.
La Barnes le si avvicinò, prestando più attenzione alla macchina tra le mani che alla ragazza. Steph esitò per un istante. Non capì di preciso su cosa, ma ogni cosa in quel momento, persino respirare, le sembrò che dovesse dire qualcosa, ma non sapeva cosa.

«Steph?» la voce di Becky che la chiamò riuscì a riportarla alla realtà. Scrollò la testa, con espressione ingenua.
«Scusa, ero soprappensiero.» si giustificò. Seguì la mano di Becky, che le indicò una parte della casa in cui dirigersi.
Era la camera da letto, le pareti completamente bianche. Soltanto una, quella opposta alla piccola finestra ben pulita, era stracolma di ritagli di articoli di giornale e fotografie. Appese anche delle cornici con foto di famiglia e dipinti di poco conto.
Steph fece tanta attenzione ai disegni a tempera su piccole tele comperate in qualche mercatino dell'usato.
«Lì.» le disse Becky, facendola mettere con la schiena al muro, nello sfondo completamente bianco.
Steph unì i piedi e fece scivolare le braccia lungo i fianchi, un po' rigide.
Fissò l'obbiettivo mentre Becky sistemava qualche dettaglio nel proprio lavoro. Guardò la lente che rifletteva poco la sua sagoma e sulla lingua assaporò la soddisfazione della sfrontatezza.
Mutò completamente espressione. Modesta ma sicura, consapevole della propria seduzione semplice. La mano destra accompagnò un'onda di capelli biondi, spostò il ciuffo tenendolo sospeso con disinvoltura naturale.
E poi il viso perfettamente squadrato, il naso all'insù e gli occhi chiari a guardare Becky, e non l'obbiettivo.
Quando la fotografa ebbe fra le mani l'immagine sviluppata rimase senza parole.
Steph si accorse della sorpresa che aveva suscitato il lei, ridendo con soddisfazione sotto i baffi.

«Oggi sei...diversa.» constatò Becky, ammirando la fotografia qualche secondo in più, ammaliata.
«È un male?» chiese la più piccola, intimidita.
«Oh no, assolutamente. Anzi, è il contrario.» rise. Quegli sguardi riflessi gridavano come forsennati.

Becky invitò Steph a sedersi sul letto, vicino a lei. Composta e riservata, la ragazza accavallò le gambe con finezza. Becky la squadrò da capo a piedi, forse troppo discreta. Le piaceva così tanto il suo corpo, pieno di bellezza giovane e animo perfetto.
Le veniva quasi da piangere, perché sapeva perfettamente cosa avrebbe dovuto abbandonare, e quanto le avrebbe fatto male. In effetti, già la stava dilaniando.

«C'è qualcosa che non va'?» Steph si chinò verso di lei, preoccupata. L'umore strano di Becky si fece notare persino dall'innocenza della bionda. Si maledì per aver permesso una cosa simile.
«Ecco Steph, io...» rischiò quasi di balbettare. La nuova fotografia la teneva ancora in mano, con cura.
«Cosa?» Steph si sentiva in suggestione, oppure quell'ansia era causata da una sensazione di ovvia certezza?
Becky si morse il labbro, apparendo sensuale e bellissima anche in quel violento rimprovero a se stessa. I lunghi capelli bruni iniziarono a darle fastidio sul petto, la accaldavano più del dovuto.

«Ascoltami Steph, in effetti c'è una cosa di cui volevo parlarti. Ci ho ripensato tante volte da quando abbiamo iniziato a stare insieme, a condivide questa amicizia, e andando sempre più avanti mi sono resa conto della verità che non posso negare. Mi è capitato già altre volte, e con te voglio che sia diverso.»
«Non capisco Becky, cosa stai cercando di dirmi?» domandò Steph.
«È tanto difficile da capire, veramente, credimi. Ma penso che dovremmo smetterla di vederci, almeno così spesso. Non è per colpa tua, ma mia. Mia e soltanto mia.»

L'espressione di Steph si storpiò di colpo per lo sconcerto e la delusione. Avrebbe voluto urlare e prenderla a schiaffi, proprio in quel momento. Come diavolo le veniva in mente di dire certe cose? E perché mai?

«Vuoi tagliare i ponti con me da un giorno all'altro? Senza una valida motivazione?» incalzò, in cerca di spiegazioni.
«Una motivazione c'è, certamente. Altrimenti non starei qui a farti questo discorso.»
«Allora dimmela. Dimmi la verità.» quello di Steph fu un ordine.
Becky si innervosì ancora di più, guardando per aria.
«Non posso, ti prego, non capiresti. Potresti mettermi in pericolo senza volerlo.»
«Ti spaventi per caso che possa dirlo a qualcuno? E a chi? Con chi altri credi abbia dei legami io? Mio marito, forse? Evito di parlargli troppo perché ho il terrore che una notte mentre siamo a letto capisca di aver troppa libertà ed allungare le mani! La mia famiglia? Da quando mi hanno ceduta ad un uomo bello e affabile non si sono presi nemmeno la briga di scrivermi! O credi a qualche amica d'infanzia? Alle ragazzine non sono mai piaciute le timide che non fanno gli occhi dolci!» Steph alzò la voce. Entrambe si zittirono, sconcertate difronte a quello sfogo non proprio addetto alla dolce e tenera ragazza dai capelli biondi.
Becky annegò completante nei propri sensi di colpa.

«Sei l'unica persona che effettivamente ho al mondo! Quindi adesso trovi le parole e cerchi di spiegarmi perché non vuoi più vedermi.» rossa per l'agitazione e l'imbarazzo, Steph iniziò a calmare il tono che però non fu meno autoritario.
«D'accordo.» mormorò Becky. Steph aspettò, una parola, una qualsiasi.

«Ci sono donne come me, poche, davvero pochissime, a cui non piace ronzare intorno ai maschi.» Becky si detestava terribilmente.
Steph non riuscì bene a capire, come immaginato. Fece silenzio e attese che Jamie proseguisse.
«Alcune si nascondo perché la questione potrebbe essere piuttosto pericolosa, perché le persone non accettano molto una cosa di questo genere.»
«Non sono poi così poche le donne che non vanno dietro ai maschi... se non piacciono cosa c'è di male?» Steph era troppo ingenua, e Becky l'adorava.
«C'è che piacciono altre donne. Questi è il male. E non è una cosa che tutti riescono a capire, te l'ho detto.»

Silenzio. Sembrò quasi che entrambe si terrorizzarono. Le loro carte erano scoperte, i demoni di Becky liberi dalle catene e le insicurezze di Steph ingigantite, non più astratte.

«Tu mi vuoi allontanare perché ti piaccio? Ti piaccio come un uomo?» la domanda di Steph fu coraggiosa.
«Ecco, non esattamente un uomo...mi piaci donna perché sei donna. Quindi si, e non voglio rovinare un'amicizia o... Merda!» Becky imprecò, ormai non sapendo più dove andare a sbattere la testa.
A Steph tremavano le mani, invece di avere il cuore a battere troppo velocemente non se lo sentì completamente nel petto.
Poggiò una mano sulla gamba di Becky che la aiutò a sorreggersi. Le prese la nuca e, ad occhi chiusi, poggiò la bocca contro quella di Jamie.
Rimasero in quello stato di sorpresa e paralisi per appena due secondi fino a che la più grande le aprì le labbra e osò bagnarle con la propria lingua. Non fu volgare o fugace, seppe esser dolce come la purezza di Steph. Era la prima volta che la bionda riceveva e ricambiava un bacio simile.
La intimorì un po', ma non abbastanza da farla smettere. Perché le piaceva, anche se l'aveva più o meno reputato sempre disgustoso, un bacio. Forse perché non aveva mai trovato la persona giusta a cui darlo.
No, Markus non le dava affatto una sensazione simile.
Con Becky si sarebbe anche lasciata cogliere dalla morte, in quell'attimo. Con il marito solo immaginarlo la infastidiva.

Come aveva iniziato quel bacio lo terminò, impacciatamente. Evitò di guardare Becky negli occhi, che invece la osservò pesantemente.
«Mi sa che ci piacciamo. Perché io ti piaccio, ma anche tu mi piaci.» bisbigliò Steph, ormai esaurendo l'ultimo briciolo di coraggio rimasto nel suo corpo magro.
Becky rise, alleggerita, sollevata. Cercò di prendere le mani di Steph ma questa si irrigidì, tremendamente in imbarazzo.
Scattò in piedi e uscì dalla camera, dirigendosi verso l'ingresso. Becky la seguì velocemente.

«Devo andare.» fu l'unica cosa che disse per giustificarsi. Sembrava più pallida del solito. Tenne lo sguardo basso senza darsi tregua.
«Aspetta!» le disse Becky, cercando di fermarla sull'uscio della porta.
«Per la nuova fotografia, Sarah Brown.» chiuse la porta e scappò via, verso casa.
Becky rimase da sola, nel silenzio più totale.
La prima cosa che fece fu scrivere quel nome sul retro della fotografia. Subito dopo la fissò, tenendo nell'altra mano un cumulo di petali che descrivevano appieno il suo stato d'animo.
Candidi, profumati e morbidi. Ma staccati dal fiore, e quindi destinati a morire di lì a breve.
Steph aveva scelto bene anche quella volta, con la poesia;

Maurizio, non piangere, non sono qui sotto il pino.
L'aria profumata della primavera bisbiglia nell'erba dolce,
le stelle scintillano, la civetta chiama,
ma tu ti affliggi, e la mia anima si estasia
nel nirvana beato della luce eterna!
Va' dal cuore buono che è mio marito,
che medita su ciò che lui chiama la nostra cola d'amore: -
digli che il mio amore per te, e così il mio amore per lui,
hanno foggiato il mio destino - che attraverso la carne
raggiunsi lo spirito e attraverso lo spirito, pace.
Non ci sono matrimoni in cielo,
ma c'è l'amore.

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