16. Cambiamenti
«Non dovresti farti trattare così» esordì Riven nel bel mezzo della mia spiegazione su Caravaggio.
Rimasi sorpresa da quella sua interruzione, dato che solitamente era completamente concentrato su quello che stavamo studiando e non proferiva mai parola, se non per fare qualche domanda sull'argomento.
«Di che stai parlando? Non capisco» gli dissi con espressione confusa e tono perplesso, dato che non avevo minimamente capito a che cosa si stesse riferendo.
«Secondo te? Sto parlando del tuo ragazzo. Non dovresti lasciare che ti tratti in quel modo» rispose lui, senza smettere di scrivere sul suo quaderno.
Sentii un tuffo al cuore, ripensando a ciò che era successo lo scorso venerdì. Ormai era passata una settimana, e credevo se ne fosse dimenticato.
«La cosa non ti riguarda» risposi seccamente, continuando a sfogliare le pagine del libro.
Con la coda dell'occhio, lo vidi distogliere lo sguardo dal quaderno e sollevare il mento, per guardare me.
«Mi riguarda se quell'idiota ti tratta così perché è convinto che tu lo stia tradendo con me».
Avvampai per l'imbarazzo. Sentii i suoi occhi puntati su di me, e non ebbi la forza di alzare lo sguardo.
«Riven, perché te ne dovrebbe fregare qualcosa? Sei tu il primo che si comporta male con me, e lo fai da dieci anni» ribattei, sforzandomi di tenere lo sguardo fisso sul libro e di non cedere alla tentazione di voltarmi verso di lui. «È passata una settimana, e poi non è successo nulla. Ora va tutto bene tra me e lui».
«Quindi il fatto che non ti abbracci più quando ti vede arrivare, le occhiatacce che ti lancia quando dici qualcosa su di me o ci vede insieme, la freddezza che ha nei tuoi confronti quando ti parla, e il modo in cui ti afferra per il polso e ti strattona per portarti via quando arrivo io nel parcheggio della scuola, sono tutte cose che indicano che sta andando tutto bene tra di voi? Fantastico» rispose lui, con tono sarcastico.
Restai di sasso. Non mi aspettavo minimamente che la conversazione prendesse quella piega e che lui avesse notato tutte quelle cose.
Era vero, non stava andando bene tra me ed Ethan. Per tutta la settimana aveva fatto quelle cose descritte da lui, e speravo che nessuno le notasse.
Istintivamente mi guardai il polso sinistro e me lo chiusi nella mano per coprirlo. Ogni mattina, prima di entrare a scuola, quando Riven arrivava nel parcheggio in sella alla sua moto, mi afferrava sempre per strattonarmi e portarmi dentro alla scuola prima che lui potesse venire verso di noi. Quando gli avevo chiesto il motivo di quell'atteggiamento, lui aveva detto che non voleva che Riven venisse a parlarmi anche prima dell'inizio delle lezioni, e che già era abbastanza il tempo che passavamo insieme in classe e a casa mia per studiare. Io non osai contraddirlo, perché sapevo che avrebbe pensato che lo stessi facendo per difendere Riven.
«Fammi vedere» disse lui con voce profonda, porgendomi la sua mano.
«Riven, lasciami stare. Non ti deve interessare» risposi seccamente, tirando indietro il braccio per nasconderlo ancora di più.
Osservai la sua mano pallida e liscia tesa verso di me, e non riuscii a trattenermi dall'alzare lo sguardo su di lui. I suoi occhi smeraldini, a tratti coperti dai capelli bronzei, sembravano avere una luce diversa dal solito. Avevano un bagliore di tenerezza, di compassione, che non avevo mai colto nel suo sguardo. Rimasi congelata di fronte a quella stranezza.
«Dammi il polso» ripeté lui, con tono più calmo e docile.
Mi sciolsi di fronte a quella delicatezza che non aveva mai avuto con me. Anche quando si comportava bene con le altre persone, con le zie, con i professori, non aveva mai quello sguardo. Non era mai stato davvero gentile, non era mai stato davvero sensibile, era tutta una facciata per nascondere l'oscurità che si portava dentro. Eppure in quel momento, sembrava che ogni traccia di astio e rancore se ne fosse andata dal suo corpo, e sembrava veramente sincero.
Il mio cuore iniziò a battere più freneticamente, ma lentamente gli porsi il mio braccio e appoggiai con calma il polso sulla sua mano calda e morbida, come se potesse ritrarsi e ferirmi di nuovo con la sua cattiveria da un momento all'altro.
Ma non lo fece.
Portò con delicatezza il mio polso verso di sé, facendomi avvicinare a lui, e abbassò lo sguardo per osservarlo. Lo girò da un lato e dall'altro, esaminandolo con calma e attenzione. Mai avrei pensato che proprio lui, Riven, mi avrebbe toccata con una tale leggerezza.
Quando mi rigirò il palmo verso l'alto e vide il livido grande e violaceo, proprio accanto alle vene visibili sotto la mia pelle traslucida, lo sfiorò piano con le sue dita vellutate.
«Non puoi permettere che ti faccia questo» disse sottovoce, tornando a guardarmi.
«Riven, non lo fa apposta» risposi, ritraendo il braccio con un movimento lento.
«Apri gli occhi. Ascoltami, ti sta facendo del male» ribatté lui, con voce più dura e profonda.
Che diritto aveva, proprio lui che da anni non faceva nient'altro che ferirmi e farmi soffrire, di dire una cosa simile?
«Tu mi hai fatto male per dieci anni, Riven. Un decennio, te ne rendi conto? E ora pretendi che io ti ascolti mentre mi dici che è il mio ragazzo a farmi del male?» ringhiai.
Ma appena pronunciai quelle parole, me ne pentii immediatamente.
Il suo sguardo tornò ostile e cupo come quello di sempre, e ogni traccia di dolcezza sparì dal suo volto.
«Fai come ti pare, Spina. Poi non venire a piagnucolare da me e a dirmi che dovevi ascoltarmi se il tuo cucciolo ti morde. Lo so che ho ragione» rispose seccamente.
«Tu non lo conosci» dissi abbassando lo sguardo, cercando ancora una volta di difendere Ethan.
«Non mi serve conoscerlo per capire che ti sta trattando di merda. Ci stai insieme da tre anni e non riesci a capire che non dovresti accettare di avere dei lividi causati da lui sul tuo corpo. Sei proprio una stupida» sbottò lui, alzandosi in piedi chiudendo il suo quaderno e infilandolo nello zaino.
«Vaffanculo, Riven. Tu non sei meglio di lui!» sputai alzandomi in piedi e puntando con forza l'indice sul suo petto.
Lui mi guardò stringendo gli occhi in una fessura, e per un attimo mi sembrò di cogliere un velo di sofferenza sul suo volto, come se le mie parole lo avessero colpito nel profondo.
Si voltò, uscì dalla mia stanza e lo sentii scendere le scale. Non lo fermai, e mi buttai sul letto sbuffando.
Che diamine era appena successo? Quella situazione era stata talmente caotica e contorta che mi aveva fatto venire il mal di testa.
Ma in tutta quella confusione, non riuscii a non riflettere su una cosa: se anche Riven si era spinto a mettere da parte il suo astio per parlarmi di Ethan e di quanto fosse sbagliato il modo in cui mi trattava, allora forse, dall'esterno, le cose sembravano davvero messe male. Mentre io, troppo accecata dall'amore che provavo per lui, non riuscivo a smettere di difenderlo e a rendermi conto di quanto fosse diventata malata la nostra relazione, gli altri notavano i comportamenti scorretti di Ethan e li consideravano inaccettabili.
In quel momento di lucidità realizzai che forse avrei dovuto ascoltare la mia testa e parlare con Ethan. La cosa migliore, probabilmente, era dirgli che avevo intenzione di mettere in pausa la nostra relazione per avere un po' di tempo per pensare.
Sentii il cuore saltarmi in gola e lo stomaco attorcigliarsi su se stesso. Le cose erano cambiate drasticamente e decisamente troppo in fretta. Come avrei potuto trovare la forza di fare una cosa simile?
Mi abbracciai le gambe al petto e nascosi il viso tra le ginocchia, lasciando scorrere sul mio viso lacrime amare e silenziose.
***
Il giorno dopo, di sabato mattina, mandai un messaggio ad Ethan per chiedergli di vederci.
Lui rispose freddamente, ma accettò e ci organizzammo per trovarci a casa mia nel primo pomeriggio.
Era meglio essere a casa piuttosto che in un luogo pubblico: sarei stata più a mio agio e le cose sarebbero state più semplici senza altre persone attorno a noi ad osservarci.
Zia Iris, però, sarebbe stata in casa quel pomeriggio mentre io avrei parlato con Ethan, perciò avrei dovuto avvertirla di ciò che stava per succedere e chiederle di non intromettersi.
Sicuramente non avrei avuto bisogno di una sua scenata rattristata a peggiorare la situazione. Lei adorava Ethan, e sapevo che quella mia decisione le avrebbe provocato un grande dispiacere se non l'avesse compresa fino in fondo, perciò avrei dovuto raccontarle almeno in parte di ciò che stava succedendo tra me ed Ethan nell'ultimo periodo. Avrei sicuramente preferito non farlo e tenermi tutto per me, ma ero sempre stata molto aperta con zia Iris riguardo alla mia relazione con Ethan, e sarebbe stato scorretto non renderla partecipe anche di quella mia scelta. Almeno avevo la certezza che lei, nonostante l'affetto sincero che provasse per Ethan, avrebbe supportato in ogni caso la mia decisione e mi avrebbe ascoltata e capita, perché era ciò che aveva sempre fatto.
Scesi in cucina, pronta ad affrontare quell'argomento spinoso con zia Iris.
«Zia, posso parlarti di una cosa?» le domandai mentre preparava il pranzo.
«Certo, tesoro mio. Tutto quello che vuoi» rispose lei, continuando a mescolare le verdure nella padella.
«Si tratta di Ethan. Anzi, di me ed Ethan...» iniziai.
«Ti prego, non dirmi che sei incinta» mi interruppe, bloccandosi sul posto.
«No, ma che dici!» esclamai, avvampando e coprendomi il viso con i palmi per la vergogna.
«Scusa, scusa!» trillò lei tornando a mescolare. «Lo sai che ho il terrore di questa cosa. Scusa se ti ho interrotta, continua pure, ti ascolto».
Feci un respiro profondo, e mi preparai a raccontarle di tutto quello che era successo negli ultimi giorni. O almeno, quasi tutto.
Le raccontai che dall'arrivo di Riven a Dawnguard, Ethan era diventato più geloso e protettivo, e che in realtà loro due non erano amici come avevano cercato di far apparire alla cena del weekend scorso. Lei subito mi aveva incalzata dicendomi che aveva ragione, che lo aveva visto nelle carte, ma io la bloccai immediatamente e proseguii con il mio discorso, facendole capire che si trattava di una cosa seria. Mi ascoltò attentamente, comprendendo che in quel momento le mie parole erano fiume in piena che aveva bisogno di scorrere liberamente senza essere fermato, e non mi interruppe con ulteriori commenti o reazioni. Le dissi dei comportamenti poco corretti di Ethan, del modo strano e meschino in cui su comportava con Riven e con me quando si trattava di lui. Sorvolai completamente sulla parte della rissa, raccontandole soltanto che Ethan mi aveva fatto una scenata perché pensava che io mi schierassi troppo dalla parte di Riven e troppo poco dalla sua. Raccontai della passeggiata dopo la cena, quando Ethan mi aveva chiesto se lo stessi tradendo con Riven, e del comportamento rude e vile che aveva assunto nei giorni successivi. E poi, arrivai alla parte dolente.
«Insomma, io non ci vedevo nulla di male, vedevo solo un po' di gelosia... Matilda e Lila mi hanno fatta ragionare un po', ma ieri Riven mi ha detto la sua e mi sono convinta che forse è il caso di chiedere una pausa ad Ethan, di interrompere per un po' la nostra relazione. Io non lo voglio lasciare, vorrei solo un po' di tempo per pensare...» conclusi, quando ormai il pranzo era in tavola e avevo già mangiato metà della mia frittata di verdure.
Lei mi guardò per qualche secondo prima di parlare, come se stesse attendendo di avere la conferma che avessi finito con il mio sproloquio.
«Rose, cara, sono d'accordo con te. So che tu ed Ethan vi volete tanto bene, ma se le cose sono cambiate e ora lui ti fa stare male, è giusto che tu ti prenda del tempo per te stessa per rifletterci su. Matilda, Lila e Riven sono degli ottimi amici, tesoro. Ti hanno dato dei buonj consigli, e sono felice di sapere che accanto a te hai delle persone così speciali. Sono certa che loro ti staranno accanto, come ti starò accanto io».
Le sorrisi dolcemente, e allungai la mano sul tavolo verso la sua per stringergliela affettuosamente.
«Grazie, zia. Ethan verrà qui tra poco, così potremo parlare con calma di questa cosa» le dissi, forzando un sorriso.
Sarebbe stato davvero difficile parlargli, ma dovevo farlo. Per me stessa, per il mio bene.
«Va bene, vi lascerò tranquilli, non si accorgerà nemmeno che sono in casa» mi rassicurò lei.
«Ti voglio bene, zia. Sono felice di essere qui con te» le dissi, stringendole più forte la mano e sporgendomi verso di lei per stamparle un bacio sulla guancia.
«Ti voglio bene anche io, piccola mia. Io ci sarò sempre per te» rispose, accarezzandomi la guancia.
Finimmo di pranzare, e io aspettai con il cuore in gola l'arrivo di Ethan, mentre zia Iris si chiuse nella sua stanza a leggere, senza fare il minimo rumore.
A distanza di poco più di un'ora, Ethan arrivò da me.
Quando aprii la porta, non ebbi il coraggio di guardarlo negli occhi.
Lo salutai frettolosamente e mi diressi subito verso la mia stanza, lasciando che lui mi seguisse.
Mi sedetti sul letto a gambe incrociate, e lui fece lo stesso mettendosi di fronte a me.
Nel momento in cui finalmente trovai la forza di alzare lo sguardo e i miei occhi incontrarono i suoi, un'ondata di pentimento e senso di colpa mi travolse. I suoi occhi celesti, profondi e luminosi erano tornati quelli di sempre: dolci, calmi e senza traccia di astio e rancore.
Rimasi a fissarlo per qualche secondo, senza dire nulla, sommersa da un turbinio di emozioni contrastanti.
Lui si sporse verso di me, mi accarezzò la guancia e appoggiò le sue morbide e calde labbra sulle mie. Il mio cuore iniziò ad accelerare.
«Ethan, fermati» lo bloccai, ritraendomi e appoggiando una mano sul suo petto, spingendolo leggermente indietro.
«Perché? Non è per questo che mi hai chiesto di venire qui mentre non c'è nessuno a casa tua? È da tanto che non ci vediamo e non stiamo insieme come si deve...» disse lui, sottovoce.
Mi spostò la mano, mi afferrò un fianco e mi tirò verso di lui, premendo di nuovo le labbra sulle mie, ma con più forza.
«Ethan, no. Non ti ho chiesto di venire qui per questo, volevo solo parlare».
«Parlare, parlare. E che cosa mi devi dire? Abbiamo già parlato troppo, dobbiamo concentrarci su altro, ora» disse, alzandomi lentamente la maglietta e toccando la mia pelle nuda.
Il cuore sembrava volermi uscire dal petto da tanto che batteva forte sulla mia cassa toracica, e sentivo il sangue pulsarmi nelle orecchie per la rabbia e l'agitazione.
«Ti ho detto di smetterla!» sbottai, afferrando con impeto la sua mano per tirarla via da me e ritraendomi con uno scatto.
«Che ti prende, Rose? Finalmente mi inviti a casa tua e poi ti comporti così? È da più di tre mesi che non facciamo sesso, credevo volessi farlo» rispose, e guardandolo negli occhi intravidi un bagliore di rancore.
Il suo sguardo stava tornando cupo, come lo era stato negli ultimi giorni.
In quel momento mi sembrò così viscido, così infido, che il pentimento che avevo provato fino a poco prima sparì completamente, lasciando posto ad una rabbia bruciante che non riuscivo più a tenermi dentro.
«Ethan, ti ho chiesto di venire qui perché voglio parlarti» ripetei, sperando mi ascoltasse.
«E di cosa dobbiamo parlare?» rispose perplesso.
«Di me e te...» esitai, e sentii il cuore martellare sempre più rapidamente nel mio petto. «Voglio che ci prendiamo una pausa» dissi schietta.
Lui rimase a guardarmi per qualche secondo con un'espressione che non riuscii a comprendere. Confusione, poi rabbia, poi di nuovo confusione, poi delusione.
«È uno scherzo?» disse con una risatina nervosa.
Feci un respiro profondo, e cercai in me la forza di andare avanti con il discorso. «No, Ethan, non sto scherzando. Per il momento non voglio più stare con te, voglio avere del tempo per pensare, magari una settimana o due... Da quando Riven si è trasferito a Dawnguard le cose sono cambiate, tu sei cambiato, e non sono sicura di voler stare insieme al "nuovo" Ethan. Mi fai soffrire, mi fai del male, e io non accetto che il mio ragazzo mi tratti così».
Lui mi guardò con uno sguardo misto a sorpresa, rancore e sofferenza. «Parliamone, parliamone e basta, ma non lasciamoci».
«No, non basta fare una chiacchierata per risolvere le cose. Ho bisogno di spazio per riflettere e separarci è la cosa migliore. Lo è per me, ma anche per te» risposi decisa.
Lui abbassò lo sguardo e si passò una mano tra i capelli ricci e dorati in segno di frustrazione, e rimase in silenzio per qualche secondo, mordendosi il labbro.
«Mi vuoi lasciare per stare con lui, vero?» disse rialzando la testa, e nei suoi occhi puntati nei miei riconobbi nuovamente quel bagliore di rabbia della sera della cena, in cui le cose erano degenerate.
«Non... non ti sto lasciando, Ethan...» farfugliai con il cuore a mille, presa alla sprovvista da quello sguardo che sembrava starmi mandando in fiamme. «Ho bisogno solo un po' di tempo. E non voglio stare con Riven, chiaro?».
Lui scosse la testa rassegnato e con una smorfia di disprezzo. «Fai come ti pare. Ora è meglio che io me ne vada. Fammi un fischio quando ti sarai schiarita le idee e avrai intenzione di tornare con me. Lo sai che ti aspetterò».
Deglutii forzatamente. Quelle sue ultime parole, pronunciate con quel tono carico di avversione e sdegno, sembrarono più una minaccia che una rassicurazione.
Ethan si alzò dal letto e andò verso la porta della mia stanza, senza guardarsi indietro. Ma poi si fermò, e si voltò lentamente verso di me, tenendo la mascella serrata con forza.
«Se scopro che questa pausa è solo un pretesto per fartela con lui, ti faccio a pezzi. E faccio a pezzi anche quel figlio di puttana. Chiaro?» disse con tono duro e i pugni chiusi, stretti con così tanta forza da far sbiancare le sue nocche.
Sentii un brivido di angoscia e paura scorrermi in tutto il corpo. Deglutii di nuovo e annuii, e lui se ne andò.
----------------[ spazio autrice ]----------------
Ciu :3 come va?
Succoso questo capitolo, eh? Mi è piaciuto molto scrivere la parte di interazione con Riven, ma la parte con Ethan è stata parecchio impegnativa!
Allora, siete fieri di Rose per la decisione che ha preso?
Un abbraccio e al prossimo capitolo! :3
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top