Per una pallina di spago

Un ragazzo stava seduto, le gambe a penzoloni, su un cornicione di un grattacielo ormai abbandonato. All'orizzonte si vedevano le prime luci dell'alba che rischiaravano le sue iridi azzurre nonostante la malinconia persistesse in ogni caso.

Chat Blanc sospirò, passandosi una mano guantata di bianco tra le ciocche argentee e incontrando nel passaggio le orecchie da gatto, ritte e vigili a ogni singolo rumore, anche se, cosa sarebbe mai potuto accadere in un mondo ormai così disabitato?

Si alzò in piedi osservando le case di Parigi immerse in un silenzio di tomba. Poi scattò in avanti con un'agilità degna di un felino e iniziò a saltare tra le varie abitazioni in rovina, quasi del tutto sommerse dall'acqua del Senna, con la tuta bianca che aderiva al suo corpo da adolescente come se fosse essa stessa parte di lui.

Si spostò a lungo, trascinato da qualcosa che non riusciva a definire. Giunse alle macerie di quella che sembrava una villa e iniziò a gattonare, la coda ritta. Si fermò di colpo, gli occhi fissi su un quadretto il cui disegno sembrava essere stato realizzato da un bambino.

"Papà, mamma e io" lesse sopra le varie figure e un bizzarro sorriso apparve sulle sue labbra.

Notò e raccolse da terra, in parte inzuppata dall'acqua, una pallina di spago. Qualcuno ci aveva attaccato dei piccoli alberelli verdi. Sentì una strana sensazione di calore al petto che lo fece rabbrividire.

Non sapeva il perché ma gli pareva importante. Tirò fuori la pallina rigirandosela tra le mani, pensieroso, prima che un ricordo sfociasse, dopo tanto oblio, nella sua mente.

*

Sei anni prima...

"Dai, fallo fare un po' anche a me" Un bambino biondo, Adrien, girava attorno al cugino che teneva in mano una pallina di spago che non gli permetteva di toccare.

"Devo farlo io, sono io il più grande!" replicò l'altro tutto serio, prima di aggiungere: "E anche il più alto!" Rise alzando la pallina ad un'altezza a cui Adrien non poteva arrivare.

Adrien incrociò le braccia al petto indispettito. "Non è giusto! Hai solo una settimana più di me"

Felix, così si chiamava l'altro ragazzino, stava per ribattere quando due donne entrarono nella sala da pranzo. Si tenevano a braccetto e sembravano una lo specchio dell'altra. "Su bambini, è Natale, non litigate"

"Felix non mi fa giocare!" si lamentò Adrien.

Emilie, sua madre, gli scompigliò i capelli biondi con un sorriso dolce. "Che ne dite se facciamo una pallina tutti insieme?" propose la donna, mentre Adrien già annuiva. "Va bene anche a te, Felix?"

Il ragazzino alzò le spalle con un sorrisetto. "Facevo anche da solo, ma va bene. Vediamo che sai fare cuginetto!"

"Non chiamarmi così!"

La madre di Felix rise sedendosi con la sorella e i bambini al grande tavolo della sala.

"Sono sicura che un giorno andrete d'accordo!" esclamò, proprio mentre i due si facevano la linguaccia e iniziavano a fare la loro pallina con tanti alberelli di plastica ritagliata.

*

Due anni prima...

"Mamma, mi vieni ad aiutare? Non arrivo a mettere la nostra pallina sull'albero" gridò Adrien dall'ingresso mentre insieme alla segretaria di suo padre sistemavano le ultime decorazione. Di solito lo facevano solo loro tre insieme ma quell'anno i suoi genitori erano occupati, anche se lui non sapeva esattamente il motivo.

"Ha da fare ora tua mamma, ma arriveranno presto, vedrai" lo rassicurò Nathalie sempre con la solita compostezza che lo metteva a disagio.

Il ragazzino sospirò prima di porgere la pallina di spago alla donna. "Allora, la puoi mettere tu, per favore?"

"Tienila per dopo. Penso tu voglia ancora aspettarli e noi abbiamo tanto da fare, non credi?"

Adrien annuì continuando ad aiutarla, lanciando però occhiate all'ufficio in cui si erano rinchiusi i suoi genitori. Ma che dovevano fare di così tanto importante?

Uscirono solo a sera e sua madre non stava bene. Grondava di sudore e suo padre la reggeva a fatica, fissandola preoccupato al di là degli occhiali.

"Nathalie, porta Adrien in camera sua" ordinò.

"Ma è Natale!" esclamò il bambino correndo verso sua madre che gli fece un debole sorriso.

"Tua madre sta male. Non c'è modo di festeggiare"

Adrien annuì, abbassando la testa. Suo padre non si era mai rivoltò a lui con tono così freddo.

Fu però comunque un bel natale.

Qualche ora dopo mentre stava già mangiando metà del suo pandoro suo padre e sua madre entrarono in camera sua.

"Scusami per prima" sussurrò l'uomo, scompigliando i capelli del figlio. Adrien lo guardò per qualche secondo prima di stringerlo forte a se.

"Non importa. Ti voglio bene papà" Mise nell'abbraccio anche sua madre aggiungendo. "E anche mamma"

"Anche noi, tesoro" rispose la donna baciandolo sulla fronte.

*

Un anno prima...

Adrien era in un angolo della sua stanza. Plagg gli vorticava attorno facendo battute sceme sul Camembert, ma lui aveva solo voglia di piangere.

Strinse le gambe al petto, il cuore che batteva veloce. "Per fortuna ci sei tu Plagg" mormorò, osservando malinconico la sua stanza enorme e solitaria.

Per una volta il kwami tacque, guardandolo con i grandi occhi verdi, come i suoi. "Io sarò sempre qui, idiota" lo rimproverò poi con un sorrisetto. "E ora muoviti da lì, mi devi ancora battere a biliardino"

Adrien si alzò spazzolandosi i jeans dalla polvere. "Sai, è il primo Natale senza mia madre..." Sussurrò e quasi non si rendeva conto che lei non ci fosse più. Dov'era andata poi? C'era qualcosa dopo?

Avrebbe voluto tanto ricevere una risposta ma più di tutto, avrebbe voluto averla ancora accanto a se. Aprì un cassetto del comodino e tirò fuori una pallina di spago con degli alberelli verdi.

Gli si inumidirono gli occhi. "Questa... questa l'abbiamo fatta insieme quando ero piccolo" Si passò una mano davanti alla bocca per fermare un singhiozzo mentre Plagg svolazzava al suo fianco preoccupato. "E poi ora... è tutto andato. Mamma è andata e... anche mio zio. Ma mio padre si rifiuta di farmi contattare Felix... Chissà come sta ora anche lui..." Il suo petto si alzava e si abbassava sempre più veloce e il ragazzo si lasciò cadere a terra, stringendo la pallina di spago.

Si passò una mano sugli occhi e prese Plagg, stringendolo a se come un peluche. Il kwami per una volta non si lamentò né si spostò, lasciandosi solo cullare dal ragazzo, dal suo portatore, forse anche lui in cerca di una rassicurazione.

*

I ricordi galoppavano veloci dentro di lui, senza pace e Chat Blanc si sentiva scoppiare la testa.

"Basta!" ruggì mentre l'ennesimo raggio scaturiva dal suo corpo, distruggendo ulteriormente la villa che un tempo era stata del suo altro lui, di Adrien Agreste.

Ma Adrien non esisteva più ormai.

Lanciò con forza la pallina di spago in acqua e saltò via, le lacrime che bagnavano la maschera bianca e si odiava, letteralmente si odiava per quello che aveva fatto a quel maledetto mondo.

Non si accorse però, mentre esprimeva la sua furia e il suo immenso dolore, della pallina di spago che ancora galleggiava sotto di lui, sul pelo dell'acqua.

Perché i ricordi non si potevano cancellare e avrebbe dovuto accettarlo. Sia che fossero belli o meno erano comunque parte di lui, di Chat Blanc, di Chat Noir, ma soprattutto, di Adrien.

E prima o poi avrebbe dovuto ricordarselo.

1209 parole

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top