17. Inviti e tarocchi
La domenica pomeriggio la passai con Lila e Matilda al parco, poi alla gelateria, e poi di nuovo al parco, a dire loro tutto ciò che era successo con Ethan.
Raccontai tutto nei minimi dettagli, riportai le sue parole dicendo poi come mi ero sentita a riguardo, e loro concordarono con me su ogni cosa.
«Rose, sono davvero felice che tu lo abbia fatto e che abbia seguito il nostro consiglio» disse Matilda, mentre stavamo passeggiando nel mio quartiere per arrivare a casa mia.
Ormai era sera, il sole stava per tramontare, e saremmo dovute tornare tutte e tre a casa.
«Anche io sono felice. Ieri e questa mattina mi sono sentita un po' male, ma so che è la cosa giusta. Grazie, ragazze» risposi.
«Solo una cosa... Sei sicura di averci detto tutto? Mi chiedo solo: perché dopo una settimana? Sembravi così convinta di non volerlo lasciare e continuavi a giustificare i suoi comportamenti. È successo qualcosa che ti ha fatto cambiare idea?» mi chiese Lila timidamente, come se sperasse di non sembrare indiscreta con quella domanda.
Avrei potuto mentire, dire che semplicemente ci avevo riflettuto durante la settimana e che i suoi atteggiamenti mi avevano fatta ragionare, ma quella non era la verità.
Il fatto che Riven, proprio lui che mi aveva sempre fatta stare male per dieci anni e sembrava trarre divertimento e soddisfazione dalla mia sofferenza, avesse dimostrato preoccupazione per come si stava evolvendo il mio rapporto con Ethan, mi aveva fatta rendere conto che davvero c'era qualcosa che non andava. Non avrei pensato di mettere in pausa la mia relazione con Ethan se lui non mi avesse parlato, se non si fosse comportato con così tanta delicatezza facendomi intuire il suo interesse verso il mio bene per la prima volta in tutti quegli anni.
Decisi di essere sincera con loro.
«Riven. Riven mi ha fatto cambiare idea. Mi ha detto che non avrei dovuto lasciare che mi trattasse così, e mi sono resa conto che aveva ragione. Insomma, sapete com'è Riven, e mai mi sarei aspettata che prendesse le mie parti in una situazione del genere. Ma lo ha fatto, e questo mi ha fatto capire tante cose».
Loro strabuzzarono gli occhi, e rimasero senza parole per qualche istante. Poi, però, insistettero per sapere ogni dettaglio sulla mia conversazione con Riven, e io raccontai tutto quanto. Furono stupite da quella sua presa di posizione, ma rimasero diffidenti nei suoi confronti.
«So di aver fatto la scelta giusta» dissi per concludere il discorso, appena arrivammo di fronte a casa mia, «Ma sono un po' preoccupata, perché non so come saranno ora le cose. Sarà strano non parlare con Ethan, a scuola».
Come avrei fatto a sopportare di vedere Ethan ogni giorno, ma senza dovermi avvicinare a lui? Era cambiato, era diverso, era diventato rude e meschino, ma era pur sempre il ragazzo che amavo, con il quale avevo condiviso tre anni della mia vita. La nostra relazione era stata fantastica, e sentivo la mancanza di quei bei momenti passati in sua compagnia.
Momenti che avevano lasciato il posto a parole cattive, sguardi colmi di rabbia e gesti violenti. Tutto era cambiato, ma io continuavo a provare un forte sentimento verso di lui, o forse verso l'idea che mi era rimasta di lui.
«Non ti preoccupare, Rose. Ci siamo noi con te, andrà bene» mi rassicurò Matilda, abbracciandomi.
«Matilda ha ragione, lo sai che noi ci saremo sempre accanto a te» concordò Lila unendosi all'abbraccio.
Le ringraziai, e poi ci salutammo dandoci appuntamento l'indomani all'entrata della scuola, come sempre.
***
Il primo giorno di scuola senza Ethan al mio fianco fu davvero complicato.
Appena arrivai al parcheggio, Matilda e Lila erano lì, all'entrata, ad aspettarmi, mentre Ethan si era messo in disparte con Thomas e Mike e mi degnò solo di uno sguardo sfuggente.
Quando i miei occhi incontrarono i suoi per una frazione di secondo sentii un tuffo al cuore, e quella brutta sensazione mi accompagnò per tutta la mattinata.
Poi, al termine delle lezioni, successe lo stesso.
Mi bastò vedere Ethan da lontano e sapere che non avrei potuto avvicinarmi a lui per sentirmi di nuovo come se mi fosse crollato il mondo addosso, e vederlo andare via con i suoi amici senza che si voltasse neanche una volta a guardarmi mi spezzò il cuore.
Ero stata io a chiedergli di lasciarmi i miei spazi, ad allontanarlo, e pensai che forse io non avevo nemmeno il diritto di starci male quando era lui quello che era stato costretto ad accettare la pausa della nostra relazione contro il suo volere.
La tentazione di andare a riprenderlo, di dirgli che era stato uno sbaglio, che volevo stare con lui, che non riuscivo a stargli distante era forte, ma non cedetti. Dentro di me sapevo che non sarebbe stata una buona idea, e dovevo avere la forza e il coraggio di resistere e convincere me stessa del fatto che lui non era più quello di un tempo, che l'immagine che avevo di lui nella mia testa era solo un'idea del passato, e che ora stare distante da lui era la cosa giusta da fare.
Quando il campanello suonò riportandomi alla realtà e distraendomi da quei pensieri, mi alzai sbuffando dal divano e andai ad aprire la porta.
Mi chiesi se avrei dovuto dire a Riven della decisione che avevo preso in merito alla relazione con Ethan, ma poi realizzai che probabilmente lo aveva già notato, come aveva già notato molte altre cose in precedenza.
Andammo in camera mia, e appena lui chiuse la porta alle sue spalle, confermò il mio pensiero.
«Allora, alla fine hai deciso di ascoltarmi e hai abbandonato il cucciolo» disse in tono sarcastico.
Con un gesto scocciato portai lo sgabello della specchiera vicino alla scrivania, e mi ci sedetti di peso sbuffando.
«Già. Ma è solo una pausa».
Lui si sedette accanto a me sulla sedia girevole e ridacchiò tra sé e sé.
«Come ti pare. Ma non penso che una pausa di qualche giorno sistemerà le cose, gli si è proprio fritto il cervello da quando ci sono io» esclamò sfacciato e orgoglioso, con un grande sorriso compiaciuto stampato in faccia.
Guardando quel suo sorrisetto sfrontato e i suoi occhi smeraldini brillanti di arroganza, sentii il sangue salirmi alla testa per la rabbia, e mi sentii estremamente infastidita.
«Peccato che per me non sia così divertente, Riven» sbottai, sbattendo con rabbia il libro di fisica sulla scrivania.
I suoi occhi si fecero d'un tratto più cupi e docili, e il sorriso insolente sparì dal suo volto, lasciando spazio ad un'espressione di disappunto. Sembrava quasi rammaricato.
La sua faccia sconfitta mi diede una strana soddisfazione, avevo vinto io quella sfida facendolo rinunciare alla sua spavalderia, ma allo stesso tempo, mi accorsi che c'era qualcosa di diverso in lui. Era come se finalmente stesse realizzando l'effetto delle sue azioni su di me, e quella sua aria di pentimento era così inusuale che riuscii soltanto a restare in silenzio, cercando di comprendere che cosa stesse succedendo.
«Mi dispiace» disse con voce flebile e abbassando lo sguardo.
Spalancai gli occhi per la sorpresa e sentii il cuore fermarsi. Aveva appena detto "mi dispiace"? Si era appena scusato con me?
Mi sembrò impossibile, soprattutto considerando quanto spesso mi aveva ferita con le sue parole taglienti, il suo atteggiamento sprezzante e i suoi sguardi mordaci.
Eppure, in quel momento, mi sembrava di vedere una parte di lui che non avevo mai notato prima, una fragilità che lo rendeva più umano.
Ancora una volta, ero riuscita ad aprire una piccola crepa nel suo muro di protezione invalicabile, che non mi aveva mai permesso di capirlo e di comprenderlo. Ma questa volta sarei riuscita a fargli tenere le difese abbassate abbastanza a lungo da riuscire a sbirciare dentro di lui?
Il mio e il suo cellulare squillarono all'unisono, ed entrambi li prendemmo frettolosamente, ansiosi di liberarci da quella situazione di silenzio imbarazzante.
«Questa stupida oca, non mi lascia mai in pace, io non...» si lamentò Riven, bloccando subito il telefono e sbattendolo sulla scrivania a faccia in giù.
«Ti ha scritto Ambra?» lo interruppi, rendendomi conto troppo tardi che non avrei dovuto chiederglielo.
Ambra aveva scritto un messaggio anche a me proprio in quel momento, ma lui non lo poteva sapere, e probabilmente avrebbe pensato che volessi farmi i fatti suoi. Potevo starmene zitta, dato che la situazione era già abbastanza carica di tensione di suo.
«Che te ne frega?» rispose lui seccamente.
«Scusa, scusa. Non mi interessa, in realtà... Te l'ho chiesto solo perché ha scritto anche a me. Ma il messaggio non l'ho ancora letto» farfugliai, tentando di giustificarmi.
Lui sembrò sorpreso, e in verità lo ero anche io.
Cosa mai poteva volere Ambra da me? Non mi sopportava.
Riven riprese il telefono in mano e andò a leggere il messaggio di Ambra, e io feci lo stesso.
"Se leggi questo messaggio sappi che l'ho inoltrato a tutti quelli del nostro anno. Questo sabato farò una festa a Redwood, e ovviamente sei invitato/a. Faremo festa nel bosco e poi chi vorrà potrà restare a dormire nella mia casa vacanze nel centro di Redwood, che è ad una mezz'ora circa a piedi dal luogo della festa. Ti consiglio di portarti un sacco a pelo, perché ci sarà alcol a fiumi e sicuramente sarai troppo ubriaco/a per tornare a casa. Rispondi a questo messaggio con :) se verrai alla festa, o :( se invece sei uno/a sfigato/a e non ci verrai."
Finimmo di leggere il messaggio nello stesso momento, ed entrambi alzammo lo sguardo dal telefono per scambiarci delle occhiate perplesse.
«Ci andrai?» gli chiesi.
«Ti pare? Non ho intenzione di sopportare quell'oca per una serata intera. E tu?» rispose lui.
«Non credo. Ma ne parlerò con Lila e Matilda».
Lui annuì e prese il quaderno dallo zaino.
Mettemmo da parte il discorso e iniziammo con lo studio, e di lì a poco dovetti spegnere la suoneria e la vibrazione del telefono a causa del bombardamento di messaggi che stavo subendo, sicuramente tutti dalle mie amiche che commentavano l'invito di Ambra.
Dopo due ore e mezza passate a studiare, Riven tornò a casa sua.
Mi sdraiai sul letto con il telefono in mano, e aprii la chat con Lila e Matilda. Scorrendo velocemente i messaggi potei vedere che stavano parlando solo della festa, e stavano discutendo sul da farsi.
"Secondo me dovremmo andarci. È da tanto che non facciamo festa come si deve, direi che è arrivato il momento di svagarci un po'. Ma ne parleremo domani a scuola" scrissi, sperando di cavarmela con poco.
"Visto, Matilda? Rose la pensa come me" rispose Lila poco dopo.
Matilda si limitò a rispondere con tre puntini di sospensione.
Pensai di scrivere ad Ethan per chiedergli se lui sarebbe venuto alla festa, ma poi mi ricordai che noi non stavamo più insieme come prima, e mi sentii un nodo alla gola.
Sospirai sconsolata, e mi alzai dal letto con un balzo. Quello era il momento di fare una cosa alla quale cedevo molto raramente, e solo in situazioni disperate.
Scesi le scale con passo pesante, presa dallo sconforto, pregando che quella cosa mi avrebbe aiutata come speravo.
Andai in cucina, e trovai zia Iris seduta sul tavolo con una fumante tazza di tè in mano.
«Zia, ho bisogno di te» le dissi distogliendola dallo stato meditativo nel quale sembrava essere immersa.
«Che succede, cara?» mi chiese lei, allarmata.
«Ho bisogno che tu mi legga i tarocchi» le dissi chiudendo gli occhi e sospirando, preparandomi sua reazione follemente entusiasta.
«Lo sapevo! Lo sapevo che prima o poi me lo avresti chiesto di nuovo! Vieni qui, siediti accanto a me!» trillò lei, alzandosi di scatto dal tavolo.
Mi prese per le spalle, mi accompagnò alla sedia accanto alla sua e mi fece sedere. Poi si rimise al suo posto, e dal cassetto del tavolo, in cui solitamente le persone normali ci tenevano posate e tovaglie, tirò fuori uno dei suoi mazzi di tarocchi.
«Allora, tesoro, che cosa vuoi sapere?» mi domandò tirando fuori le carte da un sacchettino in velluto viola ormai sgualcito, e iniziando a mescolare abilmente.
«Voglio sapere se ho fatto la scelta giusta con Ethan, se è stata una buona idea» risposi senza pensarci troppo.
Se mi fossi fermata a rifletterci, quasi sicuramente sarei scappata via. Ma ormai ero lì, seduta con zia Iris sul tavolo della cucina mentre lei non vedeva l'ora di leggermi le carte, e non avrei potuto tirarmi indietro.
«Va bene. Ora vediamo un po' che cosa ci dicono le carte» disse continuando a mescolare il mazzo.
Io restai in silenzio, per paura di disturbare la sua concentrazione. Dopo qualche secondo, appoggiò le carte sul tavolo e le divise in tre piccoli mazzetti con la mano sinistra, e lentamente girò quelle più in alto, una alla volta.
«Allora, vediamo un po'... La Giustizia, molto bene... poi, La Morte, ottimo... e infine il 3 di Spade...» ma quando girò l'ultima carta, quella sotto di essa scivolò via. «Oh! Questa voleva proprio uscire» esclamò, girandola a faccia in su e mettendola accanto ai tre mazzetti. «Il 3 si Coppe, perfetto».
«E che cosa significano?» chiesi impaziente.
«Ora te lo spiego, partiamo dall'inizio. La Giustizia simboleggia equità e bilanciamento nelle decisioni prese, quindi direi che abbiamo già una risposta alla tua domanda: questa carta ti dice che hai fatto un'ottima scelta per rimanere fedele e giusta con te stessa. La Morte, invece, parla di cambiamento, trasformazione e rinnovamento. È una carta che suggerisce la fine di un ciclo negativo e l'inizio di una nuova era positiva. Stai lasciando andare il passato, le vecchie abitudini, le situazioni che non servono più per fare spazio a nuove opportunità, e direi che così va molto bene. Passiamo al 3 di Spade, che indica la guarigione dal dolore e dalle delusioni passate: un giorno, tutto questo dolore che stai provando sarà solo un ricordo, e ti renderai conto di aver imparato tanto da questa esperienza. E infine, il 3 di Coppe: una carta che parla di amicizia, gioia, festa e condivisione. Se guardi questa carta, ci sono tre donne che festeggiano insieme, e penso tu sappia già chi rappresentano. Loro ti sono vicine, e sono pronte a supportarti in tutto e per tutto».
Rimasi senza parole, Zia Iris era davvero brava con i tarocchi. Non leggeva solo le carte, leggeva dentro alle persone.
«Allora, che ne pensi? Sei soddisfatta di questa lettura?» mi domandò.
«Si, lo sono. Sono molto soddisfatta, a dire la verità. Grazie» dissi tenendo gli occhi fissi sulle carte.
«Di nulla, cara. Lo sai che quando vuoi puoi chiedermi di leggerti le carte, lo faccio volentieri» rispose lei, prendendomi la mano.
«Grazie, zia. Senti, a proposito di festeggiamenti... Sono stata invitata ad una festa a Redwood, sarà questo sabato. Posso andarci?» le chiesi.
Non sapevo nemmeno se ci sarei andata davvero, ma tanti valeva chiederle già il permesso.
«Certo, ormai sei grande, potresti anche chiedermelo. Andrai con le tue amiche? Avete bisogno di un passaggio?» rispose lei.
«Credo di si. Dormiremo là, però. La ragazza che ci ha invitate ha una casa nel centro di Redwood».
«Va bene, allora mi farai sapere» disse riprendendo in mano la sua tazza di tè, ormai diventato freddo.
Mi alzai, e andai a riposarmi un po' sul divano e a ripensare a ciò che mi aveva detto zia Iris, prima di iniziare a preparare la cena.
***
Con la rassicurante lettura dei tarocchi di zia Iris, i giorni successivi andarono meglio.
Sentivo comunque un tuffo al cuore ogni volta che incrociavo Ethan fuori da scuola o nei corridoi, ma nel giro di pochi giorni riuscii a farci l'abitudine.
Ovviamente a scuola non si parlava d'altro che della festa di Ambra, e tutti quelli del nostro anno sembravano attendere il sabato sera con grande impazienza.
Io e Lila, con un po' di insistenza, riuscimmo a convincere Matilda a venire alla festa, e piano piano sembrò convincersi che quella era un'esperienza che non poteva perdersi e che sarebbe stato bello andare ad una grande festa tutte insieme.
Lila ci disse che ne aveva parlato con Thomas, e che avevano intenzione di andarci anche lui, Ethan e Mike, ma la cosa non mi turbò particolarmente. Era ovvio che lui avrebbe accettato l'invito, e come ero riuscita ad ignorarlo a scuola, sarei riuscita a farlo anche alla festa, e non ci sarebbero stati problemi, o almeno così speravo che fosse.
Matilda e Lila mi chiesero se sarebbe venuto anche Riven, e io dissi loro che non era molto entusiasta all'idea di avere Ambra a ronzargli intorno e a provocarlo con la sua solita insistenza per tutta la serata, e che sicuramente non si sarebbe presentato. E a me andava più che bene: un problema in meno.
Per tutta la settimana, la festa fu al centro dell'attenzione per chiunque del quinto anno, e gli studenti più piccoli sembravano parecchio invidiosi. Alcuni ne parlavano come se fosse stato l'evento dell'anno, unico e irripetibile: chi ci andava se ne vantava apertamente e non faceva altro che parlarne, e chi invece non aveva ottenuto il permesso dei genitori scappava appena sentiva la parola "festa" uscire dalla bocca di qualcuno, per evitare di essere additato come sfigato o sfigata.
Ci organizzammo per come andare a Redwood, e decidemmo che zia Iris ci avrebbe portate alla festa, mentre la loro madre sarebbe venuta a prenderci il pomeriggio del giorno dopo.
Lila si lamentò in continuazione perché i genitori le avevano detto che non poteva assolutamente andarci insieme a Thomas, mentre lei si immaginava già insieme a lui a sfrecciare sulla sua bella macchina a due posti, ma poi si rassegnò all'idea che sarebbe dovuta venire insieme a noi e abbandonare l'idea del tragitto romantico insieme al suo ragazzo.
Decidemmo di incontrarci a casa mia tre ore prima di partire per Redwood per preparaci tutte insieme, e sia a scuola che per messaggio continuavamo a discutere di come ci saremmo dovute vestire e truccare.
I giorni passavano, ed io ero sempre più emozionata all'idea di andare ad una festa come quella. Non ne avevo mai avuto l'occasione, e sapevo che sarebbe stato fantastico.
----------------[ spazio autrice ]----------------
Ciu :3 come va?
Allora, che ne pensate dei questo capitolo? E della lettura dei tarocchi di zia Iris?
Non vedevo l'ora di inserire una piccola parte dedicata ai tarocchi, dato che li leggo da anni e sono una parte fondamentale della mia vita
Vi anticipo che nel prossimo capitolo si parlerà della festa, e ci saranno dei risvolti inaspettati... (Questa frase fa molto Filippo di Temptation Island)
Un abbraccio e ci vediamo al prossimo capitolo! :3
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