CAPITOLO 3: Il gioco del destino
(REVISIONATA)
"Devi fare pipì" si disse da sola per non dimenticarlo.
Ecco, quel giorno Emma era costretta a farsi i promemoria nella sua mente per non dimenticare la miriade di cose da fare. Certamente quello era una cosa necessaria, primaria, ma capitava che presa dall'euforia di creare abiti dimenticava tutto il resto, compreso andare al bagno, con il risultato di un fastidioso mal di pancia che le durava tutta la giornata.
Dovrebbe prendersi cura di se stessa? Sì, ma quello le era difficile, soprattutto se pensava allo sguardo delle due ragazze quando le aveva consegnato l'abito creato su misura per la loro amica.
Emma era sempre stata così: quando qualcosa la turbava, si buttava sul lavoro tanto da sfinirsi; tuttavia quel giorno era appena primo pomeriggio e doveva continuare almeno per altre sei ore. No, non poteva ridursi in uno straccio, doveva combattere la vocina dentro la sua testa che le diceva che Shay avesse ragione.
"Maledizione a te Shay Singh e alla tua lingua lunga" affermò, mentre la sua mente era occupata e le sue mani ritagliavano un pezzo di stoffa.
«Emma» la chiamò Agatha, ma non ricevette nessuna risposta.
Oh, ecco un altro particolare della giovane stilista non famosa. Lei si estraniava dal mondo che la circondava e si lasciava incantare dal pizzo, dalle stoffe, dai bozzetti cui dare voce.
«Emma» e, a quella voce e a quel tono, distolse gli occhi dal suo schizzo e si ritrovò a scontrarsi con quelli di Agatha.
«Oh, signora Moore mi scusi, non l'avevo sentita» si prestò subito a dire, mentre raccoglieva i fogli davanti a lei e si metteva la matita dietro l'orecchio.
«Pensavo che ormai avessimo chiarito, devi chiamarmi Agatha, Emma»
«Sì, è solo la forza dell'abitudine e poi... stiamo lavorando quindi...»
«Nessuna scusa ragazza» la rimproverò bonariamente facendola ridere e nello stesso momento trovò la sua calma.
«Avevi bisogno di qualcosa?»
«Sì, tra cinque minuti arriverà una cliente e voglio... voglio che ci sia tu ad accoglierla»
Emma fece l'accenno con la testa, ma si sorprese per quella richiesta perchè di solito li riceveva senza alcun aiuto e non capiva cosa ci fosse di diverso stavolta. Lei rimuginava nei suoi pensieri quando la porta del negozio si aprì e vide entrare una giovane ragazza con la testa bassa, seguita dalla madre che le stringeva il braccio.
Era bastata guardarla per un minuto ed Emma aveva capito.
«So che probabilmente non troveremo ciò che vorremmo qui, ma non perché vostra mancanza, ma...»
«Io sono grossa» ammise dura la ragazza con gli occhi puntata su Emma.
Lo sapeva come appariva alle ragazzine come lei, la vedevano perfetta, con un corpo da urlo, con l'altezza giusta, le tette grandi quanto bastavano e tutto al suo posto, ma... non era così. Dietro ogni ragazza si nascondeva la bellezza e dietro ogni imperfezione la vera essenza.
«Chiunque può entrare in questo negozio e non trovare niente e... non c'entra con la taglia del tuo corpo. E' solo che...»
«Ognuno di noi ha ciò che merita» la interruppe la ragazza con tono severo e la donna fece qualche passo indietro per come quelle parole arrivarono e per quanto la colpirono.
La madre le lanciò un'occhiataccia, le strinse il braccio per farle capire di non esagerare e solo allora Emma capì che doveva fare qualcosa.
«Vi ho fatto venire qua perché Emma può risolvere qualsiasi problema e... Smettila Joy di essere così...»
«Schietta?» tentò lei, ma Agatha non le diede questa soddisfazione e continuò ad ignorandola.
Iniziarono a parlare, Joy guardava Emma quasi con disprezzo e forse anche con un po' di gelosia ma lei riuscì a conquistarla quando le diede in mano lo schizzo dell'abito che avrebbe indossato per il suo ballo di fine anno.
La madre strabuzzò gli occhi, ma l'emozione più grande fu vedere sul viso di Joy un sorriso pieno di gioia e forse per la prima volta di accettazione di se stessa. Era solo un disegno, lo sapeva bene, eppure in quei colori, in quelle linee la ragazza vide qualcosa che fino a quel momento aveva rinnegato.
La magia di Emma era appena iniziata, quel pomeriggio poté dire di essere soddisfatta di se stessa: aveva cambiato il mondo. Sì, regalando il sorriso a quella ragazza che... Oh mio dio le ricordava tanto se stessa da giovane.
*******************
Niall era rinchiuso nella sua scatola sonora- ovvero una stanza piena di strumenti e di ogni accessorio che gli sarebbe potuto servire- a strimpellare qualche pezzo di canzone, anche se puntualmente anche quelle allegre finivano in modo depressivo o da cavarsi gli occhi. E dire che Niall Horan era un tipo allegro, carismatico, sarcastico e... nulla a che vedere con la figura che quel giorno si presentava davanti allo specchio.
"Così ti toglierai il vizio di bere" disse la parte realista di lui, invece quella sentimentale gli ricordò che magari non sarebbe stato così male aver fatto quella scommessa.
"Stai scherzando?" si rispose arrabbiato, posando poco dopo la chitarra e prendendo il suo telefono.
Si mise a ridere tra sé costatando che stava parlando e allo stesso tempo litigando con se stesso.
No, non stava bene, era più che appurato.
Così mise da parte quello che gli frullava nella testa e cliccando sull'icona di twitter aprì il suo profilo per poi schiacciare la barra di ricerca e premere l'ultimo nome cercato.
"Tutto questo è una follia" ammise.
"Una bella follia" a sua volta si ritrovò a confessare mentre l'immagine di quella ragazza che non conosceva gli apparve davanti.
Passò in rassegna la sua biografia e... continuava a rimanerne stupito, chiedendosi come i suoi amici avessero trovato quella ragazza in mezzo a migliaia di altre ragazze.
Incredibile. Eppure i suoi amici l'avevano trovata.
«Sto davvero perdendo la testa» affermò stavolta ad alta voce sorridendo nervosamente.
Era bella, cavolo doveva ammetterlo... ma così lontano dalla sua portata.
«Emma Williams, stilista in cerca di una possibilità. Modella a tempo perso e amica a tempo pieno»
Sì, è vero, lui era Niall Horan degli One Direction, Niall Horan di Flicker, ma... non era mai stato solo Niall Horan di Mullingar e non sapeva come comportarsi.
Lei era fin troppo fuori dalla sua portata. Niall continuava a ripeterselo e non solo perché a lui le modelle non piacevano ma perché... bastava scorrere i suoi tweet per rendersi conto che erano come il giorno e la notte, come la luna e il sole, come il mare e la montagna e... poteva continuare a elencarli tutti gli opposti ma niente sarebbe cambiato.
La sua mente si era rassegnata, sapeva che avrebbe perso quella scommessa, in quanto al suo cuore... Beh, era l'artefice che portava Niall o meglio il suo dito a scorrere il profilo della ragazza per capire di più su di lei. La prima cosa che risaltava ai suoi occhi era che quella ragazza era una bomba, anche con una semplice tuta sapeva essere sexy e non perché portava scollature o vestiti troppo corti ma perché sapeva di esserlo e quello la rendeva sexy con nonchalance. Il suo discorso sembrava confuso, ma lui l'aveva capito: persino quando la vide sporca di vernice dopo una partita a paintball, la trovò dannatamente bellissima.
«Dory: Sto pensando a una cosa arancione e piccola. Marlin: Sono io.» lesse rimanendo sorpreso di trovare tra i vari post una frase del film alla ricerca di Nemo, ma prima di essere felice avrebbe dovuto continuare.
«Beh, certo. Chi ti aspettavi, cappuccetto roso e il lupo cattivo?» ecco, dopo quella frase le sue poche certezze crollarono.
Nonostante Niall avesse l'umore sotto i piedi, continuò trovando altri post che gli facevano credere che non l'avrebbe mai e poi mai conquistata.
C'erano frasi divertenti sugli sport, gli sportivi e tante frasi tratte dai film horror, qualche link di spezzoni di film, trailer di nuove uscite al cinema e, cosa che lo sorprese, cerano alcuni post su ipotetiche frasi per tatuaggi.
Quell'ultima cosa lo portò allo sconforto totale. Quella ragazza non era solo impossibile, ma anche irraggiungibile.
«Ora basta» affermò duro ad alta voce più a se stesso che ad altri.
Chiuse l'app, aprì whattapps e mandò un messaggio sul gruppo ai ragazzi convocandoli immediatamente a casa sua. Lo sapeva che sarebbe dovuto andare a Mullingar e non rimanere a Londra, ma... ormai il guaio era fatto, pur se quel guaio aveva una tempistica precedente al suo arrivo a Londra.
********************
Emma era stravolta, quella giornata l'aveva distrutta, come capitava spesso quando faceva tardi: indossò il suo cappotto, prese la borsa, chiuse a chiavi la boutique e camminò per qualche minuto fino ad arrivare alla sua trattoria preferita.
Alzò gli occhi verso l'insegna "Da Pippo" e sorrise perché quel piccolo nome le faceva sentire meno mancanza di casa; anche se era cresciuta a Londra tornando ogni estate in Italia, ciò non le sembrava mai abbastanza per apprezzare quella terra ricca di calore, ricchezza e amore.
Si strinse nel suo soprabito, spinse la porta e non appena entrò si ritrovò catapultata nell'atmosfera di casa soprattutto quando due braccia forti la strinsero.
«Pippo» esclamò sorpresa, ma non più di tanto dato che spesso si trovava all'ingresso per accogliere i clienti.
Era un posto che aveva scoperto da molto tempo, nel quale ci si era imbattuta per caso e... Beh, dopo non era riuscita più a farne a meno.
Si accomodò al suo solito posto e prese in mano il menù decidendo di voler provare qualcosa di diverso.
Niall era dello stesso pensiero perché dopo che la conversazione con i suoi amici non era andata proprio come voleva, infilò con rabbia il giubbino, prese le chiavi di casa e uscì come una furia.
Doveva schiarirsi le idee, tuttavia sembrava che non volessero lasciarlo andare così mentre i piedi avanzavano e la mente non smetteva di girare, si ritrovò davanti a una trattoria, un luogo in cui non era mai stato e decise di entrare.
«Salve, è possibile avere un posto per una persona?» domandò cordialmente accennando a un sorriso, ma se c'era una cosa che detestava di più dei suoi amici in quel momento, era quello.
Sì, presentarsi al ristorante da solo confermando che la cena si sarebbe svolta con se stesso.
La cosa era anche buffa perché la sua mente tornava sempre al discorso precedente.
«Niall non puoi dire seriamente» affermò Harry, lasciando roteare i suoi occhi e facendo ridere i suoi amici.
«Questa è una missione impossibile» costatò lui, iniziando ad elencare tutte le cose che lo differenziavano da Emma.
«E' solo una stupida scommessa» provò Liam ma Niall lo fulminò, ricordando com'era finita l'ultima e subito si zittì.
«Io... non andrò avanti» disse duramente, spostando i capelli all'indietro e chiudendo gli occhi.
Lo sapeva, lo avrebbero visto per uno che molla, ma finché si stava agli scherzi, era una cosa, ma qui... la posta in gioco era alta e ora con più lucidità ammetteva che non era da lui.
«Ma davvero credi che l'abbiamo fatto apposta?» chiese Louis, alzandosi dal divano e mettendosi davanti all'amico.
«Io...»
«Niall» urlarono tutti e tre e, ancor prima che lui parlasse, iniziarono loro.
«Eravamo tutti ubriachi, nessun escluso e...»
«E' stata solo una coincidenza che tra tutte le ragazze sia capitata lei»
«Niall... E' solo una scommessa fatta da ubriachi che puoi accettare o no. Noi non ti stiamo obbligando, ci stavamo divertendo, avevamo bevuto ed è uscito fuori questa cosa»
«Saremo sempre amici, indipendentemente da questa stupida scommessa»
Lui guardava i suoi amici seduti sul divano con le espressioni serie e leggermente feriti per ciò che aveva detto, per quella fiducia mancata, ma... loro lo conoscevano bene, sapeva quanto avesse poco familiarità con le relazioni sentimentali e quanto fossero importanti per lui.
Si detestava ancora di più per ciò che aveva fatto, anche se era stato un momento di follia.
«Senza offesa amico, ma io dico... l'hai vista?» confessò Louis interrompendo quel silenzio imbarazzante e tutti si misero a ridere, persino lui.
«E poi... chissà se proprio questa stupida cosa non potrebbe davvero portarti l'amore» ammise Harry che si lasciò cadere sul divano, andando a sbattere contro Liam.
«Non possiamo farti cambiare idea se non vuoi farlo, ma... sono d'accordo con loro»
Quelle furono le ultime parole ma Niall non era convinto e voleva mollare, magari senza passare per un cacasotto.
Mentre sfogliava il menù in cerca di qualche piatto che attirasse la sua attenzione, la mente rideva di lui dicendogli di smetterla e non farsi mille paranoie inutili e che magari per una volta avrebbe potuto imparare a lasciarsi andare.
Era frustato, ma non lontano da lui anche Emma lo era.
Ebbene, nessuno dei due era a conoscenza dell'altro nello stesso luogo e allo stesso ristorante; inoltre, seppure mille cose li allontanava ce ne era una che li accomunava: avevano entrambi amici ficcanaso.
Aspettava la sua ordinazione, ma la sua mente stava già lavorando al prossimo vestito da cucire quando il suono del suo telefono la richiamò alla realtà.
«Ti voglio bene, anche se fossi Emma la cinica sempre e raramente Emma Williams la folle»
Non poté fare a meno di sorridere, tuttavia fu una cosa più forte di lei e afflosciò le spalle sentendo il peso di quelle parole. Shay era fatta così, amava troppo e a volte troppo poco, ma era la sua migliore amica da quando aveva memoria e per questo la cosa la infastidiva tanto. Poteva dire cose che solo a lei erano permesse e se arrivava a tanto ... Beh, significava che doveva smetterla di piangersi addosso e andare avanti.
"Hai solo incontrato la persona sbagliata" le ricordò la parte sentimentale, ma quella razionale aggiunse che doveva uscire dagli schemi.
"Io non ho un tipo" ammise a se stessa, non smettendo di sorprendersi per quanto fosse stupido quel parlare alla sua io interiore.
Ci credeva davvero? No, perché in quel momento il volto di Lucas le apparve davanti, poi Matthew e Noah e vide che era vero. Lei aveva un tipo. Alla fine di quell'ammissione decise che avrebbe preso il dolce e, non c'era niente di meglio di un gelato al cocco affogato al caffè.
Niall era strapieno, quel piatto di pasta allo scoglio era stato... sensazionale, per non parlare di quel secondo che lo aveva conquistato già al primo boccone. Stranamente non avrebbe voluto andarsene, eppure la stanchezza di quel giorno cominciava a farsi sentire e la birra presa non l'aveva di certo aiutato.
Prese il giubbino, lo indossò poco dopo aver lasciato i soldi e una generosa mancia e ancora assorto tra sé s'incamminò verso l'uscita.
Emma aveva gustato il dolce cucchiaino dopo cucchiaino e non se ne era pentita, nemmeno dopo aver letto su internet le calorie che aveva assunto quella sera solo con quell'ultimo piatto. Si alzò soddisfatta, passò a salutare Pippo e la crew come le piaceva chiamarla e dopo aver indossato il cappotto prese la direzione di casa, la stessa che ormai i suoi piedi conoscevano a memoria.
Successe tutto all'improvviso, uno scontro che nessuno dei due poteva prevedere. Un momento che cambiò le loro vite, anche se ancora non lo sapevano.
Gli occhi azzurri di lui si scontrarono con quelli verdi di lei e in quell'attimo scoprirono che quella sera non faceva proprio schifo. Ogni cosa fu dimenticata, ogni screzio, litigio, discussione svanì e rimasero solo quegli occhi che si guardavano e si rispecchiavano l'uno nell'altro.
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Buongiorno e Buona vigilia di Natale a tutti ^_^
Scusate per questo enorme ritardo, ma tra il lavoro, lo studio e l'arrivo dei miei a casa non sono riuscita a pubblicare in tempo.
Sì, per la prima volta festeggerò un Natale udinese, perchè al momento abito con mia sorella qui, ed è bello, anche se mi mancano i parenti.
Beh, ma parlando del capitolo... che ne pensate? Vi piace?
Che ne pensate di Emma? E Niall?
Ditemi le vostre impressioni, ma sapete che c'è molto, molto da scoprire ancora, siamo solo agli inizi.
Un bacio e Buone Feste a tutti *_*
Claire
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