Perché Sorridi?

Ci incontrammo in campagna, una mattina d'estate. Con un cesto di frutta fresca in mano aveva bussato alla porta del nonno, e quando il vecchio legno era stato aperto per lei, con voce squillante e un enorme sorriso sulle labbra aveva esclamato che sarebbe stata la nostra vicina. Io potei incontrarla quel giorno dato che durante l'estate facevo visita a quella che chiamavo "la collina dei nonni" essendo una casetta di campagna isolata dal resto del mondo se non fosse per l'abitazione accanto, finora disabitata. Inizialmente, vedendo la ragazza con il cesto di frutta davanti alla porta, pensai subito che quelle cose "da vicini" le facessero solamente gli anziani, ma a quanto pare non era così. La ragazza, che pareva di età compresa tra i quindici e i diciassette anni, era bassa, i capelli castani le arrivavano fino alle spalle, portava gli occhiali e non era troppo bella. Non che m'importasse, dubitavo che l'avrei rivista o che ci avrei parlato. Ancora era presto per il me del passato capire che quella ragazza non molto appariscente avrebbe completamente cambiato il mio modo di vedere il mondo, insieme a quella che sarebbe stata la mia vita.
I nonni accettarono il cesto di frutta che la ragazza disse essere di produzione della propria famiglia, e di questo sembrava andare molto orgogliosa. Mentre all'ingresso venivano fatte le presentazioni, io osservavo e ascoltavo il tutto dalla mia postazione da gaming, nella camera per gli ospiti della casa in campagna, con il mio joystick in mano. Non che mi interessasse molto la conversazione dei nonni con la nuova arrivata, ma era raro che qualche forma di vita umana si facesse vedere da queste parti, nelle isolate colline Toscane. Dovetti interrompere il mio videogioco preferito sul più bello, perché la voce roca e logorata dal fumo di mio nonno chiamò il mio nome. A quanto pare anch'io mi sarei dovuto alzare dalla mia comoda postazione per andare a presentarmi. Sospirai e scesi dalla sedia, poggiando il controller sulla scrivania: non volevo farmi etichettare da subito come il "vicino maleducato". Arrivato in cucina venni accolto dalla botta sulla spalla che ricevetti dal nonno e dalla piccola mano della vicina che strinse vigorosamente la mia, sempre sorridente.
«Ciao!» mi disse «Io sono Nicole, mi sono appena trasferita qui con mia madre, spero che andremo d'accordo! Tu sei...?»
«Zeno.» dissi schietto, non avevo molta voglia di parlare. «Zeno! Cercherò di ricordarlo, sai, sono un po' smemorata...»
Annuii soltanto in risposta.
Dopodiché la ragazza mi sorrise ancora, salutò i miei nonni e me, per poi congedarsi. Pareva così allegra e spensierata, una bambina. Ancora non sapevo che sotto quell'affascinante corazza da bimba gioiosa si trovava in realtà una piccola donna.

I giorni passarono, e io come al solito non uscii di casa finché non fu mia nonna ad ordinarlo. Con la scusa di fare la spesa trovò il modo per strapparmi dalla mia amata comfort zone, caricandomi di borse e inviandomi in paese.
Appena solcata la soglia della porta, sentii il mio nome gridato ai quattro venti... O meglio, quello che avrebbe dovuto esserlo...
«Heeey! Ciao! Z... Z-Zack?Zone? Zi...»
«Zeno.» È anche un nome italiano...
«Zeno! Giusto! Stai andando in paese?»
Sbuffai. Se quella ragazza avesse continuato così, sarebbe finita nella mia lista nera. Non che fosse di tanto disturbo non sapere il mio nome o altro, ma... diciamo che sono sempre stato un tipo piuttosto solitario.
«Devo fare la spesa.» risposi freddamente. Volevo chiudere la conversazione in fretta.
«Perfetto! Ti va se andiamo insieme? Devo prendere delle cose per mia madre.»
Perfetto. Sì, proprio perfetto. Anche se l'idea non mi allettava, pensavo sarebbe stato troppo scortese rifiutare.
«ok.» dissi, prima di afferrare il manico della mia bicicletta, la vecchia Graziella che tenevo dai nonni per le commissioni.
«uhm, scusa...» disse lei, avvicinatasi a me «io ancora non ho una di quelle... ti dispiacerebbe andare a piedi?»
Eccome. Pensavo.
«No, tranquilla» Risposi.
«Wow!» gridò lei «Una parola non monosillabica! Che Onore!»
Nonostante paresse ovvio che la ragazza fosse ironica, il tono emozionato e la voce acuta mi fecero dubitare un attimo della scherzosità di quelle parole, ma una volta messa apposto, la mia mente mi fece scappare una risatina. Pensai che quella ragazza dovesse essere brava a recitare.
Non appena la mia risata giunse alle sue orecchie, fu come se a Nicole si illuminassero gli occhi di gioia. Smisi subito di ridere, quella situazione era troppo imbarazzante. Per fortuna fu lei a spezzare il silenzio, dicendo dipartire verso il paese, a valle.

Il viaggio non fu silenzioso: lei era molto estroversa e iniziò subito a discorsare, ma forse fu un bene in quanto credo che se fosse successo il contrario sarebbe stato abbastanza imbarazzante. È vero che lei parlava molto, ma faceva in modo di far parlare anche me, facendomi continue domande alle quali, come mio solito, rispondevo con il minimo indispensabile di vocaboli.
«tu non parli molto, eh?» osservò.
«sono un ragazzo di poche parole.»
«almeno adesso non hai risposto con un misero "no"» rise.
«già.»
«ed eccolo che ricomincia» rise ancora, stavolta trasportando un po' anche me.
«Tu invece parli troppo.» dissi io, attaccando bottone per la prima volta.
«Lo so, me lo dicono spesso! Ma ne sono contenta. Sai, prima non parlavo molto, un po' come te.»
«non riesco ad immaginarlo.» scherzai. Lei rise,poi sospirò e la vidi spostare lo sguardo a terra per un paio di secondi.
«Tu hai un sogno?» chiese all'improvviso.
«No...»Risposi «sono ancora indeciso su quale sarebbe il mio lavoro ideale»
Lei sbuffò sorridendo: «Ti auguro di trovare presto un obiettivo.»
Non so perché, ma in quella frase c'era qualcosa di diverso. Sembrava... malinconica. "Non che mi importasse"... Invece, stavolta ero curioso. Sembrava un tasto dolente per lei, ma volevo sapere. «Tu... ce l'hai? Un obiettivo, intendo.»
«Ah?» si sbloccò «Ah, sì, ecco... io sì, ma è molto difficile...» la incitai ad andare avanti con un gesto della mano. «È un sogno difficile da realizzare, soprattutto tenendo in considerazione che infondo, dentro di me, so di essere ancora la ragazzina insicura e timida che ero alle medie, e... ho paura.»
«Paura?»
«Paura di "buttarmi". Sai,quando l'unica persona che supportava ogni tua scelta ti viene portata via e ciò che ti rimane è una madre che smentisce tutto ciò che fai e praticamente ogni giorno ti fa intendere che sei una nullità... beh è difficile avere fiducia in sé stessi, ma ci sto lavorando.»

"Ci sto lavorando" Non si può cambiare sé stessi. Lei non sapeva quante volte e quanto impegno io ci avessi messo, negli anni, per non essere il ragazzino antipatico, freddo e asociale. Eppure, oggi, mi ritrovo qui, in veste dello stesso idiota che gioca ai videogiochi tutto il giorno e non sa che farsene della sua inutile vita, che finirà per buttare. Eppure non voglio che vada così.
«Non so a cosa tu stia pensando» riprese la parola «Ma posso assicurarti che io sono cambiata molto.» fece una pausa,spostando una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«È stato difficile, ci ho messo anni di tentativi, e alla fine tutto sembrava inutile: rimanevo la stessa bambina chiusa, timida e insicura con cui nessuno voleva giocare o parlare.» si voltò verso di me e sorrise, fermando il passo. «Ma un pomeriggio, quel mucchio di anni si ridusse in briciole: non erano mai stati utili e mai lo sarebbero stati, perché un giorno speciale era arrivato.» spostò lo sguardo verso il cielo e chiuse gli occhi, per poi continuare. «Quel giorno mi sono chiesta il perché.»
«Il... perché di cosa?» ebbi il coraggio di rispondere con voce fievole.
«Perché essere triste? A cosa serve? Sembra una cosa assurda, ma mi si aprì un mondo. Subito dopo mi chiesi: "Cos'è che mi fa stare male?" E scoprii che era il mio costante pensare. Pensare alla vita e tutto il resto... Mi rendeva triste. E allora mi dissi: "Basta non farlo!" Da quel momento non sarei più stata sola. Certo, ci volle molto lavoro e ancora non è tutto completo...» Si voltò di scatto verso di me con uno dei suoi radiosi sorrisi. «ma sento che continuando così posso essere felice!»

Dopo quella frase si scusò per avermi trattenuto nei suoi discorsi noiosi, facendomi notare che eravamo arrivati a destinazione, così le nostre strade si divisero. La osservai allontanarsi da me, saltellava come una bambina, sembrava Heidi. Realizzai che di quello che aveva raccontato... Volevo saperne di più.

La incontrai di nuovo al campo di grano dei nonni, un giorno soleggiato. Le spighe erano molto alte, quasi un metro. Lei aveva bussato alla porta dei nonni, per chiedermi di uscire. Mi pareva strano, non ci conoscevamo bene... eppure durante quei tre giorni passati, soprattutto il primo quando andammo in paese, avevamo legato tanto da farmi accettare volentieri quell'offerta. Ero curioso di cosa avrebbe potuto raccontarmi stavolta.
Come al mio solito, quando mi chiamò, ero impegnato in una delle mie missioni videoludiche, e a malincuore spensi il vecchio televisore della casa dei nonni e lasciai il controller. Appena fummo fuori casa e la porta si chiuse, mi guardò con occhi speranzosi prima di domandarmi: "possiamo andare ?" Indicò il campo. Mi rivelò in seguito che nascondersi in un campo di spighe era sempre stato uno dei suoi sogni da bambina, e adesso poteva realizzarlo, quindi chi ero io per negarle quest'occasione? Qualche minuto dopo ci trovavamo sdraiati sul campo col volto verso il cielo, dopo una "breve" corsa ad acchiapparello.
Il nonno si arrabbierà. Pensavo. ma non importa.
Il mio scopo ora era più importante. Volevo sapere cosa teneva ancora per sé quella ragazza. Dovevo attaccare bottone.
«Uhm, ci tenevo a dirti che i tuoi discorsi non mi sono mai parsi noiosi, Come hai detto tu»
«Eh? Davvero? Ne sono felice!»
Bene,Sospirai. E ora che dico?
«Anzi,» mi voltai verso di lei «Vorrei saperne di più»
«Eh?» Spostò i suoi occhi nocciola verso di me «Veramente?»
Io annuii.
«Allora...»continuai dopo una pausa silenziosa. «Hai detto che ti sei trasferita con tua madre... e tuo padre?»
Cavolo Zeno, perché l'hai chiesto! È ovvio che sia un argomento delicato e...
«Mio Padre è morto tre anni fa.»
La risposta fu stranamente pronunciata con serenità. Stavo per aprir bocca e discolparmi con qualche scusa, ma lei mi precedette.
«Non devi scusarti,» disse «È una domanda lecita se non sai. Inoltre, io e mia madre siamo dell'idea di non piangere i nostri cari deceduti, ma ricordare i momenti felici passati con loro, anche se è un modo più difficile e meno istintivo di affrontare la situazione, credo.»
«Quindi non ti dà fastidio parlarne?»
«No, anzi! È un momento in più nel quale posso ricordarlo... come quando parlavo dei miei interessi e mi supportava, o quando mi aiutava a fare i compiti... era molto gentile!»
Sorrisi. Mi domandai se io, al suo posto, sarei riuscito a fare lo stesso. Probabilmente no... Avrei seguito solo il mio istinto, quello che mi diceva di piangere.
«Tu, invece?Anch'io vorrei sapere qualcosa di te.»
Io? Io ero solo un ragazzo normalissimo... Non c'era niente d'interessante in me. Nessun parente mancante, invalido o che so io... Il rapporto con i genitori era normale, non troppo affettuoso e non troppo distaccato; insomma, normale. Di amici ne avevo, a casa. Le mie passioni o hobby... Ma ne avevo davvero? PlayStation, Xbox, Wii... Schermo... Ma alla fine, pensandoci, non contavano davvero. Fungevano più da anti-noia. Beh, sì, passare tutte le mie giornate d'estate con i nonni non era un gran che divertente...
«Ci sei? Stai fissando il cielo da un po', finirai con l'ustionarti gli occhi!» Mi risvegliò lei con la sua voce acuta.
«Eh? Sì... pensavo. Io non sono un personaggio molto interessante... »
«Beh allora diventalo!» scattò a sedere lei, girandosi a guardarmi.
«Eh?»
«Pensi che io fossi tanto diversa da te, prima? Te l'ho detto che ci ho messo tanto a diventare così!» dopodiché si alzò in piedi, e cominciò a girarmi intorno agitando le dita delle mani come se fosse una strega sul punto di mandare un maleficio.
«Rimuovi i pensieri! Rimuovi i pensieri!» si mise a canticchiare. «È questo il segreto, rimuovi i pensieri!»
Se lo avesse fatto qualsiasi altra persona, avrei detto che fosse impazzita. Ma, trattandosi di Nicole, avevo iniziato a farmi piacere i suoi momenti di delirio.
Mi alzai in piedi, stringendo le mani alla mia maglia, fingendomi in agonia.
«Waaaa! I miei pensieri! I miei pensieri stanno venendo risucchiaaaati
«Muahahaha! Sciocco umano! Lo sto facendo per il tuo bene!»
«Nooooo!»
A quell'evento a dir poco infantile susseguirono un mucchio di risate.
«Hai visto,» disse poi Nicole. «Invece di essere tristi, non è molto meglio tornare bambini e sorridere?»

Due giorni dopo, vedendo che io e Nicole andavamo d'accordo, mia nonna ebbe la splendida idea di invitare lei e la madre a pranzo da noi. Ah, le nonne... Quando non c'era la mamma continuamente a chiederti se la ragazza appena incontrata fosse la tua fidanzatina, beh, stai certo che te lo chiedeva la nonna. E non importa quanti "no" si sentisse dire, per lei eravate già pronti a sposarvi. Ma non ha importanza, nonostante ciò sarei stato felice di passare del tempo con la persona che adesso potevo considerare una mia nuova amica. Appena sentii il cigolare della vecchia porta lignea, mi precipitai verso il televisore e lo spensi, mi sistemai distrattamente i vestiti e uscii dalla camera per accogliere gli ospiti, posizionando il Joystick vicino alla TV.
Appena entrarono, la figura della madre, essendomi nuova, mi saltò subito agli occhi. I capelli biondi erano completamente differenti da quelli castani della figlia, e dalle rughe presenti sul suo volto potevo constatare che fosse di età compresa tra i quaranta e i cinquanta anni. Indossava un cappello di paglia e delle bretelle di Jeans su una camicia color crema. Chiunque l'avesse vista da lontano avrebbe pensato subito che fosse una contadina.
Le presentazioni e il benvenuto ebbero subito inizio, e come la prima volta, le ospiti portarono dei doni. Quella fu la volta di una crostata di frutta.
Anche la madre sembrava solare, eppure era composta e seria allo stesso momento. Non dava quell'idea di libertà che trasmetteva Nicole.
Quando ci sedemmo a tavola, ci fu quell'attimo di silenzio imbarazzante. Volevo trovare un modo per parlare a Nicole, visto che l'unica cosa che ci eravamo detti finora era stato un timido "ciao". Solitamente, visti i lati che conoscevo di lei, avrebbe preso subito la parola e fatto rallegrare quelle quattro facce imbarazzate con qualche battuta, anche non divertente. Eppure sembrava silenziosa, fin troppo; teneva lo sguardo fisso sul cibo che poco prima aveva servito mia nonna. A rompere il ghiaccio fu sua madre, che iniziò a parlare di scuola, di lavoro, e dei soliti argomenti da adulti. Ci fu un momento però dove la donna parlò della figlia, l'unico argomento che aveva catturato la mia attenzione. Mi aspettavo qualcosa del tipo "Nicole è fantastica, è una ragazza molto forte!" Oppure "Nicole è imprevedibile, non sai mai che idee le saltano in testa!"Ecco. La madre di Nicole parlava della figlia come nell' ultima frase... Ma con un senso negativo. Trovava la figlia ingenua e bambinesca, continuava a ripetere che avrebbe dovuto crescere, comportarsi come una "vera ragazza", vestirsi bene, uscire con gli amici eccetera eccetera. Diceva queste parole con naturalezza, come se fosse normale per un genitore volere che una figlia si comporti in questo modo, e, in effetti, anch'io pensavo fosse normale... Almeno finché non vidi lo sguardo cupo e assente di Nicole fisso sul tavolo.

"Lei non capisce che in questo modo mi sta vietando di essere me stessa."
Ricordo che mi disse dopo il pranzo, nella camera degli ospiti dove alloggiavo. Eravamo seduti sul letto, uno accanto all'altra. Pensai alle sue parole: in effetti, non avrei mai immaginato Nicole con abiti alla moda o di marca al posto di quelli campagnoli, non l'avrei mai immaginata neppure ad uscire con gli amici in discoteca o che so io... "A far festa" come la maggior parte dei ragazzi della nostra età. Effettivamente, se si fosse comportata in quel modo sarebbe stato come se Nicole fosse diventata un'altra persona.
«Invece sono io che non capisco una cosa.» riprese il discorso, dopo. «Come mai vuole che io sia come gli altri? Io sto piano piano cercando di accettarmi e di piacermi, mi sto aprendo con me stessa e con gli altri. E mi sto trovando bene, cavolo se mi sto trovando bene. Quindi non capisco perché, se mi piaccio come sono, lei voglia che io mi comporti "come le altre ragazze". Non capisco, non capisco, non capisco... Tutti gli sforzi che sto facendo, ogni volta che sento uno di questi suoi discorsi, svaniscono. Mi fanno ritornare la tartaruga chiusa nel guscio che ero.» Sospirò «Sto sbagliando qualcosa? Zun, cosa dovrei fare secondo te?»
«Sono Zeno, non Zun.»dissi «E secondo me non stai sbagliando un bel niente.» mi guardò.
«Sai, sono affascinato da quanta forza, tempo e dedizione tu stia mettendo in questo tuo progetto di "uscita dal guscio" e vorrei prendere esempio da te.» mi voltai verso di lei sorridendo, ma subito dopo distolsi lo sguardo, posandolo in basso, sulle mie gambe. «come penso tu abbia visto, sono anch'io molto timido.» Con la coda dell'occhio riuscii a vederla: sorrise dolcemente, ma era un sorriso diverso dagli altri. Era più spento, era triste. La sentii sistemarsi meglio a sedere sul letto, e quello che fece poi mi stupì. Sentii un peso picchiare sulla mia spalla, ma quando realizzai cosa stesse succedendo era troppo tardi: le braccia di Nicole avevano già imprigionato il mio petto in un abbraccio.
«Grazie» disse. «Significa molto per me.»

Il bussare alla porta dell'ora mia stanza mi fece roteare gli occhi: la nonna era già venuta tre volte a ricordarmi di fare le mie commissioni.
«Nonna, ti ho detto che lo innaffio l'orto, non importa che vieni a controllare se vado ogni dieci minuti»
La porta si aprì con un cigolio: «Scusa, Nipote» disse una voce giovane. «Stavolta volevo chiederti di accompagnarmi in paese»
«Nicole!» gridai «Che ci fai qui?»
Lei rise «come ho detto prima, volevo chiederti se ti andasse di accompagnarmi a valle, abbiamo bisogno di un po' di verdura fresca»
«se vuoi possiamo prenderla dall'orto dei nonni, tanto è troppa per noi.»
«No, no, tranquillo, non vorrei disturbar...»
In una frazione di secondo ci trovammo sul retro della casetta in campagna,davanti al grande orto.
«Allora, che cosa ti serve?» chiesi
«no,davvero, mi dispiace...»
«Li hai sentiti i nonni no? Per loro va bene.»
Sbuffò «d'accordo, grazie.» si arrese. «allora cortesemente gradirei dei fagiolini» disse imitando il modo e i gesti di una donna d'alta borghesia.
«Certo, mia signora!» continuai io stando al suo gioco, poi allungai la mano verso la pianta, ma appena feci per staccare uno dei suoi frutti, La mano di Nicole mi bloccò.
«Fermo!» gridò «Fallo con più gentilezza! Non hai delle forbici?»
Sembrava agitata.
«Uhm, sì ma possiamo-»
«Scusa lo so che sono un po' rompiscatole» disse «però penso che le piante soffrano se le stacchi così»
«oh.»
«Davvero lo so, sono pignola, però veramente, io...!» disse in fretta e furia agitando le mani. Sembrava mortificata.
«Hey Hey Tranquilla!» dissi alzandomi «Hai ragione. Andiamo a prendere le forbici!»
Lei si bloccò per poi guardarmi. Sorrise e disse: «Sei davvero comprensivo; ti ringrazio.»
«Tutto per le esigenze della mia signora» Ripresi col tono da gentiluomo che prima avevamo abbandonato. Tornammo in casa e prendemmo le forbici, raccogliendo poi le verdure.
«Grazie mille, mia madre sarà contentissima!»
«Di niente, te l'ho detto, a noi avanzano.»
Sorrise.
«Senti...» cominciai «posso farti una domanda personale?»
«certo,dimmi.»
«Qualche tempo fa avevi detto qualcosa a proposito di trovare un obiettivo... mi sembrava ti stesse a cuore la situazione, ma forse sbaglio...»
«No, no hai ragione.» sospirò «È una lunga storia, ma se sei curioso posso dirtela in breve.»
"Sì, ti prego!"
«Solo se vuoi... non voglio forzarti.»
«Tranquillo» disse sedendosi a terra, per poi iniziare il discorso. «Quando frequentavo la prima superiore non andavo molto d'accordo con i miei compagni di classe... nonostante ciò avevo qualcosa che invidiavo a tutti loro.»
Invidia?Nicole era capace di provare un sentimento tanto negativo?
«Loro avevano scelto la mia stessa scuola con un obiettivo specifico. Io al contrario non avevo alcuna idea di cosa davvero volessi fare nella vita, avevo solo dei piccoli hobby e un sogno che consideravo irrealizzabile.» si voltò verso di me. «Per questo ti ho augurato di trovare presto un obiettivo. Non averne uno mi faceva sentire ancora più insicura, non avevo idea di cosa mi attendesse in futuro, ed era come se fossi esclusa dalla classe... e dal resto del mondo, perché beh, tutti più o meno hanno un lavoro.»
«Ah,capito...»
«Adesso che ho un obiettivo non ho più quello stress... Ma essendo che il "sogno irrealizzabile" di cui ti ho parlato è diventato quello stesso il mio scopo... beh, adesso sono soggetta ad un altro tipo di stress!» rise «Comunque, tu hai pensato a trovare il tuo obiettivo o lavoro ideale?»
«Eh? Io beh... non lo so, non ho hobby o altro...»
«Ti piace giocare ai videogiochi no?»
«Sì ma... lo faccio più per noia.»
«Allora...non hai mai pensato che ti piacerebbe imparare qualcosa di nuovo? Che so, suonare uno strumento, imparare una nuova lingua... o il linguaggio dei segni! Io vorrei proprio imparare il linguaggio dei segni!»
«Uhm, sì ma... questo cosa c'entra con il lavoro?»
«Hai detto che ancora non hai un sogno, quindi... prima è bene che tu ne abbia uno da porre come obiettivo no? Magari lo potrai trasformare in un lavoro un giorno, oppure no, ma per quello c'è ancora tempo!»
«Giusto. Comunque sì, mi piacerebbe suonare uno strumento... ma tanto non penso proprio ci riuscirei, e i costi e tutto insomma, lo rendono difficile.»
«Internet.»
«Hm?»
«Se non riesci a pagare un corso, inizia da autodidatta via internet. Sono sicura che troverai almeno un po' di lezioni gratuite. Sai, anche a me questo fatto del denaro o di dire "tanto non ci riuscirò mai" frenava dall'iniziare ciò che mi piace fare.»
«Sì?»
«Poi ho incontrato una persona, che ha come spezzato le mie barriere... per un momento era diventato il mio mondo...»
Io ero curioso e volevo che continuasse, ma sembrò come se tutt' ad un tratto si fosse sbloccata, e mise un punto a quel discorso «ma questa è un'altra storia, non c'entra niente» disse «Niente di romantico comunque eh, io non sono portata per queste cose!» rise. «Allora vado a portare le verdure a mia mamma. Ci vediamo domani!»
Salutò con la mano e corse verso casa sua. Ero triste che fosse scappata via così, ma il giorno dopo l'avrei comunque rivista.
«Ci vediamo domani.» dissi sotto voce agitando lentamente la mano.

Il pomeriggio successivo fu il mio turno di visitare casa sua. Non avevo neanche toccato la TV quel giorno. Avevo imparato ad apprezzare di più la compagnia dei nonni da quando Nicole mi aveva detto di suo padre, e non era poi tanto male... a parte per quando, come tutti i nonni che si rispettino, parlavano delle cose personali del proprio nipote lì presente e volevano sapere tutti i fatti suoi.
Ammetto che all'inizio nella casa delle vicine mi sentivo un po' a disagio, infatti fu abbastanza imbarazzante avere la madre di Nicole in giro per casa via via che la ragazza mi mostrava le stanze. Insomma, era abbastanza ovvio che origliasse ogni battuta che ci scambiavamo io e sua figlia, ed era una cosa che mi metteva abbastanza a disagio. Anche Nicole sembrava disturbata dalla presenza della madre: appena la donna entrava nel suo campo visivo lei sbuffava e si affrettava a cambiare stanza. Per fortuna una volta finito il tour, mi propose di uscire, e quella sensazione scomoda svanì appena fummo abbastanza lontani dall'unica altra casetta nella "collina dei nonni".
«Scusa, fa sempre così quando invito qualcuno che non conosce bene a casa.» Iniziò Nicole, parlando della madre.
«Tranquilla» risi «Ti capisco»
Lei sospirò.«Andiamo a farci un giro nel bosco?»
Annuii. Durante la nostra camminata parlammo più che altro di me, anche se non ci fu molto da dire. Il soggetto della discussione fui io soprattutto perché quando chiesi a Nicole di dirmi qualcosa di lei si rifiutò, dicendo di aver già parlato abbastanza in quei giorni e che quello era il momento di far parlare me. Le dissi del mio passare più tempo coi nonni grazie a ciò che mi aveva fatto capire, e lei ne fu veramente contenta. Le dissi inoltre che passavo sempre meno tempo davanti allo schermo, anche perché adesso avevo un'amica con cui parlare e giocare, e non mi serviva più la mia console. Anche di questo sembrò essere felice, ma si scusò dicendo che non aveva intenzione di togliermi il mio unico passatempo. Inutile dire che era stata una mia scelta, per cui le dissi che lei non aveva colpa, piuttosto era stato merito suo se avevo trovato modi migliori di passare il tempo. Mi accorsi solo in quel momento che quello che non avevo mai avuto nella mia vita stava cominciando a crearsi, proprio grazie a Nicole. Una personalità. Prima, in una mia presentazione, mi sarei descritto come un ragazzo ordinario, che andava a scuola, aveva degli amici con cui non usciva spesso e passava il tempo libero davanti ad uno schermo. Adesso che stavo capendo come potevo cambiare, stavo diventando capace di vedere altri lati della vita, ad esempio l'importanza del tempo passato coi cari. Mi accorsi che stavo togliendo dalla mia vita quella nube che copriva le cose di tutti i giorni, quella nube che portava la scritta "è scontato" su di sé. Mi stavo accorgendo che niente in realtà era davvero scontato, e qualsiasi cosa ti poteva venir portata via da un momento all'altro. Stavo imparando ad apprezzare le situazioni, e a vedere oltre. Ad esempio, ora che avevo cominciato ad usare internet come spunto per iniziare a suonare uno strumento, avevo imparato a vedere che dietro le performance di chiunque, sia di un musicista più bravo che di uno meno bravo, c'erano un lavoro e una passione immensi. Anche io volevo diventare qualcuno come loro, una persona soddisfatta, anche per aver fatto solamente una cosa... ma averla portata ad un buon punto e averci messo impegno e passione. Ringraziai Nicole per questo, anche se lei era convinta di non aver fatto niente, mentre invece aveva risvegliato la curiosità in me, andata persa nei miei anni di crescita. Pensai di essere fortunato ad averla conosciuta, e che la sua presenza e i suoi racconti potessero essere utili a molte altre persone. Ora che le avevo parlato di me,volevo che parlasse lei. Le feci una domanda particolare. Visto che aveva dimostrato di essere interessata alla salute delle piante, le chiesi che cosa ne pensasse del mondo, in generale.
«Il mondo... è un posto bellissimo» disse semplicemente.
«Un posto bellissimo che l'uomo ha rovinato» aggiunse. «Se vuoi veramente che ti dica che cosa ne penso del mondo... beh, quante settimane mi dai per spiegartelo?» rise. «Comunque, brevemente... Penso che il mondo sia un posto veramente bello, se non contiamo le barriere che l'uomo ha creato nei secoli. Barriere linguistiche, barriere fiscali, barriere culturali... ciò ha creato molte discriminazioni,"imbruttendo" il mondo degli umani. Ma ciò che ha creato madre natura è qualcosa di stupefacente: ogni sistema funziona alla perfezione, ogni organismo ed essere è creato per fare del bene ad un altro... Insomma, tutto è perfetto. Il modo in cui le piante ci danno ossigeno nutrendosi della CO2, ciò che a noi fa male; il fatto che il lavoro di ogni cellula sia indispensabile per il funzionamento dell'intero organismo animale, il fatto che esistano piante per sfamare gli erbivori e che esistano gli erbivori per sfamare i carnivori... è tutto un giro che sembra architettato da una mente geniale, davvero.»
«Già» dissi «E dell'uomo? Cosa ne pensi?»
«L'uomo è intelligente, ma ha tanti difetti»
«Ad esempio?»
«Avarizia, Gelosia, Superbia, Invidia, Ignoranza...» disse «Secondo me sono tutti fattori che fanno dell'uomo ciò che ne è oggi: un ammasso di regole, ideali e odio.»
«Beh... è triste.» dissi, e lei annuì.
«Ovviamente non tutto dell'uomo è cattivo, ad esempio gli ideali possono essere buoni.» riprese «Vedo che ci sono tante persone che cercano di migliorare il nostro mondo, a partire dall'inquinamento per finire ai pregiudizi umani... insomma, c'è chi si impegna, e ciò mi fa sorridere,sapendo che forse non tutto è perduto, e può ancora esserci un futuro.»
Si voltò verso di me.
«Scusa, adesso sarò noiosa. Questo sarà uno di quei discorsi ripetitivi che fanno i genitori e cercherò in generale di dirti quello che penso del mondo, dell'uomo e dei pregiudizi.» fece una pausa prima di iniziare. «Uno dei discorsi da genitore che fa sempre mia madre è questo: "la vita è una, va vissuta al meglio" eccetera eccetera. Ti sembra una cosa talmente banale e inutile da ripetere, in quanto puoi dire "lo so già, è qualcosa di ovvio". Ma lo sai, le parole ripetute nel tempo perdono di significato. Quindi credimi, quando capisci da solo il significato di queste parole, è tutto diverso. Comprendi che infondo sono vere e non inutili, ed io, questa vita, ho scelto di viverla appieno, come sono io. Non importa se la gente mi guarda male per strada per come mi vesto o per come cammino. Se quei vestiti mi piacciono o mi fanno sentire comoda, non vedo perché non dovrei indossarli. Se quello è il mio modo di camminare, non vedo perché spendere metà della mia vita a cercare di cambiarlo. Queste sono piccolezze, me ne rendo conto, ma sai, Zoy: voglio vivere una vita che per me sia degna di essere vissuta. Se guardi l'esistenza come ti si presenta, ci rimani male. Inquinamento e smog, pregiudizi, razzismo, sessismo, sempre meno alberi e ossigeno, sfruttamento di minori anche per la produzione di grandi marche, esseri viventi innocenti come gli animali che soffrono a causa nostra... Per non parlare della natura umana: oramai poche persone pensano al bene altrui, e ci sono sempre più persone egoiste, giudiziose e cattive. Dimmi, un mondo così ti ispira?» Fece una pausa, ma sapevo che la natura di quella domanda era retorica e non aveva bisogno di risposta, così tacqui. «Verrebbe da dire "è tutto sbagliato" e non sarebbe un'affermazione tanto assurda.» continuò «Io prima vedevo tutto questo, Zen. Prima vedevo solo il male. Ma adesso, nonostante tutte le bruttezze che questo mondo possiede a causa nostra, riesco a vedere cose anche belle, perché guardo oltre. Nonostante l'inquinamento e la deforestazione vedo che comunque alcuni alberi resistono e lottano per darci ossigeno, nonostante noi siamo i loro assassini. Vedo che non tutte le persone sono malvagie, e c'è qualcuno che organizza progetti per ripopolare il pianeta di una specie o per piantare alberi al posto di quelli abbattuti. Vedo che quei bambini che lavorano, hanno un aiuto da parte di organizzazioni che fanno tutto ciò che è in loro potere per proteggerli e salvarli. Sai, vorrei anch'io diventare una di quelle persone, capaci di aiutare.» fece una pausa. «Nella gente che osserva e giudica, invece, vedo che è giudicata a loro volta, magari da sconosciuti ma a volte anche dai propri più cari amici e familiari, e a volte perfino da sé stessa.» Posò lo sguardo su di me «Sì, ci vorrebbe un miracolo per sistemare questo mondo, e ciò mi rattrista e fa arrabbiare. Ma finché posso vedere il bello che si trova oltre, posso sperare di diventare una persona migliore» Sorrise. «e non c'è modo che io possa essere triste.»

Il ricordo di quei giorni è vivido come se fossero stati impressi nella mia mente ieri. Era stato così bello per me incontrare Nicole, la mia attuale migliore amica. Delle sue parole ne avevo fatto tesoro, e tutt'oggi condividevo con i miei studenti parti di esse e degli ideali in cui io e Nicole credevamo. Ovviamente, nessuno era obbligato a seguirli, ma i miei alunni sembravano essere contenti quando durante una lezione trovavamo un momento per parlare di questo.
«Buongiorno a tutti» dissi entrando in classe. «Oggi teoria.» si sollevò un coro di disapprovazione. «Eh, purtroppo, nella musica, serve anche quella.»
I ragazzi sbuffarono, per poi prendere il portalistini dallo zaino. «Avete la scheda che vi ho consegnato ieri?»
«Sì professore» risposero all'unisono.
«Bene. Oggi studiamo il ritmo.»

Mi presento, Mi chiamo Zeno, ho ventotto anni ed insegno in una scuola di musica. Da quando Nicole mi suggerì di provare ciò che mi aveva sempre incuriosito, mi appassionai alla musica. I miei genitori, vedendo il mio impegno nello studio teorico e nell'utilizzo della vecchia chitarra di mio padre, decisero di iscrivermi ad un corso,nel quale mi è stato possibile imparare a suonare più strumenti. Riuscii a fare della mia passione un lavoro, ed ora sono qui, ad insegnare musica per un corso privato. Non ringrazierò mai abbastanza Nicole per aver stravolto la mia vita, anche se tuttora rimane convinta di non aver nessun merito. A proposito di Nicole, lei adesso è felice: ha reso realtà quel sogno irrealizzabile di cui tanto mi parlava... È riuscita a dare la voce ad un sacco di persone e personaggi, entrando in uno studio di doppiaggio non solo per assistere, ma per doppiare lei stessa. Ora che quello è il suo lavoro mi ha detto varie volte che si sente realizzata. Il suo carattere allegro e bambinesco non è cambiato negli anni, e devo dire che stando accanto a lei per tutto questo tempo sono tornato piccolo un po' anch'io. Ma ciò non è male, dato che entrambi siamo felici.
Nicole un giorno mi aveva detto: "La vita ripaga sempre gli ottimisti!" Ma a quel tempo non avevo davvero saputo se crederci o no. Grazie a lei e alle sue parole ho avuto la forza di essere fiducioso fino ad ora, ed ho scoperto una cosa bellissima... A quanto pare, il mondo ripaga davvero gli ottimisti.

Ah, e inoltre... Nicole ha finalmente imparato il mio nome...

«Hey! come ti va la vita, Zyun

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Questa è una storia che ho presentato ad un contest che purtroppo non ho vinto, quindi eccola qua 😂 è un argomento che mi sta a cuore e così ho voluto raccontare questa storia... Spero che possiate ritrovarvi in questo racconto come mi ci ritrovo io, almeno in parte.

Sarei felice se mi faceste sapere cosa ne pensate in merito nei commenti ^^

Un ringraziamento speciale va a fantasyloverhorse che mi è stata vicina e mi ha aiutata tutto il tempo. Grazie❤️

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