Capitolo 4
Il pomeriggio dopo non lo vidi, e nemmeno quello dopo ancora, così cominciai a pensare ad un altro modo per restituirgli il volume di Erbolgia.
Il problema era che non potevo semplicemente passarglielo durante una delle lezioni in comune, o quando lo vedevo per i corridoi e il motivo era uno solo: i miei ed i suoi amici.
Non volevo che si creassero equivoci scomodi e, per questo motivo, pensai di poterglielo semplicemente spedire.
Il sabato mattina mi diressi verso la guferia con l'intento di liberarmi di quel libro e, appena finii di salire le scale che portavano in cima ad essa, mi accorsi di non essere sola.
«Harry? Che ci fai qui?» gli chiesi, sorridendo ed avvicinandomi a lui.
«Oh, ciao Hermione! Non ti avevo sentita arrivare...» rispose lui, ricambiando il sorriso e scostandosi dalla finestra, dalla quale stava guardando - probabilmente - il panorama.
«Ero venuto qui per spedire una lettera al signor Weasley, ma poi mi sono concesso una pausa».
Lo fissai a lungo, scrutandolo in viso e poi notai le sua guance cominciare a tingersi di rosso e mi chiesi il motivo di una tale reazione.
«Tutto a posto? Hai la faccia dello stesso colore dei capelli di Ron...», dissi, sovrappensiero, mentre mi avvicinavo a lui.
«Oh, beh ecco... io... io vorrei chiederti una cosa» mormorò, prima di chiudere gli occhi e scuotere insistentemente la testa. Sembrava in imbarazzo, anzi di più.
«Certo, dimmi!» lo incoraggiai, curiosa.
«Ecco io, era da un po' che volevo chiedertelo, ma aspettavo il momento giusto, insomma volevo parlartene io e te soli...», la sua insicurezza mi fece preoccupare: «Harry, tutto a posto?»
«Certo!»
Rimanemmo a lungo a fissarci, io che aspettavo che lui continuasse il discorso e lui fermo, ancora rosso in volto con gli occhi fuori dalle orbite che non aveva il coraggio di guardarmi.
Alla fine lo sentii prendere un respiro profondo e alzare lo sguardo fino ad incontrare il mio.
«L'altro giorno sono venuto in Biblioteca, volevo parlarti di non mi ricordo più nemmeno cosa e ti ho vista seduta allo stesso tavolo con Malfoy...»
Io sbarrai gli occhi a quelle parole: "Dimmi che non si è messo ad origliare", sperai, anche se dalla sua espressione sembrava proprio di sì.
«Eh, beh, ho sentito la vostra conversazione e vorrei tanto sapere per quale motivo ecco... lui si è permesso di... e poi tu...»
Era parecchio in difficoltà, capivo che la situazione lo imbarazzasse e in effetti anche io ero parecchio rossa di vergogna, ma più di tutto mi chiedevo perché si stesse preoccupando tanto.
«Quello che vorrei sapere e come mai? Insomma... c'è "qualcosa" tra di voi?»
La sua domanda mi lasciò basita.
Rimasi a lungo a fissarlo con la bocca spalancata dalla sorpresa, sentendomi una cretina.
«Certo che no! Semplicemente ogni tanto si siede nel posto davanti a me a fare i compiti e cerchiamo di non scannarci a vicenda e l'altro giorno mi si è slacciato un bottone della divisa e lui ne ha approfittato per farmi domande imbarazzanti per mettermi in difficoltà! Sai com'è fatto, no? È solo un bambino viziato...»
La sua espressione da imbarazzata e preoccupata cambiò in un istante distendendosi: «Mi dispiace di aver dubitato di te, è solo che era molto fraintendibile come conversazione... comunque se anche ci fosse qualcosa tra te e Malfoy preferirei che me ne parlassi, insomma lo potrei accettare, penso... in fondo tra amici ci si sostiene a vicenda, no?»
Io annuii, imbarazzata: «Se Malfoy dovesse propormi di sposarlo saresti il primo a venirlo a sapere, tranquillo», dissi con un tono scherzoso, certa che quel giorno non sarebbe mai arrivato.
Rimanemmo ancora qualche secondo a fissarci, poi lo vidi chiudere una lettera e legarla alla zampa di un piccolo gufo scuro.
«Scusa Herm, ma ora devo andare, ci vediamo a pranzo».
In meno di un secondo se ne era già andato.
Sospirai piano, cercano di dimenticare l'imbarazzo appena provato e di concentrarmi su quello che ero venuta a fare nella guferia.
Eppure continuavo a chiedermi se Harry fosse stato l'unico ad assistere all'imbarazzate conversazione con Malfoy quel giorno in biblioteca o se altri avessero sentito.
Distrattamente afferrai un pezzo di pergamena e scrissi poche righe, prima di inserirle nella prima pagina del volume di Erbologia.
Stavo guardando i gufi ad uno ad uno nella vana speranza di poterne trovare uno piuttosto anonimo, quando sentii dei passi dietro di me e - istintivamente - mi girai incontrando un paio di occhi color ghiaccio.
«Granger» salutò lui, rimanendo immobile a pochi passi da me.
«Malfoy», arrossii pensando a quello di cui avevamo parlato pochi istanti prima io ed Harry, ma cercai di non dar a vedere il mio imbarazzo.
Vidi i suoi occhi posarsi sul libro che avevo tra le braccia e un suo sopracciglio alzarsi.
«Oh!» esclamai, mentre mi tornava in mente il motivo per cui ero lì: «L'hai lasciato l'altro giorno in biblioteca, volevo restituirtelo, ma non sei più venuto, così stavo per mandartelo via gufo...», spiegai, porgendogli il volume.
«Grazie» rispose, posandolo subito in borsa.
«Figurati».
Feci per andarmene quando mi sentii afferrare per un braccio.
Mi voltai verso di lui e rimasi sconvolta da quanto fossero belli i suoi occhi con quella luce; sembravano trasparenti.
«Granger, posso chiederti una cosa?» domandò, senza lasciare la presa sul mio braccio.
«Certo».
«Davvero pensi che la mia compagnia sia pessima?» mormorò e per pochi istanti mi sembrò di nuovo estremamente fragile e delicato, una statua di cristallo...
«No» ammisi, mordendomi subito dopo il labbro inferiore.
«Allora se dovessi venire di nuovo a studiare con te, non ti darei fastidio?»
«No».
«Bene» sussurrò, talmente piano che, se non fosse stato per il movimento delle labbra avrei scambiato quella parola per un semplice soffio di vento: «Allora ci vediamo presto, Granger».
In due secondi se n'era già andato via, lasciandomi sola a pensare a ciò che era appena successo.
Un timido sorriso comparve sulle mie labbra, alimentato dalla speranza di rivederlo presto. Era difficile ammetterlo a me stessa, ma la sua compagnia durante le ore di studio mi era mancata.
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