XXI
-In che senso ci conosci?- Annabeth fece appena in tempo a pronunciare quelle parole che si scatenò il caos. Un'orda di mostri, arpie, ciclopi, lestrigoni, e chi più ne ha ne metta, irruppe nel locale, entrando dalla porta, ormai a terra, e dalle finestre. Il rumore dei vetri che si infrangevano sul pavimento era ormai l'unico suono udibile.
Nico, veloce come il vento, sguainò subito la spada di ferro dello stige e fece fuori in quattro e quattr'otto una decina di mostri. Annabeth, invece, tirò fuori dalla valigetta da lavoro, la sua spada d'osso, un ricordino del Tartaro, mentre si difendeva con mosse di Judo e di karate.
L'altro ragazzo, invece, dal canto suo, stava dietro il bancone immobilizzato dal terrore. Ma la cosa più strana era che a lui non lo toccavano. L'attenzione dei mostri sembrava rivolta ad Annabeth.
La figlia di Atena era stravolta. Aveva già fatto fuori una ventina di mostri, ma questi sembravano non finire, nonostante il valido aiuto di Nico, che evocava scheletri a bizzeffe, fino a che non svenne per il troppo sforzo. Annabeth corse da lui, guardando quello che una volta era stato il suo ragazzo. Non lo riconosceva più. Il vecchio Percy avrebbe rischiato la sua stessa vita per salvare la loro, proprio come aveva dimostrato qualche anno prima morendo al posto di Nico. Ma quello non è il vero Percy, pensò con amarezza. Lui è Peter.
Oramai, comunque, Annabeth aveva capito che i mostri erano lì per lei, e questo era un fatto alquanto strano. Insomma, lei non era che una figlia di Atena, perchè avercela con lei quanto avevi a disposizione dei figli dei Pezzi Grossi? Non che lei volesse il contrario, ma era molto, ma molto bizzaro un comportamento simile da parte di quelle orride creature.
Annabeth corse per sicurezza dall'altra parte della stanza, in modo che i mostri lasciassero stare l'amico.
Un lestrigone le graffiò la schiena, lei si voltò e lo uccise, provocando la manifestazione della sostanza puzzolente e giallastra tipica dei mostri quando muoiono. Ma non si accorse che un maestoso ciclope più grande di un armadio la afferrò per lo stomaco, pronta a schiantarla a terra.
Chiuse gli occhi, consapevole della sua imminente morte. Annabeth Chase, l'architetto più in gamba di tutti gli stati uniti, una dei semidei che avevano sconfitto Crono, la figlia di Atena che aveva tenuto testa alla peggior nemica di sua madre, il suo più grande incubo, che era sopravvissuta al Tartaro e insieme ai suoi amici aveva sconfitto Gea, in quel momento stava per essere uccisa da un misero ciclope, forse lo stesso che tanti anni prima aveva quasi ucciso la sua amica Thalia. Non poteva difendersi, dato che la sua spada era lì, sul pavimento, insieme a innumerevoli schegge di vetro, e non poteva muovere nè braccia nè gambe, tenute strette dal mostro. Annabeth strinse più forte gli occhi, pregando gli dei di dargli una morte rapida e indolore.
Ma qualcosa successe
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