mojito e... sex on the beach?

Bakugo odiava aspettare, odiava chi non era puntuale, e sopratutto odiava chi non avvisava del ritardo. In poche parole, odiava Kirishima. Dieci minuti con l'auto accesa sotto casa sua, inutili le telefonate e i colpi di clacson.
«Eccomi! scusa il ritardo!» si scusò Eijirou, entrando nell'auto scura e sedendosi al posto del passeggero.
«Mancava poco che ti lasciavo a piedi, bastardo ritardatario.»
«Perdonami, davvero. Dove hai detto che volevi andare?»
Chiese il rosso, allacciandosi la cintura di sicurezza. La macchina partì.
«Un bar appena aperto, è vicino casa mia. Akira?»
«Uh? Ah. Akira sta bene, l'ho lasciata con Denki.»
Da parte del biondo non sembrava esserci una particolare ostilità. Kirishina si sentì speranzoso.
«Dovresti iniziare a pagare quel poveraccio. Ti approfitti della sua disponibilità troppo spesso.»
L'altro sorrise. Il viaggio in macchina proseguì tranquillamente.
Il locale era piccolo, dall'esterno aveva l'aspetto di un magazzino. Le pareti erano bianche e lisce, con finestre piccole e una porta massiccia. Se non fosse stato per i tavolini di ferro e gli ombrelloni che li riparavano, non si sarebbe nemmeno intuito che fosse un bar.
«Sei già stato qui?»
Domandò Kirishima, aprendo lo sportello. L'aria fresca della sera lo fece rabbrividire.
«No, volevo provare. Se è buono potremmo venirci spesso.»
Rispose Bakugo.
I due entrarono. All'interno i muri erano dipinti di bianco sporco, i mobili e le sedie erano di legno scuro. Il bancone era di granito, un barman dalle sei braccia indaffarato a shekerare cocktail. Si tolsero le giacche, tenendole strette nelle mani.
«Tavolo o bancone?»
Chiese una ragazza con un grembiule, probabilmente una cameriera.
«Uh... Tavolo.»
Rispose Eijirou senza pensare. La ragazza li fece accomodare, tirò fuori la penna per prendere le loro ordinazioni.
«Per me un mojito.»
«Non sono un esperto di cocktail... un sex on the beach?»
La ragazza andò al bancone con i due ordini. Bakugo guardava Kirishima con un sorrisetto sul viso.
«Cosa?»
«Un sex on the beach? È il drink più da sfigati che ci sia.»
«Ma io cosa ne so! Io sono un tipo da birra economica!»
Arrossì Eijirou.
«Lo so. Ma questo non lo rende meno divertente.»
«Va bene! Sono uno sfigato! Ora possiamo parlare del tizio dello zolfo?»
I due cocktail vennero poggiati sul tavolo. Bakugo prese la parola.
«Non so dove sbattere la testa. Non penso utilizzi il teletrasporto. Ho riflettuto e ho fatto ricerche sui quirk simili, ovvero quelli che rilasciano forti odori di sostanze chimiche. Solitamente, sono quirk in grado di permettere al possessore un rapido passaggio di stato, come se fossero acqua che si riscalda e si raffredda.»
«Bakugo, stai dicendo che è lui che si trasforma in zolfo?»
«Perspicace.»
«E come facciamo a prendere dello zolfo che vola via dalle nostre mani?»
«È questa la parte complicata...»
Eijirou bevve un lungo sorso del suo drink. Fece una faccia disgustata, che nascose subito per non permettere a Bakugo di essere soddisfatto.
«Forse dovremmo parlare con il reparto risorse.»
«Non lo so, non abbiamo prove concrete, sono solamente mie supposizioni.»
«Ma è meglio di nulla.»
Tentò di convincerlo.
«Se lo dici tu.»
Rispose bruscamente Katsuki.
«Ce l'hai ancora con me?»
Chiese improvvisamente il rosso, sorseggiando immediatamente dopo dal bicchiere che aveva davanti.
«Io sono troppo superiore per avercela con qualcuno.»
Il mojito di Bakugo era praticamente terminato. Un cenno al bar e ne arrivò subito un secondo.
«Eppure ti sei arrabbiato con me. E hai ragione. E volevo dirti che mi dispiace, e che se ti va puoi anche prendermi a pugni e lo accetterò. Basta che mi perdoni, Katsuki. Non riesco a sapere che sei arrabbiato con me perché sono un idiota.»
Nel gesticolare frettolosamente quasi rovesciò il bicchiere colmo di liquido aranciato.
«Cazzo, Ei. Fermo. Ok, ammetto di essermi irritato per le cose che mi hai detto, ma non sei solo tu la testa di cazzo. Diciamo che siamo sulla stessa lunghezza d'onda. Quindi facciamo che non è successo nulla. Va bene?»
Eijirou mangiò la ciliegia al maraschino usata come decorazione.
«Va bene... Però...»
«Ei, ho detto basta. Non farmi arrabbiare.»
«Scusa ancora. E grazie.»
«Per cosa?»
«Lo sai.»
Katsuki sorrise. Sapeva che quella non era una confessione. Sapeva che quello era solo il suo migliore amico che era grato nei suoi confronti. Eppure, forse mosso dall'alcool del secondo mojito, gli strinse la mano da sopra al tavolo. Il palmo caldo e perennemente sudato che venne a contatto con il dorso della mano ruvido e calloso di Red Riot. Eijirou alzò lo sguardo, incontrando gli occhi annebbiati di Bakugo. Sorrisero entrambi.
«Non è male questo posto, comunque.»
Sussurrò il rosso, quasi inudibile a causa della musica.
«Per niente. Anzi, dovremmo venire più spesso.»
«Magari portiamo Denki e gli altri.»
«O magari possiamo tenerlo per noi e fare un modo che sia il nostro posto. Solo nostro.»
Incredibile quanto coraggio e purezza infondesse l'alcool nel corpo di Bakugo Katsuki. Kirishina, d'altro canto, che era super lucido, era anche super confuso. Cosa voleva dire? Non si era sottratto al contatto che aveva creato Bakugo, non gli dispiacque neanche la richiesta che quello fosse un posto per loro e loro soltanto. Sentì nello stomaco uno strano movimento. Sussultò involontariamente quando il pollice del ragazzo di fronte a lui gli accarezzò il dorso della mano.
«Vado a pagare. Offro io.»
Disse, lasciando il biondo a terminare il terzo e ultimo mojito della serata.
«Fatto, andiamo. Facciamo che guido io?»
Katsuki annuì. Si sistemò in macchina sul sedile del passeggero. Non distolse mai lo sguardo dal profilo di Kirishima che guidava.
«Siamo arrivati, Katsuki.»
«Ma questa è casa tua! Io devo andare a casa mia!»
Si lamentò, poggiando la fronte sudata al finestrino per osservare il palazzo davanti a lui. Kirishima rise.
«Sei ubriaco da fare schifo! Sali da me e dormi nella camera degli ospiti: non mi fido a lasciarti solo in questo stato.»
«Ma quale stato, capelli di merda. Io sto benissimo.»
«Ti credo, e starai meglio nel letto di casa mia.»
Katsuki rise.
«Pensavo che non me lo avresti mai chiesto!»
Il rosso alzò un sopracciglio.
«Cosa?»
«Di portarmi a letto.»
Kirishima sgranò gli occhi, girando verso il sedile di Bakugo. La strada era silenziosa, la luce dei lampioni rendeva l'atmosfera cupa. Prima che potesse dire qualcosa, pensare a come elaborare quello che un ubriaco Bakugo aveva appena detto, che gli arrivasse dritto in testa come un macigno, Bakugo gli prese la mano. Era calda.
«Perdonami, Eijirou.»
Gli occhi stanchi e annebbiati. Kirishima era talmente confuso da essersi pietrificato. Perché doveva perdonarlo? Neanche il tempo di formulare quel pensiero che lo sentì. Odore che gli saliva per le narici di alcool, menta e lime. Le labbra amare di Katsuki che si erano poggiate sulle sue. Un contatto di pochi secondi, che però fece esplodere il cervello di Eijirou come mai gli era successo prima. Un paio di secondi interminabili di silenzio.
«Andiamo, ti porto di sopra. Devi riposare.»
Scese dal sedile del guidatore e aiutò il biondo a scendere dall'auto. Arrivati nell'appartamento, Bakugo si gettò sul letto già fatto senza dire una parola, addormentandosi immediatamente. Denki guardava la televisione, Akira probabilmente stava dormendo.
«Ciao, bro. Akira è stata un angelo. Andata bene la serata con Bakugo? Avete risolto?»
Chiese un sorridente Denki, smettendo di fare zapping tra i canali.
«Bakugo mi ha appena baciato, e non so se domani mattina se lo ricorderà.»
Kaminari ebbe un sussulto. Il telecomando quasi gli volò dalle mani.
«Devo proprio andare ora! Buonanotte, amico!»
Se la svignò Denki, indossando in fretta scarpe e cappotto.
«Aspetta! Dove vai!?! Non so cosa fare o come comportarmi!»
«Non urlare, c'è Akira che dorme! Io devo proprio andare ora, ma so che puoi gestirla!»
«Non penso di potere.»
Disse rassegnato il rosso. Denki si fermò in secondo sull'uscio della porta.
«Kirishima. Rifletti. Mantieni il sangue freddo, e ricordati che è Bakugo. È il tuo migliore amico da una vita, siete sempre riusciti ad affrontare tutto. Ma approfitta di questa situazione per chiederti: sono davvero così sorpreso che Bakugo mi abbia baciato?»
Il rosso stava per rispondere, per pregare Denki di rimanere.
«Ora vado. Buonanotte. Ciao. Buona fortuna!»
E così la porta si chiuse. Eijirou si toccò le labbra, chiuse gli occhi, e ripensò all'odore acre dell'alcool.

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