Capitolo IX
"Come sia essere vuoti, io lo so bene. Sola e vuota.
È facile credere di poter sopportare la solitudine: non lo è altrettanto sopportarla."
Il primo ed ultimo paragrafo del diario di Sofia. Un aforisma. Non l'aveva mai continuato e col tempo era andato perso. Preferiva tenere le cose a mente, non sulla carta. In oltre di lì a poco, qualcuno aveva inverosimilmente alleviato la sua solitudine. Si era innamorata, per la prima ed unica volta... Tutta la sua vita aveva preso una svolta.
Beh, c'erano state altre storie, ma tutte banali e poco durevoli... Una di queste le era costata il suo corpo. Aveva dovuto adeguarsi.
La sua vita era diventata una finzione, una falsa dimostrazione d'innocenza.
Si era aggrappata con forza all'esistenza, sua e degli altri, smettendo col tempo di rimpiangere l'invulnerabilità che aveva perso. Lo stesso non poteva dirsi dei sentimenti.
Tanti se n'erano presi gioco: troppi.
Non aveva altre lacrime per loro.
<<Senti, Sofi... Io che parte ho in tutto questo? Cosa pensi che possa farle?>>
"C'è ben poco che possiamo fare... Voglio solo provare a parlarle di persona."
<<Nel caso dovessi fallire...?>>
"Probabilmente ti ucciderebbe. Ma potrebbe farlo comunque e non penso tu voglia aspettarla, Dal. Non possiamo scappare"
<<Ho un'incredibile voglia di scoppiare a piangere come una bambina.>>
"Beh, fai pure. Potrebbe aiutarti: l'ultima cosa che posso permettermi di fare è giudicarti. Tu hai da perdere a differenza mia."
<<Lascia stare. Solo: pondera bene le parole, ok?>>
Davvero non si stupiva più delle stranezze di quell'albergo. Ad esempio trovare l'animatore e Sara, storditi e riversi sul pavimento dell'infermeria. Gli ci volle un po' per farli riprendere. Innanzitutto, aveva sistemato il lettino, per poi riadagiarci Sara, ancora svenuta. Con Leo era bastata qualche scrollata. Alla fine Cisco poté dirsi soddisfatto del suo nobile operato. Anche Leonard, ancora mezzo tramortito, gli accordò una pacca di ringraziamento sulla spalla.
Dalla porta giunse un miagolio sommesso. Un grigio micione si strofinò contro il legno dell'uscio.
D'improvviso Sara si rianimò, sollevandosi sul lettino con le palpebre ancora socchiuse.
<<Il gatto!>> biascicò.
<<Che?>> fecero in coro Leo e Cisco.
<<Vuol essere seguito.>>
<<Sara, mettiti giù...>> la pregò il ragazzino, notando però che il suo amico si era alzato.
<<No, devo andare anch'io.>>
<<Perché?>> chiese Leonard, perplesso. Non quanto Francisco.
<<Sicurezza. Non siamo più nello stesso luogo di prima, non totalmente... Lei ci prenderebbe. Vengo con te, Leo.>>
<<Ed io?>> Cisco la guardò, tutt'occhi.
<<Anche tu. Sembra contrariato, ma non dice altro.>>
<<Stiamo parlando di un gatto, giusto?>>
<<Esatto.>>
<<Ottimo. Ci prendi in giro?>>
Sara lo guardò, mesta e stanca.
<<Io ho sentito quel gatto ordinare di seguirlo. Non so perché, non so come.>> sembrava sul punto di scoppiare in lacrime.
Leonard sbuffò, contrariato, ma poi si avvicinò a Sara e l'aiutò a scendere dal lettino. Si rivolse a Cisco:<<Cercherò di spiegarti durante il tragitto...>> Lui annuì, anche se confuso. Cosa doveva spiegargli? Offrì a Sara la sua spalla e lei accettò cordialmente.
<<Centra con Ambra e le sparizioni?>
La ragazzina annuì, mezza intontita ma scura in viso.
<<Non solo con lei.>> borbottò.
Seguirono il gatto.
La possibilità di fingere un mancamento e rintanarsi da qualche parte era stata, per qualche secondo, molto allettante. Troppo presto però l'occasione gli era sfuggita di mano.
Pensandoci bene, l'ansia dell'inazione poteva essere molto peggiore di quella, codarda e pusillanime, che provava in quel preciso istante.
Non impiegò nemmeno troppo tempo per realizzare quello che gli era accaduto: era collassato, senza un particolare motivo, dopo aver medicato Sara. Si era risvegliato nel buio più torbido. No, a dire il vero non era sicuro di essersi svegliato.
-La mente umana ha dei limiti.-
Al seguito del felino attraversarono l'atrio deserto ed uscirono all'aperto, sulla stradina, camminando con incedere inquieto.
Tutto gli appariva stranamente mutato... in peggio.
Fu solo un impressione ma i colori gli sembrarono più attenuati: terra, cielo, piante, animali, edifici... Come se tutto stesse annichilendo man mano.
Solo una semplice illusione. Probabilmente.
Notò che Sara lo stava guardando
<<Che cos hai?>> fece Cisco.
<<Anche tu... Vedi cose strane?>> chiese lei a mezza voce.
Leonard non rispose.
<<Che cavolo stai dicendo, Sara?! Tutto è strano, ultimamente.>>
<<Niente, Franci...>> il giovane parve rifletterci un momento, poi riprese un passo regolare.
<<Anche tu sei strana. Sei malata?>>
Gli occhi di lei non fissavano né il gatto, né la strada o qualsiasi altra cosa che Leo potesse vedere. Sembravano andare oltre. Tremava leggermente. Notando questo, Leo posò una mano prima sulla spalla di Cisco, come a chiedergli di fare silenzio, poi su quella di Sara.
Intorno al quartetto andò spargendosi un alone di nebbia bluastra. A malapena riuscirono a non perdere di vista il gatto. Cominciava a scendere la sera, quando giunsero presso il Parco delle meraviglie. Stanco di lasciarsi trascinare Leonardo si chiese perché si trovassero in quel luogo.
<<Riunione strategica. Parole del gatto.>> sbadigliò Sara.
-Una riunione strategica?-
Lei annuì, grave. Aveva appena risposto ad un suo pensiero?
In quel preciso istante l'atmosfera parve cambiare, come nel passaggio tra due stanze segnato dall'impatto con nuovi odori, suoni e sensazioni. Il gatto era sparito. Leonard percepì una vaga somiglianza con quanto accaduto in infermeria.
La prima cosa che vide, davanti a sé, fu un paio di occhi, di un indistinto blu torbido. Non lo affascinarono più di tanto ma inspiegabilmente, si sentì assorbire da quegli abissi, solo per qualche attimo. Qualcuno lo richiamò alla realtà: una voce maschile.
Era il caso di muoversi con tanta fretta?
Sì.
Scalino dopo scalino, stanza dopo stanza, la risposta restava la stessa.
Chiamò tutti i presenti, radunandoli nell'atrio. Nessuno si oppose o aprì bocca. La sua presenza costante aveva funzionato a dovere.
Ambra contò i presenti. Solo bambini. Il personale dell'albergo aveva già fatto il suo corso. Mancavano all'appello: Leonard, Francisco, Sara e Dalia. Oh, non doveva scordarsi della piccola Ofelia e del suo amichetto. Si nascondevano, ma ormai sapeva dove. Con loro non poteva evitare di sporcarsi le mani, non più.
Il problema era Sofia: lei era più subdola.
Disse agli altri di non muoversi, dopodiché cominciò a cercarla. Per prima cosa ripercorse i suoi passi mentalmente: aveva già controllato quasi tutte le stanze, compresa la sua. Mancava la camera di Leo. Sofia non lo avrebbe mai scelto come ospite, ma poteva sfruttarlo per nascondersi.
Cominciò a salire le scale, ragionando. Era difficile sospettare delle sue amiche, ma sarebbero state l'opzione più pratica... Dalia e Sara erano state le uniche ad avere a che fare con lei per più di qualche giorno. Anna era escludibile. Una delle due poteva essere l'informatrice principale di Sofia, o peggio, un corpo ospite.
Non voleva far loro del male. Per questo sperava di non trovarle, non lì.
Aprì un'altra porta e si bloccò.
Tirò un misurato sospiro di sollievo, rilassando il corpo.
<<Volevi vedermi, no?>>
Seduta a gambe incrociate sul materasso c'era Sofia. Solo Sofia. La scrutava con i suoi occhi senza luce. Il fastidio di Ambra era quasi totalmente annullato dalla gioia di non aver trovato altri nella stanza.
<<Rispondi, ora. Perché mi hai messo contro Leonard e Letizia?>>
<<Voglio evitare che tu combini guai, come al solito...>>
<<Non invertire i ruoli: io uso la mia testa, a differenza tua. Smettila di aggrapparti al tuo egoismo ed affronta i fatti. Starei facendo tutto alla perfezione, se non fosse per te!>>
<<Sei sempre così adorabilmente naïve... Non sei mai stata brava nei piani machiavellici: lasci troppe cose al caso e non mostri il giusto distacco. Dolcezza, dimmi: quale sarebbe il tuo piano? Non importa che tu l'abbia già spiegato: voglio sentirlo di persona.>>
Ci fu una lunga pausa, durante la quale Ambra pensò bene a cosa dire. Raccontò quel che aveva detto a Leo. Alla fine sospirò, massaggiandosi la testa. Quando la rialzò, il suo volto era privo di espressione.
<<Senti... Non è che mi piaccia l'idea di ucciderli... Ma sanno un po' troppo. E le emozioni da sole non bastano. Non così deboli.>>
Sofia rimase di sasso.
<<Di chi...?>>
<<La tua squadretta anti-Ambra, Sofi. Immagino che rientrino nelle tue responsabilità.>>
<<Pensavo avessi smesso di uccidere...>>
<<Beh, no. Nemmeno tu l'hai fatto. Hai attirato Leo, con quell'esagerazione di duplice omicidio... Immagino volessi dare la colpa a me... Peccato che io abbia visto tutto.>>
Sofia non mostrò alcuna reazione, ma ad Ambra non servivano conferme.
<<Da dove arriva questa tua... Deduzione?>>
<<Non da un uccellino, questo è certo.>> ammiccò.
<<Senti.>> proseguì <<Quelle creature reclameranno tutto ciò che gli esseri umani possiedono. Non solo: stravolgeranno gli ecosistemi, cambieranno tutto in loro favore. Sicuramente porteranno vantaggi, ma non useranno le buone maniere con gli esseri umani. Abbiamo perso da tempo l'occasione per una convivenza pacifica.
Mi servono. Altri due o tre basteranno: lo shock di chi starà a guardare sarà il climax necessario a completare la difesa. Li ho tenuti per ultimi apposta... Per avere la certezza che fossero sacrificabili.>>
<<Hai la merda nel cervello?! Ammazzi bambini come se nulla fosse, adesso? Queste non sono parole tue, Ambra!>> era la prima volta che la vedeva tanto agitata. Le dette soddisfazione vederla in quello stato.
<<Non farò niente a Cisco e Sara. Da che pulpito comunque. Dato che tu hai intrapreso il sentiero dell'inazione credi che io debba seguirti? Non ho mai lavato il sangue dalle mani, che fosse il mio o meno: non l'ho mai nascosto.>> avanzò di un passo. Gli occhi ciechi di Sofia erano fissi nei suoi. <<Speravo davvero di poterti parlare: non sai quanto godo a sputare in faccia alla tua, anzi, alla vostra ipocrisia. Per lui non conta nessuna di queste facce. A parte la sua. Per te conta solo la mia, sbaglio forse?>>
Silenzio assoluto.
Posso intromettermi?
<<Tranquilla, sto per andare. Prima sistemo lei, dopodiché chiuderemo il conto.>>
Poteva ritenersi soddisfatta e, cazzo: stanchezza a parte si sentiva da dio.
<<Ah, comunque su una cosa hai ragione. Non mi garbava l'idea di far del male a te ed a Leo... Perciò ho provato ad illudervi fino a questo istante, anzi, a lasciare che le sue parole vi illudessero. In parole povere... Ho mentito. Non voglio salvare gli umani. Noi non meritiamo di essere difesi.>>
La sua mente si sciolse.
Freddo.
Qualcosa di tagliente e gelato le trapassò la nuca, proseguendo verso l'alto. La attraversò come un coltello nel burro.
Le ginocchia le cedettero. Sentì il sangue caldo colare, sul suo collo, sulla schiena. Gliene uscì altro dalla bocca. Cadde sbattendo la faccia a terra. Qualcuno le si sedette sulla schiena e cominciò a spingere in profondità la lama, sfruttando la resistenza del terreno.
La guardarono cadere in avanti. Dalia la bloccò, sedendosi sopra di lei.
"Ancora: è quasi andata."
Obbedì. Ambra ebbe un sussulto ed irrigidì il corpo per qualche secondo... Poi i muscoli si rilassarono ed il respiro quasi cessò.
Era incredula.
"Shock. Basta un'illusione per stendere un nemico..." Dalia avvicinò una mano al collo di Ambra e sfilò una spilla da esso.
<<Hai ingigantito il dolore?>>
Sofia assentì.
"Lo stimolo sensoriale, come nei sogni. Ora."
<<De... Devo proprio?>>
"Si. E' troppo pericolosa."
Dalia estrasse da uno zainetto un set di lame prese dalla cucina dell'albergo. Lame vere, questa volta.
<<Tranquilla, non ti farà male. Di solito reagisce abbastanza velocemente ai traumi, ma dovrebbe restare svenuta per qualche ora.>> sospirò e scosse la testa.
<<Dal... Erano parole sue: nessuno la stava controllando.>>
<<Io... Cosa vuoi che ti dica?>>
Tremava. Non voleva...
<<Perciò... Non la sta usando nessuno?>>
Sofia non rispose. Sembrava vagamente avvilita, come qualcuno che abbia visto il suo mito sgretolarsi.
Dalia annuì. Prese il primo coltello, senza più reprimere le lacrime.
Ci ripensò e girò Ambra sulla schiena.
"Sarebbe meglio..."
<<Non mi interessa. Voglio vederla. Merito il senso di colpa, per tutto quanto.>> lentamente si chinò e premette le labbra contro quelle della ragazza priva di sensi. Ci fu uno strano guizzo grigio alla finestra.
Impugnò meglio il coltello.
"Prima il cuore, poi gli arti"
<<E resterà "svenuta"?>>
"Esatto"
Dalia puntò la lama, tenendola salda per non sbagliare.
"Non reagirà. Al più qualche blando riflesso: il suo cervello è momentaneamente, per così dire, fritto."
Non la ascoltò. Spinse il coltello, con tutta la forza che aveva e discese velocemente. Trattenne il respiro. Non badò al sangue che con spruzzi regolari le sgorgava addosso, ne ai deboli spasmi muscolari... Fece ruotare la lama, estendendo lo squarcio. Il respiro della ragazza si era fermato, i movimenti erano cessati.
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