14. Conflitti e apparenze
«Posso entrare a salutare Iris?» mi chiese Ethan, quando accostò di fianco a casa mia.
Sentii il cuore balzarmi in gola e lo stomaco annodarsi su se stesso. Non potevo lasciare che raccontasse a zia Iris dell'accaduto.
«Ethan...» dissi con un filo di voce.
«Non ti preoccupare» mi interruppe lui, «Non dirò niente».
Alzai le sopracciglia per la sorpresa. Lui odiava Riven e non vedeva l'ora di infangarlo, quindi perché non sfruttare quell'occasione servita su un piatto d'argento?
«Rose» disse lui con tono deciso. «So a cosa stai pensando: che per me sarebbe l'occasione perfetta per screditarlo, per mettere un punto a questa farsa che va avanti da anni, e tutto il resto. Ma so quanto Iris vuole bene a Riven e quanto sia convinta del fatto che voi siate amici e amiconi. Non posso e non voglio darle questa delusione. Capisco benissimo che le conseguenze sarebbero disastrose».
Tirai un sospiro di sollievo.
«Grazie» gli dissi sottovoce.
«Non pensare che lo faccia per lui. Lo faccio per te e per Iris. Chiaro?».
Annuii, ed entrambi scendemmo dalla macchina.
Quando entrammo, zia Iris ci venne subito incontro, arrivando dal salotto.
«Oh, ciao! Ethan, me lo sentivo che saresti venuto a salutarmi, non mi sbagliavo, menomale!» esclamò lei, con un sorriso raggiante.
«Beh, Iris, avevi dubbi sulle tue sensazioni? Ma per favore, per lavoro predici il futuro!» disse lui, con una risata.
«Hai ragione!» disse lei ridacchiando, e poi tornò seria in un secondo. «Tesoro, che hai fatto al labbro?» esclamò preoccupata.
«Questo?» chiese lui indicandosi il labbro, come se fosse una cosa di poco conto. «Un piccolo litigio con un compagno di scuola, ma nulla di che» disse scrollando le spalle.
«Oh, povero! Ti serve una medicazione? Hai bisogno di un'antidolorifico? Vieni, vieni!» si agitò zia Iris, prendendolo delicatamente per il braccio e accompagnandolo in cucina.
«Iris, tranquilla. Non è nulla di che, sto bene».
Lei lo fece sedere al tavolo, e si affrettò per prendergli un bicchiere d'acqua.
«Sei sicuro?» gli domandò preoccupata.
«Sicurissimo. È solo un graffio, davvero. Ma grazie per l'attenzione» la rassicurò Ethan.
«Beh, allora ho un'offerta da farti che non puoi rifiutare! Che ne diresti se, per tirarti un po' su il morale e farti guarire più in fretta, stasera ti preparassi il mio tofu al limone?» gli disse zia Iris.
Il volto di Ethan si illuminò in un sorriso sincero. «Sarebbe fantastico!».
«Bene, allora questa sera sei invitato a cena!».
«Grazie, Iris. Sei sempre troppo gentile. Ora devo andare, ho un bel po' di compiti da fare. Ci vediamo questa sera, allora» disse lui, alzandosi dal tavolo e rimettendo la sedia al suo posto.
«A stasera, caro!» lo salutò zia Iris.
Ethan se ne andò, e io rimasi in cucina con mia zia.
«Come è andata oggi a scuola?» mi domandò, prendendo dal frigorifero il pranzo che mi aveva preparato.
«È andato tutto bene. A parte questo piccolo inconveniente».
«Povero Ethan! Ma alla vostra età sono cose che capitano, purtroppo».
«Già» concordai io, sperando che non facesse ulteriori domande sull'accaduto.
Mangiai con la solita compagnia delle chiacchiere frivole di zia Iris, e poi me ne andai in camera a leggere, mentre aspettavo l'arrivo di Riven. Sarebbe venuto quel pomeriggio?
Riven non era solito a mandarmi messaggi per annunciare le sue intenzioni riguardo ai nostri incontri di studio, semplicemente si presentava a casa mia ogni giorno senza dire nulla, più o meno alle tre.
Le ore passarono, arrivarono le cinque, e lui non si presentò e non mi mandò nessun messaggio.
Ma proprio quando ormai mi ero rassegnata, all'idea che non sarebbe venuto da me quel pomeriggio, il campanello suonò.
Sbuffai, ma mi fiondai all'istante giù per le scale per andare ad aprire la porta prima che lo facesse zia Iris. Aveva appena visto Ethan con il labbro rotto, non poteva di certo vedere Riven con un'occhio nero.
Aprii la porta con il fiatone, e lui entrò subito in casa.
«Muoviamoci, non voglio che zia Iris mi veda in queste condizioni. Mi è bastata l'apprensione di mia zia» sbottò sottovoce, dirigendosi immediatamente verso le scale.
Lo seguii senza esitare, e appena arrivammo in camera lui si sedette sulla sedia girevole.
«Sei in ritardo» constatai scocciata.
«Non mi interessa. E comunque non abbiamo mai definito degli orari. Ero impegnato, stavo pulendo la moto» disse lui in tono saccente, appoggiando la caviglia sul ginocchio e portandosi le mani dietro la nuca.
«Eri impegnato a togliere il fango, per caso?» gli chiesi sfacciata.
«Esatto. Ma per fortuna la maggior parte di quello schifo è finita sulla macchina del tuo cucciolo» rispose lui, ridacchiando divertito.
«Sta' zitto, Riven. Sei un vero imbecille» ringhiai, e il suo ghigno si fece ancora più beffardo.
«Era uno scherzo. Poi, se lui se l'è presa un po' troppo, non è mica colpa mia».
«Lo capisci che non ti ha tirato un pugno per l'auto, ma per quello che gli hai risposto?» gli dissi, ripensando a quella scena.
Il suo sguardo mordace sembrò spegnersi e farsi più docile. «Non ricordo neanche che cosa gli ho detto, onestamente. E non mi interessa nemmeno» disse, con un sorriso di scherno non abbastanza pungente da mascherare i suoi occhi smorzati.
«Gli hai detto di non parlarmi in quel modo, e poi hai blaterato qualcosa sulle rose e sulle spine. In poche parole, mi hai difesa. Perché lo hai fatto?» gli domandai, approfittando di quel momento in cui sembrò decisamente più mansueto del solito.
«Ah, ora ricordo. Comunque, non ti riguarda» disse lui, tornando a colpirmi con il suo sguardo tagliente.
«E invece si» risposi secca, avvicinandomi a lui senza timore.
Lui si alzò dalla sedia, e me lo trovai a pochi centimetri di distanza.
«Quante volte te lo devo dire di smetterla di fare domande idiote, Spina?» ringhiò lui, bisbigliando con voce profonda.
Strinsi gli occhi e la mascella come reazione involontaria per il disprezzo che provai per lui in quel momento.
Aveva preso le mie parti, aveva detto ad Ethan di non parlare male di me, e sembrava averlo fatto con sincerità. Ci avevo riflettuto, e pensavo che quel gesto fosse una manifestazione della sua volontà di cambiare, di non trattarmi più con così tanta cattiveria, che fosse una dimostrazione del suo impegno nell'imparare a conoscermi e a smetterla di odiarmi senza motivo. E invece mi sbagliavo di grosso. Ancora una volta avevo pensato di essere riuscita ad ammorbidire il suo criptico e gelido cuore, e di poter finalmente riuscire a guardarci dentro, ma in cambio avevo ricevuto soltanto morsi e graffi, di nuovo.
«Va bene, ora basta» sbottai allontanandomi da lui e andando a prendere lo sgabello accanto alla specchiera. «Prendi il quaderno e iniziamo».
Lui si sedette lento e aggraziato sulla sedia, e io invece mi lasciai cadere sullo sgabello sbuffando e con movenze poco eleganti.
Prima di iniziare con lo studio e le spiegazioni, gli lanciai un'occhiataccia bruciante di astio.
Nemmeno se ne accorse, ma credo che anche se ci avesse fatto caso, avrebbe reagito facendo finta di nulla e continuando ad armeggiare con le pagine del suo quaderno, oppure ribattendo con un'occhiata altrettanto ardente che mi avrebbe fatto gelare il sangue.
Iniziai con la spiegazione, e come tutte le altre volte in cui avevamo studiato insieme a casa mia, le cose tra noi sembravano essere normali.
Era come se tutto l'astio, l'odio, le tensioni e i diverbi fossero improvvisamente sospesi, quasi a sembrare inesistenti. Ogni dettaglio delle nostre divergenze sembrava svanire nel momento in cui iniziavamo a concentrarci sullo studio.
Ma purtroppo ogni pomeriggio, quando i libri e i quaderni venivano chiusi, il rapporto tra di noi tornava come prima di iniziare: colmo di avversione e disprezzo.
E così fu anche quel giorno.
Quando finimmo di studiare, Riven mise frettolosamente le sue cose nello zaino e si affrettò per uscire dalla mia stanza. Ma quando lo sentii scendere il primo gradino delle scale, si fermò.
«Iris, ciao!» disse lui allegramente.
Lo raggiunsi immediatamente, agitandomi al pensiero che avrebbe potuto dire la verità su quel che era successo a scuola a zia Iris.
Ethan aveva mantenuto il segreto, ma lui? Lo avrebbe fatto? Avrebbe protetto Ethan?
«Oh, ciao, Riven!» esclamò lei voltandosi di scatto, e per poco non rovesciava l'acqua che teneva nel bicchiere di vetro che stava usando per dare da bere alla pianta all'ingresso. «Che hai fatto all'occhio? Non dirmi che anche tu sei stato coinvolto in una rissa!» esclamò, appoggiando il bicchiere sulla mensola svuota tasche e mettendosi le mani sui fianchi.
«È una storia lunga... L'altro è ridotto peggio, ovviamente» rispose lui ridendo e scendendo le scale.
«Mh, va bene. Non voglio sapere nulla! Immagino che Mirca ti abbia già fatto una testa tanta» disse zia Iris con una risatina accompagnata da un ironico sguardo sospetto.
«E immagini bene» confermò Riven, avvicinandosi alla porta per uscire.
«Dove pensi di andare? Stasera rimani qui a cena!» trillò lei, mettendosi di fronte alla porta per bloccarlo. «A breve arriveranno anche Ethan e tua zia! Inizialmente avevo invitato solo Ethan, dato che per questa sera avevo in programma di cucinare il tofu al limone che lui adora, ma poi ho visto che ci stavate mettendo parecchio con lo studio e ho pensato di chiedere a Mirca di venire qui. D'altronde, sono già le sette e mezza, tra poco è ora di cena... Spero non ti diapiaccia, Riven».
Fantastico. I due idioti si picchiano la mattina a scuola, e poi te li ritrovi a casa tua, a cenare allo stesso tavolo, pensai.
«Certo che non mi dispiace, Iris. Mi sembra un'ottima idea» la assecondò Riven, con un sorriso perfetto e celestiale.
«Benissimo! Allora torno a cucinare e a finire di preparare tutto quanto!» trillò lei, e sparì dietro la porta della cucina.
«Chiamaci se hai bisogno di un aiuto, zia» le dissi, alzando un po' la voce per farmi sentire.
«Sarà molto divertente» disse Riven, sarcastico e pungente, con un sorriso malizioso.
«Immagino» risposi, alzando gli occhi al cielo.
Andai in salotto, e Riven mi seguì. Io mi sedetti sul divano al mio solito posto, e lui si mise dal lato opposto.
Restammo lì, senza parlarci e senza guardarci, a fissare il vuoto, in attesa dell'arrivo degli altri ospiti.
***
Mirca arrivò in anticipo, ci salutò frettolosamente e poi si infilò subito in cucina a dare una mano a zia Iris.
Mi ero appena alzata e stavo per salire le scale per andare a prendere il mio telefono, che avevo lasciato in camera, ma il campanello trillò acuto.
Era Ethan.
Mi congelai sul posto. Il cuore iniziò a martellarmi nel petto per l'agitazione, lo sentii salire in gola, e deglutii forzatamente la saliva per cercare di mandarlo giù.
Fino a quel momento non avevo realizzato quanto sarebbe stato complicato gestire la situazione: Ethan e Riven a casa mia, insieme, seduti allo stesso tavolo, a fingere di essere amici. E la parte peggiore era che Ethan nemmeno sapeva che quella sera a cena avrebbe trovato anche la compagnia di Riven.
«Rose? Vai tu ad aprire?» gridò zia Iris dalla cucina, cercando di sovrastare con la voce il fruscio dell'acqua aperta.
«Si, si! Vado io, ora vado» farfugliai, muovendomi come se mi avessero dato una scossa.
Aprii la porta, e davanti mi trovai un grande mazzo di Iris viola, lilla e bianchi. Sollevai lo sguardo, e incontrai il sorriso dolce e smagliante di Ethan.
«Ciao, Rose» disse lui, facendo un passo avanti e sporgendosi verso di me per darmi un bacio sulle labbra, e stando attento a non urtare i fiori. «Questi sono per tua zia»
«Ciao, Ethan. Sono bellissimi, li apprezzerà sicuramente» gli risposi, spostandomi di lato per farlo entrare in casa.
«Dovevo portarle qualcosa per sdebitarmi dell'invito».
Chiusi la porta dietro di lui. «Ethan, perché ora non...»
«Che cazzo ci fai tu qui?» scattò lui con voce profonda e cupa.
Mi voltai, e lo vidi sulla soglia del salotto a fissare Riven con sguardo ardente di rabbia.
«Sono stato invitato a cena» rispose Riven in tono pacato e guardandosi attorno, come se non gli importasse minimamente della sua presenza.
«Rose? Perché non me lo hai detto?» mi chiese.
«Perché non ne ho avuto il tempo, è stata una cosa dell'ultimo minuto, io...» mormorai, sperando che non si arrabbiasse troppo con me.
Lo guardai, e vidi il suo sguardo farsi più feroce.
«Stai calmo, cucciolo. Sarà una bella serata, sempre se farai il bravo» disse Riven in tono di scherno, con una risatina.
Ethan tornò a fulminarlo con gli occhi, e sbuffò animatamente.
«Potete comportarvi come due persone civili, per favore? Solo per questa sera» domandai loro, in un modo quasi implorante.
«Non ti preoccupare, Spina. Sono certa che il tuo cucciolo farà del suo meglio» rispose prontamente Riven, con un sorriso pungente.
«Chiamami cucciolo un'altra volta e ti faccio nero anche l'altro occhio» ringhiò Ethan.
Riven si portò i palmi alle guance e finse un'espressione spaventata, ridacchiando divertito tra sé e sé subito dopo.
«Mettitelo bene in testa: se per questa sera ti parerò il culo, sarà solo per il bene di Rose e di Iris. Chiaro?» enunciò Ethan con fermezza
«Certo, cucciolo».
Ethan strinse i denti e provò a fare un passo verso di lui, ma io gli misi una mano sul petto e lo bloccai.
«Contieniti. Lo sai come è fatto» gli dissi trattenendolo e guardandolo negli occhi, aspettando che si calmasse.
I suoi occhi si addolcirono e la mandibola si rilassò, e io feci scivolare la mano lungo il suo fianco, fino a stringere la sua mano.
«Ragazzi, venite! È pronto!» esclamò zia Iris dalla cucina.
Quando entrammo nella stanza, Zia Iris strabuzzò gli occhi per la sorpresa davanti a quel colorato mazzo di fiori dei quali portava il nome.
Rivolse ad Ethan un sorriso caldo e raggiante e lo strinse in un affettuoso abbraccio per ringraziarlo.
Ebbe immediatamente cura di mettere i fiori in un vaso di vetro stretto e alto, e poi li appoggiò in centro alla tavola, ad ingombrare ancora di più quel piccolo spazio apparecchiato con già troppe cose.
Ethan poi si presentò a Mirca, che fu molto felice di fare la sua conoscenza, e ci sedemmo tutti e cinque al tavolo.
Avevo Ethan di fianco e Riven di fronte.
Ovviamente, l'argomento più scottante che le zie potessero mettere in tavola, non tardò ad arrivare.
«Ethan, anche tu sei stato coinvolto nella rissa, questa mattina? Non ho potuto fare a meno di notare il tuo labbro...» disse Mirca con voce sottile, forse per paura di risultare indiscreta.
«Oh, purtroppo sì» rispose Ethan fingendo dispiacere, mentre vidi Riven trattenere a fatica un sorrisetto compiaciuto.
«Mi dispiace tanto! Spero non sia stato Riven a tirarti in mezzo» continuò Mirca, lanciando un'occhiataccia sospettosa al nipote.
«No, assolutamente no. In realtà...» iniziò lui, posando lo sguardo su Riven con fare beffardo, «Riven mi ha difeso. Mi sono trovato nella rissa per caso, ma lui mi ci ha tirato fuori, a costo di prendersi un pugno».
«Oh, cavoli! Riven, perdonami se oggi ti ho dato dello sciocco irresponsabile! Non avevo minimamente compreso la situazione» si scusò subito Mirca, mettendo una mano sulla spalla di Riven.
«Non ti preoccupare, zia. Ora sai come sono andate davvero le cose... Per un amico come Ethan, farei questo ed altro» rispose lui, con un sorriso angelico e occhi incantevoli, approfittando poi di un momento di distrazione di tutti per farmi l'occhiolino.
Sorrisi, ma sotto al tavolo schiacciai con forza il suo piede.
Quella era un'abitudine che non avrei mai perso, per nulla al mondo. Adoravo vederlo trattenere le smorfie di dolore e fastidio mentre cercava di tenere in piedi quel teatro fatto di sorrisetti da bravo ragazzo e occhietti luccicanti.
Una volta sorpassato quell'argomento spinoso, conversammo di cose frivole e leggere. Ethan si complimentò con zia Iris per il tofu al limone che da tanto aspettava di gustare, mentre cercavo di ingurgitare quella poltiglia informe senza lasciarmi scappare espressioni di disgusto; Mirca parlò di quanto era emozionata per l'inizio della sua nuova carriera in gioielleria nel centro di Dawnguard; zia Iris raccontò delle assurdità che le accadevano con i suoi clienti un po' strampalati... E poi, per mia disgrazia, io e Riven ci trovammo costretti a parlare dei nostri pomeriggi di studio.
«Allora, Riven... Come va con lo studio insieme a Rose? Non ti sei già stufato della sua parlantina? Diventa logorroica quando si tratta di spiegare qualcosa» gli chiese zia Iris, ridendo.
Arrossii, aspettandomi che Riven mi screditasse dandole ragione. Era un'occasione perfetta e imperdibile per lui, per prendermi in giro senza risultare cattivo.
«Rosaspina è un'ottima insegnante, a dir la verità» rispose lui, con un tono particolarmente sincero che mi sorprese a tal punto da farmi quasi andare di traverso il boccone.
Alzai lo sguardo, e sul suo volto non trovai il consueto ghigno di scherno e i suoi tipici occhi taglienti e mordaci ad aspettarmi. Trovai invece un sorriso che mi sembrò puro, e degli occhi nei quali riuscii a cogliere un bagliore di ammirazione.
Quelle sensazioni e quella sua espressione docile, però, sparirono nell'istante in cui lui si voltò verso di me e si accorse che lo stavo guardando, e insieme a loro si spense anche la piccola scintilla di speranza che si era accesa nel mio cuore. Almeno, Ethan non sembrò aver visto quel che avevo notato io.
Parlammo un po' della scuola, degli argomenti del quinto anno, dell'ansia per gli esami, ma il discorso si affossò poco dopo.
«Ethan, come è andata a Sunset Bay? Vi siete divertiti? È un peccato che per domani sia prevista pioggia, altrimenti potevate tornarci questo weekend» disse zia Iris, dispiaciuta.
«È andata molto bene. E si, è un vero peccato. Ma avete fatto un ottimo lavoro con il giardino, ora sembra quello di una reggia!» esclamò Ethan, sorridendo.
Mi si gelò il sangue.
Per tutta la settimana non avevo detto nemmeno per sbaglio ad Ethan che Riven era venuto a casa mia quel sabato, e non gli avevo raccontato nulla di ciò che era successo.
Inizialmente volevo dirgli che Riven era stato lì con noi, ma poi rimossi quell'idea dalla mia testa al pensiero che lui avrebbe potuto arrabbiarsi, pensando che avessi rifiutato il suo invito per passare la giornata con Riven. E non ero di certo dell'umore per affrontare una discussione così inutile con lui.
«Non esagerare, caro! Ma grazie, sono felice che ti piaccia. Ci siamo divertiti tutti tantissimo, vero?» rispose lei, guardandoci per cercare la nostra approvazione.
Mirca e Riven annuirono, mentre io rimasi immobile, congelata.
«Tutti?» domando Ethan, confuso. «Ah... voi quattro, insieme. C'erano anche Mirca e Riven».
«Si, non saremmo riuscite a renderlo così bello senza il loro prezioso aiuto!» trillò zia Iris entusiasta, rivolgendo un sorriso di gratitudine ai due.
Ethan si voltò verso di me, e mi bastò un secondo per cogliere la scintilla di rimprovero e rabbia nei suoi occhi.
Feci del mio meglio per ignorare il suo sguardo accusatorio per il resto della cena, che sembrò durare all'infinito. Quel discorso lo avremmo affrontato più tardi, e mi stavo già preparando psicologicamente per la sua sfuriata.
Riven si accorse dell'espressione minacciosa di Ethan e del mio stato di agitazione, ed era visibilmente teso.
Finimmo di mangiare, erano ormai le dieci, e zia Iris iniziò a preparare il caffè.
«Noi andiamo a fare due passi» disse Riven con un bel sorriso, per niente turbato.
«Oh, va bene! Mi sembra una buona idea, dato che ormai tu e Rose sapete che il caffè tra le zie vuol dire solo una cosa: chiacchiere, che sicuramente non volete ascoltare!» rispose lei, e rise insieme a Mirca.
Avevo capito benissimo quali erano le intenzioni di Riven.
Le salutammo e uscimmo di casa, portandoci dietro quella nuvola di pesante e cupa tensione che si era creata tra noi tre.
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Ciu :3 come va? Tutto bene?
Attenzione attenzione, perché nel prossimo capitolo ci sarà una svolta importante per questo trio! Secondo voi che cosa succederà?
Un abbraccio, al prossimo capitolo! :3
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