Cap. 3 - Ricordi dimenticati
Spalanco la porta di casa esausta. Cerco disperata il telecomando, accendo immediatamente il condizionatore e tiro un sospiro di sollievo. L'open space si rinfresca in fretta. La casa è vuota e i miei genitori sono entrambi a lavoro. Mia madre non tornerà fino all'ora di pranzo, quindi cerco di tenere impegnata la mente. Alexander prima di tornare a casa mi ha abbracciato così forte, come se avesse paura di non rivedermi mai più.
Rivederlo e riconoscerlo è stata un emozione senza paragoni. Sono abbastanza stordita da tutto quello che è successo stamattina. I ricordi del ragazzo sono tornati con così tanta prepotenza da confondermi. È bastato pochissimo per farci tornare la memoria, quindi la situazione deve essere molto seria. Mi appoggio al bancone della cucina con gli avambracci con la fronte corrucciata. Non so se sia felice di ricordare. Il dolore e il bruciore delle mie cicatrici sono ancora presenti... Allontanarmi da Alexander è stato difficile da accettare all'inizio, ma volevo che fosse al sicuro e finalmente felice. Dopo che Passaro ha cancellato ogni mio ricordo che riguardasse Alexander, non ho potuto fare a meno di sentirmi quasi vuota, come se avessi perso un pezzo di me. All'inizio la normalità non mi dispiaceva, per quanto piatta fosse da un certo punto di vista. Se mi fossi ricordata qualcosa probabilmente sarei anche stata felice di non aver più a che fare con Futuro. Invece la mia vita è andata avanti, vuota e so che nel profondo avrei barattato tutto per poter capire cosa avessi perso di tanto importante. Sento ancora sulle labbra i suoi baci... Mi sfioro le labbra sovrappensiero. Altri ricordi molto meno casti fanno capolino e arrossisco violentemente.
Afferro la scopa per distrarmi e comincio a spazzare il pavimento. Non riesco a frenare il tornado di pensieri che ho in testa. Ripenso alla guerra. Un lungo brivido mi scuote violentemente, il marchio dei Guardiani del Tempo brucia. Gemo di dolore e di sorpresa. Mi abbasso leggermente gli shorts, ma va tutto bene. Non vorrei ripensare alla guerra, ma mi è inevitabile. È impresso in maniera indelebile nella mia mente il corpo di Alexander riverso a terra in una posizione innaturale. Mi mancava il respiro a forza di piangere. Il petto mi bruciava talmente tanto che avrei giurato di morire anch'io. Avevo le mani coperte del suo sangue. Siro mi ha dovuto trascinare via di forza.
Rivivere quei momenti sarebbe un vero e proprio...
- incubo... - Un sussurro. Sussulto e mi guardo attorno. Scandaglio la cucina con gli occhi in attesa di qualcosa. A forza di ripensarci sto impazzendo. Faccio per andare a bere, quando mi sento mancare. Il tatuaggio sul fianco all'improvviso ricomincia a bruciare come se mi stessero premendo un ferro caldo contro la carne. Mi appoggio al muro con la schiena e lentamente mi lascio scivolare, senza fiato. La vista si offusca e riconosco la morsa che mi sta prendendo lo stomaco. Arriva una visione.
- Sei tornata, brutta stronza. - Ringhio, mentre la mia vista si appanna del tutto.
Quello che vedo non è nitido. Sento l'interferenza di qualcosa, come se spingesse per bloccare la visione. Il posto mi è estraneo, ma lo identifico come una stanza da letto di un ospedale. Ci sono alcune infermiere che si affannano attorno al letto di quella che sembra una ragazza. Non riesco a vedere bene. La visione comincia lentamente a sgretolarsi. Entra il dottore che comincia a dare diversi ordini. Presto intubano la ragazza e le attaccano una flebo piena di roba trasparente. Riesco a intravedere dei capelli scuri, ma quando vedo il viso della ragazza mi manca un battito al cuore. Quella sono io. Continuo a fissare il mio corpo inerme, riverso sul letto, mentre la visione sta sparendo. Sono piena di tubicini ed elettrodi... Cerco di captare dai dottori che mi è capitato, ma sento tutto ovattato e confuso. Di fianco al mio letto, dietro una tenda intravedo un viso familiare. Lo riconoscerei tra mille. Alexander è nelle mie stesse condizioni, pallido come il lenzuolo che lo copre dalla vita in giù. Con le lacrime agli occhi e il cuore spezzato, svanisce l'ultimo frammento della visione. Che ci è successo?
- Sei veramente tornata. - mormoro con la gola secca. Lo Spirito mi regala solo un lungo silenzio, lasciandomi percepire la sua presenza. Sospiro stizzita.
- Deve essere una cosa parecchio seria. - Provo a insistere, ma nulla. - Non riusciamo a sistemare la situazione se mi dai il trattamento del silenzio!
La visione è durata pochissimo e nel giro di pochi secondi è sparita, lasciandomi a terra tremante e con il groppo in gola. Mi sento pesante come se portassi due persone. Non riesco a pensare lucidamente, nella mia testa gira in loop la visione. Devo chiamare Alexander subito. Nel momento in cui mi alzo per afferrare il cellulare, mia madre apre la porta.
- Oh! - Esclamo sorpresa.
- Ciao. - Mi fa lei stranita. Mi guarda incuriosita e inarca un sopracciglio ponendomi una tacita domanda. - Stai bene? Sei pallida.
Annuisco senza ascoltarla veramente, mentre scorro nella rubrica.
- Sei tornata a casa prima. - Ragiono a voce alta.
- Un pochino. È un problema per caso? - Ribatte ironica. Scuoto energicamente la testa, mentre cerco il numero di Alexander. Sempre che ce l'abbia ancora. L'ho pensata troppo bene questa cosa del cancellarmi i ricordi. Sbuffo, mentre scorro ancora la rubrica.
- Mamma. - Aspetto un suo mugolio prima di parlare. - Ti ricordi di Alexander Smith? - Lei fa una faccia confusa. - Il ragazzo americano che si è trasferito qui con la famiglia. Questo inverno è venuto a studiare qui un paio di volte, ha anche mangiato da noi... Quelli che volevano una vita più semplice, lontani dal caos di Boston. - Cerco di spiegarle. Mi guarda confusa. - Dai mamma! Non te lo ricordi proprio? - Tento disperatamente.
- Vagamente. Perché? - Domanda. Razza di ficcanaso. Faccio spallucce, cercando di non dare l'impressione che la cosa mi importi troppo, anche se ormai so di aver dimostrato troppo interesse.
- Stamattina sistemando ho trovato una cosa che mi aveva prestato, mi sarebbe piaciuto ridargliela. - Resto vaga. Se la guardo negli occhi adesso, capisce che le sto raccontando una cazzata e mi fa il terzo grado.
- Non abitano più in centro?
- No, credo di no.
- Allora prendi il mio cellulare, dovrei avere ancora il numero della madre. - Dice tirando fuori l'insalata di riso e la maionese. Abbozzo un sorriso di soddisfazione senza farmi vedere e afferro il cellulare. Scorro i contatti fino a trovare quello della madre di Alexander.
Mi sposto in camera mia per avere un po' di privacy. Attendo impaziente che risponda. Mi metto a sistemare nervosamente il letto, mentre aspetto.
- Pronto? - La voce delicata di Linda viene leggermente distorta dalla scarsa ricezione.
- Salve signora Smith. Sono una vecchia compagna di classe di Alexander e volevo chiederle se per caso potrebbe passarmi il suo numero. Mi sa proprio che io l'ho perso! - Accenno ad una risatina falsamente imbarazzata. - Mi farebbe piacere inserire suo figlio in un gruppo di ex compagni, visto che tra un po' facciamo la cena di fine anno. - Ho parlato talmente tanto in fretta che credo di averla stordita.
- Sì certo. - Tentenna ancora confusa. Mi detta il numero e la ringrazio tanto. Resto a fissare il foglietto dove mi sono appuntata tutto e non riesco a far a meno di pensare che forse è solo una mia suggestione. Forse mi ha fatto male ricordare tutto così all'improvviso. Forse Alexander mi ha spaventata con la storia del ritorno degli spiriti del Tempo ed ero diventata suggestibile.
Mia madre mi chiama dalla sala e sospiro pesantemente. Lo chiamerò dopo pranzo. Mentre torno in sala da pranzo, mi sento stanca e mi si chiudono prepotentemente gli occhi. Cerco di tenerli aperti. ma non posso farci nulla. Mi trascino fino alla sala.
L'ultima cosa che sento è la voce di mia madre, mentre io cado in ginocchio e sprofondo in un sonno fatto di oscurità e incubi.
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