Angie II - I regali del capitano


Ad Holker Hall, una acconciatura le aveva sempre richiesto più della metà di un'ora, anche perché accanto a sé aveva sempre avuto Julia che si dimostrava fin troppo paziente a soddisfare il suo unico capriccio da nobile: i propri capelli dovevano essere sempre perfetti. Tuttavia, per tutto quel lungo mese, aveva dovuto trovare un'alternativa. In un primo momento, aveva richiesto l'aiuto della servitù, ma non soddisfatta del lavoro finale aveva deciso di sbrigarsela da sola. Più che rimproverare o lamentarsi capricciosamente di qualcosa che non la soddisfaceva, Angie preferiva pensare da sé e risolvere autonomamente i suoi problemi. Insolito, considerato il modo in cui era stata cresciuta. Vedeva le sue coetanee, dame di un rango superiore o inferiore al suo, comportarsi come ci si aspettava da una nobildonna: erano tutte, nessuna esclusa, cresciute con privilegi e vizi di ogni genere, donne che si annoiavano per gran parte della giornata e si sfogavano a gran voce in melodrammatiche nenie su quanto la loro esistenza fosse insoddisfacente. Lady Angelica, sì, toccherebbe essere onesti, faceva anch'ella un gran chiasso ma spesso per i motivi più sciocchi e mai per lamentarsi. Amava ridere e far ridere, ad esempio, e le sue risa erano un suono inconfondibile con altri. C'era chi la trovava grossolana e ugualmente fastidiosa, un po' sciocca per la sua età; lei lo sapeva bene quante polemiche e dicerie girassero sul suo conto e se aveva sofferto in silenzio, quando ancora tutti la chiamavano semplicemente Angie, poi, nelle vesti di una lady, aveva imparato a conviverci e a farne una forza. Lei era così e il solo fatto che fosse diversa dalle altre, la faceva sentire bene con se stessa. Perciò, si ripeteva, "chi fa da sé, fa per tre", un detto che aveva rubato a un negoziante, e sorrideva davanti allo specchio, mentre si arricciava una ciocca di capelli legandola con una forcina su un lato e si osservava attentamente nel riflesso dello specchio per accertarsi della buona riuscita. Soddisfatta, iniziò ad acconciarne un'altra.

Aveva quasi finito, perciò non ci impiegò molto prima di voltarsi e osservare la propria stanza. Era alquanto sottosopra, a causa della partenza prevista per il giorno successivo, ma sapeva che nel momento in cui sarebbe tornata in camera, magari dopo pranzo, avrebbe trovato ogni sua cosa riposta con cura nelle valigie, ora aperte e disposte disordinatamente un po' ovunque fra quelle quattro mura. Qualche minuto più tardi, si specchiò un'ultima volta alzandosi in piedi e lisciandosi il vestito color lavanda che aveva indossato per quel giorno. Si sorrise, soddisfatta del risultato che aveva ottenuto e si incamminò fuori dalla porta, fino a raggiungere al piano sottostante la sala da tè dove erano soliti riunirsi per la colazione.

«Buongiorno zio» disse all'uomo seduto a capotavola, volgendo poi lo sguardo su Fred e Archie a cui dedicò un secondo saluto. Si sedette al fianco del cugino e iniziò la propria colazione sistemandosi il fazzoletto sulle proprie gambe.

«Ben svegliata, cugina» ricambiò Frederick con un sorriso cordiale. Archie aggiunse subito: «Avete dormito bene?», sedeva di fronte a lei e la guardava dimostrando sincerità nel conoscere la sua risposta, nonostante quella fosse chiaramente una domanda di cortesia.

Angie si ritrovò a sospirare mestamente, ma si trattenne dal lamentarsi nuovamente su quanto scomodo fosse il proprio letto e si stampò in viso un grosso sorriso, pensando positivo: «Posso finalmente poter dire di essere molto felice di tornare a casa» affermò, guardando Archibald e Frederick sorridere sotto i baffi.

«Perché, cara nipote, non avete gradito il soggiorno qui a Eastbourne?» domandò intervenendo l'anziano zio. La sorpresa fu il dessert su quel banchetto. Era raro, infatti, che il duca prendesse attivamente parte alle conversazioni fra loro, se non di tanto in tanto asserendo per buona educazione. Per di più, in quell'esatto momento, cercava di intavolare un discorso, senza la scusa che assieme a loro ci fossero ospiti per cui il suo intervento fosse necessario, oltreché d'obbligo.

Angie guardò lo zio per qualche secondo di troppo, sbattendo le palpebre incredula. Si volse verso gli altri commensali per essere certa di non fare la figura della stolta, rispondendo a una domanda che si era soltanto immaginata, ma notò che tutti guardavano il vecchio nobile con la stessa sorpresa stampata in viso e, allora, trovò le parole per spiegarsi: «Ma no, sono stata molto bene qui. Ho amato tantissimo Eastbourne, ma Holker Hall è un luogo a me ben più caro. Sento tantissimo la nostalgia di casa, ecco tutto. A voi, zio, non manca per niente?».

Lady Angelica aveva preso atto di una cosa, da quella lunga vacanza: dopo aver conosciuto Holker Hall, esserci cresciuta nonostante non fosse nemmeno quella la sua vera casa, non poteva esistere altro luogo in cui la sua anima avrebbe trovato pace. Eastbourne, come aveva sinceramente detto allo zio, era meravigliosa, con il suo forte vento e il suo mare in tempesta, pronta ad accogliere lei e la sua malinconia, ma... Holker Hall era un'altra storia.

Il duca del Devonshire negò, pulendosi la bocca con un fazzoletto prima di rispondere. «Si prova la mancanza di una persona, esagerando penso la si possa provare perfino per un animale domestico, ma di un luogo? No, niente affatto. Non credo che ciò possa accadere» decretò glacialmente l'uomo, riprendendo velocemente a mangiare.

Lady Angelica aprì bocca nel tentativo di esporre le sue idea in risposta, ma la voce di Frederick accanto a sé la fece desistere: «Penso che intendesse questo, padre, che di Holker Hall senta la mancanza delle persone che non hanno potuto essere qui con noi. Non è così, cugina?»

Il marchese la guardò con un sorriso amabile sul viso. La giovane donna si specchiò in quelle iridi d'ambra e riuscì a trovare la calma che per un breve attimo aveva perso.

In realtà, era certa che di Holker Hall le mancassero soprattutto i luoghi che rendevano, quel vecchio maniero, la casa in cui aveva amato crescere: la camera che, di giorno in giorno, aveva impreziosito per renderla propria, ad esempio. Angie, dopotutto, era stata costretta, a pochi anni, a trasferirsi dallo zio e se per molto tempo aveva provato una forte nostalgia della sua famiglia, poi Holker Hall aveva trionfato umilmente conquistandole il cuore: con le sue mura alte e austere, i suoi labirintici corridoi, l'accogliente biblioteca e le mille stanze piene di segreti da scoprire; ma dopotutto anche ciò che aveva detto Frederick poteva considerarsi un'altra verità, se era più piacevole alle orecchie dell'uomo che aveva ereditato una tale fortuna, assieme al titolo di duca, poteva tacere e farlo felice.

Preferì non dilungare quella disputa, sapendo che poco c'era da ragionare con un anziano signore che nel tempo le aveva sempre avute vinte, nonostante le sue errate convinzioni, e annuì al cugino: «Sì, errore mio, intendevo proprio questo» rispose, sorridendogli anche lei con amorevole riconoscenza. Era stato sempre come il fratello maggiore che non aveva avuto e, in quel loro particolare rapporto, aveva sempre saputo sostenersi di fronte a una personalità austera come quella del duca. Quest'ultimo li guardò scambiarsi quei sorrisi così confidenziali e ne sorrise compiaciuto, sorseggiando il suo tè ormai intiepidito.

«Frederick, mi raccomando, non dimenticare di andare a far visita a Lady Mary Heartcote prima della partenza di domani. Si aspettano i nostri saluti» intervenne nuovamente il duca qualche minuto più tardi, subito dopo l'intervento di Archibald sulle previsioni di un tempo che gli avrebbe permesso di godersi a pieno il loro lungo viaggio verso casa.

Frederick sembrò ridestarsi da un lungo sonno. Scattò in piedi pulendosi di fretta la bocca col proprio fazzoletto e guardò dritto davanti a sé, laddove Archibald aveva alzato il mento per sostenere il suo sguardo. Non ebbe bisogno di dirgli nulla, come se si capissero al volo.

Angie, disorientata, aveva alzato gli occhi sul cugino. «Qualcosa vi ha punto, Fred?» domandò ironica. Archibald rise alla sua battuta, mentre Frederick le volgeva lo sguardo per risponderle.

«No, cara cugina, ho solo tanta voglia di andare a salutare i nostri vicini. Che dite, volete unirvi a noi?» rispose arguto, sapendo di renderle la beffa con la stessa moneta. Lady Angelica si irrigidì, improvvisamente nulla sembrava più così divertente e divenne ben peggiore quando fu impossibilitata a replicare, perché fu il duca a prendere parola prima di lei: «Sì, sì, dovete assolutamente andare. Forza! Prima sarete di ritorno, prima finiremo i preparativi per la partenza!»

Per la seconda volta in meno di un'ora, Angie non ebbe diritto di poter dire la sua in merito alla questione. Aveva potuto usare mille scuse per evitarsi quell'ultima visita a coloro che erano stati i vicini per tutte quelle settimane, eppure non ne aveva usata neppure una, perché riteneva piuttosto stupido discutere col proprio zio il giorno prima di una partenza. Si sa, una lite è di cattivo auspicio se si è in procinto di un viaggio.

Tanto vero quanto il detto che né di venerdì né di martedì ci si sposa o si parte.

*

Per raggiungere la residenza di Lady Mary Heartcote avevano sempre impiegato meno di un'ora con una bella camminata in mezzo alla natura. Era facile e affatto rischioso perché per raggiungere la destinazione dovevano camminare per le strade principali. Erano poco più di due miglia, una volta Frederick glielo aveva assicurato, considerato il fatto che Angie non fosse propriamente un'appassionata delle lunghe passeggiate. C'era da precisare che le amava moltissimo, in realtà, ma secondo il suo punto di vista la qualità di esse e della sua voglia di camminare dipendevano tanto dal tipo di persona che l'accompagnava. Per quel lungo mese, le sue erano state quasi sempre assieme al capitano Query, con cui il rapporto era a dir poco teso e segnato da una diffidenza reciproca, pressappoco inspiegabile e piuttosto incomprensibile (agli occhi degli altri, perché per loro due era talmente chiaro che non c'era neppure bisogno di domandarsi quale fosse il problema). Poche ma sufficienti, erano state quelle col capitano Jailor, che non era propriamente il tipo di compagnia che una persona auspica a desiderare, considerata la sua personalità silenziosa e il suo carattere così introverso.

C'era Frederick, certo, il cugino che aveva sempre la battuta pronta. Passeggiare in sua compagnia era come una lunga ora di lezione sull'ironia e il sarcasmo. Angie era cresciuta assieme a lui e poteva dirsi certa del fatto che il suo acume e la sua prontezza nel recepire l'astuzia degli uomini, quando interagiscono con una donna, dipendessero senza ombra di dubbio dalle lezioni che Fred le impartiva occasionalmente. Gran parte del suo carattere vispo e beffardo, era tale grazie a lui. Perciò, ecco, il marchese poteva essere la compagnia adatta per le passeggiate, anche perché era loro abitudine, ma se in quel caso avesse proprio dovuto ammetterlo, avrebbe confessato di trovare positiva e invogliante unicamente la compagnia di Archibald, perché lui aveva come lei una capacità innata di rendere tutto come una entusiasmante avventura. Ogni metro era accompagnato da un aneddoto, che poteva essere divertente, misterioso o semplicemente interessante. Archibald parlava, innanzitutto, come non era semplice fare per il capitano Jailor, e lo faceva senza filtri, a differenza del capitano Query; lui scherzava, ma non la prendeva in giro come Frederick. La capiva e, soprattutto, sembrava interessato ad ascoltare ciò che lei aveva da ribattere, e questa era una dote difficile da trovare in un uomo. In una donna, invece, era più facile: ma lei dopotutto conosceva bene unicamente Julia.

«È sempre un piacere la vostra compagnia, Archie» quella mattina era talmente di buon umore da lasciar trapelare tutta la sincerità del suo cuore. Archibald gonfiò il petto, si pavoneggiò un po' camminando a grandi falcate davanti a lei e facendola per questo ridere; quando le tornò vicino le rispose: «Vi ho mai raccontato di quella volta che sono quasi morto di noia al fianco del capitano Jailor?». 

Pur sforzandosi tantissimo, Lady Angelica si diede un contegno.

Quando raggiunsero finalmente la residenza di Lady Mary Heartcote, si incrociarono con entrambe le avvenenti figure dei due capitani, colti di sorpresa nel ritrovare proprio loro tre, sul ciglio dell'ingresso.

«Buongiorno marchese. Archibald. Lady Angelica» li salutò con una mano posata sul cappello, guardando prima i due ragazzi di fronte a sé e per ultima Angie, verso sinistra.

«Capitano Query!» rispose con enfasi Frederick. «Capitano Jailor» con tutt'altra espressione, seguì lanciando un'occhiata oltre le spalle dell'uomo che aveva davanti. Quando lo fissò nuovamente «andate da qualche parte?» domandò con tono curioso.

Hareton Query guardò il cielo sopra di loro, constatando mentalmente che fosse finalmente una bella giornata di sole e che uno dei motivi potesse essere semplicemente il desiderio di fare una passeggiata, ma dopo un paio di secondi in silenzio, confessò la realtà dei fatti e lo fece guardando Frederick dritto negli occhi: «Eravamo diretti alla vostra abitazione, ricordavamo della vostra imminente partenza e volevamo, io e il buon caro Harrison, venirvi a salutare. È stato un bel mese, in vostra compagnia» concluse lanciando un'occhiata veloce ad Archibald e un'altra ancor più repentina verso l'unica donna del gruppetto. Angie abbassò lo sguardo e nascose un sorriso. Il sarcasmo. Anche quando veniva sotto inteso nei suoi confronti, in quel modo, lo riconosceva senza alcun dubbio e non poteva far proprio a meno di trovarlo spiritoso. Perché era chiaro che nella loro conoscenza ci fossero molte sensazioni di diverso genere ma difficilmente entrambi avrebbero potuto considerarle piacevoli.

Frederick rise apertamente, togliendosi il cappello e guardando entrambi gli uomini di marina, divertito per l'accaduto: «Vi abbiamo battuto sul tempo, quindi! Che caso fortuito essersi incrociati. Non oso pensare quanto buffa sarebbe stata l'ipotesi in cui fossimo arrivati più tardi, quando voi vi eravate già messi in cammino» continuò a ridacchiare, subito seguito dal capitano Query e da Archie.

«Si sarebbe probabilmente concluso nel medesimo modo: con tutti noi a riderne, ma in due differenti luoghi» replicò il capitano. Angie, col sorriso stampato in viso, guardò il capitano Jailor sorprendendosi subito nel trovare sul suo viso un timido sorriso.

Subito dopo quello scambio di parole e risa, il capitano Query invitò il suo collega a fare marcia indietro e incitò i nuovi arrivati ad entrare in casa.

«Scusatemi soltanto un secondo, vado ad avvertire Andrew che non stiamo più partendo» si congedò il capitano Query, facendo poi segno al suo amico di far strada agli ospiti verso il giardino. Era fin troppo una bella giornata per starsene chiusi dentro casa.

Rimanere da soli con il capitano Jailor non era mai piacevole. In realtà, nemmeno qualcosa di cui qualcuno fra loro si dispiacesse. Non era una persona sgradevole, come una chiassosa dama che sapendo tutto di tutti aveva da chiacchierare per ore senza dare opportunità a nessun altro di interagire. Harrison Jailor era il problema opposto. Forse faceva quasi venire il desiderio assurdo che iniziasse a parlare senza smettere più. Angie, in quei casi, non sapeva mai cosa fare. Lei, d'altronde, era una di quelle che chiacchierava molto, a cui piaceva, ma era anche il tipo di persona da rimanersene in silenzio se riteneva che il proprio interlocutore non fosse pronto a intraprendere con lei uno scambio di battute. Perciò, in quel momento, preferì incamminarsi ai lati del giardino per annusare i fiori. Erano sempre molto curati.

Frederick e Archibald tentarono la strada più semplice, con il capitano, parlando del tempo che ormai graziava le loro giornate da quasi una settimana. Harrison Jailor, tuttavia, si ritrovò ad assentire per poi sedersi a leggere il giornale.

Così, alla fine, i due, scambiandosi uno sguardo incredulo, convennero di iniziare a parlare fra di loro e l'argomento non fu difficile da trovare.

Il capitano Query arrivò poco dopo, riacquistando subito l'attenzione di tutti. «Andrew ci raggiungerà tra poco con una sorpresa per voi, Lady Angelica».

Angie, colta alla sprovvista e incapace di reagire neutralmente all'idea di una sorpresa, a maggior ragione se da parte dell'uomo che spesso aveva suscitato in lei sentimenti sgradevoli, si voltò alla ricerca del viso per tentare di decifrare la sua espressione. Si confrontò con la più enigmatica che potesse immaginare e si accigliò. «Una sorpresa, capitano Query? Per... me?» tutto lo sgomento che le venne fuori non passò inosservato a nessuno. Perfino Harrison Jailor la guardò più a lungo del solito. Hareton Query annuì beffardo, compiacendosi con un gesto delle mani.

«Oh, non siate così sorpresa, se devo essere sincero, l'idea è venuta a Harrison» affermò, stringendogli calorosamente una spalla, quando lo raggiunse.

Angie spostò gli occhi sull'unico uomo seduto fra loro, con una mano sul petto sembrò ancor più stupita. Arrossì un poco, imbarazzata all'idea di rientrare nei pensieri di un uomo che, a causa del suo atteggiamento silenzioso, era sempre stato ignorato dalla sua mente.

Il capitano Jailor, tuttavia, la guardò di striscio, probabilmente imbarazzato anche lui, dall'essere stato esposto a quella conversazione: «Niente affatto, Hareton, io vi ho semplicemente ricordato di una nostra vecchia conversazione, il resto è stata tutta una vostra idea» si sbrigò a precisare, riversandosi poi con la stessa velocità dietro il foglio di giornale aperto davanti al suo viso.

Angie era sempre più curiosa, mentre il capitano Query ammoniva l'amico per aver parlato troppo.

«Mi rovinerete la sorpresa, amico mio! Ve ne prego, non fate domande. Andrew sarà presto qui».

Angie sospirò, raggiungendo il tavolo imbandito e riempendosi velocemente una tazza di tè. «Mi farete morire di curiosità, capitano! Non potevate tacere fino all'arrivo del vostro cocchiere?» lo rimproverò capricciosa. Non era tanto il contenuto della sorpresa a incuriosirla, quanto l'idea di cosa quei due gentil uomini avessero potuto regalarle. Se avesse pensato a un dono da parte di Hareton Query, avrebbe immaginato velocemente un pessimo scherzo. Qualcosa che avrebbe sicuramente divertito il suo tremendo umorismo americano. E per un po', difatti, ella immaginò il peggio e ne ebbe paura. Poi, però, pensava al fatto che l'idea fosse nata per merito dell'altro capitano, quello silenzioso ed enigmatico che, come aveva ben pensato, aveva trascorso il suo tempo a studiarli tutti. Provò il doppio della paura: che idea poteva essersi fatto il capitano Jailor di lei?

Alla fine, non era più sicura di voler scoprire quale fosse questa benedetta sorpresa. Lo realizzò quando Andrew fece capolino dalle scuderie con una serie di pacchi e pacchetti tra le mani.

«Harrison, amico, aiutatemi a spiegarmi» disse il capitano Query cercando sostegno dall'unico vero volto amichevole. Jailor si alzò e senza dire nulla si avvicinò ad Andrew, iniziando a esaminare ogni pacchettino. Angie, piano, si avvicinò, mentre Frederick e Archie, dall'altro capo, facevano lo stesso, pronti a infilare il naso per saziare anche la loro vanesia curiosità.

«Ricordate quando vi ho parlato della mia passione per l'arte?» domandò con tono brusco Harrison Jailor, senza guardarla in viso. Col passare dei giorni, Angie aveva compreso quanto di quel carattere avesse poco della maleducazione che sembrava caratterizzare i suoi gesti e quanto, invece, si trattasse di profonda timidezza. Angie sorrise ampiamente, rilassandosi.

«Oh sì, voi disegnate spesso, capitano. Non c'è stato il tempo per mostrarmi qualche vostro lavoro, è un gran peccato!» affermò, lanciando un'occhiata verso Hareton, posto al suo fianco e piuttosto silenzioso.

«Non ho trovato nulla che mi ispirasse qui a Eastbourne, e mi dispiace molto avervi fatto questo torto. Comunque, anche voi avete confessato di aver provato a disegnare, di tanto in tanto, e due giorni fa è questo che ho ricordato al nostro amico Hareton» concluse serafico, consegnando all'amico due dei cinque pacchetti.

«Così ho pensato di farvi un regalo. In segno dell'amicizia instauratosi in queste piacevoli settimane trascorse insieme. Per la vostra compagnia, ma è solo un pensiero» disse, infine, porgendole i pacchettini. Angie guardò Andrew, il cocchiere, cercando di trarre in lui qualche indizio in più per farsi scivolare addosso finalmente quella stupida paura che si era fatta venire e che, ora, il capitano Query con quelle parole e il sorrisetto ambiguo non aveva fatto altro che alimentare.

Alla fine, quando Andrew se ne andò senza aiutarla nemmeno con un sorriso, Angie sospirò e posò entrambi i pacchetti sul tavolo, facendosi spazio per non rompere nessuno degli oggetti che già lo occupavano.

Sfilò il primo nastro e poi aprì la scatola, trovandoci dentro delle tempere, nell'altro pacco trovò i pennelli assieme a una tavolozza ancora immacolata. Trattenne il respiro, mentre Frederick, sulla sua spalla, faceva versi di stupore. Erano pezzi di qualità, sicuramente costosi, e sebbene Angie non avesse mai avuto problemi a ottenere ciò che desiderava, quello era molto più di quanto si aspettasse di ricevere dal capitano. Ed era solo una parte. Nel terzo pacchetto che le fu consegnato e che aprì più velocemente, vi trovò un album di fogli bianchi rilegato da una copertina di cuoio.

Era decisamente troppo.

«Io...» balbettò, guardando i doni davanti a sé.

«Vi piacciono?»

Angie alzò lo sguardo sul capitano e tentò nuovamente di decifrarne l'espressione. Ora, il suo volto era quello che esprimeva curiosità. Angie si sentì infastidita, perché era stato semplice pensare a un inganno, a un dispetto da parte sua e ora che, invece, l'aveva lasciata senza parole, si riteneva ancor più offesa di quanto avesse potuto esserlo nel caso in cui fosse stata tutta una presa in giro.

«Non posso accettarlo, capitano» affermò, richiudendo velocemente le scatole, pronta a riconsegnarle al proprietario, ma prima che potesse risultare scortese e offendere colui che aveva osato farle un gesto così carino, si intromise Frederick, fermandole le mani.

«Mia cugina vuole dire che per una persona che approccia al disegno in maniera spassionata, come lei, tutto questo potrebbe essere uno spreco; ma in realtà, il vostro gentile pensiero potrebbe essere indirizzato a mani che di questa arte ne fanno una vera e propria passione. Magari, cara cugina, accettare tutti questi meravigliosi doni può essere il modo in cui imparerete ad apprezzare di più l'arte della pittura, condividendo con chi sapete amerebbe molto queste tempere e questi pennelli».

Angie si illuminò. Si stupì inizialmente che a pensarci per primo fosse stato Fred, ma poi quel pensiero le scivolò di dosso, colta da un'ondata di entusiasmo.

Julia.

«Oh certo, è vero cugino, Julia li adorerebbe!».

Frederick si voltò a guardarla: un sorrisetto molesto le diede la risposta che si aspettava.

Hareton Query sembrava disorientato, invece. Angie pensò immediatamente di averlo deluso e si pentì della sua istintività. Alla fine, era lei a essere appena passata per una grande maleducata.

«Mio cugino ha ragione, capitano, il vostro pensiero è eccessivo per le mie capacità ma Julia, oh, la mia più cara amica, vi ho parlato molto spesso di lei, ricordate? Condividiamo ogni cosa da quando siamo bambine, è una sorella per me, lei saprebbe rendere onore al vostro dono. Se non vi reco dispiacere, capitano, so che se condividessi con lei questi meravigliosi pennelli e tutti questi colori, la renderei molto felice, nonché io stessa, lo sarei, nel vederla contenta. E poi tra poco più di un mese sarà il suo compleanno! Oh, Freddy, adorerà tutto questo».

Il capitano sembrò riacquistare la sicurezza e la spavalderia che lo contraddistinguevano in quel gruppetto, e le sorrise. «Affatto, non arrecate alcun dispiacere. Anzi, così ho la certezza che qualcuno userà il mio regalo nel modo migliore. Fatele gli auguri da parte mia, lo promettete?».

Angie si morse la lingua, per impedirsi di controbattere. Annuì, semplicemente. Perché nonostante si fosse sentita, poc'anzi, stupita nel ricevere quel dono dalle mani dell'unico sul quale mai avrebbe scommesso, ora tornava a percepire ogni suo gesto e ogni sua parola come un tentativo di deriderla o, peggio, di gettarla in pasto all'ombra delle sue buone maniere che facevano sempre sembrare lei, quella che non sapeva affatto destreggiarsi in quel tipo di rapporti sociali.

Insomma, d'improvviso quei regali – ancora meravigliosi ai suoi occhi – erano l'ennesima dimostrazione di quanto il capitano sapesse farci e quanto lei, invece, fosse proprio negata.

Per questo, alla fine, inconsapevole di sapersi trattenere, si voltò verso l'altro capitano, con un sorrisetto di chi aveva trovato, nuovamente, modo di indossare al meglio quella cupa ombra in cui quell'uomo la gettava ogni volta.

«Grazie soprattutto a voi, capitano. La vostra idea in merito a questo dono mi ha reso veramente felice! Non vedo l'ora di mostrare queste tempere a Julia!» esclamò.

Il capitano Jailor, abbassando il giornale che aveva fra le mani, le riservò un sorriso cordiale. Forse il primo, in quel lungo mese.

Angie fu più che entusiasta, a quel punto, e la reazione risoluta del capitano Query accompagnò quell'emozione concitata con la soddisfazione che subito la raggiunse.

«E a me, Hareton, non avete pensato?» convenne scherzosamente Frederick. Archibald sorrise negando velocemente con la testa. «A volte, amico mio, dovete accettare la semplice realtà che non siete sempre al centro dell'attenzione di tutti, ogni tanto tocca anche agli altri».

Fred fece una smorfia, mentre il capitano, silenziosamente, si avvicinava agli altri pacchetti ancora ben confezionati. «E questo dove sta scritto?» replicò, allora, l'aristocratico, senza rendersi conto dei movimenti repentini del padrone di casa, che dopo averne afferrato uno lungo e rettangolare si stava avvicinando ai due.

«Questo è per voi, Lord Archibald» disse il capitano. Frederick sgranò gli occhi. Con tono scherzoso, nuovamente, fu lui a replicare «questo è un affronto, capitano. Le guerre, sapete, sono incominciate per molto meno!», mentre Archie esprimeva tutta la sua sorpresa con un'espressione scioccata.

Hareton Query rise, a testa bassa, mentre tornava sui suoi passi. «Oh, beh, ne so qualcosa, ne so giusto qualcosa in merito».

Archie tirò fuori una meravigliosa spada da scherma, un fioretto con l'impugnatura ridefinita con uno stile ramificato e intrecciato che, a occhio nudo, sembrava essere stata levigata da un esperto. Il capitano Query, oltre a dar l'idea di essere un buon uditore e avere un'ottima memoria, non nascondeva nemmeno il fatto che avesse la facoltà di tali sprechi monetari.

Archie non diede alcuna idea di essere deluso dal dono che aveva ricevuto, anche se la scherma era stato fin da ragazzo un gioco che poco aveva apprezzato, soprattutto perché Fred e Jaycob erano quelli che, invece, amavano trascorrere interi pomeriggi a sfidarsi in innumerevoli duelli, che alla fine non vedevano mai un vero e proprio vincitore. Però, quando alzò lo sguardo sull'amico d'infanzia e ne colse l'invidia per ciò che ora stava brandendo orgogliosamente, mostrandola a tutti, sorrise sfacciatamente, concedendo a se stesso e a quel tipo di combattimento una nuova opportunità. Era bello possedere qualcosa che Fred non aveva. Quella sensazione, oscura e velenosa, non era neppure la prima volta che la provava. Ma era comunque una rarità.

«Ecco, infine, per voi, marchese» disse Hareton offrendogli un pacchetto di dimensioni decisamente più piccole. Fred sorrise comunque compiaciuto, affrettandosi a scartare la scatola per scoprirne il suo contenuto.

«Mi sembra un po' tardi per questo spirito natalizio» convenne Angie, ripresasi da ogni sentimento confuso che aveva provato fino a quel momento.

Il capitano Query le concesse una risata, ma fu Harrison Jailor – sorprendendola un po' troppe volte in quella giornata – che le rispose: «Non si tratta di un periodo che passa come una festività, lui è fatto così: se solo ne avesse occasione farebbe regali a chiunque, in qualunque momento» commentò, prima di essere ammonito dal diretto interessato con fare imbarazzato. «Suvvia, sapete benissimo che non è affatto così. Però mi piace, sì, mi piace vedere quella luce di meraviglia negli occhi di chi proprio non si aspetta un pensiero... dal sottoscritto» commentò, lanciando un'occhiata veloce verso l'unica dama, per poi controllare che Frederick stesse aprendo il proprio dono. Angie attraversò il giardino per guardarlo e iniziare a studiarlo – forse per la prima vera volta: il modo in cui le era appena stato descritto quell'uomo, risultava discordante con l'idea che si era fatta di lui. Potevano i suoi occhi essere tanto offuscati dalla prima impressione che aveva avuto di lui?

Fu distratta dalla reazione di Frederick quando aprì finalmente il suo regalo. Un volume dalla copertina scura. Hareton gli aveva regalato semplicemente un libro.

«Ricordo di quella volta in cui, non sapendo trattenere la mia curiosità, avete svelato il gioco che voi e vostro cugino portate avanti da anni, quello degli indovinelli. Non importa dove siate, ma riceverete sempre un foglietto con un nuovo gioco mentale da sbrogliare. L'ho trovato veramente interessante».

Frederick, a quel punto, aprì il piccolo volume per sfogliarlo mentre l'espressione subito gli si illuminava. Si voltò verso Angie e con un sorriso più che sincero: «È un libro di enigmi!»

Il capitano Query gli fu immediatamente accanto, con la nuca piegata verso il volume che Fred stringeva fra le proprie mani.

«Non è solo questo, sono vere e proprie storie, vicende e intrighi. Per un po', non dovrete sforzarvi troppo per mettere in difficoltà vostro cugino» gli spiegò, ammiccandogli quando vide l'espressione di Frederick farsi più beffarda.

«Credevo che fosse proprio questo il senso del vostro scambio di indovinelli: mettervi in difficoltà in prima persona creando rompicapi da far risolvere all'avversario» rimbeccò velocemente Archibald, che non perdeva mai occasione di metter bocca sulla complicità che riguardava il suo amico d'infanzia e Jaycob.

«Jaycob non deve per forza sapere di questo libro, infatti» rispose Frederick, ridacchiando assieme al capitano.

«Chissà, allora, se saprò tenermi questo segreto per me» lo provocò l'amico, ridendo sotto i baffi. Peccato che fosse veramente difficile prendere contro piede lo scaltro aristocratico della famiglia Cavendish.

«Diteglielo, e come prezzo per aver perso la scommessa stretta qui ora, dovrete darmi quella splendida spada che avete fra le mani».

Il capitano Query osservò l'uno, poi l'altro. «Che per inciso, è una imitazione molto accurata di un fioretto alla Pappenheimer del seicento, quindi un bel bottino per una scommessa» affermò. Archie si accigliò. «Quale scommessa?»

Fred avanzò una mano verso l'amico. «Scommettete con me, che saprete tenere la bocca chiusa. Se non ci riuscirete, quella spada sarà mia».

Costretto, come lo era da sempre con Frederick e la sua scaltrezza, Archibald avanzò un braccio per stringergli la mano. Hareton fu quello che sciolse la stretta, per poi stringere velocemente le spalle di entrambi: «Oh, amici miei, quanto mi mancherete quando sarete andati via, domani!»

Sentirlo dire dalla bocca di Hareton Query scatenò diverse reazioni in ognuno di loro.

Quali fossero, era ovvio che tutti lo avrebbero scoperto più avanti. 



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Angolo Autore:

Aggiorno con un giorno in anticipo perché le domeniche ultimamente sono un po' piene e poi perché non ce la faccio più ad attendere! Aspettatevi sempre delle note un po' logorroiche perché sono fatta così... se non avete voglia di leggere anche questo, pazienza, ci si vede al prossimo capitolo! Byeeee ahahaha

Anywaysssssss, voglio parlarvi dei "protagonisti" di questo capitolo.

I due capitani sono nati nella mia mente in due momenti diversi. Una cosa che non vi ho detto è che la maggior parte dei personaggi facevano parte di un'altra storia (sempre mia, pubblicata e poi cancellata per diversi motivi) ma ambientata ai tempi moderni, in cui c'erano spogliarellisti e porno attori. Insomma, molto lontani dall'età vittoriana e i suoi "costumi". Dov'eravamo? Ah sì. Perché dirvi questo? Perché Harrison Jailor nasce da subito, è più vecchiotto di Query ed è ben delineato nelle sue caratteristiche e nella sua storia. Sarà sempre difficile inquadrarlo, soprattutto andando più avanti, ma ad un certo punto... beh... sarà folgorante, la sua luce. Hareton Query, invece, è più giovane: nasce per una storia che avrebbe dovuto seguire quella sui porno attori/spogliarellisti e non avendo mai finito la prima né iniziato il suo sequel, la sua forma caratteriale e il suo "storico" sono leggermente più sfumati. Per questo, probabilmente, si definisce in questa storia qui. Poco male perché adoro il modo in cui sta venendo fuori, totalmente diverso da come lo aspettavo. Entrambi i personaggi comunque hanno nomi che significano qualcosa di importante per me: Harrison, come il Beatles che preferisco, George Harrison; e Hareton, come il personaggio di cime tempestose che amo di più (anche se non ho mai capito perché feci questa scelta, visto che il mio romanzo preferito, Jane Eyre, è di un'altra sorella Bronte, Charlotte. Ma resta il fatto che Hareton è il personaggio più bello di Cime Tempestose, period.)

Ci sono tanti altri volti e potrei stare ore qui a raccontarvi di ognuno di loro, ma preferisco farlo piano, piano. Tanto di tempo ce ne sarà.

Fra due domeniche, posterò l'ultima parte del capitolo di Angie e finalmente avremo il ricongiungimento del trio (Fred, Angie e Archie) col duo (Julia e Jaycob). Sapete già immaginarlo con i pochi accenni lanciati qui e lì sul loro legame?

Fatemi sapere!

Un abbraccio,

Veneredirimmel

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