Decimo
Avevano il profumo della natura.
Come due divinità di inestimabile bellezza, ancelle vestite di bianco, e guerriere. Becky e Steph erano semplicemente femmine. Ciò non poteva che essere un esclusivo complimento; riportare il paragone della donna come fertilità e centro di vita tra loro due si presentava monotono. Steph e Becky femmine come lo è la forza della vita e della morte, sinonimi di bellezza e di intelletto e poi amore, uno di quelli che ruba lacrime amare e dolci.
Il particolare migliore della loro storia erano le fotografie, quelle stesse che avrebbero testimoniato in eterno quegli eventi. Steph sarebbe sempre rimasta giovane e radiosa con gli occhi grondanti di sentimento, e le impronte di Jamie sarebbero rimaste indelebili dietro ogni fotografia.
Steph si domandò, tra tutte le cose che si chiedeva quando rimaneva sveglia qualche minuto prima di addormentarsi, come aveva fatto a passare i giorni fino a quel momento senza l'ondata dell'orgasmo. In quel vecchio palazzo abbandonato Stephanie era rimasta senza respiro, priva di forze, ma aveva implorato Becky di farlo ancora. La bruna l'aveva accontentata, tenendole i vestiti addosso che quasi si bruciarono a contatto con la pelle bollente di Stephanie.
La più piccola le si era aggrappata alla schiena, aveva poggiato con sfinimento il capo biondo e scompigliato al petto morbido di Becky, e si era lasciata sorreggere dalle mani esperte di lei.
E quanti baci si erano lacerate nelle pieghe delle bocche, inclassificabili.
Steph aveva persino fatto tardi a rincasare per colpa di quel lungo contrattempo, rischiando di tornare al proprio appartamento e trovare il marito già a casa. Per fortuna era riuscita ad evitare spiegazioni e scuse per il ritardo, scappando via e ridendo nei saluti di Becky. Anche se il pericolo era enorme l'euforia e la gioia non lasciano spazio alla paura consapevole.
Il giorno seguente si erano nuovamente date appuntamento dopo la fine del turno lavorativo di Becky.
Steph aveva camminando con fretta verso la casa della Barnes, accolta con il disordine stanco e bellissimo di Becky ancora con i capelli raccolti.
Si concessero qualche momento di abbandono dolce sul divano, abbracciate assieme tra sguardi sfavillati, parole infinite e qualche bacio di primavera appena impercettibile e timido.
Il pensiero di Steph era perlopiù fisso sul sesso. L'espressione del suo viso tradiva il silenzio: aspettava con infinita devozione un qualsiasi segnale da parte di Becky che la invitasse a lasciarsi toccare.
Però Becky era più composta e responsabile nei riguardi di Steph, come se volesse proteggerla e preservarla; la più piccola non avrebbe di certo perso occasione senza farsi avanti da sola.
Becky spiegò a Steph il suo progetto per le seguenti fotografie: desiderava approfondire maggiormente i sentimenti di Stephanie, proiettandola in una dimensione più eterea e fortificata.
Quel pomeriggio tranquillo si chiusero nella camera da letto di Becky e diedero alla luce un'immagine mozzafiato.
Jamie tirò fuori dal proprio armadio una vestaglia candida. Steph la guardò con meraviglia, prendendole i bordi della gonna con le mani.
«Era di mia madre.» disse la mora assopendosi in un ricordo malinconico.
«Mi dispiace.» mormorò Steph con la fronte aggrottata. Jamie sorrise e scosse il capo, posando l'indumento sul letto.
Avevano parlato anche di quelle cose brutte che si vogliono mettere lontane dalla mente. Ad esempio la morte dei genitori di Becky quando lei aveva sedici anni.
Steph sapeva perfettamente di dover venerare quella camicia da notte con la massima cura data la grande affezione che Jamie vi nutriva.
La maggiore sistemò la sontuosa tenda scura della finestra, che chiusa, toccando il pavimento con i bordi, emanò una serie di ombre scure nell'ambiente.
Steph emise un piccolo gemito sollevando le mani ai lati dei fianchi quando Becky le tolse la cinta dalla vita ed iniziò a spogliarla. Rimase delusa quando capì che la compagna l'aveva fatto solo per porgerle la camicia da notte ed aiutarla a sistemarla.
Steph si morse il labbro e sorrise con malizia snervata, pensando a quante più cose avrebbe potuto fare per far uscire Becky fuori di testa.
Jamie trascinò una sgabello davanti alla tenda, e lì ci fece sedere Steph.
La modella si voltò difronte all'obbiettivo, con le mani racchiuse in grembo. La veste le scopriva una piccola parte delle braccia, applicandosi in una debole svolta delle maniche a palloncino. Il corpetto aderente le decorava il petto con due fiocchi sottili, e il décolleté era in bella mostra, schiacciato dal modello stretto. I piccoli seni di Steph svilupparono una profonda ombra nella fotografia, distanti e sodi.
Becky osservò quel dettaglio un numero eccessivo di minuti nel corso delle notti a venire.
Le clavicole squadrarono perfettamente il collo e le spalle, inquadrando il viso più maturo e adulto. La faccia pulita e gli occhi pazienti, una calma degna di un fringuello leggero.
I capelli biondi erano raccolti dietro la schiena in una coda bassa, e l'unica ciocca visibile in foto era quella sfuggita dal nastro che teneva in ordine l'acconciatura.
Come ogni altra fotografia sviluppata le due ragazze si accalcarono vicine per commentare la novità, entusiaste e soddisfatte. Risero tra un attimo di sguardi complici e lo spezzarsi di un desiderio.
Di quello a cui poi Steph diede inizio sarà meglio ricordarlo nella foto successiva. Servirà maggiore libertà per parlare di come la camicia da notte della madre di Becky si macchiò di piacere.
Alla fine di tutto, però, Becky fu capace di scrivere il nome del protagonista della poesia dedicata da Steph. Sdraiate sul letto in mezzo alla lenzuola e alle loro pelli prive di vergogne la foto prese il nome di Elizabeth Childers.
Polvere alla mia polvere,
e polvere con la mia polvere,
oh bimbo, tu che moristi mentre entravi nel mondo,
morto con la mia morte!
che non conoscesti il Respiro, per quanto provassi,
e il cuore ti batteva quando vivevi con me,
e si fermò quando mi lasciasti per la Vita.
È bene così, bimbo mio. Così mai percorresti
la lunga, lunga strada che comincia coi giorni di scuola,
quando i ditini si appannano sotto le lacrime
che cadono sulle lettere storte.
E il primo dolore, quando un piccolo amico
ti abbandona per andare con un altro;
e la malattia, e il volto della Paura accanto al letto;
la morte del padre e della madre;
o la loro vergogna, o la miseria.
L'infantile dolore dei giorni di scuola finisce
e la natura cieca ti fa bere
alla coppa dell'Amore, benché tu sai che è avvelenata.
A chi si sarebbe levato il tuo viso fiorito?
Quale sangue avrebbe gridato all'unisono col tuo?
Puro o contaminato, non importa,
è sempre sangue che fa appello al sangue.
E poi i figli -oh, che cosa sarebbero stati?
E quale il tuo dolore? Bimbo! bimbo!
La Morte è meglio della Vita!
Questa poesia Steph la scelse pensando alla storia della madre di Becky, al dolore di una mamma morta che parla ad un figlio. Non avrebbe mai preso in considerazione il fatto che quelle stesse parole sarebbero state addette ad un bambino come quello.
Ma a quel punto della storia non ci siamo ancora arrivati.
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