Frederick IV - Di fughe e arrivi

Dire che la tenuta fosse talmente mastodontica da risultare dispersiva era una verità più che lampante, considerato che soltanto i giardini si estendevano per ventitré acri.

Forse era questo il motivo per il quale il marchese riteneva di non aver visto Angie, con le uniche eccezioni delle riunioni di famiglia a pranzo e a cena, per i giorni che trascorsero dal ritorno delle due dame e che videro quasi giungere al termine quel pigro febbraio.

Il tempo era stato indeciso e spesso aveva piovuto, impedendo a tutti le passeggiate pomeridiane fuori dalla tenuta; ciò nonostante Lady Angelica aveva saputo trovare il modo di non farsi trovare, restando nelle proprie camere o chiudendosi in chissà quale parte di Holker Hall. Non che il marchese avesse avuto fretta di parlarle, la verità era anche che, per una manciata di giorni e forse qualche d'uno di più, egli stesso aveva favorito l'impossibilità di incrociare le loro strade. Poi, però, quando il consiglio di Lucas si era insinuato nella sua mente come un tarlo nel legno e l'epifania più ovvia di tutte si era pronunciata profetica nella vasca da bagno, aveva iniziato a cercarla. Poco prima di cena, per esempio, la sera del loro ritorno, le aveva chiesto se avessero potuto scambiare quattro chiacchiere: l'assenza del duca era un'ottima scusa per intavolare una conversazione. Non aveva notato l'espressione evasiva di lei e il modo apparentemente distratto con cui sfuggiva al suo sguardo, poiché era troppo impegnato a decidere come arrivare al dunque di ciò che la sua mente elaborava da mesi – dopotutto non era affatto facile spiegarle cosa stesse accadendo. Proprio a causa delle sue elucubrazioni, aveva creduto alla promessa di lei di farlo a stomaco pieno: «Cugino, sono troppo affamata per parlare. Rimandiamo a dopo?».

Peccato che quel "dopo" non ci fosse stato, né quella sera, né il giorno dopo e così per più di dieci giorni.

Frederick non credeva che la cugina lo stesse evitando: non aveva alcun motivo, neppure quello che lui aveva custodito come un segreto e confessato unicamente al proprio factotum. Perché era impossibile che Angie sapesse. Aveva perfino chiesto al padre se avesse avuto modo di parlare della questione con lei, ma quest'ultimo lo aveva glissato con sufficienza: «Io? Sei tu che devi chiederle la mano. Io, al massimo, posso darvi la benedizione». E non aveva alcun dubbio sulla fedeltà di Lucas. Ciò che gli era stato rivelato fin dai primi tempi, in cui era solo un ragazzo disattento e giocherellone, non era stato mai messo alla mercé di altre orecchie. Per questo non lo aveva affrontato direttamente e aveva aspettato, piuttosto, che gli si presentasse l'occasione giusta. Quella mattina, un Lucas incuriosito, mentre operava le solite mansioni, gli chiese: «Avete parlato con Lady Angelica?», e lui seduto sulla poltrona di fronte allo scrittoio, arcuò lateralmente la schiena e si tenne con gli avambracci allo schienale della seduta per osservare il proprio servo. Con il mento appoggiato su un braccio, lo fissò per un po', mentre gli dava le spalle. Lucas tornò a guardarlo, insospettito dal suo lungo silenzio, e si sorprese quando lo vide mentre lo fissava attentamente.

«Perdonatemi, padrone, la mia era una mera curiosità. Starò al mio p-» si scusò velocemente, abbassando lo sguardo. Frederick lo bloccò prima che finisse: «No, non devi scusarti. Ti osservavo perché mi chiedevo se davvero io possa fidarmi di te. A volte mi rendo conto di farlo senza troppi scrupoli...» la sua risposta non fu una accusa e Lucas non si sentì messo in discussione, perché non era un comportamento del marchese essere diffidente nei suoi confronti. Sapeva bene anche lui che la fiducia che gli veniva riposta fosse più di quanto avesse dato prova di meritare ed era lecito, quindi, che per qualsiasi motivo gli frullasse in mente, ora avesse un minimo di dubbio. Lucas era pronto a non deluderlo.

«Non ho altri mezzi per dimostrarvi la mia lealtà nei vostri confronti se non il silenzio che riservo a chiunque su ciò che mi confidate. Spesso anche io mi domando se ne sia meritevole e perché, soprattutto, fra tutti, voi abbiate scelto proprio me, ma porto enorme rispetto alla vostra decisione e mai la metterei in discussione. Per nulla al mondo, milord».

Frederick sospirò, tornando dritto a sedere, accavallando una gamba sull'altra. «Grazie Lucas, ora ricordo perché riesco a fidarmi così tanto di te».

Lucas si avvicinò con gli abiti. Non gli chiese di approfondire quel discorso, ma si sforzò anche nel non farlo. Frederick glielo lesse in volto poco dopo, mentre si faceva aiutare nell'indossare gli abiti, con cui era solito andare a cavallo, e gli sorrise divertito mordendosi un labbro.

«Ti ho scelto perché eri l'unico a spiccare tra i sempliciotti della servitù. Possiedi una mente e sai usarla, ma ciò nonostante nei tuoi occhi leggo sincerità, come fossero pagine di un libro che conosco ormai a memoria. Mi fido di te, Lucas, perché anche se non so la fine della tua storia, so che l'inizio è incominciato con la fiducia che l'uno ha riposto nell'altro. Sono io che devo scusarmi con te per averti messo in discussione. Sono giorni confusi e temo che mia cugina mi stia evitando per chissà quale motivo! Credevo che qualcuno le avesse riferito la brutta faccenda che ci legherà a breve, ma mio padre non è stato e tu nemmeno».

«No, padrone, io non ho assolutamente-»

«Lo so, lo so. Forse è solo una mia sensazione. Lo chiederò alla diretta interessata. Tanto in ogni caso, devo parlarle».

Dopodiché scesero dirigendosi verso il cortile d'entrata, dove si erano accordati con Jaycob di trovarsi con i cavalli per la cavalcata che quel giorno il tempo sembrava avergli dato la concessione di poter fare. Di Jaycob con MarySue e Goldcell, sellati e in attesa, non vi era alcuna traccia. Frederick si guardò attorno per qualche secondo, respirò a pieni polmoni l'aria fresca, poggiando entrambe le mani sui fianchi.

«Perché non sono affatto sorpreso che mio cugino non sia già qui ad attendermi?» ironizzò, guardandosi alle spalle, luogo in cui Lucas, abbozzando un sorriso, guardava in lontananza. «Volete che vada a controllare?»

«Nah, camminerò piuttosto. Gli andrò incontro» disse, avanzando un passo nella direzione dei giardini. La stalla era piuttosto lontana, ma attraversando la parte interna si accorciava di molto.

Frederick si rese conto di Lucas al suo seguito quando sulla prima stradina acciottolata sentì i suoi passi alle spalle.

«Mi stai seguendo?»

«Vi faccio compagnia» rispose mettendosi al passo. Attraversarono il primo lungo passaggio e svoltarono sulla destra ritrovandosi in una delle parti soleggiate in cui erano state disposte delle panchine. Era stato predisposto anche uno di quei gazebo che la famiglia Cavendish sembrava possedere in gran quantità, per creare una zona d'ombra, in modo tale che chiunque avesse potuto beneficiare delle belle giornate, senza prendersi una insolazione, avrebbe potuto. Difatti, sotto quei tendaggi bianchi, la piccola Kathleen assieme al suo precettore stava approfittando della possibilità concessa dal tempo per fare qualcosa di terribilmente seccante, come era dover studiare.

Lucas si arrestò d'impeto, dando modo a Frederick di rendersene conto dal suono delle suole che frenarono sulla ghiaia. Si voltò con un cipiglio ben segnato sulla fronte. «Tutto bene, Lucas? Sei inciampato?» lo interrogò. Lucas, che in un primo momento sembrò non averlo nemmeno ascoltato, si destò come percosso da un brivido e riprese a camminare. «Sì, sì, tutto bene. Io...» stava cercando una scusa e sembrò avere dei problemi oppure un'improvvisa mancanza di salivazione, ma fortunatamente per lui fu salvato dall'urlo di una voce che chiamava il marchese: «FREDERICK!»

Kathleen si era alzata, senza ascoltare il proprio insegnante privato che le ricordava i suoi doveri e, subito dopo, le buone maniere, e aveva preso a correre incontro a entrambi.

Frederick, che aveva guardato Lucas fino a poco prima di essere chiamato dalla ragazzina, in attesa di una risposta, si voltò e riprese a camminare con le braccia aperte.

«Kathleen, ve ne prego, non siete più una bambina!» esclamò disperatamente Lord Pale, l'insegnante che, rimasto dov'era, in piedi come uno stoccafisso, guardava la ragazzina correre senza la minima grazia. Quando Frederick fu raggiunto, Katee dovette ricordarsi che le parole appena pronunciate dal precettore fossero anche ciò che più volte lei cercava di dimostrare a chi ancora la trattava come una bambina e per questo rallentò giusto in tempo per riuscire a fare un piccolo inchino di saluto. Frederick sogghignò mentre lasciava cadere le braccia lungo i fianchi e ricambiò, alzandosi appena il cappello. Nel momento in cui quell'attimo di buone maniere ebbe fine, Kathleen non riuscì più a trattenersi e gli si buttò tra le braccia. Dopotutto, nonostante i suoi tredici anni, era ancora considerata la bimba di famiglia e, in particolar modo, la piccolina del marchese – il quale, avendola da sempre viziata come fosse una figlioccia, non riusciva mai a essere rigido nei suoi confronti e permetterle così di diventare una vera e propria dama.

«Siete tornata, Katee. Com'era Londra?» gli domandò nel momento in cui tornarono a guardarsi negli occhi. Il volto della fanciulla si illuminò più di quanto non fosse di già, considerato il sorriso che gli stava riservando.

«Fantastica! Non immaginate neppure a quanti balli io abbia partecipato! Oh, l'esperienza più bella della mia vita, Fred!» esclamò animata dall'entusiasmo.

«Sono felice del vostro ritorno, cara cugina» si confidò ricambiando il sorriso, sapendo già che delle sue avventure nella capitale ne avrebbe sentito parlare per settimane, se non mesi.

Quando Lucas fu accanto a loro, Katee lo salutò con un cenno della mano, affermando con ironia: «Lucas, ti sono mancata?» al quale il factotum del marchese evitò di rispondere se non con un sorriso e un gesto affermativo del capo, sebbene fosse palesemente ironico anche lui.

«Lord Pale, è un piacere conoscervi finalmente» affermò Frederick, quando il precettore decise di raggiungerli.

«Il piacere è tutto mio, Sir. Devo ringraziarvi per avermi permesso di essere l'insegnante di vostra cugina» parlò immediatamente, come se aspettasse di poterlo fare da molto tempo. Frederick sorrise e negò velocemente col capo: «L'unico che dovete ringraziare è il professor Special, abbiamo solo chiesto un consiglio. Avete ottime referenze, riportandovi alcune sue parole: "siete l'unica scelta, e la migliore, che potessi fare per l'istruzione della piccola Katee"».

Kathleen non lo rimproverò per il modo in cui si era riferito a lei, unicamente perché a suo cugino era concesso di poterlo fare, ma sbuffò cercando l'attenzione di tutti. «Senza offesa, professore... ma potevate proprio risparmiarvela, cugino! Credevo che tornando dal collegio io potessi finalmente godermi un po' di vacanze!»

Frederick l'avvolse amorevolmente sotto un braccio e rise di lei. «Potete godervi il ritorno a casa, mantenendo in allenamento la mente. A proposito, cosa si studia oggi?»

«Francese, Sir» rispose repentino Justin.

«Très bien!» affermò Frederick, lasciando andare la cugina e voltandosi a guardare Lucas che, come in trance, sembrava fissare il vuoto.

«Vi lascio tornare ai vostri doveri, allora» continuò subito dopo, guardando il precettore e Katee che, di malavoglia, tornò sui suoi passi.

«Ah, Lucas, perché non fai preparare qualcosa da mangiare e bere nella sala da tè? Avranno studiato e camminato per così tanto, temo, da non aver pensato a ricaricare le energie. Si insegna e impara meglio a stomaco pieno».

Il servo sembrò tornare in sé e guardare il professore come a voler cercare una conferma su quel desiderio espresso dal marchese, ma ancora una volta si riscosse quando Justin più per cortesia che per altro non negò quell'offerta. Inclinò appena il capo e «certamente, mi adopererò immediatamente» affermò, allontanandosi come se stesse scappando da una situazione troppo scottante per lui.

Frederick salutò nuovamente, in francese per divertirsi dell'espressione seccata della cugina, e poi si allontanò verso la stalla.

Ai confini dei recinti di quella parte dei giardini, Frederick scavalcò agilmente il cancello per poi sbracciarsi per farsi vedere dal cugino che, in mezzo ai due cavalli, stava procedendo verso il cortile d'ingresso. «Jay!» urlò, infine, destando finalmente lo sguardo di Jaycob dalla sua parte.

«Non dovevi aspettarmi nel cortile?»

«Avresti trovato le mie ceneri al tuo arrivo» lo prese in giro, accarezzando velocemente la criniera di MarySue. Jaycob gli lasciò le redini, occupandosi di Goldcell, e sbuffò una risata seccata: «Dovevo preparare i cavalli e andare e ritornare dalla stalla. Sei il solito impaziente» lo rimproverò.

Frederick sghignazzò mentre saliva a cavallo. Soltanto quando Jaycob lo imitò a sua volta gli rispose sagacemente: «è bello che tu sappia dimostrarmi sempre quanto tu e tua sorella vi assomigliate».

Fece girare il cavallo nella direzione opposta alla tenuta e poi, con un solo gesto del piede, iniziò a galoppare. Jaycob rise per qualche secondo alla battuta, ma lo seguì subito dopo, raggiungendolo immediatamente.

In un primo momento fecero una corsa, anche per permettere ai cavalli di sfogarsi, arrivando fino ai margini della costa e respirare così un po' d'aria salmastra, che si percepiva nonostante il notevole dislivello tra la terra e il mare; poi tornarono indietro, in direzione dei boschi di Holker Hall, cavalcando sempre con veemenza finché almeno MarySue e Goldecell non furono stanchi.

Fu proprio nei pressi della natura selvatica, che entrambi amavano, il momento in cui rallentarono il passo e incominciarono una vera e propria passeggiata.

«Ho come l'impressione che si sia un po' rammollito, il buon vecchio Goldcell. Essere rimasto lontano da MarySue per così tanto tempo non deve avergli fatto molto bene» incominciò Frederick notando che, in entrambe le corse, il maschio aveva tenuto il passo con estrema difficoltà. «Oppure sei diventato molto scarso tu, JJ. In mia assenza non avete cavalcato per nulla?» domandò con una punta di sarcasmo.

Jaycob lo guardò con la coda degli occhi, prima di accarezzare la criniera di Goldcell e sussurrargli di non stare ad ascoltare quel vecchio sbruffone.

«Io e Goldcell stiamo più in forma di quanto credi, cercavamo soltanto di non esagerare. Per galanteria, pensiamo prima alle signore».

Fred si voltò a guardarlo, sobbalzando di tanto in tanto per via dell'andatura del cavallo, e abbozzò un mezzo sorriso. «Risposta arguta» si complimentò.

«L'allievo supera il maestro» avanzò Jaycob. Fred lo guardò di nuovo, dopo un'occhiata lanciata un po' attorno, e fece una smorfia di diniego: «Ne devi fare ancora di strada per superarmi».

Jaycob strinse le redini e le tirò a sé per far rallentare Goldcell, mise velocemente i piedi a terra e sradicò gentilmente una margherita. Risalì a cavallo e raggiunse velocemente il cugino che aveva continuato a marciare nella direzione che ormai aveva intrapreso da un po'.

Gli offrì il fiore quando Frederick si premurò immediatamente di chiedergli quale fosse il motivo della sosta. «Cosa ti dà la certezza che mi riferissi a te, come maestro da superare?» lo provocò bonariamente, sogghignando quando il cugino, col fiore in mano, tirò gli occhi su di lui e fece un'espressione offesa: «Che sbruffoncello che sei». Jaycob iniziò a ridere, abbandonando il capo all'indietro, senza badare troppo alla guida del cavallo mentre «questo comunque lo tengo, buttarlo sarebbe un peccato» esclamava Frederick sistemando il fiore dietro un orecchio e incastrandolo col cappello.

«Ti dona molto» commentò subito Jaycob con malizia. Frederick rispose con una smorfia leziosa e poi proferì il silenzio per i minuti successivi. Mentre il verde lo circondava e accoglieva, come una madre generosa abbraccia il proprio pargolo, nella sua mente vagava l'idea che si sarebbe perso volentieri lì dentro, senza riemergere più e magari vivere da selvaggio; anche se era molto difficile che ciò potesse accadere visto quanto bene conosceva quei luoghi e quanto poco potesse sopportare l'idea di vivere senza le comodità con cui era cresciuto. Magari, però, poteva prendere in esempio Robinson Crusoe, d'altronde ricordava quanto quel romanzo gli fosse piaciuto... No, non era comunque fattibile, aveva poca memoria di quel libro per potersi permettere di osare un'avventura simile.

«Ora fai l'offeso?»

«Cosa?» chiese, ritornando alla realtà e voltandosi nuovamente nella direzione del cugino. «Ah no, no. Pensavo a Robinson Crusoe di Defoe, hai presente?»

Jaycob si accigliò, domandandosi probabilmente perché dal discorso che stavano facendo, avesse fatto una così assurda associazione di pensiero.

«Stai pensando di liberarti di me abbandonandomi su un'isola deserta?» gli chiese allora, in tono scherzoso... ma non del tutto. Frederick si concesse una risata divertita, immaginandosi poi una persona come Jaycob, tutta sola senza nulla da fare, e ciò lo fece ridere ancora più forte. «Pensavo a come potrebbe essere vivere in un bosco come questo. Ci riusciresti?»

Jaycob fece una smorfia: «Sai già qual è la risposta, ed è per questo che hai riso così tanto. Piuttosto, tu ci riusciresti a vivere sugli alberi, procacciarti il cibo, privarti dei servizi della servitù, delle comodità quotidiane o delle convenzioni sociali?»

Frederick se lo domandò una seconda volta, tra i pro e i contro, nuovamente si sentì combattuto. Liberarsi di ciò che creava i suoi crucci compensava il perdere tutto ciò che amava della sua vita?

«No, non potrei mai farcela. Con il cibo e l'adattamento a una vita tanto selvaggia, sì, forse ci riuscirei. Ma le privazioni! Oh no, rabbrividisco alla sola idea!»

«Già, come farebbe il marchese senza le sue amate scappatelle? Senza il gioco d'azzardo? Senza la musica... E gli amici!»

Frederick annuì compitamente. «Senza musica e gli amici. Diventerei pazzo!»

Jaycob abbozzò un sorriso e guardò le mani chiuse a pugno attorno alle redini del cavallo. «In ogni caso, ti verrei a trovare».

Frederick si lasciò scappare l'ennesima risata, mettendosi una mano sul petto, teatralmente commosso. «Posso sempre contare su di te, cugino mio».

«Sempre».

Si erano addentrati così tanto in quei boschi da aver raggiunto la sua fine, riavvicinandosi così alla tenuta. Nel luogo in cui erano giunti, c'era un piccolo spiazzo e delle graziose collinette che proteggevano come mura naturale l'ala ovest di Holker Hall. Sulla più alta, sedute sotto il solito albero, c'erano Angie e Julia. La più grande delle due era intenta a leggere un libro, distraendosi molto spesso a compiacersi della leggera brezza che le avvolgeva, mentre Julia, accanto a lei, disegnava completamente assorta nel suo mondo.

«Hai fatto caso anche tu quanto sia difficile poter parlare con Angie?» domandò Frederick, dando modo anche a Jaycob di notare le due ragazze in lontananza.

Il ragazzo si voltò verso il marchese con l'aria nuovamente crucciata. «Di cosa parli? Pranziamo e ceniamo sempre insieme e, in realtà, io ho avuto modo di chiacchierarci proprio ieri pomeriggio» constatò Jaycob. «Credi che ti stia evitando?» domandò subito dopo.

Frederick negò poco convinto. Si stavano avvicinando sempre di più. «No, credo piuttosto che ne abbia avuto abbastanza della mia compagnia in questo ultimo mese e mi stia tenendo a debita distanza per... purificarsi?» fece una battuta.

«Conosco la sensazione» fu la risposta ilare di Jaycob, subito seguita da una risata che condivisero entrambi. Probabilmente fu quella ad attirare lo sguardo delle fanciulle, che ormai distavano da loro un centinaio di metri. I due maschi in sella ai cavalli non si resero conto delle espressioni che si scambiarono l'una con l'altra, troppo impegnati a beccarsi fra loro con altre frecciatine – d'altronde erano fatti così, non facevano altro.

Angie si tirò in piedi, lisciandosi le vesti e stringendo al petto il libro chiuso in un tonfo, mentre Julia, affrettandosi a raccogliere i fogli sparsi assieme alle tempere, cercava in ritardo di imitarla.

Quando Frederick si voltò dalla loro parte, con un sorriso accogliente, «buon pomeriggio, mie signore» le salutò, guardando prima la cugina e poi Julia.

Angie appariva particolarmente agitata, anche se dava tutta l'impressione di non volerlo sembrare, Julia invece, dopo essersi sistemata gli abiti stropicciati, la guardò dicendole qualcosa sottovoce che i due uomini, ancora a cavallo, non poterono udire. Qualche attimo dopo, avvicinandosi all'albero accanto a quello su cui avevano sostato solitariamente le due ragazze, smontarono da cavallo. Frederick consegnò le redini a Jaycob che, senza dire nulla, si adoperò per legarle al tronco della quercia secolare. Frederick aveva già fatto qualche passo nella loro direzione, quando Jaycob fece le raccomandazioni a MarySue e Goldcell. Qualcosa come «fate i buoni, brucate l'erba ma non vi ingozzate», che sapeva già fosse del tutto inutile – e non perché avevano un intelletto equino incapace di comprenderlo.

A quel punto, si avvicinò anche lui alle dame che, nel frattempo, avevano salutato il marchese: Julia con un accenno di riverenza e Angie abbassando il capo e nascondendosi dietro il cappello che indossava per proteggersi dal Sole.

«Spero per voi che stiate trascorrendo un piacevole pomeriggio» si annunciò Jaycob, sciogliendo una strana tensione che era nata subito dopo i saluti.

«Ne abbiamo approfittato per uscire e prendere un po' d'aria fresca. Questo è forse il primo pomeriggio in cui non ha piovuto subito dopo mezzogiorno. Voi, marchese, perché avete un fiore dietro l'orecchio?» prese parola, stranamente, Julia. Frederick sembrò non sorpreso di questo particolare, dedicandogli tutta l'attenzione con un sorriso che lo ringiovaniva di qualche anno. Si toccò velocemente l'orecchio, tirandosi via la margherita e rigirandosela tra le mani, lanciando uno sguardo ilare al cugino. «Un regalo di vostro fratello! Siamo arrivati fino alla costa e poi ci siamo addentrati nei boschi, giungendo fino a qui. Sembra un altro piccolo giardino, non è così?» domandò, infine, guardandosi attorno e fermando il suo sguardo su Angie che, assorta a fissarlo, subito scattò nel guardare altrove e annuire spaesata: «è ottimo per leggere- e starsene da soli, lontani da- insomma- da casa» disse, apparentemente turbata. Poi scosse il capo a destra e a sinistra, come per tentare di cancellare ciò che aveva appena detto ad alta voce o ciò che stava soltanto pensando, cercando di filtrarlo.

«Vi sentite bene, Angelica?» domandò cortese Frederick, destando anche l'attenzione di Jaycob che stranito dal suo tono si era avvicinato a lei, subito in suo soccorso, afferrandola per un braccio, pensando di averne bisogno a causa di un capogiro. Julia, come il fratello, fece lo stesso. Frederick, invece, di fronte a loro, la guardava incapace di fare o dire qualsiasi cosa. La ragazza, riscossa da tutte quelle attenzioni addosso, si divincolò indietreggiando e arrossendo. «Sì, scusate. Scusami Julia» pronunciò quelle ultime due parole come una supplica nei confronti dell'altra ragazza, per ciò che probabilmente stava per compiere. «Devo tornare indietro. Ho dimenticato- ho dimenticato di comunicare a mia sorella una cosa molto importante che mi ha detto nostra madre!» sembrava confusa e frastornata, come se quella fosse una scusa, piuttosto, per un malore che non voleva palesare.

«Vengo con te» affermò Julia, iniziando a raccogliere la propria roba. Angie, che aveva con sé soltanto il libro e il telo sul quale si erano sdraiate per impedire di sgualcire gli abiti con l'erba umida, sembrava avesse fretta e non potesse aspettare nemmeno l'amica: «No, Julia, resta. È ancora presto per rientrare, se- se faccio in tempo torno indietro. Voi... fate una passeggiata mentre sbrigo questa cosa con Katee» cercò di convincerla, iniziando a indietreggiare frettolosamente verso Holker Hall.

«Sei sicura, cugina? Non vuoi che ti accompagni, magari a cavallo faremmo prima?» si offrì Jaycob. Frederick assisteva a quella scena come se fosse lì soltanto la sua coscienza e non fisicamente. Erano tutti apprensivi con Angie, d'altronde in una situazione diversa lo sarebbe stato anche lui. Si maledisse mentalmente nel non riuscire a essere indifferente alle circostanze che lo vedevano turbato in presenza della cugina, alla quale per la prima volta dopo anni aveva perfino interpellato come fosse uno sconosciuto.

«No, con Goldcell dovremmo fare il giro più lungo, quando so che mia sorella è nei giardini insieme al precettore. Farò prima a piedi e, come ho già detto, tornerò subito, voi approfittatene per una camminata a piedi insieme a Julia che a causa della mia pigrizia non può visitare mai i meravigliosi boschi che ci circondano» consigliò con più impeto, riprendendo a camminare e salutando tutti con una mano.

Frederick la vide allontanarsi e ascoltò distrattamente suo cugino che, a fior di labbra, gli chiedeva: «Ma è successo qualcosa che non so?»

Doveva aver collegato le sue strane domande di poco prima con il comportamento insolito di Angie, per iniziare a farsi le medesime questioni che si poneva il marchese da quando ipotizzava che la cugina lo stesse evitando. Frederick lo guardò nascondendo tutto ciò che sapeva di quella storia dietro il velo che copriva perfino i suoi occhi d'ambra fusa.

«Non che io sappia, sono frastornato quanto te» rispose. Poi, entrambi si voltarono a guardare Julia che fissava le spalle della sua amica con un po' di apprensione.

«Julia» la chiamò il fratello. Ella si voltò a guardare entrambi con espressione preoccupata. Tuttavia, non sembrò essere in pena per l'amica in fuga, piuttosto per la situazione in cui quella l'aveva cacciata. «Sai per caso cosa è successo a Angie?»

«Non l'hai sentita, Jaycob? Doveva parlare con sua sorella» nel rispondere, aveva dato le spalle a entrambi con la scusa di acciuffare il raccoglitore e le tempere per infilarli in una sacca. «Aiutami a raccogliere il telo, piuttosto» tentò di cambiare il discorso. Jaycob però dovette recepire la richiesta con un secondo di ritardo, perché al posto suo emerse Frederick dall'altro capo pronto ad aiutarla.

Julia sgranò gli occhi e balbettò «ma non chiedevo a voi, marchese» incerta, perché non aveva idea se potesse dire a un nobile cosa potesse o non potesse fare. Frederick non le diede ascolto e sorrise: «Miss Wise, non temete, il mio nobile sangue non si risentirà per un'azione così semplice».

Julia ammutolì senza aggiungere altro, sorprendendosi nel non dover indicare in che modo dovessero ripiegare il tessuto – cosa che invece doveva sempre fare con Jaycob. Quando si avvicinarono per dare l'ultimo risvolto, Julia rimase col capo dritto davanti a sé, incapace di affrontare lo sguardo del marchese, a qualche centimetro di altezza più in su; Frederick sentiva ogni tipo di imbarazzo provenire dal suo corpo e fu piacevolmente divertito dal modo sbrigativo con cui le loro dita si solleticarono tra loro mentre gli consegnava la sua parte di telo. Una volta in possesso, Julia saltò indietreggiando e in pochi secondi lo ripiegò abbandonandolo dentro la sacca, abbastanza capiente da contenere tutto. Poi guardò suo fratello, per capire che fine avesse fatto e perché anche lui le avesse giocato un torto simile, ma quello era lì a osservarli, pensando ad altro. Si riscosse poco dopo, invitando gli altri due alla fantomatica passeggiata che Angie aveva esortato a fare mentre era via.

Non ci furono dinieghi. D'altronde passeggiare sembrava un'ottima scusa per non dover affrontare tutto quell'imbarazzo.

Si addentrarono presto in un sentiero alberato che profumava di primavera. C'era un cicaleggio ritmato che cadenzava i loro passi silenziosi. Per un po', nessuno osò parlare, troppo immersi a contemplare quel pezzo di natura come fosse una mostra d'arte sull'impressionismo.

Jaycob iniziò ad allontanarsi dal gruppetto che avevano formato, inizialmente per cercare l'albero sul quale era sempre stato solito arrampicarsi all'età di otto o nove anni. Sfortunatamente erano troppe le possibilità, tutti gli alberi sembravano uguali fra loro, ma Frederick e Julia di tanto in tanto lo sentivano confabulare una descrizione di come lo ricordasse: «a un certo punto il tronco si biforcava in due rami molto grandi, o forse così mi sembravano perché ero più piccolo. Insomma, uno dei due era cresciuto in orizzontale, quindi era più semplice arrampicarsi da lì, allacciando le gambe e penzolando all'ingiù come un pipistrello. Dannazione, era da queste parti! Deve esserlo», per passare poi alla confabulazione, al complotto e alla sfiducia totale anche nei riguardi di una delle persone più importanti della sua vita: «Frederick, hai forse fatto sradicare il mio albero?» al quale erano semplicemente susseguite delle risate.

A più di un quarto d'ora di camminata, una brusca folata di vento cambiò il risvolto di quella giornata di Sole. Nessuno dei tre ragazzi se ne rese conto inizialmente, d'altronde il cielo era coperto già dai fitti alberi ed era impossibile notare le grigie e tempestose nuvole in avvicinamento. Avrebbero tuttavia potuto accorgersene dall'umidità che pungeva negli angoli più fragili, fra le nuche spoglie o le caviglie. Julia, in ogni caso, era distratta nel tentativo di costringersi a non guardare nella direzione del marchese, ostinato fin dall'inizio a camminarle accanto.

«Come è andata la breve vacanza dai genitori di Lady Angelica? Spero bene...» le aveva chiesto poco prima e lei gli aveva risposto annuendo raccontandogli in breve cosa fosse accaduto di saliente in quei giorni.

«È stato un bene che ci foste anche voi. A Eastbourne mia cugina ha sofferto molto la vostra mancanza. Le cose sarebbero potute andare molto meglio se ci foste stata...».

«Fosse per voi, marchese, avreste trasferito tutto il personale di Holker Hall, soltanto per stare più a vostro agio» Julia si morse la lingua a quella replica, rimproverandosi di non essere mai sufficientemente attenta a non cadere nel tranello della sua tentazione. Lo intravide, infatti, con la coda dell'occhio, sogghignare piuttosto compiaciuto. Spesso e volentieri, gli ricordava un gatto che, dopo una buffa marachella, riusciva nonostante tutto a farla franca.

«Hey, sta piovendo o sbaglio?» si intromise Jaycob tornando vicino a entrambi e mostrando loro un braccio e un'ipotetica goccia che lo aveva appena colpito.

Frederick guardò istintivamente in alto, mentre Julia fissava il fratello con aria accigliata. «Impossibile» disse infatti. «Non c'era nemmeno una nuvola a oscurare il cielo fino a poco fa» aggiunse. E lo sapeva bene, visto che aveva disegnato l'ennesima panoramica da quella collinetta in cui era solita fermarsi per creare una delle sue opere.

Jaycob si ingobbì quando percepì una goccia cadergli al centro della testa. «Piove!» insistette.

Frederick si guardò le spalle, pensando che fosse un lungo tragitto da compiere per giungere dove avevano lasciato i cavalli e «si è alzato il vento e l'aria è più fredda, in ogni caso faremmo bene a tornare indietro» decise, non lasciando modo a nessuno dei due di controbattere. Perciò, fecero dietro front con passo leggermente più spedito. Lungo il repentino tragitto, Julia e Jaycob diedero spettacolo con una stupida disputa: "piove o non piove?"

«Piove!»

«Sei soltanto troppo testardo per ammettere che ti sei stancato di camminare e vuoi tornare indietro! Non sta piovendo!»

Quando, però, iniziò a piovere più forte, Julia smise di negare e, alzandosi di poco la veste, incominciò a correre seguita da Frederick e dal fratello.

A metà del sentiero compiuto all'andata, Julia si arrestò per impedirsi di inciampare in dei rami e per riprendere fiato. A quel punto, era già talmente zuppa da avere alcune ciocche di capelli schiacciate sulla fronte. Frederick sembrava attento e premuroso nei riguardi di entrambi e si arrestò subito, tornando indietro da lei. Jaycob lo fece giusto in tempo per sentirgli uscire dalla bocca una disdicevole offerta: «vi prendo in braccio, possiamo arrivare prima ai cavalli!» che aveva letteralmente infiammato le guance della ragazza, già arrossata per la foga della corsa.

«Ci penso io a mia sorella, Fred! Andiamo!» lo esortò, in quella occasione, con l'unico ordine che era in grado di poter pronunciare a un marchese.

Frederick annuì senza obiettare, assicurandosi prima che Jaycob riuscisse a prenderla in braccio, nonostante la ragazza avesse ripetuto già per la seconda volta di potercela fare con le proprie gambe.

In fuga da quei boschi, Julia si ritenne comunque sollevata di non essersi imbattuta nell'indiscreta ipotesi di essere sollevata e tenuta in braccio da Frederick. Era già di per sé imbarazzante essere fra le braccia del fratello, non poteva proprio immaginare cosa avesse potuto comportare finire in quelle sbagliate del marchese – una strana sensazione nelle viscere l'attanagliava al solo pensiero, quindi smise di farsene venire in mente.

Giunti finalmente fra le collinette di fronte a Holker Hall, la situazione non migliorò di certo. Non essendo più coperti dai rami e dal fogliame degli alberi, non c'era più alcun impedimento per la pioggia di inzupparli d'acqua più di quanto già non fossero. Jaycob consentì a Julia di ritornare con i piedi per terra per correre poi ad aiutare Frederick con i cavalli che, piuttosto infastiditi di essere stati abbandonati sotto la pioggia, non gli fecero di certo le feste per il loro ritorno.

Julia fece in tempo a prendere la sacca che aveva lasciato, sperando di non aver rovinato nessuno dei suoi lavori quando la voce di Frederick, dietro di lei, la colse alla sprovvista.

«Julia!» l'aveva chiamata per nome e sembrava aver giocato d'anticipo su Jaycob ma era impossibile decifrare se l'avesse fatto di proposito o meno. Fred non le indicò neppure di salire su MarySue e, furtivo e indisponente, attese che ella si voltasse per fronteggiarlo per acciuffare i suoi fianchi e alzarla di peso. La depositò agilmente sul dorso del cavallo e «aggrappatevi alle redini» le ordinò.

Jaycob li fiancheggiò mentre Frederick si issava per sistemarsi subito dietro il corpo di Julia. Lei, sedendo come era consentito a una dama, rischiava molto facilmente di scivolare, se non fosse stato poi per la presa salda del corpo di Frederick dietro di lei e delle braccia che la tenevano stretta al suo addome. Senza domandarsi se fosse ammissibile oppure no quella situazione, diedero un colpo di tallone ai cavalli che subito iniziarono a correre verso la tenuta.

Come la peggiore delle disgrazie, terminò quando finalmente avevano varcato il cortile d'ingresso. La nuvola carica di pioggia proveniente da est era sorvolata per nemmeno un'ora ed era già in cammino verso ovest.

Julia era sopraffatta. Quando tornò con i piedi per terra, aiutata da una mano di Frederick sulla schiena e l'altra a stringerle un braccio, ebbe un capogiro che quasi la fece rovinare a terra. Continuava a sentire l'eco del suono che le era rimbombato nelle orecchie per tutto il tragitto sul dorso di MarySue e che non era nient'altro che il battere impetuoso del suo cuore mentre era costretta contro il busto del marchese; per un attimo aveva creduto di potersi abbandonare a esso, dimenticando di essere già in piedi e che, stanca e bagnata, avrebbe così concluso quel giro di giostra emotiva col crollare con la faccia contro i sassolini del cortile. Ancora una volta, in suo soccorso, era giunto Frederick che, smontato da cavallo ancor prima di lei, si era un attimo distratto per accarezzare e ringraziare la cavalla.

«Julia?» ripeté per la seconda volta il suo nome e questo non aiutò affatto la sensazione che aveva dentro di sé di voler svenire e abbandonare per un po' quel mondo.

Jaycob girò attorno a entrambi, già pronto a scendere anche lui da cavallo per assicurarsi che la sorella stesse bene; ma quando la ragazza riprese il controllo della propria mente e, soprattutto, del corpo emettendo con voce flebile un «è tutto ok», Frederick e Jaycob si scambiarono un semplice sguardo e si annuirono. Ancora una volta le parole erano state superflue: uno sguardo per promettere al cugino che si sarebbe preso cura della sorella e un gesto appena compiuto del capo per decidere che l'altro avrebbe pensato ai cavalli.

Frederick le rimase vicino, fissandola con un'attenzione che dava tutti i segni della preoccupazione che stava provando. Julia tentò nuovamente di convincerlo che stesse bene ma ammutolì una seconda volta quando Frederick prese dalla sacca il telo che avevano ripiegato insieme, per avvolgerla nel tentativo di darle un po' di calore.

Strofinò delicatamente dalle spalle in giù per confortarla, continuando a ripeterle: «State bene?». E se fosse stata sincera, la fanciulla avrebbe felicemente urlato quanto tutto ciò fosse ridicolmente imbarazzante e quanto volesse che finisse e, al contempo, che non finisse mai.

All'ennesimo «State bene, Miss Wise?», Julia sorrise annuendo con più vigore. «Accidenti, ci prenderà un raffreddore! Che cosa avete da ridere?» le domandò, scostandosi da lei e scompigliandosi i capelli fradici.

Julia alzò lo sguardo sui suoi occhi, brillavano lucenti forse grazie alla pioggia, mentre si faceva più piccola sotto alla coperta che aveva veramente saputo darle un po' di vigore perduto; gli sorrise divertita: «Siamo tornati al Miss Wise, vuol dire che vi siete realmente convinto che non sverrò da un momento all'altro».

Frederick sgranò appena gli occhi, colto – forse per la prima volta – di sprovvista a quell'affermazione. Si arricciò un ciuffo di capelli fra le dita e si guardò attorno, sorridendo imbarazzato. Poi, riacquistando tono e, soprattutto, la propria personalità perduta fece spallucce: «Forse voi non lo ricordate, ma c'è stato un tempo in cui eravamo semplicemente Frederick e Julia» le rispose. Julia si affrettò ad abbassare lo sguardo, nascondendo un po' del suo viso sotto il telo. Frederick sogghignò, era tornato a divertirsi: «Anzi, solevate chiamarmi Freddie, ricordate? Eravate così affettuosa...» la prese in giro. Julia roteò gli occhi al cielo e sbuffò indispettita, sperando dentro di sé di non star dimostrando quanto fosse in realtà profondamente in imbarazzo per ciò che Frederick stava tirando fuori dalla valigia dei ricordi.

«Ero una bambina!» obiettò ormai paonazza.

Frederick addolcì lo sguardo. Ecco, stava per dirlo. Julia detestava perfino quando, similmente al fratello, riusciva a leggere ogni espressione di quell'aristocratico sbruffone. «Lo siete ancora» le sussurrò come fosse una promessa, come se di sottointeso ci fosse l'idea che, ai suoi occhi, una bambina affettuosa, lo sarebbe stata. Per sempre. Anche da donna.

Julia sbuffò ancora, evitando di fronteggiare nuovamente il suo sguardo. Incominciò così a guardare altrove, accorgendosi ben presto di qualcosa di insolito non molto lontano da loro, che si avvicinava velocemente. Non erano altre nuvole grigie.

Fu lieta, così, di poter cambiare discorso, distraendo anche l'attenzione di Frederick – goloso di quei momenti: «Sta arrivando una carrozza, milord».







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E diciamo addio così al punto di vista di Frederick! 

Chi sarà il prossimo personaggio? E chi troveremo in quella carrozza?

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Fatemi sapere!

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