Capitolo Zero: Dove tutto ha inizio
Guardo la mia espressione riflessa nello specchio davanti a me e allungo le mani verso l'acqua, che scende dal rubinetto del bagno, per lavarmi il viso assonnato. I miei capelli (Colore Capelli) si bagnano un po' al contatto con le gocce rimaste nel mio volto, che scendono pian piano unendosi l'una all'altra e i ciuffi, di conseguenza, prendono una forma dritta e pesante.
In ogni caso, mi chiamo (Nome)(Cognome), sono una ragazza dell'ultimo anno delle medie che vive in una grande società che pullula di Super-umani. I Super-umani sono persone che possiedono un'Unicità, cioè un superpotere. Ormai, con il passare delle generazioni, sono diventati la norma e solo una bassa percentuale nasce senza un potere a caratterizzarlo; io, sfortunatamente, faccio parte della bassa percentuale: non ho alcun tipo di Unicità. La mia vita non è mai stata facile proprio per questo motivo e tutti si sono sempre presi la libertà di maltrattarmi e prendermi in giro. Tutto questo mi ha fatto perdere di autostima e, con il passare degli anni, mi sono chiusa sempre di più in me stessa, diventando timida e riservata con chiunque.
Come dicevo, sono all'ultimo anno delle medie, ma non so ancora cosa fare nella vita. Difatti vengo rimproverata spesso dagli insegnanti e dai miei genitori per non aver ancora scelto un liceo da frequentare, visto che siamo già a dicembre, ma onestamente m'importa ben poco.
«(Nome), è arrivata Yuuri-chan. Sbrigati a prepararti e scendi!», sento mia madre chiamarmi.
Presumo dovrei parlare anche di Yuuri; la ragazza appena nominata da mia madre. Yuuri Nagamatsu viene a prendermi ogni mattina per andare a scuola. È una ragazza per bene e gentile del mio stesso anno, nonché compagna di classe. Ci vado molto d'accordo e la trovo molto gradevole, e lo stesso prova lei. Non mi ha mai giudicata e non si è mai approfittata di me. È semplice e spontanea, per di più è anche bella ed ha un'Unicità da invidiare; non a caso tutti amano stare in sua compagnia.
Forse potrei addirittura considerarla la mia migliore amica.
Mi spazzolo e lego velocemente i capelli, poi esco dal bagno e raggiungo la porta, prendendo al volo il mio zaino. Mi copro per bene e saluto mia madre, uscendo dal piccolo appartamento. «Yuuri-chan!», dico appena vedo la ragazza.
«(Nome)-chan!», risponde lei, agitando la mano in un saluto. La sua chioma castana si muove energicamente insieme al suo corpo. «Buongiorno», continua non appena mi avvicino a lei.
«Buongiorno a te. Hai dormito bene?», chiedo, mettendo in spalla lo zaino.
«Certo che sì! Ho forse l'espressione di una ragazza stanca?», ride.
Stringo il tessuto della gonna con le mani e guardo a terra, a disagio. Spero di non averla offesa. «N-no! Certo che no!», dico. «Non era mia intenzione definirti una persona stanca, o che altro...».
Yuuri piega un po' la testa, poi poggia una mano sulla mia spalla. «(Nome)-chan, so benissimo che non intendevi quello. Ti stavo solo prendendo in giro», dice lei, con un grande sorriso.
Arrossisco imbarazzata. «Ah, sì! Scusa!».
Sono sempre stata una persona molto ingenua e facile da ingannare. Mi è capitato, più volte, infatti, di essere stata imbrogliata dagli altri per il proprio tornaconto.
«E non chiedere scusa», mi rimprovera. «Devi avere più fiducia in te! Smettila di guardarti i piedi, apri quelle spalle e mostra il petto!». Mi colpisce, con moderazione, la schiena, in modo da raddrizzare la mia postura curva.
Dalle mie labbra esce un lieve lamento. «Ho c-capito, Yuuri-chan!». Però costante, come prima, riprendo a guardare a terra; è più forte di me.
Yuuri sospira, ma riprende subito il suo buonumore. «Che ne dici di andare a mangiare un boccone, dopo la scuola?», chiede trotterellando, quasi scontrandosi con un passante.
«Sì, certo», rispondo. Giriamo un vicolo nella grande e affollata città di Musutafu. «Cosa avevi intenzione di prendere?».
«Non saprei». Yuuri pensa qualche attimo, portando il pollice e l'indice sul mento. «Della carne?», propone. «Sì, della carne mi sembra un'ottima idea», continua decisa.
Sorrido e annuisco. Tanto, anche se io non volessi mangiare carne, lei ha già preso la sua decisione.
«Ottimo!», alza le braccia verso l'alto. «Non ved-», viene interrotta improvvisamente da una forte scossa di terremoto, susseguita, poi, da un'esplosione.
Barcolliamo entrambe, ma non cadiamo. Del fumo nero esce, qualche centinaio di metri più in là, da un negozietto di città.
Ogni persona lì presente si immobilizza per analizzare la situazione, di pericolo o meno.
«Yuuri-chan! Che succede?», chiedo preoccupata, aspettando una risposta dall'amica.
La sua espressione accigliata viene coperta dai capelli castani davanti al suo viso. «Non lo so...».
Pochi attimi dopo un uomo tozzo e barbuto scappa in nostra direzione, cercando di fuggire da degli Eroi.
«È un c-criminale!», parlo a voce fin troppo alta alla mia amica, che fa due tremanti passi indietro.
Le persone intorno a me, non appena notano il delinquente correre, tentano di allontanarsi il più possibile, lasciando campo libero agli Eroi.
Però, io non lo faccio. Non ci riesco. Non riesco a muovere neppure un muscolo. Sono paralizzata e quella canaglia si fa sempre più vicina.
Chiudo di colpo gli occhi, terrorizzata.
«Spostati!», grida l'uomo inseguito dagli Eroi, urtandomi violentemente e superandomi. Il mio corpo irrigidito non riesce a mantenere l'equilibrio. Il colpo è stato troppo forte.
«(Nome)-chan!», sento Yuuri chiamarmi. Ma è troppo lontana da me per poter fare qualsiasi cosa.
Sto per cadere a terra; immagino già il doloroso imbatto con il terreno. Ma, prima che questo possa succedere, mi blocco a metà. Qualcosa mi ha fermata.
Apro i miei occhi pian piano e sbatto le palpebre più volte. Trattengo il fiato: un grande e grosso tentacolo, color amaranto, presumo simile a quello di un polpo, mi tiene stretto.
Sono in preda all'ansia. Sto per urlare. Che il criminale abbia usato la sua Unicità per prendermi in ostaggio?
«V-va tutto bene?», sento qualcuno chiedere tremante. Volto lo sguardo verso l'origine della voce e, davanti a me, si presenta un ragazzo della mia stessa età. Ha la pelle chiara, delle curiose orecchie a punta e dei capelli tendenti al blu scuro. Il tentacolo che avvolge il mio corpo e che proviene dalla stessa mano del ragazzo, dopo la domanda, si rilassa. Mi stabilizza e lascia la presa con una delicatezza impressionante, e, con calma, lo vedo sparire.
Lo osservo con insistenza, ma con uno sguardo assente. Questo sembra infastidirlo, tanto che, con fare tormentato, abbassa la testa e punta gli occhi, color blu notte, a terra. Ritorno subito alla realtà, distogliendo lo sguardo come ha fatto lui con me.
Faccio un rigido inchino. «Sto bene. T-ti ringrazio», dico. Poi, subito dopo, noto gli Eroi, lontani, catturare il delinquente.
«Tamaki, ma che fai?», dice un ragazzo biondo e fisicato, mentre corre verso di noi. «Perché ti sei lanciato verso quel criminale? Volevi forse farti male?», lo rimprovera.
Il ragazzo dalle orecchie a punta scuote la testa, voltandosi verso quello che sembra il suo amico. Come sempre, a testa bassa. «Ho percepito la paura di questa ragazza. Le mie gambe si sono mosse da sole...».
Il biondo si gratta la nuca, poi, si scusa con me senza apparente motivo. «Devi scusarlo... Spero tu non ti sia fatta male».
«Non mi sono fatta assolutamente nulla!», dico, forse un po' troppo ad alta voce. Tanto che il ragazzo-tentacolo, fa un balzo sul posto.
L'amico, in risposta, sorride. Poi riporta l'attenzione all'altro. «Forza, dobbiamo andare. Altrimenti arriveremo in ritardo all'esame della Yuuei». Vedo il ragazzo dalle orecchie a punta annuire a disagio e, come se nulla fosse successo, si incamminano insieme.
Il mio cuore comincia a battere come non mai e sento il mio viso accaldarsi.
Non so ancora cosa dire. Nessuno mi ha mai offerto il proprio aiuto.
Dal primo momento in cui il mio sguardo ha incrociato quello del ragazzo di nome Tamaki, ho capito che tutto sarebbe cambiato da lì a poco. Un paio di occhi blu come la notte, timidi e sfuggenti, hanno fatto sussultare il mio cuore all'istante nel freddo e rigido periodo di dicembre, senza preavviso; senza pretese.
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