CAPITOLO 21: Ritardo

Il loro volo era appena partito, quei giorni in Sicilia erano stati belli e dolorosi, avevano parlato, gridato e sorriso, ma in fin dei conti non tutto forse era stato come sperato.
Posò il telefono in borsa, abbassò gli occhiali sul viso e si lasciò cadere sulla poltrona mentre poco più in là Niall faceva partire la sua playlist lasciando che gli ultimi raggi del sole riscaldassero alla sua pelle bianca.


Alzò gli occhi sui suoi e solo quando il verde di Emma si rispecchiò nell'azzurro di Niall, seppero che era arrivato il momento.
«Hai così poca fiducia in me?» domandò irritato lui, stringendo i denti per quanto gli era constato chiederlo.
«Non è...»
«Ti prego, non dire che non è questo perché mi metto davvero a urlare» obiettò Niall stavolta, le sue mani passavano freneticamente sui jeans cercando di non commettere qualche stupido errore.
«Non è che ho poca fiducia in te, ma nel resto del genere maschile» affermò Emma sottovoce e , accorgendosi di come suonasse si volse verso di lui aspettando una sua reazione.
«Pensavo che fra tutti, tu fossi diversa»
«Ed io lo pensavo di te» ribatté, ma con voce instabile tanto che entrambi sapevano di non poter andare avanti oltre.
«Continuando ad accusarci non riusciremo mai a chiarire» convenne l'irlandese, ormai ci aveva perso le speranze.
Come poteva farle cambiare idea?

«Noi due stiamo insieme per davvero e la cosa che mi fa talmente tanta rabbia e che prima di partire, prima di tutto questo ero felice. Ti sei lasciata abbindolare da riviste da quattro soldi, non mi hai dato il beneficio del dubbio e hai deciso che doveva finire. Sono stato io lo stupido che avevo detto a mia madre, alla mia famiglia e a Sally che stavo frequentando una ragazza, pensavo davvero che fosse l'inizio di qualcosa e ora... tutto questo mi sembra lontano anni luce»
«Ogni coppia ha i suoi problemi, è normale altrimenti non saremmo umani, ma pensavo che quello che avessi visto in noi fosse diverso, che tutti quegli anni dietro i riflettori a farmi sentire sempre inadeguato e sicuramente fuori luogo mi avrebbe permesso di avere di più»
«Niall...Tu cosa?» domandò sbalordita lei, tanto da sbarrare bocca e occhi, contorcendo le dita della mano per il nervosismo.

«Sì, Emma. Ti ho detto che non prendo le relazioni alla leggera, ti ho detto che non vado a baciare chiunque e...»

«Mi dispiace...» affermò sincera e, forse per la prima volta si vide uno spiraglio di luce in fondo al tunnel.
Era davvero così.
«Lo so che non sono facile da gestire, sicuramente per questo tutte le mie relazioni sono finite, ma la vita non è mai stata clemente con me. Solo per il fatto di essere una donna mi sono trovata spesso in situazioni spiacevoli, ho dovuto lottare contro chi vedeva un bel viso e pensava di fare ciò che voleva e degli uomini che dicevano di amarmi per poi calpestarmi un minuto dopo»
«Emma...» farfugliò poggiando la sua mano sulla guancia di lei, raccogliendo una lacrima che stava bagnando il suo volto.
«Mi dispiace, non volevo farti piangere o ferire e...»
«Sono io che sono debole, mi basta un non niente per allontanare le persone, purtroppo per me è difficile fidarmi, più di quanto potrebbe esserlo per gli altri. Ho un problema che non so se supererò mai, ma...»
«C'è la faremo insieme» affermò sicuro di sé Niall, attirandola verso il proprio corpo per circondarla e abbracciarla.
Forse dopotutto l'uno aveva bisogno dell'altro, così vicini e stretti iniziarono a chiarirsi, parlarono per ore dietro a sorrisi, lacrime, dolori e molto altro.
Era arrivato il momento di crescere.


Quelle vacanze trascorse con la sua famiglia le avevano portato a chiarirsi le idee e decidere cosa volesse fare della sua vita e del suo lavoro, sapeva già che il ritorno sarebbe stato impegnativo, la sua testa stava scoppiando per tutti gli appunti che si era prefissata di ricordare.
L'aereo stava per atterrare così Emma scosse Niall per avvertirlo, ma sapeva essere davvero un testone così fece l'unica cosa che le passò dalla mente.
«Un giorno o l'altro te la farò finire di picchiarmi» ammise lui storcendo la bocca mentre si massaggiava il braccio dolorante.
«Sei peggio di mia nonna quando si addormenta davanti alla tv» replicò, facendo alzare le sopracciglia nell'appiglio di una replica che non avvenne.
«Sono solo stanco e tu ne hai parte della colpa» convenne sogghignando, passando la mano sulla sua e stringendola cercando di non farsi vedere.
Si erano camuffati, erano assurdi con quei look eppure loro sembravano divertiti e il sorriso sui loro volti né era una testimonianza.
Aspettarono dei momenti all'apparenza interminabili e quando ognuno venne in possesso della propria valigia, s'incamminarono verso l'uscita e, proprio come alla partenza ognuno per la propria strada.
Si era promessi di ricominciare, lo volevano ma entrambi avevano ancora molto da affrontare, non tutte le questioni erano state risolte illudendosi che fosse il contrario.


**************


I giorni a seguire furono frenetici, Emma si ritagliò del tempo per le sue amiche, si consolarono a vicende, raccontò loro tutta la verità e subì quell'interrogatorio che già si aspettava da qualche tempo.
Ne era intimorita, ma una parte di sé era anche orgogliosa, non la parte in cui pensava a Matthew e a come fosse finita l'ultima volta, ma quella piccola dove viveva la speranza.
La cosa che più l'era mancata arrivò la sera stessa del suo ritorno, il suo amico piumoso non appena la raggiunse volò e si poggiò sulla sua spalla per poi appoggiare la testa alla sua guancia.
«Ti sono mancata davvero tanto» affermò divertita grattando la sua testolina verde e coccolandolo cercando di recuperare il tempo perso.
Era stato difficile, ma non sempre poteva portarlo con sé e lì, poco distante da Londra aveva trovato una casa di cura, - La casa degli animali- un luogo che ospitava tutti e se ne prendevano cura.
Le sue giornate si svolsero sempre in continuo movimento come un giorno in metropoli, non seppe più in che giorno della settimana si trovasse, se era notte o giorno perché le ore sembravano accumularsi più del lavoro svolto.
«Devi riprendere fiato Emma» la ammonì Agatha che, la osservava come un falco e che, anche quel giorno stava in negozio dopo la chiusura, ma l'ala dedicata a lei aveva bisogno di attenzione e lei doveva dargliene.
«Me la caverò» ripeté, una frase ormai consueta a ogni risposta, gli occhi curiosi della donna si accorsero che si stancava troppo ultimamente, che spesso era bianca in viso e si pose delle domande che non rivolse alla diretta interessata. Volle aspettare, anche se fosse sicura del suo esito.
Le lanciò uno sguardo pieno di preoccupazione ma decise di lasciarla andare, promettendosi che un giorno di quelli le due avrebbero parlato.
Emma arrivò a casa quando il suo telefono prese a squillare e ancora saltellando sui tacchi che stava cercando di togliere rispose con voce affannata.
«Dovrei iniziare a preoccuparmi?» domandò una voce che lei conosceva bene, la stessa che adorava sentire prima di andare a letto.
«Non so, tu che dici?» insinuò Emma sogghignando, mentre dopo essersi tolta le scarpe e i piedi vennero in contatto con il pavimento freddo camminò quasi danzando fino alla camera per buttarsi sul letto.
La risata dell'irlandese fu inconfondibile, c'erano cose che cambiavano e altre che rimanevano immutabili e... il suo modo di ridere era fra questi.
«Ora sì che dovrei preoccuparmi! Che cos'era quel rumore?»
«Nì, eddai!!» esclamò lei sbuffando che, seppure stanca e sfinita non poté non sorridere perchè lui era anche questo, un misto di dolcezza e divertimento.
Parlarono per circa un'ora, in modo serio e buffo, ma in quel momento l'aria che aleggiava intorno ai due era di pace, ma lo sarebbe stata ancora per molto?
Quella domanda non fu pronunciata, ma entrambi silenziosamente lo pensarono e questo scuotè i loro animi affini che sembravano aleggiare in un mare di tempesta.
Si era appena infilata il pigiama quando Emma sentì il campanello di casa suonare e strisciando i piedi, con il viso stanco, gli occhi marcati e borbottando andò ad aprire.
Si era immaginata tutto, tranne che le sue due migliori amiche fossero andate da lei con cibo spazzatura in una mano, alcol nell'altro e una busta piena di dvd.


"E tu che pensavi a una serata tranquilla" la provocò il suo io, ma lei non rispose ma alzò gli occhi a cielo come a confermare l'ovvietà.

"Avresti dovuto far finta di non essere a casa" propose la parte sentimentale, ma non ebbe finito che quella razione ribadì.
"Come se Emma sono sempre sincera e perfetta Williams fosse in grado di mentire" rispose divertita, ma, persino lei non trovava gusto a prenderla in giro senza che la diretta interessata rispondesse.


«Ems... Ems...» chiamò Rose, ma guardando l'amica scuotè il capo rassegnata che lei sarebbe sempre stata nel mondo dei sogni, invece Singh avrebbe vissuto nel suo mondo di pane e cinismo. Shay fece il suo ingresso, il più teatralmente possibile.
«Terra chiama Emma» affermò forte, passando accanto all'amica e spingendola con il fianco mentre teneva in bilico una ciotola di pop corn e una birra.
«Shay» esclamò stufa Rose che le lanciò un'occhiataccia per minacciarla, cosa che non avvenne.
Lentamente Emma riprese possesso del suo corpo e ritorno dalle sue amiche, pur se tutto urlava riposo; finì per divertirsi senza accorgersene, prese a mangiare e bere con soddisfazione.
Iniziarono con un film comico, continuarono con uno sentimentale e finirono per uno di quelli catastrofici tipo l'ultimo giorno sulla terra che mise le tre in allerta.
Avrebbero dovuto pensarci prima, infatti, quando il fattorino del cibo messicano suonò alla porta ecco che nella stanza si sentì un urlo poco femminile e tre figure che saltavano sul divano.
«Siete delle fifone» disse prendendole in giro Shay, ma persino lei alzò le spalle, aveva dei brividi lungo la schiena, tanto che la mente si mosse più velocemente dei piedi.
Iniziarono a mangiare, ma Emma dopo qualche forchettata di messicano iniziò a essere infastidita dagli odori, il gusto le sembrava diverso rispetto al solito e la sua lingua sembrò impastata da tutto il resto.
Fece finta di nulla e continuò, ma quella sensazione non la abbandonò e si sentiva strana, da qualche giorno aveva anche notato che era spesso spostata, soprattutto la mattina e che faceva fatica a bere il caffè subito dopo essersi preparata.


"La finisci di diagnosticarti malattie che non hai?!" chiese spazientita il suo io, ma non udì risposta o affermazione.
" E se avessi un male che nessuno si è mai accorto?" domandò alla sé immaginaria e quando stava per smettere ecco che udì la risposta.
"Tu guardi troppo grey's anatomy. D'ora in poi faremo un mese di cartoni animati, forse così smetterai di cercare i sintomi su google, fasciarti la testa e imitare quei pazienti della tv che poi... hai mai visto che fine fanno?"
"Sì, hai ragione, ma forse..." provò, ma non riuscì a finire che fu interrotta in modo brusco.
"Basta. Confermato. Un mese di cartoni" e seppure avrebbe voluto ribattere, la sua mente ritornò alla realtà, nel momento esatto in cui Shay tirava i pop corn nei capelli di Rose.


Era così concentrata su se stessa da aver dimenticato un attimo le sue amiche, ma quello la richiamò perché... una serata non era tale se non si finiva col fare la lotta con il cibo.
È vero, erano adulte e avrebbero dovuto comportarsi in modo più dignitoso, ma le Charlie's Angels, avevano tantissime versioni, senza dubbio quella era la versione che amavano di più.
Alla fine sconfitta si buttò sul divano seguita da loro che non smettevano di prenderla in giro, o almeno era quella l'intenzione prima che Emma fu colpita da un piccolo mancamento e la costrinse a sederci.
Le amiche la stavano guardando in modo strano, ognuna delle due ipotizzava sintomi, diagnosticava malattia, ma erano decisamente fuori strada.
Rimasero quiete per un po', almeno fino a quando Little sunshine non lanciò un occhio all'orologio e si accorse che era dannatamente tardi e che, le tre avrebbero dovuto svegliarsi presto per andare a lavoro.
Raccolse le forze e iniziò a pulire e quando Emma e Shay la seguirono lei sorrise soddisfatta, ma non smise di guardare l'amica che, notò solo allora avere un colorito più chiaro del solito.
Avrebbe dovuto essere più discreta, Shay si accorse di tutto e le lanciò sguardi omicidi, successivamente a domande senza risposta, ma quando gli occhi verdi s'incontrano con quelli marroni di Shay ogni dubbio, sembrò dissipato.
Sbarrò gli occhi per quella supposizione, come aveva fatto a non pensarci prima?
In sostanza le era stato intimato di starsene buona, in silenzio e farsi gli affari suoi, ma.... Chi conosceva Shay Singh sapeva che nulla di quello la rappresentava.
«Mica sarai incinta?» sputò fuori la mora con tono più alto di quanto sarebbe voluto, preoccupando Emma e facendo alzare gli occhi a cielo a Rose.
Un momento tra amiche si trasformò nel gelo polare artico. Nessuno mosse più un dito, gli sguardi passavano da una figura all'altro, i sospiri si fermarono e la stanza cadde in un silenzio spaventoso.
La serata si concluse così, un saluto veloce, nessuna parola scambiata e un punto di domanda senza risposta che, mise in agitazione tutti, specialmente la diretta interessata.


***********************


Emma rimase a letto per poco, dalla finestra lasciata aperta la notte di prima s'intravedevano già le prime luci dell'alba, mostrando la figura nel letto irrequieta, più di quanto fossero i suoi sogni.

Guardò il mare, senza in realtà vederlo perché Niall era preso a distrarla con i suoi gesti dannatamente dolci. La conversazione li aveva portati a un livello superiore, sicuramente non avevano chiarito ogni cosa, ma avevano la certezza che erano sulla stessa lunghezza d'onda e che volevano percorrerla insieme. La fece stendere sulla tovaglia senza mai staccarle gli occhi di dosso, Niall la sollevò e le liberò i capelli, che ricaddero incorniciandole il viso come una pioggia di seta. Non fece niente, a parte lasciarsi cullare dalle sue dita lunghe e sensuali che continuavano ad accarezzarle i capelli.
Ma quando le mani di Niall si spostarono sul collo, Emma non riuscì più a ignorare niente. Cercò di ricordare il motivo per cui si trovavano lì, ovvero quello di passare una giornata in spiaggia insieme, s'impose di comportarsi come un'adulta, ma era impossibile contenere le sensazioni che si facevano strada nel suo corpo e nella sua mente. 
«Oh... Niall» esclamò, chiuse gli occhi, mentre lui la attirava a sé e le sfiorava le labbra con le sue, accarezzandole con la lingua e lei pensò di essere in Paradiso.
Non si oppose quando lui la fece scivolare su di sé e si lasciò svestire, avrebbe dovuto pensare, ma l'irlandese la privava di ogni sana facoltà mentale.

«Emma... io..»

«Ti prego» sussurrò sulle sue labbra mentre lui continuò a baciarla, ma un lampo colpì entrambi e si fermarono per osservare l'ambiente esterno.

Tra tutti avevano scelto quella spiaggia perché Emma sapeva che non passavano macchine, che quel gazebo coperto, al riparto dal tempo, era il territorio delle coppie che volevano appartarsi, dove nessuno andava a controllare.
«Siamo al sicuro» all'unisono affermarono sorridendo lasciando poi il posto a emozioni più intense e maliziose.

Le accarezzerò i seni nudi, le tolse i pantaloni ed Emma ricambiò il gesto senza mai interrompere il bacio, sentì la sua virilità che le sfiorava le cosce, le mani che le accarezzavano i seni, tormentandole i capezzoli e il suo corpo forte che si muoveva sotto di lei.
«Noi... stiamo...» ansimò più volte senza riuscire davvero a finire la frase, lasciando che Niall la inondasse delle sensazioni che anche lui sentiva.

«Oh... si... tesoro» rispose sogghignando, confermando l'ovvietà della situazione muovendo il corpo di Emma sul proprio accendendo in lei, un fuoco lento e inesorabile che la consumava mentre il battito del suo cuore raggiungeva un ritmo insopportabile.
Travolta dal desiderio, si aggrappò alle spalle di Niall, ormai il fuoco la divorava, come le fiamme che incendiano l'erba secca. Emma udiva dei gemiti e sapeva che era lei stessa a emetterli, ma non riusciva a trattenersi. Il desiderio si era trasformato in fame assoluta, fame dell'irlandese, del suo corpo, della sua bocca, della carezza sensuale della sua lingua e della morbidezza vellutata delle sue labbra. Ma non solo.
«Sei sicura?» domandò dolcemente Niall consapevole che si stavano spingendo oltre, molto più di quanto avrebbe pensato e in poco tempo, cosa che gli provocava un po' d'ansia.

«E me lo chiedi ora?» rispose la mora con il suo tocco non proprio gentile, cosa che la stupì e capì che non era in sé la domanda, ma il fatto che si era fermato.

Emma intrappolò Niall con le cosce, aggrappandosi a lui e non ci volle molto prima che i due si unissero in un apice di emozioni mentre il fuoco della passione bruciava entrambi. Crollarono sulla tovaglia da mare ansimando, esausti e travolti da quel turbine di sensazioni che non avevano mai provato. Si girarono l'uno verso l'altro e si strinsero, consapevoli che nulla sarebbe tornato più come prima, sotto lo sguardo della luna e delle stelle Emma e Niall si stavano facendo una promessa.

Si risvegliò sudata, con il cuore a mille, ansimando e con le guance in fiamme non riuscendo a respirare. Le sembrava di essere ancora su quella spiaggia, a fare l'amore con Niall e le ci vollero parecchi minuti per riprendersi, intanto per aiutarsi accese la luce della stanza.
Ravvivò i capelli sudati dalla fronte e si mise seduta, una gamba sotto il sedere e l'altra che pendolava dal letto pensando che quel sogno non era una coincidenza.
La sua agitazione divenne palpabile, iniziò a fare avanti e indietro nella stanza, poi lanciò un'occhiata fuori e si accorse che era ancora presto, tornò a letto, si sdraiò e chiuse gli occhi. Voleva farlo ma le immagini di quel sogno si presentavano vividi e lei non poteva... No, non poteva farlo.
Si alzò, sistemò la propria stanza, si fece la doccia, indossò un outfit molto casual e comodo attaccando i capelli in uno chignon scomposto e si avviò nel suo piccolo angolo di atelier, consapevole che il lavoro in quel momento fosse l'unica cosa che poteva distrarla.
La prima cosa che fece fu prendere in mano i bozzetti dell'abito di fidanzamento di Nina, aveva una buona base, ma c'era ancora qualcosa che non le tornava, d'un tratto quel mattino capì cosa. Si alzò in fretta, iniziò a strappare fogli di giornale e nel frattempo creò un bozzetto di verso, dei ricami che rimarcava con del pennarello nero e disegni che stava creando per la prima volta.


"Perché non ci ho pensato prima?" si domandò dandosi della stupida, anche se una persona comune in quei pezzi di giornale non avrebbe visto nulla di particolare.
"Forse eri troppo impegnata a fare sogni erotici" la schernì la sua io razionale, mentre quella sentimentale la spalleggiò.
"Perché Emma ci sono momenti che non tutto c'è chiaro a prima vista, a volte dobbiamo guardare oltre le apparenze, oltre i limiti della nostra immaginazione" continuò e, seppure stesse ragionando con se stessa, si diede il cinque. Era vero.

Ritornò alla realtà e continuò il bozzetto, non aveva ancora deciso il colore del vestito, ma sicuramente sarebbero stati necessari due colori, uno chiaro e uno più scuro e nella parte finale del vestito avrebbe inserito dei ricami con del pizzo. Ci pensò e ripensò, ma qualcosa di quell'ultima scelta stonava, non voleva che ci fosse un distacco netto nel finale, doveva fare in modo che una parte accompagnasse l'altra. Aveva già buttato via parecchi fogli insoddisfatta, decise di metterli da parte e continuare dopo, ma in quel momento il suo stomaco le ricordò che non aveva ancora mangiato e, seppure fossero appena le sei, fece un'abbondante colazione. Mentre addentava l'ultimo boccone di croissant al cioccolato, le balenò nella mente un'altra idea nettamente folle, ma che avrebbe dato una svolta all'abito da sposa che stava preparando per Tommy. Corse subito nel suo angolo di paradiso, cercò la cartella con gli schemi e i primi bozzetti e si accorse che era rimasta indietro, così si sedette è iniziò a scarabocchiare le idee che le frullavano per la testa.

"Dopotutto quest'alzataccia è servita a qualcosa" affermò soddisfatta, sfogliando i fogli di carta che teneva in mano.
"Posso confermare che è tutto merito di Niall e delle sue..." la provocò la parte maliziosa ma Emma decise di non abboccare e lasciò correre.

Una delle cose che amò realizzare erano i particolari in pizzo che avrebbe ricreato sul vestito, anche se non sapeva né dove e come disporli, ma sapeva che dovevano esserci. Prese l'ultimo foglio, quello che la convinceva di meno e se o rigirò tra le mani, aveva appena abbozzato il dietro del vestito, fissava la schiena e sentiva che qualcosa mancava. Il ricamo c'era, piccole porzioni di pelle scoperta anche, la parte in velo ci sarebbe stata, ma... d'un colpo battendo le sue ali arrivò Jhonny che fece cadere dal suo becco un vecchio bottone di perla.
«Oh cavolo, come ho fatto a non pensarci prima» urlò alzando le mani in aria vittoriosa, mandando dei bacini al suo amico piumoso e rimettendosi a disegnare.
Aveva cercato quel dettaglio per giorni, provato diversi modelli, ma stonavano tutti con l'idea che lei si era fatta dell'abito, ma ecco... ecco che il pezzo finale era arrivato.
Era rimasta a fare le aggiunte necessarie e non si era accorto che l'orologio della sala segnava già le sette e mezzo, doveva sbrigarsi o avrebbe fatto tardi ma si alzò troppo veloce e fu colpita da un giramento. Emma fece alcuni passi indietro, tastando con le mani si poggiò all'angolo del tavolo per riprendersi e quando ritornò in sé, spalancò gli occhi e l'ansia che aveva provato ritornò a insistere. Era riuscita a far sparire quei pensieri, ma non a lungo e abbastanza da farglieli dimenticare.





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