CAPITOLO 19: From London to Italy




Emma era distrutta, aveva anche parlato con Shay e Rose, ma persino loro non sapevano aiutarla perché... Beh, l'amica non era stata sincera con loro, non del tutto almeno.
Le cose sembravano cambiare quando dopo giorni di assoluto silenzio lei riprese la sua vita, passò del tempo con la sua famiglia, con la nipotina Silvia e con la nonna, lasciando che fosse lei a coccolarla, proprio come faceva quando era piccola.
Le sue giornate erano lunghe ed estenuanti, soprattutto per i preparati per il pranzo di Natale, in più si divideva tra il suo lavoro - che si era portata con sé-  e il vedere le puntate di Miracoulus con sua nipote dopo la promessa fatta.

"Sei così impegnata che la tua testa prende fuoco e noi con lei" si disse e quando un attimo dopo la parte razionale tacque capì che nulla era cambiato.
"Dovresti smetterla con lo show Niall mi ha ferito" le disse il suo io, ma come doveva fare?
Lui le piaceva e quello era un duro colpo, soprattutto dopo Matthew.
"E tu dovresti imparare a stare zitta una volta tante" sbottò la parte sentimentale tanto che Emma si stupì.
"Devo smettere di parlare da sola" si ricordò, ma alla fine sorrise perché... sarà stata anche una pazzia, ma in quei giorni era proprio la se stessa che riusciva a strapparle un sorriso.

Era così intenta nelle sue riflessioni che non si accorse che la nonna si trovava davanti la porta e la stava osservando.
Anne non le aveva detto nulla, sapeva che sua nipote non fosse felice, che qualcosa le avesse rovinato quell'atmosfera di gioia ma ancora non sapeva spiegarsi cosa.
«Emma» la richiamò più volte la donna e, solo quando le si avvicinò e le toccò la spalla lei rinsavì.
«Oh, nonna scusami ma mi ero persa nel pensare alla mole di lavoro che devo fare» mentì spudoratamente ma le era bastato guardarla negli occhi per capire che non le credeva.
All'improvviso fu circondata dalla sua famiglia, c'erano urla, risate, scherzi e quell'aria di festa che lei amava e, anche se si sentiva con il cuore spezzato decise che nessuno le avrebbe rovinato il Natale.
Nemmeno l'irlandese avrebbe avuto questo potere.
Si misero a tavola e prima di iniziare il pranzo ognuno di loro ringraziò Dio affermando per ciò che erano grati, anche se non era del tutto quello il momento adatto.
«Io sono grata per aver avuto un marito che ha saputo amarmi fino all'ultimo, lo stesso che mi ha regalato due bellissime figlie e che a sua volta mi hanno dato dei nipoti di cui vado fiera. Oggi dovremmo essere tutti qui a festeggiare, ma seppure lontani siamo vicini perché non esistono barrire nell'amore. Ringrazio Dio per avermi dato la forza di superare ogni lite, ogni diverbio e il coraggio per andare avanti anche quando è stato difficile. Amare significa soffrire ma significa anche vivere e... Beh, siamo qui, davanti a Dio ringraziandolo per i doni dati e per le persone che ci circondano e per quelle che ci ha fatto incontrare» affermò l'anziana signora, mentre guardò i volti dei suoi familiari sorridenti soffermandosi su Emma.
Non avevano bisogno di dire altro, quelle parole erano state dette per lei, capì che sua nonna sapeva, forse non tutto ma la conosceva meglio di chiunque altro. La stava avvisando che quella sera quando tutti sarebbero tornati nelle proprie case loro avrebbero parlato.
«Buon Natale a tutti» dissero all'unisono la famiglia Williams e poi lentamente alzarono gli occhi al cielo e fecero lo stesso.
Non avevano dimenticato Alice e Fred, nessuno lo aveva fatto e quello era il loro modo per ricordarli, uno dei tanti.
Erano passate ore da quel pranzo, avevano fatto i piatti, sistemato il soggiorno , scartato i regali e ora non rimaneva che buttarsi a giocare, la tombola era quello che richiamava tutti, tanto che l'intera famiglia si radunò intorno al tavolo.
Si sentiva l'atmosfera natalizia, non solo dal profumo del cibo che ancora inondava la stanza o, dalle musichette natalizie in soffondo ma dall'allegria che vi era intorno e dai visi sorridenti di quelle persone.
Beh, persino Emma dovette ricredersi dimenticandosi tutto, lasciò che il calore di essere a casa fosse abbastanza.
«This time you will not pretend any commitment and you will run away. Stay and talk.» le disse la nonna in inglese sottovoce, così che nessuno potesse sentirla e capirla.
«Non c'è niente da dire e non è successo nulla» rispose in italiano quando anche l'ultimo parente era andato via.
Era tradizione che Emma per Natale rimanesse a dormire dalla nonna, ma più che mai quella sera avrebbe voluto cambiare idea.

"Non la scamperai liscia" le ripeté il suo io.
"E' ora che affronti la questione" le disse la parte razionale, anche se non godeva affatto di quelle parole.
"Sarà anche egocentrica e sfrontata, ma stavolta concordo con lei" aggiunse il suo io sentimentale.
"Ma dove diavolo sono finita" affermò mentalmente, infastidendosi che nemmeno nella sua mente poteva essere libera.
"Devi parlarne con qualcuno, ne hai bisogno e lo sappiamo tutti", ma quella parole si persero nell'aria perché Emma si ritrovò a guardare la nonna negli occhi.

«Bambina mia, quante volte ti ho detto che non devi mentirmi?» si ritrovò a riprenderla mentre lei alzava gli occhi al cielo e sbuffava.
«E non fare così! Sono vecchia mica scema» replicò Anne, mentre la mora si lasciava cadere sul divano in attesa che la nonna la raggiungesse per la solita ramanzina.
Era pronta per quello, ma in realtà nulla di ciò che pensava avvenne.
La donna si sedette al suo fianco e lentamente fece scivolare sulle sue gambe un vecchio e logoro album e, prima di aprilo lei la fermò.
«Sapevo che questo giorno sarebbe arrivato, ma speravo di non dover essere io a farlo» disse ma Emma non capì, la guardò confusa e quando i suoi occhi divennero lucidi capì.
«In questo vecchio album è racchiusa la storia della nostra famiglia, ti racconterò ogni storia anche se ci sarà  quella che conosci a memoria e un'altra che tua madre non ti ha mai raccontato, ovvero la mia»
«Non è vero, la mamma l'ha fatto» ribatté, alzando finalmente gli occhi e trovando il coraggio di guardarla, ma la sua espressione non mutò.
«Emma, tua madre non sapeva tutta la storia perché io a mia volte le avevo nascosto le cose più dolorosi perché era troppo piccola per capire e, quando poi lei è cresciuta io non ho avuto il coraggio di farlo perché me ne vergognavo»
Aprì le pagine e iniziò a sfiorarle, mentre sotto il suo tocco la storia si raccontò e non c'era sguardo più sorpreso di quello di Emma per far capire ciò che in realtà sua nonna stesse dicendole.
«Tua madre ha avuto la fortuna di incontrare tuo padre, anche loro hanno avuto i loro problemi ma sapevano sempre che il loro amore sarebbe stato più grande da poter abbattere ogni barriera, ma per me... oh tesoro, per me non è stato così»
«Mi avete sempre detto che l'amore è vita, che soltanto amando si può essere felici e che ogni cosa può essere perdonata e che...» affermò Emma dubbiosa, mentre sentiva le sue stesse parole e non riusciva a crederci.
«Sai, a volte non basta amare per essere felice, non puoi sistemare tutto solo perché due persone si amano e di certo non è così facile abbattere certi muri e...»
«Mi vuoi dire che tutto quello che mi avete detto è una bugia, che il modo in cui mi avete cresciuto non è altro che una menzogna» disse arrabbiata lei, alzando gli occhi verso la nonna e guardandola con durezza chiedendo una spiegazione valida.
Anne sapeva come si sentisse, lo aveva provato lei stessa eppure sorrise all'idea che Emma fosse così simile a lei da non capire ciò che le stava dicendo.
«Emma l'amore non è una fiaba o una favola, l'amore vero fa soffrire, ti spezza il cuore, ti porta a mettere in discussione ogni tua certezza...» e lei continuò a metterle davanti la dura verità.
Emma lo sapeva, lo aveva provato ma sentire quella parole la ferirono più di quanto ammise, soprattutto perché venivano dalla donna che l'aveva cresciuta.
Ogni cosa quella sera crollò, lei si sentì più smarrita che mai, ma non riusciva ancora a capire.
Tutte le persone che amava, che voleva bene o morivano o la ferivano.

"Sono io il problema" si ripeté mentalmente più volte e sempre con più determinazione.

Non voleva farlo, ma alla fine non riuscì più a inghiottire le lacrime e lasciò che venissero fuori mentre due braccia esili la stringevano a sé.
Rimasero così per un paio di minuti, nessuno parlò e quando Emma si sentì pronta si alzò e chiese di essere lasciata sola.
«Sei più simile a tua madre di quanto pensi, ma hai preso da me questo tratto del tuo carattere» affermò l'anziana, mettendosi in piedi anche lei e guardandola andare via.
Avrebbe dovuto fermarla, lo sapeva ma Emma aveva un carattere particolare e solo dopo aver rimuginato per ore né sarebbe venuta fuori.
Doveva riflettere su quelle parole, sentirle sulla sua pelle, ripeterle mentalmente e solo quando ne avesse capito il significato sarebbe stata pronta a parlare.





******************





Niall si sentiva stremato, aveva cercato di evitare le domande della sua famiglia e di Sally, ma alla fine il tanto provare lo aveva distrutto.
Aveva tentato di chiamare un paio di volte Emma ma lei non le rispondeva, o scattava la segreteria o trovava il telefono irraggiungibile.
Era chiaro ciò che significa, ma non poteva arrendersi.
Aveva passato il Natale in modo impeccabile, si era destreggiato tra la sua musica, la famiglia e i suoi amici che, per l'occasione cercavano di farlo riprendere.
«Mamma, ma...» iniziò il discorso ma gli morì in gola quando la vide osservare con gli occhi lucidi il loro vecchio album di foto.
Era così concentrato su se stesso da non essersi accorto che la madre non stava bene, o quanto meno che si sentisse sola.
«Stavo solo facendo un po' di ordine nello sgabuzzino» si affrettò a dire, ma quando il figlio gli mise una mano sulla sua persino lei capì di essere stata colta il fragrante.
«A volte mi mancano i momenti  in cui eravamo tutti insieme» confessò lasciandosi andare forse per la prima volta dopo tanto.
«Lo sai che noi saremo sempre qui, mamma», ma quelle parole sembrano non servire perché l'occhiata che gli lanciò era abbastanza ovvia.
«Niall a volte mi chiedo... ma poi mi ricordo quanto io e te ci somigliamo e mi ricordo perché al di là di tutto tu sarai sempre quello che tornerà a casa»
«Potrò avere casini nella mia vita, essere impegnato o qualsiasi altra cosa ma sappi che tu, mamma, sarai sempre nel mio cuore e farò di tutto per vedere quel sorriso sul tuo viso» gli disse abbracciandola, poco dopo che i suoi occhi presero colore e lucidità.
«Anche se ti chiedessi di essere felice?» ed ecco che arrivò il tasto dolente.
Lui la strinse ancora e parlò senza guardala perché... altrimenti non avrebbe avuto il coraggio.
«Io sono felice» ammise, ma quelle parole risultavano vuote come l'emozione che pur non volendo trasparì sul suo viso.
«Niall sono tua madre, lo so che non è così. Ti ho cresciuto, ho imparato a conoscerti, a capire i tuoi sbalzi d'umore, le tue espressioni e... so che non lo sei»
Niall si distaccò dalla madre, passò una mano tra i capelli e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi perché sapeva che non sarebbe riuscito a mentirle.
Era testarda, proprio come lui.
Si arrese e gli raccontò tutto, ovviamente evitando certi dettagli che era meglio non sapesse e quando lo fece...  si sentì più leggero, ma ancora quel magone lo perseguitava.
«Mi sono sentita in colpa quando io e tuo padre abbiamo divorziato perché sapevo che tu fra tutti saresti stato quello che ne avrebbe risentito di più. Speravo davvero che ciò che ci è successo non ti avrebbe influenzato, hai visto tuo fratello sposarsi, essere felice e pensavo che ti
sarebbe stato d'aiuto. Niall tu puoi essere felice, io e tuo padre non eravamo destinati a stare insieme ma non per questo non ci siamo amati e ora non ci vogliamo bene»
E la donna continuò a parlare lasciando il figlio senza parole.
Cosa avrebbe potuto aggiungere?

"Vedi, persino tua madre ti conosce meglio di te stesso"  si disse malinconico e poi guardò le loro mani unite.
"Niall non mi merito la felicità Horan eccolo di nuovo qui, e io che pensavo di averlo messo in un angolo" disse il suo io, ma l'irlandese sembrò non curarsene.
"Ha ragione lei" alla fine gli dissero all'unisono le due parti di sé che, non concordavamo mai e che, ultimante sembravano farlo più del solito.

«Mamma io non ho mai detto...»
«Non c'è ne stato bisogno»
E lui mise le mani in grembo e abbassò lo sguardo. Cosa doveva dirle? Poteva farlo?
E quando prese coraggio ecco che la stanza si riempì di gente e la calma che prima invadeva il soggiorno si trasformò in un vocio di persone che sembravano richiamare la loro attenzione.
Madre e figlio si guardarono e si promisero che avrebbero continuato dopo, ma quel momento non avvenne perché Deo, Greg e Denise lo sequestrano per l'intera serata.
«Mi spiace ma non te lo permettiamo. È l'ultimo dell'anno e persino Niall Horan non può passarlo in modo così... deprimente» convenne Deo che era già pronto con il suo look da rubacuori.
Il fratello gli scompigliò i capelli, la cognata lo costrinse a cambiarsi e con un'occhiata gli fece capire che era giusto così, che poteva farlo.
La famiglia Horan era giunta per salvarlo, ma ci sarebbero riusciti davvero?
Alla fine si lasciò convincere e seppure la sua mente era lontana chilometri e il suo corpo fosse rimasto a Londra lui era fisicamente a Mullingar e quando due braccia forte lo strinsero da dietro capì che era ora di iniziare la festa.
«Sassy!» esclamò lui sorridendo solo per ricevere dopo un pugno sul braccio che lui dovette massaggiare.
«Testa di rapa» rispose lei offensiva e alla fine finì per ridere perché non c'era nessun mondo dove i due si sarebbero comportati come persone normali.
«Te l'avevo detto che ci serviva lei» si ritrovò a dire Deo a Greg che, osservava il fratello sorridere ed essere più spensierato.
Tutti rimasero a fissarli, mentre i due diretti interessati se ne stavano a farsi scherzi e a prendersi in giro a vicenda ignorando di essere guardati.
«Voi due non ne capite un cavolo» affermò Denise facendosi spazio tra i due e dirigendosi verso Niall e Sally con due drink tra le mani.
Se ne stavano a guardarli senza capire e lei voltandosi si mise a ridere, erano impossibili ma alla fine anche lei era caduta nella trappola della famiglia Horan.
«Tranquillo Ni, anche lei cadrà nella rete degli Horan» rivelò lasciandolo senza parole, mentre prendeva la mano del marito e lo invitava a ballare.
Ovviamente la conversazione non passo inosservata e quando Sally ritornò con altri drink chiese spiegazioni, ma l'irlandese era più duro del muro del garage dell'amica e fece finta di nulla.
Beh, purtroppo Sally conosceva il suo punto debole, lo stesso che anche i suoi amici avevano utilizzato e così dopo qualche bicchiere di troppo ecco che, il perfetto Niall Horan si era lasciato andare.
«Tu di donne non ne capisci proprio nulla» constatò la sua migliore amica che non smetteva di ridere dopo che lui le aveva raccontato il suo primo appuntamento con Emma.
Era troppo brillo per capire che, proprio come con sua madre stava dicendo la verità.
«Sassy, ma tu non capisci» replicò lui senza lasciarla parlare continuando il discorso,mentre osservava i suoi piedi.
«Lei è come me, ha paura di essere felice, di amare e ha sofferto più di quanto ho fatto io. Sulla carta siamo compatibili ma nella realtà... siamo due treni che vanno alla deriva»
«Niall ma tu te lo sei chiesto perché ci stai così male?»
«No» rispose ingenuamente lui con quel suo viso dolce da bambino indifeso, ma Sally sapeva quale fosse la verità.
Lo aveva capito solo ascoltandolo e osservando i suoi gesti.
E poi... anche lui conosceva la verità ma non voleva ammetterla.
«Sii sincero. Ti conosco meglio di te. Questa ragazza ti piace, ti ha stravolto la vita proprio come tu hai fatto con la sua. Mi sembra di capire che siete così testardi da rovinare qualcosa ancor prima di potergli dare un nome», ma lui non rispose.
Cosa avrebbe dovuto dirle?

"Amico sei davvero un caso perso" si disse, ma non replicò.
"Ti sta dicendo che puoi essere felice", ma per lui sembrava una concezione così lontana.

Alla fine Sally dovette appellarsi al loro legame di amicizia e si ritrovarono a rivivere momenti della loro infanzia, momenti che avevano condiviso e confessioni che si erano fatti e che nessuno sapeva.
«Una volta mi ha detto che la cosa che ti fa più paura è amare e perdere quella persona, è vivere la vita con il terrore che tutto ti sfugga di mano da non averne il controllo, ma Niall 'amore è così. Non ha nulla di programmato, ti stravolge la vita, mette in dubbio ogni certezza e ti rende felice anche quando tutto il mondo vuole buttarti giù, ma ti fa anche soffrire. Niall tu non sei più un bambino indifeso» e quelle parole gli entrarono fin dentro le ossa, sentì un dolore al petto e solo quando si passò una mano si attenuò.
Era il suo cuore che stava cercando di parlargli.
«Niall James Horan... sìì uomo»
Doveva saperlo che la combinazione Niall e alcol non era la scelta giusta, eppure da quelle scelte ne era venuto fuori qualcosa di buono, Emma.
E non era nemmeno l'unica scelta fatta in un momento così vulnerabile.





******************





La luce filtrava forte e riscaldava la stanza, ma Emma era così avvolta nelle sue coperte da non accorgersene e poi... aveva la giusta scusa per crogiolarsi nella sua auto disperazione.
La conversazione con la nonna l'aveva scombussolata più di quanto ammise, erano giorni che non faceva altro che pensarci e, se neppure lei era riuscita nel suo intento forse c'era una spiegazione.

La piccola Emma si era nascosta nel suo posto preferito e ci rimase per tutto il tempo in cui la madre e la nonna parlarono, nessuno si accorse di lei.
«Mamma!» esclamò contrariata la figlia, lasciando che la donna si alzasse controvoglia e le mettesse sotto il naso un album vecchio e consumato.
«Alice» ribatté con voce forte la madre che, seppure avrebbe voluto risponderle lasciò che lei parlasse.
«So che sei cresciuta, che sei una moglie fantastica, una figlia meravigliosa e una madre perfetta ma a volte ti dimentichi chi sei» dovette dirle Anne, mentre le due donne adulte discutevano Emma rimaneva nascosta guardando la madre e la nonna con gli occhi in lacrime.
«Come puoi dirlo?»
«Perché sei mia figlia» urlò e di colpo abbassò la voce ricordandosi che la piccola fosse nella stanza accanto che giocava.
«Mamma non potrò mai dimenticare...»
«Sì, perché io amo Emma eppure le dico la verità, anche se fa male invece tu e Fred le riempite la testa di favole, fiabe, di principi e principesse»
«E' solo una bambina» affermò infastidita alzandosi e mettendosi le mani sui fianchi.
Non era una critica costruttiva, la stava giudicando per come educasse sua figlia, per come lo facesse suo marito e... Alice non poteva permetterlo.
«Appunto. Mamma so bene quanto la vita faccia schifo, quanto dolore al mondo c'è e quanto... Che bisogno c'è di...»
«E cosa succederà quando crescerà? Cosa le dirai? Che non esiste il principe azzurro?» domandò la donna arrabbiata.
«Io non ti ho cresciuto così»
E le voltò le spalle mentre la figlia se ne rimaneva senza dire una parola.
«Non è vero! Mi hai insegnato anche tu le fiabe, le favole e la magia dell'amore. Mamma da quando hai perso papà...»
«Cosa? Che cosa ho fatto?» urlò senza riuscire a fermarsi mentre l'anziana aveva gli occhi lucidi.
«Hai smesso di lottare» confessò afflitta prendendole le mani e stringendole nelle proprie.
«Emma è proprio come me, ma pur se non vorrei dirlo a preso il tuo carattere. Ti somiglia perché è come te... una sognatrice, una bambina che ama follemente e che si fa trascinare dagli eventi, dal momento e dal mondo. Mamma promettimi che, se mi dovesse succedere qualcosa tu le racconterai la verità. Le dirai che esistono i principi e le principesse ma anche la vita vera e poi.. le racconterai la tua storia, per intero senza nasconderle nulla come hai fatto con me»
Le due donne rimasero a guardarsi negli occhi, nei quali rispecchiavano il dolore e l'amore incondizionato e senza limiti.
«Te lo prometto» affermò abbassando gli occhi e guardandosi i piedi per poi sentire due braccia forti stringerla a sé e calde lacrime bagnarle il volto.

Emma era ancora intontita e solo quando sentì la sveglia suonare capì che era giorno e, che quel ricordo era solo quello, un ricordo.
Si stropicciò gli occhi e si accorse che la sera prima non si era struccata, maledicendosi strisciò in bagno e lo fece, si cambiò i vestiti, legò i capelli in un chignon scomposto e scese a fare colazione.
La sua voglia di vivere in quel momento era sottoterra, ma pur di non insorgere nell'ira di nonna Anne dovette sorridere e indossare una maschera.
«Bene, sei qui» affermò subito quando entrò in cucina e la trovò seduta a mangiare.

"Che la giornata d'inferno inizi" dichiarò a se stessa.
"Come siamo melodrammatiche" il suo io le disse, ma ridendo sotto i baffi perché era buffa la scena.

La nipote alzò gli occhi al cielo e lasciò che la nonna le esponesse i piani del giorno, ma ormai la conosceva e sapeva che stava mentendo.
C'era qualcos'altro, ma ancora non aveva scoperto cosa.
Fecero il solito giro in paese, si fermarono al bar e come da tradizione per l'anno nuovo presero caffè e brioche.
«Dobbiamo fermarci in un posto» le comunicò e a quelle parole Emma alzò le antenne e sorrise tra sé.

"Lo sapevo" ammise vittoriosa, ma quella gioia svanì quando capì dove erano diretti.
"No, non è possibile" esclamò, ma invece lo era.

D'un tratto Emma si ricordò di quel sogno, lo stesso che aveva fatto quel mattino prima di svegliarsi e le sembrò d'impazzire.
La sua mente comunicava con lei in modi strani e misteriosi.
«Te l'avevo promesso» affermò l'anziana davanti la tomba di sua figlia e suo genero, mentre gli occhi della nipote si riempirono di lacrime.
Non era pronta, non voleva farlo ma in cuor suo, invece, sentiva che ne avesse bisogno.
Si asciugò le lacrime velocemente, ma non era servito perché la nonna si accorse di quel gesto e la lasciò per un paio di minuti con i genitori, mentre lei andava a trovare il marito.
Avrebbero dovuto parlare là, ma Emma si ricordò che la nonna ultimamente si stancava presto, che lamentava dei dolori e così seppure in ansia la convinse ad andare al bar preferito dei suoi genitori.
C'era voluto tutto il coraggio del mondo, ma mentre la nonna iniziò a raccontarle la verità lei irrimediabilmente non poté non pensare a un certo irlandese che in quei giorni era più che presente nella sua testa di quanto lei avrebbe voluto.
«Emma non esistono favole, fiabe, principi e principesse  ma... esiste la magia dell'amore» ma quelle parole volarono al vento perché si sentì presa in giro.
Sua nonna le stava raccontando un'altra storia e lei non riconosceva più il suo passato, lo stesso che ancora dopo anni non poteva dire di aver superato.





***************





Niall si alzò con un forte mal di testa, detestò se stesso per essersi spinto oltre e quando vide che al suo fianco dormiva Sally il suo stato di calma mutò improvvisamente.
Si agitò più del dovuto - senza fermarsi a porsi delle domande - e quando quel trambusto portò la sua migliore amica a fare lo stesso lo guardò divertita.
«Ti vuoi calmare» urlò Sally dirigendosi verso di lui e alzando la mani per fermarlo dal fare qualsiasi cosa stupida gli passasse dalla testa.
«Tu... io... Noi...» balbettò parole sconnesse, arrossendo visibilmente e passando nervosamente le mani trai capelli facendo aumentare l'ansia e i battiti del suo cuore.
«Cosa? Che cosa abbiamo fatto Niall?» domandò l'amica frustata dopo che lo costrinse ad alzare il viso dai suoi piedi e posarlo su di lei.
«Dillo» urlò senza contenere più la rabbia che montava dentro e, solo un occhio attento avrebbe visto il dolore di quell'affermazione trasparire.
Niall se ne rese conto, osservò la stanza, il contesto e loro che erano completamente vestiti come prima e, dopo un po' afflosciò le spalle e si lasciò cadere sul letto.
Stava rovinando tutto, la sua insicurezza lo portava a distruggere i rapporti e ad auto sabotarsi.
«Davvero mi credi possibile di...»
«No, ti prego... perdonami» chiese con voce melodiosa e affettuosa, ma stavolta non sarebbe stato così facile.
«Nì, in anni di amicizia non mi avevi mai guardato con tale disprezzo, non mi sono mai sentita così ferita in vita mia e... quella persona sei stata tu, proprio fra tutti, tu» confessò con le lacrime agli occhi, prendendo tutta la sua roba e dirigendosi fuori da quella stanza e quella casa.
«Perdonami» tentò, ma sapeva che non sarebbe bastato.

"Sei un idiota" si disse mentalmente ma tutte le parole che rivolse a se stesso non sarebbero bastate per sistemare la situazione.
"Non hai perso una donna, ma ben due"
"Complimenti amico" infierì ancora la sua parte razionale che, dopo un attimo sparì lasciandolo da solo a  rimuginare sull'accaduto.

«Che cosa mi disse una volta lei...» si domandò ad alta voce ricordando una delle loro litigate, le poche che avevano fatto.
«Se hai fatto un torto non aspettare per rimediare, corri a farlo perché è possibile che dopo sia troppo tardi» ripeté lui quel discorso che Sally le aveva fatto anni addietro.
Beh... non sarebbe dovuta essere lei a dirgli come farsi perdonare, ma lo conosceva abbastanza da sapere che avrebbe peggiorato le cose.
Niall si alzò dal letto scalzo, senza guardare altrove e spalancando la porta le andò dietro, i piedi cominciavano a fargli male ma nulla sarebbe stato peggio di non essere più amici.
Sally continuava a camminare imperterrita stringendo a sé borsa e giubbotto, mentre si asciugava le lacrime che cadevano sul suo viso perché non aveva più la forza di rimandarle indietro.
«Sei pazzo!» esclamò irritata e infastidita lei quando una mano la bloccò e lei per difesa gli voltò un pugno un faccia.
Niall avrebbe dovuto ricordarlo che Sally aveva preso lezioni di autodifesa, ma in quel momento nulla era più importante.
«Sono stato un'idiota»
«Almeno su qualcosa concordiamo» rispose lei con un sorriso appena accennato.
L'irlandese si avvicinò, con le dita asciugò le sue lacrime rimaste sul viso e l'abbracció sussurrandole scusa e perdono in mille lingue, anche quelle che loro avevano inventato da bambini.
Era un inizio, certo non l'aveva perdonato ma era sulla buona strada.





*******************





Emma non era stata ferma un momento quel mattino, aveva aiutato nonna a pulire casa facendo le pulizie d'inverno come le chiamava lei e dopo quella missione si buttò sul divano stremata. Non aveva avuto la forza per cambiarsi e se ne stava a fare zapping ancora con una fascia tra i capelli che li teneva legati e lontani dai suoi occhi, con una salopette vecchia e logora e il viso struccato.
Tirò un sospiro e prese il telefono tra le mani, quel giorno non l'aveva ancora acceso e dopo aver atteso un tempo che le sembrò infinito ecco che venne assalita da milioni di notifiche.
Cominciò a scorrere ma nessuna era di grande rilevanza fino a quando non aprì la chat delle Charlie's Angels e scoprì che le sue amiche non stavano bene, era successo qualcosa ma lei era stata così concentrata su se stessa da aver "dimenticato" loro.
Scrisse subito un messaggio lunghissimo, chiese scusa e disse loro che tra qualche giorno sarebbe tornata e che li aspettava a casa sua e dopo attese, ma nessuno rispose.
Buttò il telefono sull'altro sofà, raggomitolò le gambe al petto, abbassò la testa sulle ginocchia e chiuse gli occhi.

"Sei davvero..." disse il suo io, ma con irritazione lei lo interruppe.
"Non ti azzardare a dirlo" replicò sputando fuori le parole e si lasciò andare a un urlo muto e frustante.
"E certo... ora facciamo partire lo show mai una gioia Emma" constatò la se stessa razionale, ma la vera Emma lasciò cadere quella frase detta con cattiveria.

Sua nonna le andò vicino, si sedette e lasciò che la nipote poggiasse la testa sulle sue ginocchia mentre lei passava le dita tra i capelli, proprio come faceva quando era piccola.
L'anziana aveva preparato anche la merenda, ma non le sembrò il caso di parlare e così rimasero appoggiate al divano a cullarsi nel loro silenzio.
Emma si stava per addormentare quando quella calma venne spezzata dal suono incessante del campanello, la nonna stava per alzarsi ma lei la precedette.
Dopotutto l'ospite non sarebbe di certo stato per nonna Anne, o forse sì?




















Spazio d'autrice:

Buona sera a tutti!!!
Sono molto colpita da me stessa, sto riuscendo a mantenere i miei programmi, ovvero aggiornare una volta a settimana e in più sto andando avanti a scrivere e quindi... sono very happy. Che ne dite di questo capitolo? Stiamo scoprendo tantissime cose, molti dei quali mi sono inventata io come esempio Sally la migliore amica di Niall e tutta la storia di Emma. Non nascondo che non era questo che avevo in mente all'inizio ma le cose poi sono cambiate e questo che sta prendendo piede mi piace. Abbiamo davvero molto di cui parlare, dalla serata/risveglio di Niall e Sally, dalla scoperta del passato di Emma e poi-... quel suono del campanello!!!
Ok forse sarò prevedibile, ma forse no e quindi che ne pensate di questa svolta? Vi è piaciuto il capitolo?

Noi ci vediamo la settimana prossima con un nuovo e meraviglioso capitolo,

Claire

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