13. Diverbio

Le gocce di pioggia scorrevano veloci e intricate sulla finestra della cucina, e la loro ritmica e costante discesa accompagnata dal ticchettio rilassante mi stava quasi ipnotizzando.

La tazza di tè che tenevo stretta tra le mani mi infuse un po' di calore in quella giornata grigia, riflesso del mio stato d'animo.

Mentre osservano le gocce d'acqua scivolare lungo il vetro senza una reale consapevolezza, il suono del clacson acuto e squillante dell'auto di Ethan tagliò l'aria, interrompendo il suono ipnotico della pioggia e riportandomi alla realtà.

Scossi la testa come per svegliarmi da quello stato di ipnosi, guardai la tazza di tè ancora quasi piena, e la appoggiai sul bordo del lavello.

Quella mattina Ethan mi aveva scritto un messaggio dicendomi che mi avrebbe accompagnata lui a scuola, dato che il tempo non dava segni di miglioramento e probabilmente, se fossi andata a piedi, sarei arrivata a scuola tutta bagnata.

Presi la borsa e uscii di casa cercando di non fare troppo rumore, dato che zia Iris stava ancora dormendo.

Appena aprii la porta una folata d'aria fredda mi fece strabuzzare gli occhi per la sorpresa, e io mi strinsi nel mio scialle traforato cercando di proteggermi da quel vento gelido, ma passarono comunque degli spifferi che mi fecero rabbrividire.

Presi coraggio e mi tuffai sotto la pioggia fitta e incessante, facendo attenzione a non mettere i piedi in qualche pozzanghera.

Appena fui abbastanza vicina all'auto di Ethan, lui si allungò per aprirmi la portiera dall'interno, e io salii velocemente sul sedile anteriore.

«Buongiorno» mi salutò lui. Si avvicinò a me, mi spostò i capelli umidi dietro l'orecchio e mi diede un tenero bacio sulla tempia.

«Buongiorno» ricambiai.

Gli presi la mano, la accompagnai dolcemente verso le mie labbra e la baciai.

Mise in moto l'auto, e partimmo per andare verso la scuola.

«Come stai oggi?» mi chiese, mentre io ero concentrata ad osservare i rigoli d'acqua sul parabrezza, che venivano costantemente spazzati via dai tergicristalli.

«Sto bene. E tu come stai?» risposi, rivolgendogli un tenue sorriso.

Lui sospirò. «Rose, è da giorni che sembri come... spenta. Parli poco, sei distratta, non sembri in te».

Arrossi e mi portai una mano alla fronte, sbuffando spazientita. Era da giorni ormai che mi diceva la stessa cosa.

«Ethan, sto bene. Davvero. Lo sai che sono un po' meteoropatica» mentii, assumendo un tono di voce scocciato.

Lui non rispose, si lasciò scappare solo un altro sospiro sconsolato.

Che ero meteoropatica era vero, e il brutto tempo di quella settimana mia aveva fornito un'ottima scusa per dare spiegazioni sul mio umore grigio, ma non era quello il motivo per cui sembravo, come aveva detto lui, "spenta". Non mi ero ancora del tutto ripresa da ciò che era successo il weekend scorso, e mi era particolarmente difficile sembrare allegra e spensierata mentre dentro di me c'era una tempesta emotiva che faceva eco al vento freddo che soffiava fuori. I pensieri tumultuosi si intrecciavano con la sensazione di disagio, e ogni sorriso che cercavo di mettere in mostra sembrava venire spazzato via da quella mia tormenta interiore.

Il fatto che Riven continuasse a venire ogni pomeriggio a casa mia per studiare insieme a me, inoltre, non migliorava di certo la situazione, anzi. Lui non si era scusato per ciò che aveva fatto e detto, non si era preoccupato di chiedermi come stessi, e sembrava non avere nessuna intenzione di affrontare l'argomento.

E io non osavo di certo rivangare quel che era successo, perché sapevo che se lo avessi fatto lui mi avrebbe ferita ancora, e non sarei riuscita a sopportarlo un'altra volta. Proprio quando avevo l'impressione che Riven stesse cambiando, o che almeno ci stesse provando, lui mi aveva dimostrato quanto in realtà fosse cattivo, infido e inguaribile il suo cuore. Eppure, io non ero riuscita a fare ciò di cui l'avevo minacciato. La sua messa in scena era ancora in piedi, imperturbabile, e io ero solo una marionetta infelice che si dava da fare affinché lo spettacolo continuasse, nonostante tutto.

I pomeriggi in sua compagnia erano trascorsi in maniera molto apatica: lui veniva a casa mia, se c'era zia Iris la salutava con garbo come faceva sempre, salivamo in camera mia, io spiegavo, lui prendeva appunti, e poi se ne tornava a casa sua. A scuola era più o meno lo stesso, dato che non andavamo oltre al saluto, e se succedeva era solamente per motivi legati allo studio.

Poco prima di girare nella via della scuola una moto da cross nera sfrecciò alla nostra sinistra, e il ragazzo alla guida, con un gesto repentino del manubrio, guidò attraverso una grande pozzanghera lungo la strada bagnata.

Dalla ruota posteriore della moto si sollevò una spruzzata di fango scuro, che andò a schiantarsi sul parabrezza e il muso dell'auto bianca candida di Ethan.

Il ragazzo accelerò ancora di più e sparì dalla nostra visuale, mentre Ethan fu costretto a frenare di colpo a causa del fango marrone e opaco che oscurava la visuale.

Nonostante avesse il volto coperto dal casco e dalla mascherina con la visiera scura, entrambi capimmo che si trattava di Riven, e che quell'atto non era stato accidentale, ma che era stato commesso di proposito come presa in giro e come chiaro segno ostilità.

«Cazzo! È proprio un coglione!» gridò Ethan, sbattendo violentemente la mano sul volante.

Io non dissi nulla, mi limitai a sospirare affranta.

Ethan inserì la prima marcia, e ripartì di scatto a tutta velocità.

«Ethan, rallenta!» lo rimproverai alzando la voce.

Lui si morse il labbro inferiore, le sue guance si scaldarono per la rabbia e i suoi occhi azzurri si incupirono.

«Col cazzo. Lo faccio a pezzi, quel figlio di puttana» ringhiò.

«Basta, calmati!» gridai, ma lui non sembrava nemmeno sentirmi da tanto che era infuriato.

Non mi rispose e continuò a guidare in modo spericolato, tenendo gli occhi brucianti di rabbia puntati sulla strada e la mascella serrata.

In pochi secondi ci trovammo nel parcheggio della scuola. Si fermò bruscamente, con uno scatto aprì la portiera e si lanciò fuori dall'auto, incurante della pioggia che si era fatta ancora più battente.

A passo pesante e rapido andò verso Riven, che era in piedi accanto alla sua moto e si stava togliendo il casco.

«Ethan, fermo!» gli urlai scendendo dalla macchina e sbattendo la portiera alle mie spalle.

Ma le mie parole non servirono a nulla, lui era totalmente accecato dall'ira.

«Cosa pensavi di fare, eh? Sei un vero stronzo, Riven!» sbottò Ethan, avvicinandosi sempre di più a lui.

Le gocce di pioggia cadevano in modo incessante, e l'atmosfera era carica di tensione.

Entrambi si squadrarono intensamente a vicenda con sguardi carichi di sfida, e Riven rivolse ad Ethan un ghigno divertito, come se si aspettasse quella reazione e non vedesse l'ora di vederla realizzarsi.

Con un movimento improvviso, Ethan fece un lungo passo avanti e spintonò Riven.

Lui non si mosse di un centimetro, non ricambiò il gesto violento e continuò a sorridere.

Intanto, gli altri studenti iniziarono ad avvicinarsi a loro due, alcuni timorosi ed altri visibilmente euforici per una possibile rissa.

«Ti credi tanto bravo, eh? Tanto bello, tanto fico, ma sei solo un povero coglione!» sbottò Ethan, dandogli un'altra spinta.

«Smettila! Lascialo stare» gridai avvicinandomi a loro.

«Stai zitta, Rose! E non provare a difendere questo cretino come fai sempre, stronza!» ringhiò lui, voltandosi verso di me e fulminandomi con lo sguardo.

Rimasi a bocca aperta. Come si permetteva di dirmi una cosa del genere?

Il sorriso di Riven abbandonò il suo volto, e all'improvviso si fece serio. I suoi occhi smeraldini si incupirono, e sotto ai capelli bronzei scuriti dalla pioggia che gli facevano da cornice sembrarono ancora più tetri ed inquietanti.

«Come l'hai chiamata?» disse lui in tono calmo, ma basso e profondo.

«Che cazzo te ne frega? È la mia ragazza, non la tua» rispose Ethan, con una risatina.

Riven si passò una mano tra i capelli scuri e fradici, scuotendo il capo con un sorriso tagliente, completamente diverso da quello di pochi istanti prima.

Fece un passo verso Ethan, e inclinò la testa per mettere il volto a pochi centimetri dal suo.

«Vedi, Ethan, c'è una cosa che devi imparare: quando si tratta di lei, è meglio non parlare a vanvera. Se tratti male la rosa, aspettati il dolore delle sue spine».

Che cosa significava? Non ebbi nemmeno il tempo di pensarci su, che vidi Ethan sferrare un colpo diritto sullo zigomo di Riven.

Le loro braccia iniziarono ad agitarsi nell'aria, scagliando colpi rapidi e incisivi. I loro corpi si muovevano agilmente sotto la pioggia, scivolando a tratti sulla superficie bagnata. Il rumore dei pugni che si scontravano echeggiava nell'aria, accompagnato dal fruscio del diluvio impetuoso.

Il gruppo di studenti dal quale eravamo accerchiati era cresciuto. Alcuni incitavano la rissa, mentre altri sembravano preoccupati e inorriditi.

Io guardavo impotente la scena, con occhi sbarrati e il corpo irrigidito, non sapendo come agire per fermarli. Erano talmente tanto immersi in quello scontro che se mi fossi messa in mezzo per separarli, probabilmente mi sarei beccata un pugno in faccia da uno dei due.

D'un tratto, vidi Ethan barcollare all'indietro, ed entrambi si fermarono.

Riven gli sorrise incrociando le braccia, ed Ethan, che mi stava dando le spalle, si portò lentamente una mano al viso.

Quando si guardò le dita, intravidi macchie di sangue scarlatto mescolarsi con le gocce di pioggia.

Riven ricoprì la distanza tra di loro con un passo ampio e scattante, e strinse in un pugno il girocollo della t-shirt bianca di Ethan, tirandolo verso di se.

«Ritenta, sarai più fortunato. Ma la prossima volta non sarà solo un labbro spaccato a risponderti» sibilò con un tono glaciale, e con un sorriso mordace stampato in faccia.

Ethan lo fissò con gli occhi traboccanti di rabbia, ma non osò ribattere o liberarsi dalla sua presa.

Riven lo lasciò andare, e si diresse all'ingresso della scuola.

«Ethan!» gridai, e gli corsi incontro.

Gli appoggiai le mani sulle spalle e lo girai verso di me. Il sangue gli scendeva dal lato sinistro del labbro inferiore, rigandogli il mento e il collo. La pioggia lo aveva diluito, facendo estendere le macchie anche alla maglietta bianca.

«Ti porto in infermeria» gli dissi sfiorandogli delicatamente il labbro con la punta delle dita, cercando di valutare la profondità della ferita.

Lui si voltò, schivando il mio tocco.

«Non importa. Andiamo, voglio cambiarmi la maglia» rispose lui, con voce dura.

Annuii abbassando la testa, ed entrammo a scuola.

Una volta dentro, Ethan gettò la sua t-shirt sporca di sangue nella spazzatura e la scambiò con quella per la palestra che teneva nell'armadietto. Insistette per non andare in infermeria, e si limitò a lavarsi via il sangue nel lavandino del bagno e ad appiccicarsi sul labbro un cerotto che avevo trovato io nel mio zaino.

Quando arrivammo all'incrocio tra i corridoi che portavano alle nostre rispettive classi, lui si fermò e abbassò lo sguardo.

«Scusami per quello che ti ho detto, Rose. Non volevo dirlo, non lo penso davvero, ero solo arrabbiato. Ti chiedo scusa».

«Non ti preoccupare» risposi io, prendendogli la mano e rivolgendogli un tenue sorriso.

«Ci vediamo dopo. Ti accompagno a casa?» mi chiese lui, rialzando la testa e accarezzandomi la guancia.

Annuii, gli diedi un bacio sul palmo e lasciai andare la sua mano.

Ci salutammo, e ognuno andò verso la sua aula.

Quando entrai in classe scoprii il professor Hale doveva ancora arrivare, nonostante ormai mancassero pochi minuti al suono della campanella.

Andai a sedermi al mio banco, accanto a Riven, ma lui non mi degnò di uno sguardo.

Sentii gli occhi penetranti e curiosi dei nostri compagni scrutarci attentamente, e fissai il bordo del mio banco per evitare di guardarmi attorno ed incrociarli.

Alzai lo sguardo solo per dare un'occhiata a Matilda e Lila, per vedere le loro espressioni. Ma quando mi accorsi che nemmeno ci stavano guardando, che stavano chiacchierando allegramente tra di loro e che probabilmente nemmeno si erano accorte del mio arrivo, capii che non mi stavano aspettando e che non volevano sapere nulla da me.

Non avevano visto niente di quel che era successo nel parcheggio, e ne fui felice. Glielo avrei raccontato, anche perché in alternativa lo avrebbero scoperto dalle voci di corridoio, ma almeno avrei passato le ore di lezione sapendo che loro due non mi avrebbero tormentata per spingermi a dire loro di più su quell'accaduto.

«Terra chiama gemelle, terra chiama gemelle. Sono qui anche io» dissi coprendomi la bocca con la mano a cucchiaio, per imitare il suono gracchiante di una radio.

«Oh, Rose! Non ci eravamo nemmeno accorte che fossi arrivata» trillò Lila.

Matilda si illuminò, come se non vedesse l'ora di dirmi qualcosa. «Ciao, Rose. Stavamo parlando di Thomas, non hai idea di che cosa è successo...».

E fu interrotta.

«Buongiorno, ragazzi» esclamò il professor Hale, entrando in classe e lasciando cadere rumorosamente la sua borsa sulla cattedra.

Io e Matilda sbuffammo alzando gli occhi al cielo, mentre Lila sembrò tirare un sospiro di sollievo per essere fuggita dall'imbarazzo del dover parlare di Thomas.

In quel momento, la campanella d'inizio suonò.

Il professor Hale iniziò a spiegare, e nonostante quell'argomento fosse interessante, la lezione fu parecchio noiosa.

Di tanto in tanto lanciavo qualche sguardo a Riven, e notai una macchia scura dalle sfumature violacee che stava iniziando ad estendersi sul suo viso, dallo zigomo all'occhio.

Lui si accorse che lo stavo guardando, e si voltò verso di me. I suoi occhi verdi e intensi incontrarono i miei, e fui sorpresa nello scoprire che non erano colmi di astio come mi aspettavo. Aveva uno sguardo intenso, come sempre, ma privo di ostilità ed profondamente enigmatico.

Mentre io non riuscivo a smettere di guardarlo perché troppo impegnata a tentare di comprendere quei suoi occhi criptici, lui si distolse lo sguardo da me e tornò a guardare il professore.

Feci lo stesso anche io, e mi sforzai di fingere che lui non ci fosse.

E così feci per tutto il resto della giornata.

***

All'uscita da scuola, la pioggia e le nuvole grigie avevano lasciato il posto ad un sole timido, ma abbastanza caldo per asciugare almeno un po' di umidità.

Dato che tutti avevamo terminato in anticipo il nostro compito per quella lezione, la professoressa Cobello ci lasciò uscire da scuola un quarto d'ora prima.

Riven non perse tempo e se ne andò subito, sfrecciando via sulla sua moto senza guardare in faccia nessuno.

Io mi trattenni a chiacchierare con Lila e Matilda dato che, con un po' di dispiacere e senso di colpa, avevo liquidato la loro proposta di tornare a casa a piedi insieme.

Anche se era spuntato il sole e mi avrebbe fatto piacere fare una passeggiata, avevo già detto ad Ethan che sarei tornata a casa con lui, e dopo la giornata tremenda che aveva passato, non me la sentivo di rifiutare il suo invito.

«Insomma, Lila, voglio sapere che cosa è successo!» esclamai io, appoggiandomi sulla macchina di Ethan, e incrociando le braccia.

Matilda si avvicinò a lei e sollevò ritmicamente le sopracciglia. «Diglielo! Diglielo, Diglielo!».

«E lasciami stare!» sbottò Lila, allontanando la sorella con una piccola spinta. «Thomas questa mattina mi ha chiesto di andare a cena con lui stasera, e mi ha detto che i suoi genitori non saranno in città per questo weekend...» .

«Oddio! Non ci posso credere» esclamai, iniziando a saltellare sul posto.

Matilda mi mise una mano sulla spalla per bloccarmi e mi zittì premendomi l'indice sulle labbra. «Shh, il meglio deve ancora arrivare!» disse lei, fremendo.

Mi bloccai in attesa che Lila, che aveva appena roteato gli occhi, continuasse a parlare.

«Insomma... Mi ha chiesto di restare a dormire da lui questa notte, dopo la cena» disse lei, arrossendo per l'imbarazzo.

«Cosa?! Oddio! Oddio!» trillai, ricominciando a saltellare per l'euforia.

«Calmati. Abbiamo detto che vogliamo fare le cose con calma, non succederà nulla» rispose lei, avvampando ancora di più.

«Lila, non mentire a te stessa. Il ragazzo che ti piace da mesi ti invita a cena, poi ti chiede di dormire a casa sua dato che i suoi genitori non ci sono, per di più di venerdì, e tu pensi che starete a guardarvi negli occhi per tutta la sera? Dai, svegliati, hai 18 anni!» la rimproverò la sorella, con tono deciso.

«Non so nemmeno se mamma e papà mi lasceranno restare da lui» obiettò Lila.

«Avanti, lo sai come sono. Ti faranno un monologo di mezz'ora sull'ape che va sul fiore e sull'importanza delle protezioni, ma ti lasceranno andare da lui. Ne sono quasi certa» rispose fieramente Matilda, consapevole che Lila non avrebbe ribattuto.

Infatti, lei sbuffò rassegnata.

«Aspetto notizie per messaggio, allora» dissi io, facendole l'occhiolino.

«Cambiando discorso...» iniziò Matilda, «Rose, puoi dirci che diamine è successo alla faccia di Riven?».

Bene, lo avevano chiesto loro. Almeno mi avevano risparmiato l'imbarazzo di tirare fuori il discorso.

«Questa mattina Riven e Ethan hanno avuto un piccolo... diverbio, diciamo, ecco» farfugliai.

«Ethan ha picchiato Riven?» esclamò subito Lila, in preda allo stupore.

«In realtà ha iniziato Riven, ma poi è stato Ethan il primo a colpire. Questa mattina, mentre io e Ethan stavamo venendo a scuola, Riven ci ha sorpassati in moto e ha sporcato di proposito la macchina. Insomma, sapete quando lui ci tenga a quell'Audi...».

«A me sembra assurdo che Ethan, che è sempre così pacifico, abbia colpito per primo. Per l'auto poi... So che ci tiene molto, ma non è da lui. Ed è assurdo che Riven si sia preso un pugno senza reagire» disse Matilda, con un'espressione perplessa.

«In realtà, e stato un commento di Riven a scatenare il colpo di Ethan. E davvero pensi che lui non abbia reagito? È Ethan, quello che ne è uscito peggio» dissi, e le due spalancarono gli occhi.

«Aspetta, non credo di star capendo. Spiega tutto, dall'inizio alla fine» disse Matilda in tono pacato e aggrottando le sopracciglia, e la sorella annuì frettolosamente per concordare.

«Va bene, va bene. Allora... Riven sporca di proposito la macchina di Ethan, Ethan si arrabbia, dice a Riven che è un coglione, Riven ride perché è un cretino, Ethan lo spinge, io dico ad Ethan di smetterla e lui mi dice che sono una stronza, Riven si arrabbia perché Ethan mi ha detto che sono una stronza, Ethan gli dice di farsi gli affari suoi, Riven in poche parole gli dice che non deve parlare di me in quel modo, Ethan gli tira un pugno, si azzuffano, Riven spacca il labbro a Ethan, e fine. Così è più chiaro?».

«Aspetta, aspetta...» sussurrò Lila riflettendo ad alta voce.

«A prescindere dal fatto che Ethan sia proprio un imbecille per quello che ti ha detto, e il fatto che fosse arrabbiato non è una scusante... Vuoi dirci che Riven, cioè quel Riven, si è arrabbiato perché Ethan ti ha insultata? E ti ha difesa?» disse Matilda, confusa.

«Credo... di si?» risposi, mordicchiandomi il labbro.

Effettivamente era così: per lui le cose erano precipitate quando Ethan aveva pronunciato quell'insulto nei miei confronti. Ma per quale motivo avrebbe dovuto prendere le mie parti? Lui mi odiava, e probabilmente pensava anche lui quella cosa di me.

«Ok, questo è strano» esordì Lila.

«Secondo me devi parlargli» disse Matilda.

«Anche secondo me» concordò l'altra immediatamente.

Iniziarono a parlottare della situazione, di quanto fosse criptico il comportamento di Riven, e di che cosa sarebbe stato meglio che io facessi.

«Ragazze, calmatevi. Gli parlerò, va bene?».

Le due annuirono, e proprio in quel momento arrivarono Ethan, Thomas e Mike.

Entrambe guardarono il cerotto sul labbro inferiore di Ethan, e vidi che al di sotto di esso si stava espandendo un livido violaceo.

Lanciai loro un'occhiataccia, e capirono che non era il caso di fissarlo o di parlare dell'accaduto in sua presenza.

Thomas cinse le spalle di Lila con un braccio, e lei gli diede un bacio sulla guancia.

Mike finse di vomitare davanti a quella scena, e tutti quanti ridemmo.

Chiacchierammo un po', e poi Ethan mi accompagnò a casa.

----------------[ spazio autrice ]----------------

Ciu :3 come state?
#teamethan o #teamriven? Ditemelo nei commenti perché sono troppo curiosa!!
E secondo voi perché Riven ha deciso di difendere Rosaspina?
Un abbraccio e ci vediamo nel prossimo capitolo! :3

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top