33. Esami 🌶️
Il nostro programma di studi per gli esami sembrava andare a gonfie vele. Dopo i primi due pomeriggi di ritrovo in biblioteca, avevamo creato una catena di studio efficiente in un modo impressionante: a turno preparavamo gli schemi sulle nostre materie di punta, e poi li spiegavamo a tutto il gruppo dedicando all'argomento e a quelli collegati l'intero pomeriggio. In quel modo ci stavamo preparando al meglio, senza lasciare indietro nessuno.
Ma oltre agli esami scolastici, io ne avevo un altro in ballo: quello per la patente.
Zia Iris, Mirca e Riven avevano provato a convincermi a prendere la patente della macchina per settimane, ma senza ottenere i risultati sperati. Non ne volevo sapere. E così, trovammo un compromesso. Io avrei preso la patente e li avrei fatti contenti, ma quella per la moto. Della macchina non se ne parlava proprio. Mirca e Riven furono subito contenti della mia decisione, e dopo qualche giorno di lamentele, accettò anche zia Iris. Mi iscrissi a scuola guida, feci il test scritto nel giro di una settimana, e iniziai a prepararmi per quello pratico.
Riven mi prestò la sua vecchia moto per insegnarmi a guidare, dicendomi di non preoccuparmi perché anche se fossi caduta e l'avessi rovinata, lui sarebbe stato in grado di sistemarla, perché lo aveva fatto parecchie volte in seguito alle sue numerose cadute. L'importante, per lui, era che non mi facessi male io.
Caddi soltanto una volta, scivolando su della ghiaia e procurandomi solo un bel graffio sul gomito, ma nulla di troppo grave.
Quella caduta mi demoralizzò, e pensai che forse ero troppo bassa e minuta per poter guidare una moto. Avrei dovuto concentrarmi sulla macchina e basta, invece che fantasticare su una cosa così impossibile.
«Non ce la faccio, è stata un'idea davvero stupida!» dissi a Riven tra le lacrime, mentre lui mi puliva la ferita dalla terra e dal sangue.
«Ce la fai, invece» mi rassicurò lui, come faceva sempre. «Non sai quante volte sono caduto io prima di imparare. Sei bravissima, piccola mia».
Ripresi coraggio, e continuai con la mia preparazione. Fino a quando, a metà maggio, non presi la patente.
Quel venerdì pomeriggio festeggiammo tutti insieme: io, Riven, le zie e i nostri amici. E poi, dopo la festa, io e Riven partimmo per Redwood.
Non eravamo più andati a Redwood, perché lo studio ci prendeva troppo tempo. Ma per quel weekend, l'ultimo prima dell'inizio degli esami, volevamo concederci un po' di relax in quello che era diventato il nostro posto speciale.
Andammo fino a Redwood con entrambe le moto: Riven con Livia, e io con Maya. Fu divertentissimo guidare insieme a lui per la prima volta, ma ci mettemmo un po' di più ad arrivare a destinazione, perché io ancora non ero in grado di andare veloce senza spaventarmi come faceva lui.
Andare in modo con Riven era bello, ma andarci da sola lo era ancora di più. Mi donava una sensazione di libertà unica, mi sembrava di riuscire a volare, ed era fantastico.
Quando arrivammo al bosco lo seguii su una strada diversa, quella che prendevo di solito quando era in auto con zia Iris. Era stretta e asfaltata, anche se rovinata dal tempo, e dopo un po' si diradava in un piccolo sentiero in ghiaino, sul quale procedemmo più lentamente.
«Scusa per la deviazione. Questa moto non è come Maya, non può andare sullo sterrato per così tanto. Comunque, sei stata davvero brava» si complimentò Riven, appena parcheggiammo le moto accanto a casa sua.
«Grazie. Spero di diventare brava come te, un giorno» risposi, togliendomi il casco.
«Lo diventerai. Ma spero non sarai anche spericolata come me, o sarà un bel problema tenerti a bada» disse ridacchiando.
Risi anche io, ed entrammo in casa.
«Dobbiamo fare un po' di cose. Quando sei partita sono venuto qui e ho messo tutto in ordine, e poi non ci sono più tornato».
«Diamoci da fare, allora».
«È meglio se andiamo a prendere qualcosa per riempire il frigo prima di metterci all'opera, tra un po' i negozi chiudono» rispose Riven.
«Hai ragione. Andiamo».
Uscimmo di casa di nuovo e andammo a fare la spesa, ma senza esagerare. Prendemmo giusto le cose di cui avevamo bisogno per passare lì il weekend, e poi tornammo a casa.
Ci togliemmo le scarpe e le giacche, portammo gli zaini in camera, e iniziammo a sistemare.
Rimettemmo le lenzuola sul letto, mettendoci sopra solo una coperta pesante, dato che a Redwood stava iniziando a fare un po' di caldo. Tirammo fuori dagli armadietti del bagno i nostri spazzolini, gli shampoo, gli asciugamani e tutto il resto. Aprimmo le finestre per far arieggiare la casa, spolverammo, lavammo i pavimenti.
E finalmente, dopo un'ora di lavoro, la casa fu pronta.
«Che faticaccia!» esclamai, sciogliendomi i capelli.
«Già» concordò Riven, puntando i palmi sui fianchi e guardandosi attorno.
«Siamo stati bravi. Ma ora direi che possiamo riposarci» dissi, avvicinandomi al divano.
«Aspetta! Andiamo in camera. Ora che abbiamo finito, devo darti una cosa» mi fermò lui.
«Va bene» dissi perplessa, e lo seguii al piano di sopra.
Mi sedetti sul letto, e lui prese dall'armadio una grossa scatola incartata con una carta da regalo argentata, e con sopra un enorme e glitterato fiocco nero.
«Ma che...» farfugliai, spalancando gli occhi.
«Prima che tu mi chieda come l'ho fatto arrivare qui, lo ha portato ieri Mirca. Io non sarei riuscito a portarlo in moto» disse lui, anticipando la mia domanda.
«Tu sei fuori di testa!» esclamai con un ampio sorriso.
«È il tuo regalo per aver preso la patente».
«Ma se la patente l'ho presa oggi!».
«E io il regalo l'ho preso tre giorni fa. Ero sicuro che ce l'avresti fatta».
Arrossii, e lui appoggiò il regalo a terra, davanti a me. Lo scartai con attenzione, e aprii la scatola.
«Non ci credo» dissi.
Dentro c'era un casco nuovo, nero e lucido, identico a quello che lui aveva preso per la nuova moto, ma più piccolo. E una giacca da moto in pelle nera, uguale alla sua.
«Così saremo fichissimi sulla mia nuova moto. E quando tu potrai prenderne una tua, avrai tutto l'occorrente. Che ne dici? Ti piacciono?».
«Se mi piacciono? Li adoro! Grazie!» esclamai, alzandomi in piedi e abbracciandolo.
«Tutto per la mia principessa» sussurrò nel mio orecchio, accarezzandomi i capelli e stampandomi un bacio sulla testa.
***
Il weekend a Redwood trascorse come tutti quelli che avevamo passato in quella casa prima che io partissi: cucinammo e mangiammo insieme per ogni pasto, dormimmo abbracciati, facemmo sesso più e più volte, andammo al lago, e passammo ogni singolo istante l'uno accanto all'altra, riempiendoci d'amore a vicenda.
Ma quando fu ora di partire, dovemmo rimettere tutto in ordine sapendo che sicuramente, a causa dell'impegno dello studio, non saremmo più riusciti a tornare a Redwood fino alla fine della scuola.
Dal lunedì, i nostri appuntamenti di studio di gruppo si intensificarono passando da due a quattro pomeriggi a settimana. Studiammo come dei pazzi, ripetendo infinite volte gli stessi argomenti e facendo schemi su schemi.
Per due settimane intere pensammo solo a studiare, studiare e studiare, fino a quando non arrivò il primo giorno di giugno e non iniziarono gli esami.
Cinque giorni di scuola, sette prove: italiano, matematica, storia dell'arte e filosofia, chimica e biologia, e infine discipline artistiche.
Ogni mattina, prima di ogni esame, ci trovavamo tutti e sei fuori un quarto d'ora prima dell'apertura della scuola per ripassare insieme gli argomenti più importanti, e ci auguravamo buona fortuna l'un l'altro.
E ogni giorno, quando uscivamo da scuola, restavamo nel parcheggio per ore e ore a confrontarci sulle risposte date alle varie domande, esultando in caso di risposta giusta e disperandoci in caso di errori.
E così, esame dopo esame, arrivò la fine.
L'ultimo giorno andammo a festeggiare anche se lo avemmo saputo dopo il weekend se saremmo stati promossi o meno, perché avevamo deciso che dopo tutto quello studio ci meritavamo un po' di svago.
Andammo ad una festa a cui parteciparono tutti gli studenti del quinto anno, e per qualche ora non pensammo ai nostri dubbi e alle nostre preoccupazioni. Pensammo soltanto a divertirci, a bere e a ballare.
***
Il sabato mattina chiedemmo a Lila, Matilda, Thomas e Mike di venire con noi a Redwood, ed accettarono con entusiasmo. Ormai anche lì era arrivato il caldo, e tutti quanti portammo il costume in previsione di fare un bagno al lago.
Io e Riven andammo in moto, con a seguito la macchina di Mike con a gli altri a bordo.
Parcheggiammo di fronte alla pizzeria al taglio, come avevamo fatto a capodanno.
«Ma è possibile che qui ci sia sempre questo freddo allucinante?» si lamentò Matilda quando scese dalla macchina, stringendosi le braccia al petto.
«E pensa che per gli standard di temperatura di Redwood in realtà c'è caldo!» esclamai dandole una piccola gomitata nel fianco, alla quale lei reagì con un'occhiataccia.
«Già che ci siamo, prendiamo la pizza per il pranzo?» chiese Riven.
Concordammo tutti quanti, e una volta presa la pizza optammo per andare tutti insieme a casa a piedi, lasciando le moto nel parcheggio.
Arrivati a casa pranzammo immediatamente, e poi ci preparammo per andare al lago.
Matilda si lamentò più volte prima di convincersi a mettere il costume, ma alla fine cedette e venne al lago insieme a noi.
«Ma voi ci avete mai fatto il bagno? Magari dentro ci sono le sanguisughe! Che schifo!» esclamò Lila, con un'espressione di disgusto.
«Io no, ma Riven si» dissi, facendo spallucce.
«Non preoccupatevi, è un lago normale. Niente mostri marini o cose del genere, e nemmeno sanguisughe assassine!» rispose lui con una risata.
Appoggiammo gli zaini accanto ad una grossa roccia, e ci togliemmo i vestiti sotto i quali avevamo già indossato il costume da bagno.
«Ma fa troppo freddo! Voi siete pazzi!» sbottò Matilda, saltellando per cercare di scaldarsi.
«Taci!» la rimproverò la sorella, e nessuno di noi riuscì a trattenere una risata.
Una volta svestiti ci avvicinammo a piccoli passi alla riva, facendo attenzione a non pestare con i piedi nudi qualche sasso appuntito.
Toccai l'acqua con la punta del piede, ed era era fredda, ma non così tanto dal rendere impossibile fare un bel bagno.
«Ma non era meglio andare a Sunset Bay? Questo lago è gelido!» si lamentò ancora Matilda.
«Stai zitta, o ti ci affogo in questo lago! Hai paura che ti si congelino le tette? Entra e non fare storie!» borbottò Lila avvicinandosi a passo pesante a lei.
La afferrò per le spalle, e iniziò a spingerla verso l'acqua.
«No! No, no!» gridò lei, cercando invano di liberarsi dalla presa della sorella.
Vedendo quella scena ridemmo tutti fragorosamente, e dopo una serie di sguardi complici, corremmo tutti insieme verso l'acqua.
Quando fummo tutti dentro iniziammo a schizzarci a vicenda, e anche Matilda iniziò a divertirsi.
L'acqua era fredda, ma il sole scaldava e non c'era il vento, quindi ci abituammo in fretta a quella temperatura.
Nuotammo un po', chiacchierammo di cose frivole come non facevamo da tempo a causa della preoccupazione per gli esami, e poi, quando Thomas abbracciò Lila e Mike iniziò a parlare con Matilda, Riven mi prese la mano e mi tirò verso di se.
«Vieni con me, andiamo verso quella roccia» mi disse con sguardi ammiccante.
«Che vuoi fare? Ci sono anche gli altri!» lo rimproverai a bassa voce.
«E dai, si sono distratti! Seguimi e basta» ribatté ridacchiando.
Risi anche io, e guardandomi indietro vidi che i nostri amici non si erano nemmeno accorti che ci stavamo allontanando.
Arrivammo alla roccia in mezzo al lago, ci mettemmo dal lato opposto in modo da nasconderci dagli altri, e Riven mi abbracciò, spingendomi verso il masso.
Sussultai quando la mia schiena entrò in contatto con la pietra ruvida.
«Il tuo corpo è perfetto» sussurrò Riven al mio orecchio, cingendomi la vita con un braccio e tenendomi incollata a lui. «Come puoi aspettarti che io ti veda mezza nuda davanti a me e non ti faccia niente?».
Un brivido scosse il mio corpo a quelle parole, e sentii un tuffo al basso ventre.
«Non possiamo farlo qui» bisbigliai.
Ma lui non mi ascoltò, e infilò la mano libera sotto al mio costume, stringendomi un seno.
«Riven...» dissi alzando lo sguardo e non riuscendo a trattenere un sorrisetto.
«Taci e lasciami fare» disse lui, sorridendo sulle mie labbra.
Mi baciò, mi morse il labbro, e iniziò a scendere con la mano, fino ad arrivare al pezzo sotto del mio costume.
Sfiorò dolcemente la mia intimità, e il mio respiro si fece più pesante, mentre lui continuava a baciarmi con più foga e a farsi strada dentro di me con le dita.
Ansimai, cercando di non fare troppo rumore, e il desiderio continuava a crescere in me.
«Riven, fermati...» mormorai implorante, anche se in verità non volevo che si fermasse per davvero.
«Mi dici di fermarmi, ma il tuo corpo mi sta dicendo altro» sussurrò, continuando a muovere le dita sempre più in profondità, sempre più intensamente.
Inarcai la schiena, e proprio quando stavo per lasciarmi andare ad un gemito di piacere, lui smise di abbracciarmi e mi premette il palmo sulla bocca, per fare in modo che gli altri non mi sentissero.
Lo guardai negli occhi, fissai quegli smeraldi dal taglio affilato contornati da fili di bronzo umidi, e mi sciolsi sotto quel suo sguardo magnetico e ipnotico, raggiungendo il culmine della passione.
«Devi smetterla di comportarti così» bisbigliai, abbandonandomi tra le sue braccia.
«Continua a fare finta che non ti piaccia» ribatté lui, con un sorriso malizioso.
«Ho bisogno di un minutino per ricompormi prima di tornare dagli altri, se permetti» gli dissi, mentre lui nuotava lentamente verso i nostri amici.
«Tutto quello che vuoi, Spina» rispose lui, iniziando a nuotare ancora più piano.
Chiusi gli occhi, e tentai di far rallentare il mio battito e il mio respiro.
Quando arrivammo dai loro, sembravano non essersi nemmeno resi conto che eravamo spariti per qualche minuto, perché continuarono a comportarsi come se nulla fosse.
«Inizio ad avere freddo, torniamo a casa?» disse Matilda, un po' tremolante.
«Va bene» borbottò Lila, sbuffando e alzando gli occhi al cielo.
«Matilda ha ragione» disse Riven, «Le temperature si stanno abbassando. E quando inizierà fare buio caleranno drasticamente. Andiamo».
Uscimmo tutti dall'acqua, ci asciugammo e ci infilammo i vestiti sopra ai costumi ancora bagnati.
Arrivati a casa facemmo la doccia a turno, ma Lila e Thomas la fecero insieme con la scusa di fare più in fretta, e così facemmo anche io e Riven.
Indossammo tutti dei vestiti un po' più pesanti, e poi e cenammo con la pizza avanzata dal pranzo riscaldata in forno. Ne avevamo presa in abbondanza, proprio con l'idea di averne abbastanza anche per cenare.
E finito di mangiare, restammo seduti al tavolo a bere, fumare e chiacchierare.
«Voi che cosa volete fare dopo il diploma?» chiese Mike a bassa voce, come se avesse paura di fare quella domanda.
Effettivamente, la paura del futuro era una cosa comune.
«Io non lo so, ma mi piacerebbe studiare design. Progettare gli arredi, cose così» disse Matilda, gesticolando come se stesse parlando di una cosa totalmente astratta.
«A me piacerebbe frequentare l'accademia a Belfort, quella di scultura. Mi ci vedo a fare l'artista per vivere» rispose Lila, con tono deciso.
«Io non credo di voler continuare a studiare» esordì Thomas. «Credo che proverò a fare l'apprendista in qualche studio di tatuaggi, sarebbe davvero fico».
«Anche io penso di fermarmi con gli studi» concordò Mike. «O almeno, per un anno sicuramente. Non ho ancora le idee chiare, vedrò che cosa mi verrà in mente».
«Io, onestamente, non lo so» dissi, stringendomi nelle spalle. «Mi piacerebbe trovarmi un bel lavoro, qualcosa che centri con l'arte, o magari con i libri».
«Avete tutti idee in linea sul percorso di studi che avete seguito» constatò Riven. «Io, invece, vorrei fare il meccanico. Anche se amo dipingere e tutto il resto, la mia vera passione è un'altra».
Ci fu un momento di silenzio, in cui tutti ci fermammo a riflettere per qualche secondo.
«Chissà come sarà diverso vivere veramente. Senza andare a scuola, intendo. Rimpiangeremo tutte le ore passate a lamentarci dei professori e dei compiti in classe» disse Thomas, facendo un tiro di sigaretta.
«Sarà dura, ma ce la faremo anche noi» rispose Lila, rubandogli la sigaretta dalle dita e facendo anche lei un tiro.
«Ma noi rimarremo comunque un gruppo, vero?» domandò Matilda, fissando il bicchiere di vino rosso che teneva in mano.
«Certo» la rassicurai, appoggiando dolcemente la mano sulla sua. «Di questo non ti devi preoccupare neanche un po'».
«Allora, al nostro futuro» disse Riven, prendendo il suo bicchiere pieno fino a metà di rum e alzandolo verso l'alto.
«Al nostro futuro» recitammo tutti insieme, alzando i nostri bicchieri e facendoli toccare tra di loro.
Restammo a chiacchierare fino a tarda notte, e poi, quando tutti fummo abbastanza stanchi, ce ne andammo a letto.
Io e Riven andammo a dormire nella nostra stanza, mentre Lila, Thomas, Matilda e Mike restarono al piano di sotto.
Mi addormentai felice, perché in quel momento avevo tutto ciò di cui avevo bisogno, nulla di più, nulla di meno: avevo accanto a me le persone a che amavo di più al mondo, quelle che, insieme a zia Iris e Mirca, erano davvero la mia famiglia.
***
Il lunedì mattina tornammo a Dawnguard tutti e sei con lo stomaco annodato per la tensione.
Saremmo dovuti andare a scuola a mezzogiorno per andare a vedere i risultati degli esami, e scoprire se eravamo riusciti a diplomarci tutti quanti.
Partimmo dal parcheggio della pizzeria, e andammo direttamente verso la scuola, ansiosi di scoprire se ce l'avevamo fatta.
Arrivati nel parcheggio della scuola, l'aria era carica di tensione. Tanti altri studenti erano lì, agitati e tremolanti, in attesa che i professori uscissero dalla scuola per appendere ai muri i tabelloni con i risultati degli esami.
«E se mi hanno bocciata come lo dico ai miei genitori?» si lamentò una ragazza, sull'orlo di una crisi di pianto.
«Lo sapevo che dovevo prepararmi meglio in chimica, avrò fatto un disastro in quella prova» farfugliò un alto ragazzo, camminando avanti e indietro e tenendosi le mani tra i capelli.
«Dite che ce l'abbiamo fatta tutti quanti?» chiese Thomas, battendo ritmicamente il piede a terra.
«Beh, ora lo scopriamo» rispose Matilda, guardando verso l'ingresso della scuola.
I professori uscirono, ognuno con un tabellone in mano, e li appesero alla parete.
Quando fu il nostro turno, cercammo i nostri nomi tra le centinaia di righe, tutti con il cuore a mille.
«Non dite niente. Leggete il risultato e basta. Ce lo diciamo dopo come è andata, ok?» disse Lila, in tono agitato.
Trovai il mio nome in poco tempo.
100 e lode/100. Ce l'avevo fatta.
Non riuscii a trattenere il sorriso, e guardai subito Riven.
Lui mantenne un'espressione glaciale, ma vidi dov'era puntato il suo sguardo, e lessi il suo risultato.
97/100. Ce l'aveva fatta anche lui.
Allora la faticaccia che avevo fatto nell'aiutarlo con lo studio per quasi tutto l'anno aveva dato i suoi frutti. Sia per me, che avevo ottenuto la lode che tanto desideravo, che per lui, che aveva quasi preso il massimo dei voti recuperando in pochi mesi il programma di quattro anni di liceo.
Quando tutti avemmo visto il nostro risultato, ci allontanammo e tornammo verso l'auto e le moto.
«Allora? Dite solo si o no» disse Mike, con una faccia da funerale.
Ci scambiammo qualche sguardo, e bastò quello per capire che tutti eravamo riusciti a diplomarci.
«Si!» gridammo tutti insieme, scoppiando a ridere e abbracciandoci.
«Complimenti a tutti, siamo stati bravissimi!» esclamò Matilda.
Ci congratulammo tutti a vicenda, senza mai smettere di sorridere, anche se la nostalgia del liceo stava già iniziando a farsi sentire.
Ci stavamo lasciando definitivamente alle spalle quei cinque anni, tutti pronti per guardare in avanti e pensare al nostro futuro.
Mi voltai verso Riven, e lo baciai.
Gli anni del liceo erano stati fantastici, e la me di settembre dell'anno prima non avrebbe mai immaginato che l'ultimo anno di scuola sarebbe stato, nonostante tutto, il più bello di sempre.
----------------[ spazio autrice ]----------------
Ciu :3 come va?
Ecco a voi il penultimo capitolo, eh già! Siete curiosi per il finale?
Un abbraccio e al prossimo e ultimo capitolo! :3
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