44✨
Le feste natalizie e il capodanno erano passati in un soffio e ormai Elizabeth aveva più di un mese.
Josh era ritornato al lavoro, mentre Amy si occupava della bambina e della casa.
Quasi tutte le mattine, Matthew passava a trovare la sua nipotina.
Se durante la gravidanza era sempre stato scettico sul fatto di diventare zio, ora anche lui era innamorato perso di Elizabeth.
Lavorava ancora come babysitter per Mary Anne e le raccontava sempre della bimba, promettendole che un giorno gliel'avrebbe presentata.
Ed ecco che Elizabeth si era fatta una nuova amica.
La bambina cresceva sana e forte; i capelli erano biondi e molto chiari, mentre gli occhi non avevano ancora un colore ben definito.
« I tuoi genitori erano biondi? » chiese una sera Amy a Josh presa dalla curiosità.
Il ragazzo annuì.
« E tu sei nato moro, è una cosa veramente particolare » commentò la ragazza mentre gli accarezzava la testa.
Erano a letto ed Elizabeth si era appena addormentata, così potevano avere un po' di tempo per loro.
« Anche i miei nonni paterni erano biondi...» continuò Josh guardando Amy negli occhi.
La ragazza non capiva dove volesse arrivare con quella frase.
Il ragazzo pensò che probabilmente doveva dirglielo, anche se non era una cosa prettamente importante e rilevante, ma lo volle dire lo stesso.
« E anche io » aggiunse abbassando gli occhi.
Amy spalancò gli occhi, incredula alle parole di Josh.
Biondo, Josh in realtà era biondo.
Adesso capiva chi era il secondo ragazzino nella foto che aveva visto tempo prima nella stanza di Josh.
« Quindi ti tingi i capelli? » domandò sorpresa.
Josh annuì in imbarazzo; solo Matthew lo sapeva e gli aveva promesso di non dirlo a nessuno.
« È perché non me lo hai mai detto? » gli chiese leggermente arrabbiata.
« Non mi sembrava una cosa importante » rispose sinceramente Josh.
« Hai fatto bene, perché sennò adesso non saremmo qui » disse Amy scoppiando a ridere.
Preferiva di gran lunga i ragazzi mori e castani di quelli biondi e se Josh si fosse presentato al naturale, lo avrebbe sicuramente respinto molto più di quanto avesse cercato di fare all'inizio.
Il motivo per cui Josh aveva iniziato a tingersi i capelli era perché crescendo assomigliava sempre di più a suo padre.
Quando si guardava allo specchio vedeva suo padre in tutte le forme e poterlo guardare solo in quel modo lo faceva stare male.
Almeno tingendosi i capelli, non era identico a lui.
« Non tingerli più, voglio vedere come stai con i capelli più chiari »
Josh acconsentì abbracciandola.
Si addormentarono avvinghiati, mentre Amy si figurava Josh con i capelli biondo platino, scena che la faceva ridere, ma si trattenne per non offenderlo.
Era un giorno come un altro e Jessica aveva invitato la figlia e la nipote a pranzo da lei.
Dopo le squisitezze preparate dalla signora Carter, Amy ritornò a casa.
« Sei tutta sporca mostriciattolo, adesso ci facciamo il bagnetto, vero? » le parlò ridacchiando attraversando il giardino tenendola in braccio.
Quando arrivò all'entrata, fece per inserire la chiave dentro la toppa, ma la porta era già aperta.
Non poteva essere Josh, l'avrebbe avvisata se fosse tornato a casa prima.
Con un po' di preoccupazione, aprì la porta.
Entrò in salotto e provò a chiamare Josh, ma non ottenne nessuna risposta.
Pensò che forse era stata lei a dimenticarsi di chiudere la porta e si diede della stupida.
Mentre tirava le tende per fare entrare un po' di luce con ancora la bambina in braccio, una voce profonda alle sue spalle la fece sobbalzare.
« Tu devi essere la ragazza di Cliff » disse l'uomo.
Doveva avere circa trentacinque anni; non era molto alto e neanche troppo muscoloso.
Aveva i capelli cortissimi, gli occhi scuri e attenti e le mani in tasca.
Indossava un semplice paio di pantaloni marroni e una pesante giacca nera.
Parlava con disinvoltura, come se fosse un conoscente, o perfino un amico di Amy.
C'era un uomo che non conosceva in casa sua, non lo aveva mai visto, ma non aveva l'aria di essere una persona gentilissima.
Amy era spaventata, strinse ancora di più Elizabeth a sé, per paura che le succedesse qualcosa.
« Cosa vuoi? » tentò di chiedere Amy con la voce tremante.
« Un piccolo favore dal tuo fidanzato » rispose avvicinandosi l'uomo.
Quindi lui conosceva Josh, ma perché?
« Che tipo di favore? » indietreggiò Amy, ponendo più distanza possibile tra lei e quell'uomo.
« Faccende di cui devo parlare con lui » rispose voltandosi.
Amy era sempre più preoccupata, cosa poteva aver combinato Josh?
Che c'entrasse di nuovo Matthew?
« Lui non c'è adesso » lo informò.
« Ed è per questo che sono qui » rispose con un sorriso beffardo sulle labbra.
L'uomo spaventava e non poco Amy, che era terrorizzata al pensiero di quello che avrebbe potuto farle.
Non lo aveva mai visto e si chiedeva per quale motivo Josh lo conoscesse.
Che le tenesse nascosto qualcosa?
« Se non ti dispiace, tu e tua figlia verrete con me » disse l'uomo serio esplorando a grandi passi il salotto.
« No! » ribatté prontamente Amy, pentendosi subito quando vide l'espressione dura dello sconosciuto.
« Non rendere le cose difficili » disse calmissimo osservando il caminetto spento.
Amy non si mosse di un centimetro.
« D'accordo, passiamo ad un altro metodo »
Appena terminò la frase, due uomini grandi come armadi uscirono dalla cucina, incrociando le braccia al petto.
Amy sobbalzò.
Questi due erano almeno cento volte più spaventosi del primo.
« O lo fai di tua spontanea volontà o non esiterò a farti portare fuori con la forza »
Amy tentò di urlare, qualche vicino si sarebbe accorto che qualcosa non andava e sarebbe venuto ad aiutarla.
L'uomo la fermò immediatamente, estraendo una pistola dall'interno della giacca.
« Non ti conviene »
In tutto questo, Elizabeth se ne stava tranquilla tra le braccia della madre, come se nulla fosse.
Amy ritirò la sua idea e se ne restò zitta.
L'uomo aprì la porta e allargò il braccio per fare segno ad Amy di passare.
Che situazione era mai quella?
I tre uomini la seguirono come se niente fosse, per non destare sospetti a qualche vicino.
Amy attraversò il vialetto cercando di essere il più naturale possibile, ma per quanto si sforzasse, la sua espressione restava pressoché immutata.
I tre uomini l'affiancavano camminando e guardandosi in giro per controllare che occhi indiscreti potessero farsi idee sbagliate.
Scott, che prima dormiva tranquillamente nella sua cuccia, appena udì dei passi sconosciuti, balzò in piedi.
Corse incontro agli sconosciuti, annusandoli per cercare di riconoscerli, ma il suo ottimo olfatto lo avvisò di non aver mai visto quelle persone.
Prese allora a ringhiare contro gli sconosciuti mostrando i denti appuntiti.
« Zitto cagnaccio! » lo rimproverò il primo uomo.
Scott continuò a ringhiare sempre più aggressivamente.
L'uomo lo scacciò via con un calcio, mentre Amy sapeva già già quale sarebbe stata la reazione del cane.
Scott andò verso l'uomo fiondandosi sul suo polpaccio.
Con una mossa fulminea piantò i denti nella carne dell'uomo facendolo esclamare per il dolore.
« Brutto bastardo! » imprecò mentre Amy si godeva la scena.
La condussero verso un'auto nera che prima non aveva neanche notato.
Fu costretta a salire e non oppose resistenza solo per paura che potessero fare del male ad Elisabeth.
« Non ho il seggiolino per la bambina » si lamentò Amy cercando di posticipare la partenza.
« Non mi interessa, la prossima volta tieni a bada quel cane » le rispose bruscamente il primo uomo sedendosi sul sedile del passeggero.
Accanto ad Amy si sedette uno dei due uomini grandi come armadi ; mentre l'altro si mise al volante.
Partirono, uscendo dal quartiere e dirigendosi verso la periferia.
Amy si domandava dove l'avrebbero portata e quanto tempo avrebbe impiegato Josh a trovarla.
L'auto si fermò davanti ad una palazzina piuttosto vecchia, con la pittura scrostata e le tende rovinate.
Era piuttosto brutta e incuteva un leggero timore ad Amy. Non c'erano molte altre case intorno e quelle poche che erano state costruite sembravano disabitate.
Non era mai passata di lì e neanche sapeva esistesse un luogo del genere.
Fortunatamente Elizabeth sembrava non essersi accorta di nulla e osservava Amy con gli occhioni spalancati.
Il primo uomo aprì la porta sgangherata facendola traballare.
Il salotto era spoglio e vuoto, ad eccezione di un vecchio divano consumato dagli anni.
Amy si fermò nella prima stanza, ma uno degli uomini la esortò a continuare a camminare.
Non aveva con sé il suo cellulare e anche se avesse provato ad urlare, dubitava che qualcuno potesse sentirla.
Provare a scappare era un'idea del tutto irrealizzabile.
Si rassegnò a restare in quella casa, aspettando che qualcuno arrivasse da loro.
La seconda stanza in cui la condussero era più piccola della prima; le pareti erano pitturate meglio e il pavimento era pulito.
C'era una scrivania di acciaio e una poltrona scura, una misera sedia di legno vicino alla finestra coperta da una spessa tenda scura.
Alle pareti erano appese alcune mensole su cui erano sistemati disordinatamente fogli e alcune cassettine di metallo.
Il primo uomo si sedette sulla poltrona dietro alla scrivania, indicando la sedia ad Amy.
Prese a leggere alcuni fogli volanti, facendo ogni tanto qualche calcolo con una calcolatrice rossa.
« Togliti quella faccia di chi ha appena visto un fantasma; non ti farò niente se non è necessario. Ti sto solo usando come esca » spiegò l'uomo senza distogliere gli occhi dai fogli.
Amy si tranquillizzò, ma veramente poco.
Come faceva a fidarsi di quell'uomo?
Aveva tantissime domande per la mente, ma non si azzardò ad aprire bocca.
Uno dei due uomini più alti teneva occupata l'entrata, fissando con indifferenza Amy.
Elizabeth iniziò ad agitarsi, emettendo piccoli versi, destando l'attenzione dell'uomo seduto dietro alla scrivania.
« Shh, tranquilla » la calmò Amy cullandola.
La bambina si calmò e socchiuse gli occhi, comoda tra le braccia della madre, mente quest'ultima non riusciva a tenere a bada l'ansia che le attanagliava cuore e mente.
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