4. Confronto
Appena entrai in casa, richiusi la porta dietro di me e mi ci appoggiai con la schiena per poi scivolare fino a terra.
Raccolsi le gambe al petto e appoggiai la fronte sulle ginocchia.
«Rose? Sei tu?» chiese zia Iris dalla cucina.
Appena mi accorsi di essere seduta sul pavimento e di avere un'espressione affranta, mi tirai su immediatamente.
Non mi resi nemmeno conto di quello che stavo facendo, quello fu un gesto del tutto istintivo generato dalla sensazione di sollievo che avevo provato entrando in casa.
Ma mia zia non doveva vedermi in quello stato. Mentre io ero impaziente di rifugiarmi in camera mia nella speranza di chiudere Riven fuori dalla porta della mia mente, zia Iris non vedeva l'ora di conoscere la mia reazione alla "sorpresa" che avevano organizzato lei e Mirca.
Ancora non ne avevo avuto la conferma effettiva, ma sapevo che le cose stavano così, era ovvio.
«Si, sono io» risposi, cercando di non far tremare la mia voce.
«Vieni in cucina!»
Cercai di eliminare ogni traccia di tormento sul mio volto e andai da lei, e la trovai ad impastare goffamente una focaccia.
Non feci nemmeno in tempo ad aprire bocca per chiederle che cosa stava combinando, che appena mi vide iniziò a parlare con la sua solita euforia.
«Ti è piaciuta la sorpresa? Tenervi nascosto tutto quanto è stato insostenibile! Non vedevo l'ora che iniziassi la scuola! Dai, raccontami tutto!»
Sfoderai un grande sorriso, pronta a recitare. Speravo con tutta me stessa che non se ne accorgesse.
«È stato fantastico!» risposi fingendo di essere ancora emozionata, «Da quanto tempo stavate preparando questa cosa? Io e Riven siamo rimasti entrambi senza parole, non ce lo aspettavamo proprio!».
Almeno questo era vero. Né io né lui eravamo pronti a trovarci in quella situazione.
Lo sguardo di zia Iris si illuminò vedendomi così allegra.
«Tesoro, io e Mirca abbiamo iniziato ad organizzare il tutto ancora prima dell'estate! Ma questa sera andremo da loro a cena, quindi sarà lei a raccontarti tutto!».
Fantastico. Altre ore in compagnia di Riven, evviva.
«Oh, bene!» esclamai con un sorriso, mentre dentro di me stavo bruciando di rabbia. «È per questo che stai preparando la focaccia?».
«Si, ma sai che non sono molto brava in cucina, ti va di aiutarmi?» domandò con sguardo implorante.
Quella sua richiesta mi addolcì e mi fece tranquillizzare.
Risi e annuii, scossi la testa in segno di rassegnazione, e andai verso il lavello per lavarmi le mani.
«Grazie, Rose» disse lei quando la aiutai a togliersi l'impasto appiccicoso dalle mani e iniziai ad impastare al posto suo. «Per il resto, come è andato il primo giorno?».
«È andato tutto bene. È stato bello rivedere Matilda, Lila e Ethan, mi erano mancati davvero tanto!» risposi, cercando di evitare di parlare di Riven ora che ero riuscita a calmarmi.
Ma poi, capii che quello era il momento giusto per incalzare un discorso che mi avrebbe permesso di incastrarci una domanda perfetta per scoprire qualcosa in più su di lui, senza risultare troppo sospetta.
«Come già sai, dato che hai organizzato tutto insieme a Mirca, Riven è nella mia classe. La professoressa Morris quando ha saputo della nostra amicizia mi ha proposto di aiutare Riven a recuperare il programma, al di fuori dell'orario scolastico. Mi ha anche detto che mi avrebbe aggiunto dei crediti extra, ma non è importante. Aiuterò Riven molto volentieri».
Quelle parole bruciarono nella mia gola. Odiavo mentire, ancora di più quando si trattava di parlare bene del mio complesso rapporto con Riven.
«Ma è fantastico! Scommetto che farete un ottimo lavoro, e sono sicura che anche Mirca ne sarà molti felice!» trillò lei, saltellando sul posto. «Non dirmi altro, ci racconterete tutto stasera!».
«Va bene, va bene» dissi ridacchiando.
Era sempre molto divertente vedere quelle reazioni esuberanti di zia Iris.
Lei non disse altro, e capii che quello era il momento perfetto per fare la mia mossa.
«Zia, posso farti una domanda su Riven?» chiesi, tornando seria.
«Certo, cara. Anche se credo che tu lo conosca molto meglio di me».
Magari fosse stato così. Almeno avrei potuto comprendere il suo comportamento enigmatico che per me era sempre stato un mistero.
Ma ero determinata a scoprire di più su di lui, ad imparare a conoscerlo. Se lui non voleva dirmi il motivo del suo odio perenne nei miei confronti, lo avrei scoperto da sola, prima o poi.
«Perché a Redwood non andava a scuola? Nel centro città una scuola c'è. Perché non è mai andato lì e ha sempre studiato in casa?» domandai, sperando che sapesse darmi una risposta e che il fatto che le stessi chiedendo quella cosa non le sembrasse troppo strano.
«Lo chiedo a te perché a Riven non piace molto parlare di questa cosa» aggiunsi, cercando di non innescare la sua diffidenza.
Quella era una bugia, a Riven non piaceva parlare di nulla, se si trattava di farlo con me.
«Oh, capisco» rispose delusa, come se pensasse che io ci fossi rimasta male per quella mancanza di comunicazione tra me e lui.
«Riven prima di iniziare a studiare da casa con la professoressa Standler, una cara amica di Mirca, era andato a scuola per qualche mese. Ma Mirca lo aveva preso in affidamento da poco, era ancora sconvolto, povera stella. E diciamo che... non era molto socievole, ecco».
«Che vuoi dire?»
Non ci stavo capendo niente.
«Ha frequentato la scuola elementare di Redwood per cinque mesi, ma gli insegnanti continuavano a telefonare Mirca per il suo comportamento. Era bravissimo con lo studio, è sempre stato un ragazzo intelligente e i suoi voti sono sempre stati altissimi, ma trattava molto male i compagni. Perciò, dopo l'ennesima chiamata, Mirca decise di ritirare Riven da scuola e farlo studiare da casa insieme alla professoressa Standler, una bravissima donna. Con lei Riven si è sempre comportato benissimo, e da quel momento non hanno più avuto problemi».
Quindi lui non si comportava in maniera insopportabile solamente con me, aveva dei precedenti. Buono a sapersi.
«E perché ora viene alla scuola pubblica? Se si trovava così bene facendo lezioni private...» le chiesi, non riuscendo a trattenere la curiosità.
Stavo scoprendo delle cose su Riven, e non avevo intenzione di fermarmi. E poi, non era di certo una cosa negativa se per una volta sfruttavo la loquacità di zia Iris a mio vantaggio.
«La professoressa Standler non voleva trasferirsi. E poi, Mirca ha pensato che per Riven sarebbe stato importante e stimolante avere dei compagni di classe e degli amici con cui rapportarsi. D'altronde, lui a Redwood è sempre stato da solo e non ha mai avuto nessuna amicizia all'infuori di te. Io sono stata molto determinata nel sostenere questa idea di Mirca, perché sapevo che tu lo avresti aiutato in questo percorso. E non mi sbagliavo! Tu sei sempre gentile con tutti, Rose. Sono fiera di te!».
Mi abbracciò con forza, e mi stampò un bacio sulla tempia.
«Grazie, zia» dissi, e lei si staccò da me.
«Ho finito con la focaccia, basta che la metti in forno. E non bruciarla! Metti il timer e non perderti a fare altre mille cose, altrimenti va a finire come la scorsa volta, che la focaccia si è carbonizzata mentre tu spolveravi!» la rimproverai scherzosamente, andando al lavello per pulirmi le mani piene di olio e impasto.
«Messaggio ricevuto! Dobbiamo essere alle otto da Mirca e Riven. Abitano proprio qui vicino, nel nostro stesso quartiere! Non sono neanche due minuti a piedi! Ti ricordi di quella coppia giovani ragazzi, Clara e Tony? Si sono trasferiti un mese fa, e Mirca ha affittato la loro casa!».
Quindi non solo ora abitava nella mia stessa città e frequentava la mia stessa scuola, ora era anche il mio vicino di casa!
Può andare peggio di così? pensai, che rabbia.
«Allora vado a chiamare Ethan, poi mi faccio la doccia e siamo pronte per partire!» dissi prendendo la mia borsa che avevo lasciata appesa allo schienale della sedia e andando verso le scale.
Quando arrivai in camera, presi subito il telefono dalla borsa e chiamai Ethan.
Trovai tre chiamate perse da lui e una decina di suoi messaggi di soli punti di domanda, inviati ad ore di distanza tra l'oro.
Mi sentii immediatamente in colpa per non averlo chiamato prima, e sperai che non si fosse arrabbiato e preoccupato troppo.
«Mi vuoi dire che diavolo ti prende e che cosa sta succedendo?» ringhiò lui appena rispose alla chiamata, senza nemmeno salutarmi.
Era decisamente infastidito.
«Ethan, scusami tanto, ho trovato un attimo per chiamarti solo ora. Ho passato il pomeriggio con Matilda e Lila, e poi quando sono arrivata a casa mi sono trattenuta con zia Iris» dissi in tono sinceramente dispiaciuto.
«Mh» mugugnò lui, incerto. «Perché sei scappata via in quel modo finita la scuola?»
Stavo scappando dal ragazzo che detesti di più al mondo, che è venuto ad abitare qui e da oggi passerà le giornate insieme a me.
Sicuramente non erano le parole giuste da usare.
«Ti devo parlare di una cosa. Possiamo parlarne domani?».
Non avevo per nulla voglia di mettermi a discutere in quel momento, la mia giornata era già stata abbastanza pesante.
«No. Dimmelo ora, non mi va di aspettare».
Sbuffai piano. «Prometti che non ti arrabbi?».
«Non ti prometto niente. Parla e basta» rispose acidamente.
«Va bene» acconsentii controvoglia. «Sai del ragazzo nuovo, no?».
«Si, ma che cosa c'entra ora?».
La sua voce si stava facendo sempre più scontrosa.
«Beh... Il ragazzo nuovo è Riven. Si è trasferito a Dawnguard» dissi tutto d'un fiato, per togliermi quel peso il prima possibile.
«Non è divertente».
«Non sto scherzando, Ethan. È davvero lui. Ed è nella mia classe».
Rimase in silenzio, come faceva sempre quando si arrabbiava molto. Come potevo dirgli anche che saremmo stati costretti a studiare insieme dopo la scuola?
«Tutto qui? Devi dirmi altro?» sbottò.
Sapevo che se non glielo avessi detto subito e avessi aspettato, si sarebbe arrabbiato ancora di più una volta scoperto.
Feci un respiro profondo.
«La professoressa Morris mi ha assegnato il compito di aiutarlo con il programma. Perciò dovremo incontrarci fuori dall'orario scolastico per studiare insieme».
«Io quello lo ammazzo».
Solo sentendo la sua voce riuscivo ad immaginare i suoi brillanti occhi azzurri incendiarsi di rabbia e le sue guance diventare rosse.
«Ethan, non esagerare...».
«Rose, semmai tu non minimizzare. Ti rendi conto che ora sarai obbligata a passare il tuo tempo insieme a quell'idiota? Se continuerà a fare lo stronzo con te, non so per quanto riuscirò a sopportare la situazione».
«Questa sera io e zia Iris andremo a cena da lui e sua zia» dissi seccamente, senza pensarci troppo.
Doveva saperlo, anche se avrei preferito non dirglielo.
«Proverò a parlargli, magari riusciremo ad avere una conversazione normale».
«Che ci provi a farti stare male. Lo attacco al muro, quel cretino!» gridò, sempre più adirato.
«Ethan, ti prego, stai tranquillo. Ormai sono abituata ai suoi comportamenti, lo sai. Non ho bisogno che tu mi difenda» dissi tranquillamente, sperando che si calmasse anche lui.
«Scusa. Quello scemo mi fa proprio arrabbiare, odio sapere che qualcuno ti tratta male, non te lo meriti neanche minimamente» rispose, addolcendosi.
«Grazie, Ethan. Ora devo andare a prepararmi per stasera. Ci vediamo domani a scuola» lo salutai.
«A domani».
Chiusi la chiamata, e appoggiai il cellulare sul comodino.
Presi dei vestiti puliti, un paio di shorts di jeans e una canottiera, mi raccolsi i capelli in uno chignon per non bagnarli e andai a farmi una doccia.
***
Scesi frettolosamente le scale, e trovai mia zia già pronta ad aspettarmi.
«Hai le chiavi?» le chiesi.
«Ho tutto! Questa volta sono sicurissima!» rispose fieramente.
«Sicura sicura?» la squadrai alzando le sopracciglia.
«Oh! La focaccia! Grazie!» esclamò, correndo in cucina per poi tornare all'ingresso con la teglia.
Ridemmo insieme, e uscimmo di casa.
«Ecco, la casa di Mirca e Riven è proprio quella!» disse indicandomi una villetta uguale alla nostra, dall'altra parte della strada.
Era così strano immaginare Mirca e Riven in un posto diverso da Redwood.
Ero curiosa di parlare con Mirca e di sapere perché aveva preso quella decisione.
Ci avvicinammo alla casa, e zia Iris suonò il campanello.
Appena la porta si aprì, Mirca ci accolse con un grande sorriso.
«Eccovi! Non vedevamo l'ora che arrivaste!» trillò, sporgendosi verso di noi per abbracciarci calorosamente.
«Entrate! Ma non fate caso al disordine, vi prego! Abbiamo ancora tantissime cose da sistemare, la casa è ancora piena di scatole e scatoloni!».
Entrammo, e la casa era ancora spoglia e disordinata.
Come struttura era identica alla mia, in ogni centimetro. Ma le pareti, che a casa mia erano di un tenue azzurro pastello, erano dipinte di un bellissimo rosso carminio. Nonostante quel colore fosse scuro, le grandi finestre coperte da delle sottilissime tende in lino bianco rendevano l'ambiente aperto e luminoso.
«I muri erano già di questo colore» disse Mirca, notando che stavo li osservando. «Per me questo rosso è un po' troppo scuro, ma a Riven piace molto, e mi ha chiesto di lasciarlo. Per me va bene, alla fine è un colore particolare, e sono certa che quando la casa sarà arredata lo apprezzerò anche io!».
Mentre zia Iris e Mirca conversavano sull'importanza della scelta del colore per le pareti, io mi guardavo attorno per cercare Riven.
Quando guardai le scale lo vidi osservarmi dalla balaustra, ed ebbi un sussulto appena i miei occhi incrociarono i suoi, coperti da delle ciocche di capelli.
«Oh, Riven, eccoti qui! Io devo finire di sistemare la tavola, Iris mi daresti una mano?» disse Mirca, e mia zia annuì allegramente. «Nel mentre, Riven, potresti far vedere la tua stanza a Rose!».
Dovetti trattenermi dall'alzare gli occhi al cielo al pensiero di passare di nuovo del tempo con lui. Ma quella sarebbe stata un'occasione per parlare con lui, e non potevo permettermi di sprecarla.
«Certamente» esordì Riven dal piano superiore, con un sorriso luminoso. «Sali pure, Rosaspina».
Lui mi chiamava sempre con il mio nome completo quando eravamo in presenza delle nostre zie e non poteva chiamarmi Spina.
Non mi aveva mai chiamata Rose, neanche una volta, e sembrava lo facesse apposta per darmi fastidio.
Anche se il mio nome mi sembrava troppo antiquato e preferivo farmi chiamare Rose, a me piaceva. Era parte di una tradizione portata avanti per moltissimi anni in cui le donne della famiglia prendevano nomi di fiori, ed stata nonna Camelia a darmelo, contraddicendo mia madre che voleva chiamarmi solo Rosa, dicendo: "Sarà una rosa per tanti, ma sarà una spina nel cuore di altri. Non esiste nome più adatto a lei". Zia Iris mi aveva raccontato quella storia mille volte, e anche se non ero mai riuscita a capire il senso delle parole di nonna, era bello avere un nome particolare e con una storia. Mia zia diceva sempre che quello che aveva detto nonna Camelia era vero e che dovevo prenderla sul serio, perché anche lei era una cartomante in grado di predire il futuro ed era ovvio che avesse ragione. Io ero un po' scettica a riguardo, ma le davo comunque retta per farla felice.
Salii le scale, andando verso Riven. Restammo in silenzio, fino a quando non arrivammo in camera sua e lui chiuse la porta silenziosamente.
Era ancora vuota, c'era solo il letto, la scrivania e la sedia, e qualche scatolone ancora chiuso lasciato sul pavimento.
«Le regole sono le stesse» disse seccamente. «Non toccare le mie cose e non parlarmi. Non eravamo amici a Redwood e non lo saremo neanche qui».
Si voltò per guardarmi, ero pronta ad affrontare il suo sguardo fulminante, ma lo vidi esitare e posare lo sguardo sul mio collo e sulle mie clavicole scoperte. Avevo ancora i capelli raccolti, e la canottiera che indossavo era leggermente scollata e con le spalline sottili.
Ma fu una questione da un secondo, perché poi trovai i suoi occhi ardenti di ostilità nei miei.
«Riven» dissi decisa, tesa all'idea di provare ad avere una conversazione dalla durata di più di una manciata di parole insieme a lui. «Ti prego, possiamo parlare? È una cosa da pochi minuti, poi torneremo a non parlarci».
Lui si sedette sulla sedia girevole accanto alla scrivania, e appoggiò la caviglia sul ginocchio.
«Mi stai addirittura pregando?» sogghignò.
Sentii le guance scaldarsi per l'imbarazzo, e mi pentii immediatamente di aver usato quelle parole.
«Muoviti, Spina» ringhiò, con un ghigno ancora più beffardo.
«Hai intenzione di continuare a comportarti in questo modo per sempre?» sbottai, cercando di non alzare troppo la voce. «Ora siamo qui insieme, Riven. E io non accetto di stare in questa situazione ancora per molto. Sono stanca dei tuoi stupidi teatrini e del tuo stupido atteggiamento, dimmi che diavolo ti passa per la testa una volta per tutte!».
«Gli anni passano, e tu non capisci mai» disse scuotendo lentamente la testa.
«No, Riven. Non capisco. Dimmi quello che mi devi dire e chiudiamo questa storia».
Lui rimase in silenzio, fissandomi con i suoi occhi penetranti e criptici.
«Per favore. Ora abitiamo nella stessa città, frequentiamo lo stesso liceo, e saremo costretti a vederci anche dopo la scuola per studiare insieme. Non ti chiedo di essere amici, ti chiedo almeno di provare a non detestarmi così tanto» gli dissi in tono implorante.
Probabilmente ai suoi occhi sembravo una cucciola smarrita.
«Sei così disperata?» esordì alzandosi dalla sedia, e mettendosi a pochi centimetri di distanza da me.
Era più alto di me di almeno trenta centimetri.
Mi guardò dall'alto, con il suo inquietante sguardo smeraldino e la sua presenza imponente.
«Te l'ho già detto. Io non ho amici, e non ne voglio avere. Tu non sei mia amica, e non lo sei mai stata. Non pensare che io cambi idea da un giorno all'altro».
«Non voglio che cambi idea e non voglio essere tua amica. Voglio che tu la smetta di comportarti in questo modo insopportabile» risposi con voce tremante.
Quando si avvicinava così tanto a me era difficile mantenere la calma. La sua presenza era turbante già da lontano, e averlo così vicino a me mi rendeva ancora più inquieta.
«Dato che me lo chiedi in questo modo così tenero...» disse schioccando la lingua sul palato per farla scorrere sul suo labbro superiore, «Ci penserò, Spina».
Feci un sospiro di sollievo e feci un passo indietro per allontanarmi, ma lui lo recuperò immediatamente accorciando di nuovo la distanza tra di noi.
Trattenni il fiato.
«Ma non ti garantisco nulla. Rimani sempre una spina nel fianco, e a quando pare ora sei ancora più difficile da estirpare».
Deglutii forzatamente, e lui mi rivolse uno dei suoi sorrisi da angelo prima di indietreggiare.
«Ragazzi, venite a tavola!» gridò Mirca dal piano di sotto.
Ero di nuovo costretta a tenere in piedi la solita imbarazzante messa in scena davanti alle nostre zie, mentre avrei voluto solo tornarmene a casa mia e dimenticarmi di lui.
----------------[ spazio autrice ]----------------
Ciu :3 come state?
Che ne pensate di questo capitolo?
Ora Rosaspina ha messo le cose in chiaro con Riven... Lui riuscirà a comportarsi meglio? Mah! Voi che dite?
Un abbraccio, al prossimo capitolo! :3
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