20. Siamo io e te

Le sue braccia mi avevano stretta così a lungo che quando sciogliemmo il nostro abbraccio, mi sentii come se fossi ancora avvolta nella sua presenza.

Allentò la presa delle sue dita sulla mia schiena, si voltò e tornò a guardare il lago luccicante di fronte a noi, sospirando.

Un venticello fresco e frizzante mi accarezzava il viso, ma mi sembrava quasi di riuscire a percepire ancora il suo calore sulla mia pelle, anche se lui non era più così vicino.

Non riuscivo a spiegarmi com'era possibile che una persona che fino a poco fa pensavo mi odiasse con ogni fibra di sé riuscisse a darmi un tale conforto, fino a farmi vibrare il cuore e donarmi un po' di pace dopo l'esperienza traumatica che avevo vissuto poco prima.

Ripensandoci, un brivido gelido percorse ogni mio osso, e probabilmente Riven notò il mio tremore, dato mi rivolse uno sguardo confuso.

«Ora mi dici che cosa ci fai tu qui? Io ho parlato fin troppo» disse lui, guardandomi con fare interrogativo e curioso, e con un tenue sorriso.

Sarebbe stata la cosa giusta confidarmi con lui riguardo a ciò che era successo con Ethan?

Sicuramene avrebbe reagito male: già era solito a non provare molta simpatia nei suoi confronti. E di certo per me non sarebbe stato facile raccontare tutto, dato che non avevo nemmeno avuto il tempo per elaborare la cosa.
Ma se non ero ancora riuscita a farlo, in parte era anche un bene: lui, stando al mio fianco, mi aveva inconsapevolmente distratta dall'accaduto per un po', e avevo la certezza che se fossi stata da sola e avessi avuto modo di pensarci, sarei stata travolta da un mare di forti emozioni che mi avrebbe fatta affogare nel panico e nell'angoscia.

Ma lui era li con me, si era aperto, mi aveva confessato cose di lui e della sua vita che mai avrei pensato di arrivare a conoscere, e ci eravamo abbracciati come mai avevamo fatto, lasciando che i nostri cuori feriti si accarezzassero a vicenda.

In quel momento il mio istinto mi suggerì di provare ad aprirmi con Riven, come aveva fatto lui con me. Avevo appena vissuto un trauma, e se lo avessi tenuto per me avrei dovuto farci i conti una volta rimasta da sola, e a quel punto farlo sarebbe stato ancora più complicato e distruttivo.

Alzai lo sguardo, e appena incontrai i suoi occhi verdi, profondi e magnetici, una scintilla si accese in me: sentii che avevo bisogno di lui.

Capii che in quel momento di mia estrema fragilità, lui era l'unico con il quale sarei riuscita a confidarmi. Solo Riven, con un cuore così difficile, criptico e tormentato come il mio, avrebbe potuto comprendere dolore atroce che avevo dentro mantenendo il sangue freddo e aiutandomi a non perdere il controllo sulle mie emozioni. Solo Riven, con un cuore sanguinante e ricoperto da rovi e spine, ma pur sempre delicato, sarebbe riuscito a darmi la forza di non crollare in mille pezzi.

Mi fidai del mio istinto, raccolsi il fiato e il coraggio con un respiro profondo, e sperai con tutta me stessa di star facendo la scelta giusta fidandomi di lui.

«Stavo scappando e ho trovato questo posto, mi sembrava sicuro e mi sono fermata qui» dissi tutto d'un fiato, con il cuore che iniziava a battere freneticamente per l'agitazione.

«E da cosa stavi scappando? Non sembra tu abbia bevuto talmente tanto da avere delle visioni» rispose ridacchiando.

Sorrisi con le labbra serrate, aggrottai le sopracciglia e guardai il sassolino piatto e liscio che stavo sfregando con frenesia tra le dita per tentare di calmare la mia ansia. Lo sfregai sempre più forte, mentre il nervosismo aumentava in me rendendomi sempre più irrequieta. Quei secondi di silenzio sembravano interminabili.

«Io non... Non so come fare a dirlo... Non ce la faccio...» farfugliai con voce flebile.

Le mani iniziarono a tremarmi, le lacrime mi rigarono le guance e mi sentii un nodo alla gola. Mi stava scoppiando la testa, riuscivo a percepire le vene pulsare sulle mie tempie e il battito accelerato del mio cuore nelle orecchie.

Riven appoggiò la sua mano sulle mie, e io tornai a guardarlo, con gli occhi annebbiati dalle lacrime.

Vidi che si era fatto improvvisamente serio, e senza interrompere il contatto visivo mi tolse con delicatezza il sassolino dalle dita lasciandolo cadere a terra. Mi strinse le mani nella sua, grande, calda e liscia, facendo gradualmente calmare il mio tremore.

«Ce la fai invece. Devi farcela. Raccontare le brutte cose toglie loro il potere della paura» disse deciso.

Annuii lentamente, presi una lenta boccata d'aria per calmare i miei respiri pesanti e affannosi, e chiusi gli occhi.

Riven iniziò ad accarezzare con delicatezza il dorso della mia mano destra con il pollice. Mi concentrai su quel movimento circolare, sul calore delle sue mani, sul dolce rumore dell'acqua mossa dal vento, e piano piano tornai a respirare con più calma e il mio cuore sembrò finalmente rallentare.

Feci un altro respiro profondo prima di tornare a parlare, e guardai di nuovo in basso, come se mi stessi vergognando. «Stavo scappando da Ethan, lui...».

«Ti ha fatto del male?» mi interruppe con voce calma e profonda, mettendosi subito in allerta.

Dal suo tono sembrava tranquillo, ma i suoi occhi lo tradivano: si erano fatti bui e cupi.

Restai in silenzio, mentre le parole che volevo dire mi rimbombavano nella testa, ma che non riuscivo a buttare fuori.

«Rispondi, ti ha fatto del male?» ripeté lui, piegandosi leggermente per guardarmi in faccia.

«Ha provato a toccarmi. Voleva fare di peggio, in realtà» dissi velocemente, per poi serrare le labbra.

Lui spalancò gli occhi, e mi guardò in silenzio.

«Stavo ballando con Lila e Matilda, poi loro sono andate via, io sono rimasta da sola, e lui mi ha trascinata nel bosco. Non avevo nemmeno capito fosse lui all'inizio. Era ubriaco, puzzava di alcol. Mi ha bloccata ad un albero e ha iniziato a dire cose che nemmeno ricordo, ha blaterato qualcosa sul fatto che fossi una troia e cose del genere, e poi ha iniziato a toccarmi. Poi mentre si stava slacciando i pantaloni sono riuscita a spingerlo via, lui è caduto e io sono scappata» dissi con freddezza e distacco, come se stessi recitando un copione. Quello era l'unico modo possibile per raccontare ciò che mi era successo.

Lui non disse una parola.

Alzai lo sguardo, e quando incrociai i suoi occhi trovai delle iridi tetre, affilate e ardenti di rabbia.

«Riven, stai bene?» gli chiesi timidamente.

«No, non sto bene. Quel grandissimo figlio di puttana. Lo vado a prendere, lo uccido» disse alzandosi di scatto, con un tono di voce che mi sembrò fin troppo serio.

Con un riflesso fulmineo riuscii ad intrecciare le mie dita alle sue prima che si staccasse da me. La mano che prima mi stava accarezzando con calorosa dolcezza, ora era diventata rigida e glaciale. Si alzò con talmente tanta energia che trascinò in piedi anche me.

«Riven, ti prego...» lo implorai, «Non andare».

«Lo ammazzo. Lurido pezzo di merda.» ringhiò a denti stretti, iniziando a camminare a passo deciso verso il bosco e tirandomi con sé.

«Riven, per favore...» dissi, alzando un po' di più la voce, ma lui sembrava non sentirmi.

Cercai con tutte le mie forze di puntare i piedi per terra per trattenerlo, ma mi stava trascinando con talmente tanta indifferenza che sembrava quasi che nemmeno percepisse i miei sforzi. Rinunciai, e lasciai andare la sua mano.

«Infame e schifoso del cazzo. Vediamo se ci riuscirà ancora a farsi le seghe quando gli avrò spezzato tutte le dita. Che povero coglione» borbottò lui, continuando ad avanzare.

«Riven, basta!» gridai con decisione, e lui si bloccò.

L'eco del mio urlo sfumò in lontananza, tutto tornò calmo, e attorno a noi sentimmo solo il rumore dell'acqua e il fruscio del vento tra gli alberi.

Mi avvicinai a lui, che ancora mi stava dando le spalle.

«Non ho bisogno che tu vada da lui a dargli una lezione, a picchiarlo o cose simili. Ho bisogno che tu stia con me. Ho bisogno di te» dissi, avvolgendogli la vita in un abbraccio e appoggiando la guancia sulla sua schiena.

Non disse nulla. Feci salire la mano verso il suo cuore, e lo sentii pulsare velocemente sotto al mio palmo.

«Come puoi avere bisogno di me? Dovresti odiarmi per tutto quello che ti ho fatto. Non sono la persona giusta per aiutarti in questo, non posso essere il tuo eroe o cose del genere».

«Non mi serve un eroe, Riven. Ho bisogno di qualcuno che mi capisca, che sia qui per me. Ciò che hai fatto in passato non cancella la possibilità che tu ora possa fare la cosa giusta».

Lui sospirò, e sentii la tensione del suo corpo sciogliersi lentamente.

«Non so come fare» disse sottovoce.

«Ti prego, Riven. Non voglio affrontare tutto questo da sola...» sussurrai stringendolo più forte.

«Potrei farti del male. Potrei ferirti di nuovo. Non voglio trascinarti nell'oscurità che ho dentro».

Allentai l'abbraccio e lo guidai per farlo girare verso di me, e quando fummo uno di fronte all'altra, gli appoggiai le mani al collo.
Lo guardai, e vidi il riflesso delle lacrime attorno ai suoi occhi. Mi si strinse il cuore.

«Le persone cambiano, tu stai cambiando. Non posso negare il fatto che tu mi abbia fatto tanto male, e forse sono una stupida a volerti avere accanto. Ma solo tu puoi comprendere il mio dolore senza perderti nel vuoto che ho dentro, e solo tu puoi darmi la forza che mi serve per non perdere me stessa. Non ti chiedo l'impossibile, Riven. Ti chiedo solo la tua presenza. Forse, insieme, possiamo iniziare a guarire».

I suoi occhi riflettevano la sua incertezza, ma allo stesso tempo vidi un bagliore di speranza illuminarli.

«Non so se riuscirò a fare la cosa giusta» sussurrò abbassando lo sguardo e mordendosi il labbro.

Sospirai delusa, pronta a rinunciare e a convincermi del fatto che non sarei riuscita a tenerlo accanto a me. Ancora una volta, mi ero sbagliata su di lui. Avevo creduto alle sue parole, che fosse cambiato per davvero, che fosse disposto a mettere da parte una volta per tutte l'astio che provava per me. Ma per l'ennesima volta avevo illuso me stessa. Lui non sarebbe mai cambiato.

Feci scivolare le mani dal suo collo, e mi voltai dall'altra parte per allontanarmi da lui.

Ma all'improvviso Riven mi prese i fianchi, mi tirò verso di lui e io mi trovai con la mia faccia a pochi centimetri dalla sua e con i palmi appoggiati al suo petto.

Sussultai, e per qualche secondo smisi di respirare.

«Non mi hai fatto finire. Non so se ci riuscirò, ma ci proverò. Ci proverò per davvero, per te» disse con tono deciso e un'espressione seria.

Un sorriso appena accennato si fece strada sul mio volto. Realizzai che per la prima volta, invece, non mi ero sbagliata su di lui. Forse non era ancora cambiato del tutto, ma voleva veramente farlo.

«Adesso vieni con me, ti porto via da qui» disse prendendomi la mano e andando verso il bosco.

«Torniamo alla festa? Andiamo a cercare la casa di Ambra?» gli chiesi, confusa.

«No» rispose seccamente.

Passati due o tre alberi, nel buio riuscii ad intravedere la sagoma della sua moto.

«Non avrai mica intenzione di...»

«Mettilo» disse porgendomi il suo casco.

«Ma hai sempre detto che nessuno sale sulla tua moto» protestai, con il cuore che iniziava ad battere sempre più forte.

«Ho cambiato idea. Mettilo e non fare storie» rispose lui, facendo un cenno con il capo verso il caso che stava tendendo verso di me.

«E tu? Rimarrai senza».

«Senza. Fare. Storie.» ripeté lui.

Sbuffai e presi il casco tra le mani.

La superficie era fredda e ruvida, e accarezzandolo con le dita riuscii a sentire i solchi causati dall'usura e dai colpi presi. Un brivido mi percorse tutto il corpo. Lo ignorai e infilai il casco, che mi stava leggermente grande.

Alzai la testa verso l'alto e iniziai ad armeggiare con la chiusura con le mani che tremavano per la tensione. Non ero mai salita su una moto, e tantomeno su una moto da cross.

Riven si accorse che ero in difficoltà, si avvicinò a me e con un abile gesto mi chiuse il laccetto del casco.

«Non avere paura» disse alzando il cavalletto e salendo con agilità sulla moto. «Sarà solo un po'... turbolento, per così dire».

Benissimo.

Accese la moto, il faro anteriore illuminò la fitta boscaglia di fronte a noi e il rombo del motore riempì l'aria.

«Sali» gridò per sovrastare il forte rumore. «Appoggia le mani sulle mie spalle, metti il piede sinistro qui, poi datti una spinta e metti il piede destro sull'altra pedalina. Poi stringiti a me e non lasciare la presa per nessun motivo. Chiaro?».

Annuii, e seguii le sue indicazioni.

Appena salii sulla moto e gli cinsi la vita con le braccia, lui partì.

Quando sentii la moto sobbalzare sotto di noi mi strinsi ancora più forte a lui, e sentii il suo addome contorcersi per una risata.

Il rumore del motore echeggiava attorno a noi, e l'aria fresca e pungente mi accarezzava il volto.

Riven continuò a guidare muovendosi di qua e di là per schivare gli alberi, passando tra strette fessure, ripide discesette e radici contorte e sporgenti.

La moto sobbalzava su quel terreno irregolare, e io continuavo a sbattere con il casco sulle sue spalle.

«Tutto a posto?» mi chiese lui urlando.

Lui si girò leggermente per potermi vedere con la coda dell'occhio, e io annuii freneticamente.

La paura dei primi attimi passati su quella moto ormai se n'era andata, lasciando spazio soltanto all'adrenalina e all'emozione.

«E allora acceleriamo» disse, e dallo specchietto vidi il suo volto illuminarsi con un sorrisetto.

«No, no!» gridai sorridendo.

Lui diede gas, sfrecciammo rapidamente tra lo spazio minimo tra due alberi e la moto sobbalzò ancora di più.

Chiusi gli occhi che mi stavano lacrimando per il troppo vento, e risi spensierata e divertita mentre lui continuava a guidare con agilità.

Inspirai profondamente, e l'odore della benzina misto a quello del terriccio umido riempì i miei polmoni.

Dopo un po' riaprii gli occhi, e vidi che la fitta boscaglia stava iniziando a diradarsi lentamente.

«Siamo quasi arrivati» disse iniziando a rallentare.

Il suolo era meno dissestato in quel punto, e la moto sembrò essere più stabile. Mi guardai attorno per cercare di capire dove eravamo diretti, ma il bosco sembrava tutto uguale.

Quando tornai a guardare di fronte a me, vidi le sagome di due case non troppo distanti da noi. Ci avvicinammo ancora di più, e finalmente capii dove ci trovavamo. Quelle erano le nostre case.

Parcheggiò la moto dove la metteva sempre, accanto alla scaletta del portico di quella che una volta era casa sua.

«Cosa ci facciamo qui?» gli chiesi non appena spense la moto e il forte rumore del motore lasciò spazio al silenzio della natura.

Scesi dalla moto aggrappandomi alle sue spalle come avevo fatto per salire, e lui scese subito dopo di me, abbassando il cavalletto.

Mi slacciò il casco e me lo sfilò, per poi appoggiarlo sulla sella della moto.

«Non abbiamo nemmeno le chiavi» dissi perplessa.

Lui si mise una mano in tasca, e tirò fuori un luccicante mazzo di chiavi.

«Parla per te» rispose con un sorriso compiaciuto. «Staremo qui a casa mia per questa notte. Sapevo già prima di partire che avrei dormito qui. Ho chiesto il permesso a zia Mirca e ha detto di si, quindi non ti preoccupare: nessuna regola infranta».

Gli sorrisi scuotendo la testa e incrociando le braccia.

Lui ricambiò il sorriso, e insieme ci dirigemmo verso l'ingresso.

«Pensavo che Mirca volesse vendere questa casa ora che abitate a Dawnguard» dissi mentre lui cercava nel mazzo la chiave giusta per la porta.

«Ti pare? Mirca ama troppo questa casa per pensare di venderla. La terrà come casa vacanze come fate tu e Iris con la vostra. Infatti è ancora arredata, ovviamente».

Aprì la porta, accese le luci e vidi che non era cambiato quasi nulla. La casa era più spoglia, mancavano tante cose, ma tante altre erano ancora lì. Il profumo caratteristico di quella casa mi solleticò le narici, e mi sentii subito accolta da un profondo senso di sicurezza e familiarità.

«Quindi sia io che te torneremo qui tutte le estati» constatai guardandomi attorno mentre mi toglievo gli stivali sporchi di terra.

«Siamo entrambi maggiorenni ora, possiamo rifiutarci, se vogliamo» disse lui, sfilandosi le scarpe con i piedi.

«Non credo che l'anno prossimo mi dispiacerà venire qui. In otto mesi tante cose possono cambiare, e considerando tutto quello che è successo a solo a settembre...».

«Lo scopriremo» disse lui sorridendomi.

«Aspettami in camera mia, ti porto delle lenzuola pulite».

Annuii, salii le scale e andai nella sua stanza.

Era quasi vuota, erano rimasti solamente il letto, il comodino, la scrivania, la sedia e l'armadio.

Mi sedetti sul materasso spoglio, e vidi che aveva lasciato lì anche l'orologio da parete a forma di gatto nero che aveva sempre avuto accanto alla testiera del letto. Erano le tre e mezza di notte.

Era troppo strano pensare che per quella notte avrei dormito lì, nella stanza di Riven, nella quale io e lui avevamo passato non so quanti pomeriggi immersi nel silenzio religioso carico di ostilità.

Riven entrò, appoggiò una coperta di lana e delle lenzuola bianche ben piegate sulla scrivania insieme, e poi prese una sua t-shirt nera dall'armadio, che appoggiò sopra alle lenzuola.

«Mettila pure. Almeno non devi dormire con quel coso stretto. Non so nemmeno come fai a respirare» disse guardando il mio vestito con sguardo perplesso.

Ridacchiai, e mi alzai per prendere i panni puliti.

«Grazie, Riven» sussurrai.

«Prego. Questa notte chiamami se ti serve qualcosa, va bene?» rispose lui, sorridendomi dolcemente.

«Va bene. Buonanotte» lo salutai, infilando il cuscino nella federa.

«Buonanotte, Spina» ricambiò, e se ne andò chiudendo la porta.

Mi chiesi se con il tempo avrebbe mai smesso di chiamarmi in quel modo insopportabile.

Sistemai il letto, mi tolsi il vestito e il reggiseno, e mi infilai la t-shirt larga e morbida di Riven. La arricciai con le mani, me la portai al naso e inspirando sentii che era ancora impregnata del profumo di detersivo.

Sospirai spegnando la luce, e mi sdraiai sul letto accoccolandomi tra le coperte. Chiusi gli occhi, e per mia fortuna ero talmente tanto stanca che la conseguenza del rilascio della tensione fu che mi addormentai talmente in fretta che nemmeno me ne accorsi. Almeno non avrei dovuto fare i conti con una miriade di pensieri che mi avrebbero tenuta sveglia per tutta la notte.

***

Mi ritrovai nel bosco buio, incatenata ad un albero con grosse, spesse e fredde catene di ferro che mi fermavano il sangue.

Davanti a me, dei luminosi occhi azzurri spiccavano nell'oscurità, e si stavano avvicinando a me lentamente.

Piano piano, riuscii a distinguere il viso di Ethan, e sentii il terrore crescere in me. Iniziai a muovermi freneticamente per liberarmi dalle catene, ma non ci riuscii.

Non appena Ethan fu abbastanza vicino, allungò la mano verso di me e mi sfiorò l'interno coscia.

Urlai, provai di nuovo a divincolarmi dalle catene e ci riuscii, ma caddi nel vuoto e urlai ancora più forte.

***

Mi svegliai di soprassalto, mi accorsi che stavo urlando anche nella realtà e scalciai via le coperte, mettendomi seduta sul bordo del letto.

Appoggiai i gomiti sulle ginocchia infilai le dita tra i capelli, facendo dei respiri profondi cercando disperatamente di calmarmi.

Udii dei passi veloci e pesanti venire verso la stanza, e improvvisamente Riven spalancò la porta.

«Che succede?» mi chiese preoccupato.

«L'ho visto, l'ho sognato. Mi tormenterà per sempre» balbettai con voce tremante.

Lui sospirò. «Vieni con me» disse con voce più calma.

Alzai lo sguardo su di lui, e vidi la sua mano tesa verso di me.

Mi alzai, presi la sua mano, e lo seguii senza esitare.

Mi accompagnò nella stanza di Mirca, dove stava dormendo lui prima che lo svegliassi con le mie urla.

«Starai qui con me per questa notte» mi disse lui, facendomi sedere sul bordo del letto matrimoniale.

Non dissi nulla, il cuore mi stava scoppiando nel petto. Non solo per l'incubo che avevo appena fatto, ma ora anche perché stavo per dormire nello stesso letto in cui avrebbe dormito Riven.

«Non ti preoccupare, non ti farò nulla. Non farò niente che tu non voglia. Sei al sicuro, qui» mi rassicurò lui, andando dall'altro lato e sdraiandosi.

Mi sdraiai anche io, mi tirai le coperte fin sopra le spalle, e mi girai verso il lato esterno del letto, guardando la parete.

«Grazie» sussurrai.

«Non ti lascerò» rispose lui a bassa voce.

Sentii il mio cuore sussultare a quelle parole, e poi gradualmente iniziò a rallentare.

Chiusi gli occhi, e riuscii ad addormentarmi di nuovo, sapendo che se mi fossi svegliata ancora una volta in preda al panico, lui sarebbe stato al mio fianco, pronto a rassicurarmi.

----------------[ spazio autrice ]----------------

Ciu :3 come state?
Che cosa ne pensate di questo capitolo? Io sono felice per loro due, perché finalmente stanno iniziando a capirsi e perché Riven ha capito che può fare tanto per aiutare Rose.
Un abbraccio e al prossimo capitolo! :3

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