Capitolo 3

Leslie

«John» sussurrai soltanto.

Non riuscii più a dire nulla. Mi fermai semplicemente ad osservarlo.

Non lo vedevo dal mio compleanno. Era diventato più muscoloso, i suoi occhi castano chiaro sembravano surreali e più dolci che mai. I suoi capelli erano leggermente più lunghi e molto, davvero molto, più scompigliati del solito. Sembrava che si fosse appena svegliato e fosse venuto dritto da me senza nemmeno degnarsi di sistemarsi. Indossava una felpa grigia con motivi più o meno scuri di grigio e un paio di jeans blu stracciati su diversi punti delle gambe. Ai piedi aveva le solite Converse sempre dello stesso colore di una vita.

La prima volta che avevo conosciuto John c'era stato Peter a presentarci. Ricordavo che fosse una giornata in autunno inoltrato. Peter mi aveva invitata al parco ed io mi ero sentita molto felice. Sebbene ci conoscessimo da poco, già gli volevo molto bene, e proprio per quello mi presentai puntualissima.

Quando arrivai lì, però, scoprii che Peter non fosse solo ma che con lui ci fosse un altro ragazzino della nostra età. Peter mi disse subito che avesse detto ad entrambi di venire al parco perché voleva che i suoi migliori amici si conoscessero l'un l'altro. John mi si presentò facendomi uno scherzetto. Mi disse che avessi una macchia sulla maglietta indicando la "presunta macchia" ed io, come una stupida, ci credetti. Allora quando abbassai lo sguardo per controllare se ci fosse, lui mi pizzicò il naso e si mise a ridere.

Lì su due piedi mi venne voglia di strozzarlo, ma poi cambiai idea e decisi di aspettare un po' di tempo per potergli fare uno scherzo migliore.

Feci finta di nulla e mi misi a giocare con Peter e John come se lui non mi avesse dato fastidio, ma poi, mentre stavamo giocando, allacciai di nascosto le sue Converse nere con delle fiamme di sopra. Quando provò a camminare, cadde immediatamente. Peter accorse subito per aiutarlo, io anche, ma solo quando gli fui davanti gli dissi: "Vendetta". John ed io da allora iniziammo a farci scherzi ogni secondo. Poi, però, crescemmo e il nostro rapporto divenne come quello che avevo con Peter. Smettemmo di farci scherzi, ma non rinunciammo mai a scherzare tra di noi.

Così come non smettemmo mai di scherzare, lui non smise mai di indossare quelle Converse nere con le fiamme. Non ci rinunciò quando il suo piede iniziò a crescere. Comprò sempre le stesse scarpe, come in onore della nostra amicizia. Anche quando il suo piede smise di crescere e le scarpe pian piano si rovinavano, lui ricomprava sempre quelle.

Vederlo quel giorno, dopo così tanti anni dall'inizio della nostra amicizia e dopo tanti mesi che non ci vedevamo e in cui probabilmente lui mi aveva odiato, con quelle stesse scarpe che aveva indosso sin dall'inizio della nostra amicizia, mi strinse il petto.

Alzai lo sguardo dalle scarpe al viso del mio –ex?– migliore amico e notai delle lacrime scorrergli sulle guance. «Les»

Solo allora mi resi conto di aver iniziato a piangere.

Mi buttai addosso al mio migliore amico e lo strinsi fortissimo a me. Le sue braccia non tardarono a fare lo stesso e in meno di qualche secondo eravamo entrambi per terra sul mio vialetto a stringerci più forte che mai mentre piangevamo come due neonati.

«Mi sei mancato così tanto» singhiozzai accarezzandogli i capelli più lunghi.

«Anche tu. Da impazzire.»

«John, io... mi dispiace.»

«Non hai nulla di cui scusarti, Les. Non provare neanche a farlo, va bene?»

«Ma è colpa mia se...»

«Shh. Non mi devi nessuna scusa. Se avessi voluto delle scuse, adesso non sarei qui ad abbracciarti dopo essere appena arrivato da Sydney, va bene?»

Mi scostai lievemente da lui per poterlo guardare in volto. «Pensavo che non mi avresti più voluta vedere. Pensavo che avessi deluso tutti quanti, che vi avessi spezzato il cuore solo per una stupidissima bugia...»

John mi interruppe stringendomi di nuovo tra le sue braccia e facendomi appoggiare la testa contro il suo petto. «Magari all'inizio ero un po' arrabbiato. Insomma, ero lontano da te, ero lontano da Peter, Cassidy e Levi. Quando mi hanno detto che tu avessi detto di non essere più innamorata di Levi e che saresti rimasta in Italia solo poco tempo dopo che mi dicesti che lo amassi alla follia, mi sono arrabbiato molto. Ero arrabbiato anche per il fatto che non ti vedessi da molto tempo, che avessi illuso Levi e il resto... non mi sono mai più fatto sentire. Non volevo più parlarti né vederti. Se solo invece avessi provato a parlarti... Magari avrei capito che la tua fosse tutta una farsa, magari avrei capito che stessi mentendo, magari... Magari adesso non saresti così distrutta»

Sorrisi in mezzo alle lacrime senza darglielo a vedere «Non possiamo saperlo con certezza. Magari anche tu mi avresti creduta come gli altri e nulla sarebbe cambiato. Forse mi avresti odiata di più e nemmeno dopo averti mandato quel messaggio, avresti preso un aereo per vedermi, come gli altri»

John rimase in silenzio per degli attimi, il che mi fece capire che probabilmente avessi ragione. Che Cassidy e Peter non volessero vedermi. Che non mi avrebbero perdonata.

Alla sola possibilità sentii quasi come se un coltello mi stesse trapassando lo stomaco e un masso gigante mi stesse schiacciando il cuore.

«Les, sei dimagrita tantissimo» mi disse sfiorando la mia schiena con la mano. Sentii qualcosa che mi bagnò la spalla e capii che John stesse ancora piangendo silenziosamente, proprio come me. «Mi dispiace davvero tanto che tu abbia sofferto così tanto. Avrei dovuto essere lì con te e invece non ho fatto altro che essere altra causa al tuo dolore.»

Mi scostai nuovamente dal petto caldo del mio migliore amico e lo guardai dritto negli occhi. Avvicinai la mia mano al suo viso e gli asciugai le lacrime che continuavano a scivolargli sul viso. «John, non è colpa tua. Non è nemmeno colpa di John, Cassidy o Levi,» trattenni un singhiozzo nel pronunciare l'ultimo nome, ma continuai «Voi non avete fatto altro che fare ciò che mi sarei aspettata dopo ciò che ho detto per farmi odiare. Non mi sarei aspettata niente di diverso. La colpa è solo mia. Se non avessi mentito, forse non avrei sofferto così tanto. Forse, chi lo sa, anche se non avessi mentito, avrei sofferto maggiormente.»

«Magari sei stata tu quella a mentire per prima sapendo che ne avresti sofferto, ma noi non avremmo mai dovuto crederci! Io non avrei mai dovuto crederci. Dannazione, sono il tuo migliore amico! Avrei dovuto assicurarmi che tu...»

Lo interruppi «Non importa. Ormai è tutto fatto. Non possiamo tornare indietro. L'importante è che non abbia perso almeno te. Mi resta ancora il mio migliore amico. Il mio John con quelle solite Converse con le fiamme.»

John ridacchiò tra le lacrime «Ed io sono più che contento di avere ancora la mia migliore amica qui con me. Se tu fossi riuscita a suici...» interruppe a metà la parola, incapace di poter continuarla «A quest'ora non avrei più potuto riabbracciarti, scherzare con te, fare battute per tirarti su di morale, per poter anche solo passare del tempo con te. Se tu non ci fossi stata più nella mia vita, sarei morto.»

«Ti voglio un mondo di bene, John» lo riabbracciai per la millesima volta.

«Io te ne voglio di più, Les»

«Perché non venite dentro?» ci interruppe la voce della mia Piccola Rossa.

Sporsi lo sguardo da oltre la spalla di John e puntai il mio sguardo su Isabella. «Ci hai sentiti?»

Scosse la testa «No, ho pensato che però adesso aveste finito di parlare e che magari vi andasse di entrare in casa invece di restare seduti per terra»

«Giusto» disse John asciugandosi velocemente le guance per non far vedere che avesse pianto.

John non piangeva quasi mai e quando lo faceva, odiava che ci fosse stato qualcuno a vederlo piangere, soprattutto se non conosceva quel qualcuno.

Mi alzai in piedi e aiutai il mio migliore amico ad alzarsi dopo di me. Una volta in piedi mi venne in mente una cosa. «John, ma sei venuto qui da solo?»

John iniziò a sorridere. Uscì il cellulare dalla tasca anteriore della felpa e compose un numero a memoria, per poi avvicinare il cellulare all'orecchio.

«Vincent, amore, puoi scendere dall'auto» disse all'altra persona all'altro capo della linea.

Non riuscii a trattenere un sorriso quando vidi spuntare Vincent all'entrata del vialetto di casa mia. Mi avvicinai a lui e lo abbracciai.

«Mi sei mancata, chérie» mi disse l'unica persona che parlava l'italiano e il francese proprio come me.

«Anche tu»

«Sono felice che tu sia tornata. Ero di nuovo l'unico latino del gruppo. Persino a Sydney! Da non crederci!»

«Allora sarai ancor più felice quando ti presenterò i miei due amici italiani»

«Italiani, italiani?»

«Italiani, italiani» affermai.

Il sorriso di Vincent si allargò e mi prese a braccetto, «Il gruppo dei latini si sta facendo sentire, finalmente!»

Quando mi riavvicinai a John, Vincent si staccò da me e prese la mano del mio migliore amico nella sua rivolgendogli un sorriso carico d'amore e d'affetto, poi si voltò nuovamente a guardarmi.

«John non sapeva se tu fossi in casa o se lo avresti voluto vedere visto tutto ciò che hai passato, per questo sono rimasto qui ad aspettare. Inoltre quando ieri ha scoperto che tu fossi a Brisbane, mi ha fatto partire in tutta fretta. Abbiamo letteralmente preso il primo volo che abbiamo trovato. Non gli importava minimamente di perdere delle lezioni importanti nella nostra nuova scuola, voleva solo venire a vederti!»

«E io gliene sono davvero grata. Pensavo che nessuno di voi volesse mai più vedermi e quando sono arrivata e ho anche scoperto che Levi... sì, insomma, pensavo di aver perso tutti quanti»

Vincent mi poggiò una mano sulla spalla «Mi dispiace ancora molto per Levi»

Feci un sorriso sperando di riuscire a nascondere tutto il dolore che in realtà stavo provando, «Non fa nulla. Infondo il tempo guarisce tutte le ferite. Prima o poi succederà anche a me» cercai di non disperarmi mentre lo dicevo e li feci entrare in casa mia.

«Non è cambiata proprio» sussurrò sorridendo il mio migliore amico guardandosi attorno.

«Penso che nessuno abbia cambiato qualcosa da quando me ne sono andata» stavolta sorrisi di vero cuore. Casa mia era ancora casa mia. Era accogliente come lo era sempre stata, con un mix di cultura messicana, italiana e australiana. Però allo stesso tempo era per me un dolore persino stare anche dentro casa mia. Avevo troppi ricordi lì dentro, tutti collegati alle persone che avevo perso, a partire da mio zio fino a Levi.

«John, vero?» chiese Sebastian al mio migliore amico riportandomi bruscamente alla realtà.

John annuì. «Tu devi essere Sebastian, invece»

Il mio coinquilino annuì a sua volta.

«Oh, ehm, io sono Isabella» si presentò la mia Piccola Rossa. Si avvicinò a John e gli diede due baci sulle guance, in vero stile italiano.

Il sorriso di John si allargò. «La prima volta che ho conosciuto Leslie, anche lei mi diede due baci sulle guance, come una vera italiana. All'inizio pensavo che volesse flirtare con me, ma poi, quando Peter mi ha detto che fosse metà italiana e che quello fosse un gesto tipico, mi misi a ridere»

Sorrisi a mia volta «Me lo ricordo benissimo. Infatti l'attimo dopo mi hai fatto lo scherzo della macchia»

«E tu quello dei lacci alle scarpe»

«Touché» ridacchiai, «ma te l'eri cercata!»

Gli altri ci guardarono come se stessimo parlando di alieni, così lasciai che l'argomento cadesse. «Ehm, qualcuno di voi ha fame? Dovrebbe essere quasi ora di pranzo»

«Cucini la pasta?» mi domandò John.

«Sì, perché no» risposi.

John si voltò in direzione di Vincent. «Cucina la pasta migliori di tutte. Devi assolutamente assaggiarla!»

Vincent mi guardò, «Vera pasta italiana?»

«Assolutamente vera pasta italiana, appena portata dall'Italia»

Isabella si aggiunse al discorso, «Abbiamo portato anche del ragù, della salsa e del pesto»

«Sebastian sa cucinare anche una cotoletta alla milanese buonissima» aggiunsi interpellando il mio amico, messo un po' a disagio dal fatto che parlasse inglese, ma non splendidamente come la sorella.

«Oh, ehm, sì» disse quest'ultimo in inglese, ma poi si voltò a guardarmi e parlò in italiano. «Ma ci sono gli ingredienti?»

Feci mente locale delle cose che avevo comprato al supermercato e poi annuii. «Sì, ci dovrebbe essere tutto»

«Oh, finalmente posso sfruttare il mio italiano!» aggiunse Vincent in una delle sue lingue originarie.

Isabella e Sebastian si voltarono immediatamente verso di lui spalancando gli occhi per la sorpresa.

«Parli italiano?» chiese Sebastian.

«Sì, ho origini italiane e francesi, per questo ho imparato a parlare italiano»

John si ritrovò immediatamente a disagio in mezzo ad un gruppo di persone che parlavano italiano, tanto che ad un certo punto esclamò: «Sai, Les, quando proponesti a me e Peter di imparare l'italiano avremmo dovuto accettare»

Sorrisi e gli puntai un dito contro, «Io ve lo avevo detto che un giorno vi sareste ritrovati ad essere gli unici a parlare in inglese in mezzo ad un gruppo di italiani, ma voi non mi siete stati a sentire! Peggio per voi!» gli feci la linguaccia e lui mi rispose con un'altra linguaccia, poi però, mi si avvicinò sorridendo.

«Mi è mancato poter scherzare con te» mi disse stringendomi ancora una volta a sé.

«Anche a me.» Risposi, ma il suono di uno stomaco che brontolava mi distrasse da qualsiasi pensiero triste riguardo alla mia amicizia con John.

«Hai fame?» chiesi al mio migliore amico.

«Beh, sì» arrossì sperando che gli altri non avessero sentito il suo stomaco.

«Mi metto subito ai fornelli»

John sorrise nuovamente e mi scompigliò i capelli «Sì, ti lascio all'opera», poi si allontanò velocemente da me. Sapeva che mi desse fastidio quando le persone più alte di me mi scompigliavano i capelli.

«John!» gli urlai mentre lui si allontanava sempre di più ridendo.

«Mi sei mancata» ribatté lui dall'altro lato della stanza mentre Vincent lo raggiungeva come se non stesse capendo cosa fosse appena successo.

«A me no»

«Dai ammettilo, Leslie!»

«No»

«Tu mi amiii

Non riusciia trattenere una risata. «Sì, anche tu mi sei mancato.»

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