3. Felice o triste?
Cercai di sistemarmi un po' e uscii dal bagno. Benjamin era disteso sul letto e quando mi guardò, probabilmente intuì che c'era qualcosa che non andava.
«Va tutto bene?» Mi domandò lui preoccupato.
Io risposi con una parola: «Ciclo.» E poi mi sdraiai sul letto sconsolata. Benjamin si avvicinò a me, ma non disse niente. Sapeva che in casi come quelli doveva spettare che parlassi di mia spontanea volontà; di solito, invece di essere arrabbiata con il mondo e avere una fame smisurata, ero piuttosto triste e non mangiavo niente.
«Mi dispiace. Sono in anticipo di una settimana, ma probabilmente lo stress o qualche altra cosa hanno influito sui miei ormoni più di quanto potessero fare quelli della pillola.» Non era un problema per me parlare con Ben di queste cose, lui ci era abituato e io ero abituata ad ascoltare i 'problemi dei ragazzi'.
«Ma sai una cosa?» Volevo continuare la frase, ma mi interruppi quando Benjamin mi diede un abbraccio. «Cosa?» Domandò lui stringendomi ancora di più.
«Ci godremo lo stesso Londra, perché ora mi imbottirò di antidolorifici e niente mi farà più del male.» Ben sorrise e mi scostò i capelli da davanti il viso «Sono così fiero della mia donna. Sono fiero di te, Linda, di quello che sei diventata e di quello che sei sempre stata. Certe volte sui social mi chiedono chi sia la ragazza che sta sempre con me; credono che tu sia la mia fidanzata, perché non pensano che un uomo e una donna siano fatti per essere amici.»
«Certe tue fan sono proprio strane, ma ti vogliono bene, vero?» Chiusi gli occhi perché il dolore si stava iniziando a sentire.
«Mi vogliono bene, ma ehi, c'è qualcosa che io possa fare per farti stare meglio? Non vorrei che ti venisse la febbre.» Mi disse lui, sentendomi la fronte con la mano. Sapeva che, con la stanchezza che mi provocava il ciclo, certe volte mi veniva la febbre.
«Credo di non averla, per adesso. Ma Ben, dimmi una cosa, perché spesso esci con ragazze diverse? Non voglio farmi i fatti tuoi, ma sai che se posso aiutarti, lo faccio con piacere.»
«Lo so, Linda, è per questo che ti voglio così bene. E poi non preoccuparti, non c'è cosa che non vorrei dirti. E' che non riesco a trovare quella giusta. Conosco le ragazze e poi mi accorgo che non fanno per me. So che poi loro ci stanno male, ma è inutile mentire, io non mi accontento.»
«Allora forse dovresti concederti una pausa, come ho fatto anche io. Non per forza bisogna stare con una persona che non si ama.» Gli dissi io con sincerità.
«Sì, era proprio quello che stavo pensando... Ma ora basta parlare di queste cose, piuttosto vai a fare una doccia rilassante. Più tardi possiamo farci portare la cena, che ne dici? Se non hai fame, ti aiuto io con la tua parte, ma un po' sai che devi mangiare.» Ed erano quel tipo di frasi che mi facevano pensare che forse non era stato solo il caso a farci incontrare. C'era qualcosa di più, perché non poteva essere soltanto una coincidenza.
«Dopo vado a fare una doccia calda, ma prima ho bisogno del mio quaderno. Hai un sorriso così bello in questo momento, che non posso non immortalarlo!» Così presi il mio quaderno dalla copertina rossa e lo aprii, scegliendo una pagina vuota, poi impugnai la matita e rivolsi uno sguardo verso Benjamin.
«Mi farai mai vedere tutti quei ritratti?» Mi domandò lui.
«Ben, non sono ritratti, sono semplicemente schizzi. Ma verrà un giorno in cui lo farò, se proprio insisti, un giorno lo farò. Comunque lo sai come disegno, potrai immaginarti...»
«E' proprio perché so quello che sei capace di fare, che vorrei vederli.» Ma io scossi la testa e lo guardai per qualche secondo. Stava ancora sorridendo, perciò mi bastò poco per riportare quell'immagine sul mio foglio di carta. Benjamin non sapeva che il mio quaderno fosse pieno di disegni del suo volto sorridente. Non c'era un motivo per il quale lo facessi, ma io non ero brava con le parole come lui, non ero nemmeno brava con la musica, perciò l'unica cosa che avevo per comunicare era farlo attraverso i miei disegni. Ma non è che avessi tutte queste cose da comunicare; quei ritratti mi servivano per tenermi a mente tutti i momenti felici che trascorrevo con Benjamin. E quello lo era senza dubbio, era un momento felice da ricordare.
Finito lo schizzo, rimasi un altro po' sul letto e finalmente andai a fare la doccia.
Riguardando da lontano quel giorno, a distanza di alcuni anni, quasi mi viene da piangere. Certe volte mi chiedo perché io abbia iniziato a 'vivere nel passato'. È da quando sono partita che non faccio altro che pensare a Benjamin e alla nostra amicizia; da quando l'ho conosciuto, a quando mi ha lasciato una lettera, qualche ora fa.
Questa sera sarei dovuta andare al loro concerto, il concerto di casa di Benji e Fede, al Vox Club, ma dopo aver letto quelle righe, non ce l'ho fatta. So che loro ci tenevano molto, ma Benjamin avrebbe dovuto, o almeno potuto immaginare che, lasciandomi quelle parole scritte su carta, avessi potuto non avere voglia di vederlo. Anche perché nella lettera è stato lui a dirmi di allontanarmi.
Ed è per questo che adesso non faccio altro che pensare a quello che è stato di noi, della nostra amicizia e di quello che lui ha deciso che fosse meglio ci lasciassimo alle spalle. Ma non è così facile dimenticare una persona con la quale ho trascorso metà della mia esistenza. Perché Benjamin era ed è ancora il mio universo; c'è sempre stato solo lui, lui e basta. Non ho mai sentito di aver avuto bisogno di altri.
Invece di andare al concerto, sono corsa in aeroporto e ho preso il primo volo per Parigi. Per la prima volta in vita mia, ho sentito il bisogno di andare via da quella città. Se fossi rimasta un minuto in più a Modena, sarei impazzita.
E ora mi trovo al museo dell'Orangerie, circondata da dipinti di Monet e da innamorati che non sembrano fare altro che baciarsi davanti a quadri di ninfee e paesaggi idilliaci.
Loro almeno sono felici. Però, che pessima idea... avrei dovuto pensarci prima. Ma il problema è che non riesco più a pensare; da quando ho letto quella lettera, non sono più in grado di fare nulla.
Sul volo per Parigi ho trascorso tutto il tempo a disegnare sul mio quaderno. Ora, sulle pagine, non ci sono più solo i sorrisi di Benjamin; ci sono anche le sue espressioni tristi, che poi corrispondono alle mie. Sì, mi sono resa conto solo in questo momento che se ero felice, era perché Benjamin lo era, e se non lo ero, era perché Benjamin non era felice. Mi chiedo se adesso, su quel palco, lui sia felice o triste.
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