Capitolo 14
Leslie
Sparito. Al mio risveglio Sebastian era sparito. E non avrebbe nemmeno dovuto sorprendermi, eppure mi sorpresi comunque. Mi sorpresi ancora di più quando i miei occhi incontrarono quelli di Levi difronte al mio letto.
No. Aspetta.
Mi stropicciai gli occhi per mettere maggiormente a fuoco, ma non mi ero affatto sbagliata. Levi era davvero difronte a me. Non si era trattata di qualche strana illusione creatasi nel mio cervello. Levi era lì, i suoi occhi come oceani in tempesta, la fronte aggrottata, le labbra strette in una linea e le braccia tenute conserte davanti a sé. Mi guardava con giudizio, come se sapesse cosa avessi fatto.
«Sei stata una stupida. E una grande stronza, Leslie Carrera. No, aspetta, dovrei aggiungere anche il tuo secondo cognome – di cui non ero a conoscenza –, magari così ti renderai conto della cazzata grande che hai fatto.» Non avevo mai visto Levi così arrabbiato, nemmeno quando si era presentato nella mia stanza dopo aver saputo di me e Peter. «Leslie Carrera-Torres sei la più grande stronza egoista che io abbia mai incontrato. Hai fatto a credere a Sebastian ed Isabella che tu mangiassi e bevessi normalmente quando invece volevi lasciarti morire. E hai anche fatto credere a tutti di essere svenuta sott'acqua nella vasca da bagno proprio a causa della mancanza di nutrizione, ma io non ci casco. Tutti credono che sia successo per caso, ma io so che non è così. Volevi farla finita un'altra volta... o almeno, ci hai provato ma ti è fallita anche questa volta. Speravi di non svegliarti più e invece no. Sebastian ti ha casualmente salvata giusto in tempo chiamando i soccorsi. Vuoi sapere se almeno per qualche minuto sei riuscita nel tuo intento? Sì. Sei riuscita nel tuo cazzo di intento per ben cinque minuti, ma Sebastian ha fatto la CPR ed è riuscito a farti uscire l'acqua dai polmoni. Nonostante questo, non ti sei svegliata, perché no. Se non fossi riuscita a morire per annegamento avresti provato a suicidarti non mangiando e bevendo.
«Sei rimasta in un cazzo di coma per ben sette giorni. Sette. Hai fatto preoccupare tutti. I dottori pensavano che forse non ti saresti svegliata, che solo un miracolo ti avrebbe salvata, non sapendo che tu il miracolo lo avessi già avuto. Non saresti stata così tanto fortunata anche questa volta. Non si può morire due volte ed uscirne illesa entrambe le volte.
«Ci siamo preoccupati tutti. John ha preso il primo aereo disponibile ed è venuto qui terrorizzato. Isabella non ha smesso di piangere un secondo andando sempre a chiedere ai medici se stessi migliorando, se stessi peggiorando. Peter non ha smesso un attimo di prendersi la colpa per ciò che ti era successo dicendo che se solo lui si fosse preso le sue responsabilità a quest'ora non avrebbe perso né Cassidy né te. Persino Cassidy è venuta a sapere di ciò che hai fatto. Se pensavi che questo l'avrebbe fatta sentire meglio, ti sbagliavi. L'hai distrutta ulteriormente, ma a te cosa importa? Pensavi solo a te stessa quando hai provato a suicidarti.» scosse la testa incredulo. Sorspirò ed andò avanti. Ogni parola in più era una coltellata dritta al mio cuore. Non facevo altro che soffrire maggiormente ogni secondo in più che passava. «Sebastian era più che terrorizzato. Per tutta la settimana non ha fatto altro che incolparsi, perché lui era l'unica persona su cui tu contassi e ti ha abbandonata lasciandoti completamente a te stessa. Si è incolpato per non essersi assicurato che tu mangiassi e bevessi e per questo non ha smesso un attimo di starti accanto. Ogni giorno, ogni dannata ora e ogni dannato minuto è stato al tuo fianco nel caso in cui tu ti svegliassi all'improvviso. Non riesco nemmeno ad immaginare quanto abbia sofferto, quanto abbia temuto per te, per una persona così egoista che nemmeno meriterebbe così tanta preoccupazione eppure non riesco a tranquillizzarmi nemmeno adesso che ti vedo sveglia davanti ai miei occhi. Maledizione. Ti odio. Ti odio davvero con tutto me stesso. Ti odio per aver tentato il suicidio fino in fondo. Ti odio per non aver pensato a noi. Ti odio per essere stata egoista pur sapendo di avere così tante persone che avrebbero sofferto per te. Ti odio per non aver pensato a quello che avrei provato io – cazzo, Leslie, sei comunque stata la persona più importante della mia vita in passato! E ti odio per quello che questo atto ha provocato in Cassidy. Non meriti nemmeno il suo perdono!»
«Lo so»
Levi scoppiò a ridere, l'amarezza risuonò tagliente dalla risata «"Lo so?" Cazzo, ho parlato a lungo e tu ribatti con un solo "Lo so"?»
«Mi dispiace»
«Ed eccoci di nuovo punto e accapo»
«Cosa vuoi sentirti dire?» sbottai «Che ho provato a suicidarmi affogandomi nella vasca? Sì, hai indovinato. Non ce la facevo più a tollerare tutto il dolore. Ero rimasta completamente sola, non avevo nessuno accanto a me e convivevo con le foto di Cassidy sparse per camera mia perché non riuscivo nemmeno a toglierle. Sapevo che voi non mi avreste mai perdonata e così ho fatto l'unica cosa che pensavo potesse portarmi sollievo. E Dio, scusa se sono stata debole a causa dell'odio provocato da mie azioni compiute da ubriaca fradicia. Cazzo, mi dispiace. Sono letteralmente dispiaciuta. Per tutto. Per Cassidy che non lo avrebbe mai meritato e per aver tentato il suicidio. Ma adesso ho imparato la mia lezione e non mi lascerò più morire. Farò di tutto pur di farmi perdonare da tutti voi, e....»
Levi mi interruppe «Sminuisci il tuo tentato suicidio come se nulla fosse. Dannazione, ma ti senti? Avresti potuto non risvegliarti più, Leslie»
«Era quella la mia intenzione originale» abbassai sia la voce che lo sguardo. Non riuscivo più a sostenere lo sguardo ferito e furioso di Levi. Dentro di me c'era solo caos e Levi non stava facendo altro che alimentare le fiamme.
Ed era ironico se mi soffermavo a pensarci.
Levi era letteralmente passato dall'essere la persona che mi faceva sempre sorridere e vivere la mia vita come se fosse la cosa più importante all'essere la persona che mi faceva più male inconsapevolmente. Persino preoccupandosi per me in mezzo alla sua rabbia mi feriva. Invece di ricucire le mie ferite come aveva fatto in passato amandomi con tutto sé stesso, adesso non faceva altro che riaprirle buttandoci sopra il sale in modo da farmi più male.
Sentii gli occhi umidi, ma no. Non avrei pianto. Volevo essere forte. Dovevo essere forte. Infondo i miei amici erano tutti qui preoccupati per me. Se mi avessero odiata davvero a quest'ora non gli sarebbe importato nulla della mia salute.
«Mi spiace» disse improvvisamente «Mi spiace. Non avrei dovuto dire tutte quelle cose. Tu... lo so che stai soffrendo e che le tue ferite sono ancora tutte aperte. Non avrei dovuto»
«Invece hai fatto bene»
«No, Leslie, io...» ma la porta della camera che si apriva lo fermò dal dire qualsiasi altra cosa che avesse avuto voglia di dirmi. Sebastian, infatti, entrò in camera mia non preoccupandosi affatto della presenza di Levi. Con le mani reggeva un vassoio con diverse merendine e molto altro cibo. Al solo guardarlo mi salii la nausea.
«Hey, ben svegliata» mi sorrise.
No. Non poteva essere. Sebastian mi aveva realmente sorriso? Dopo tutto ciò che gli avevo fatto era comunque lì a sorridermi? Mi... mi aveva per caso perdonata?
«Ti ho portato la colazione» continuò in inglese, così che anche Levi potesse sentirsi incluso nella discussione.
«Tutta quella roba è per me?» non ce l'avrei mai fatta a mangiare tutte quelle cose senza trattenermi dal rimettere nel water. Io... non ce la facevo nemmeno.
Sebastian prese posto sul mio letto appoggiando il vassoio su un carrello e si avvicinò di più a me. I suoi occhi celesti incontrarono i miei e con lo sguardo mi chiese se potesse avvicinarsi a me, cosa che approvai immediatamente tendendo la mano verso di lui per aiutarlo a sistemarsi accanto a me.
«Beh, Les, questa sarebbe stata una tua comune colazione in Italia, non direi affatto che sia "tutta quella roba"» rispose alla mia precedente domanda. Abbassai lo sguardo.
Se quella prima fosse stata una quantità normale di cibo per la colazione, allora adesso dovevo essere diventata per forza malata. Tutto il cibo in quel vassoio mi sembrava poter riempire il mio stomaco per ben tre volte, e non solo una.
Sentii dei passi strisciati sul pavimento e rialzai lo sguardo solo per ritrovare Levi seduto anche lui sul mio letto, dal lato opposto rispetto a quello occupato da Sebastian.
«Les, dovresti mangiare» mi suggerì.
Riportai lo sguardo sul cibo. Dovevo mangiare. Non potevo ammalarmi ulteriormente. Perdere peso non avrebbe cambiato nulla. Non mi avrebbe portata a ciò che desideravo. Ci sarebbe sempre stato qualcuno a riportarmi nel mondo dei vivi, a tendermi la mano per perdonarmi tutte le volte. Avrei sempre avuto Sebastian a salvarmi.
Ridacchiai interiormente. Cavolo, e pensare che una volta avevo pensato di essere la persona più forte dell'intero mondo emotivamente. Avevo pensato che avrei sempre messo gli altri al primo posto e invece era bastata solo una rottura per ridurmi nella persona più debole al mondo. Ero passata dall'essere la persona che si prendeva cura degli altri alla persona di cui gli altri si prendevano cura... anzi, ero diventata la persona di cui Sebastian si prendesse cura, ed io mi domandai ancora una volta perché. Perché lui fosse sempre lì per me a tendermi una mano per rialzarmi dalla caduta, il sorriso sempre pronto sulle labbra. Mi chiesi perché non mi mollasse mai, nemmeno nel momento di rinunciare a me.
«Les, su, se mangi queste schifezze da ospedale, ti prometto che ti do una delle tue merendine italiane preferite» cercò di convincermi il mio coinquilino battendo la mano sulla tasca dei pantaloni, da cui riuscii a sentire il rumore dell'imballaggio della merendina.
No. Non ci credevo. «Ma dove diamine hai nascosto i Pan Gocciole tutto questo tempo?»
«Beh, ne ho portate solo tre. Dovevano essere per il viaggio, da sgranocchiare sull'aereo, ma poi mi sono scordato di averle con me quindi eccole qui.»
Sebastian uscì fuori dalle tasche tutte le merendine che si era portato dietro e me ne passò una.
«Però prima devi mangiare la colazione dell'ospedale, va bene?» il suo non era un ordine, era più preoccupazione. Lo capivo dal modo in cui i suoi occhi mi scrutavano.
«Perché non mi urli contro?» gli chiesi «Dovresti essere furioso, dovresti odiarmi per ciò che ho fatto e invece eviti il discorso sin da ieri sera. Perché mi hai consolata stringendomi tra le tue braccia stanotte? Perché aiutarmi a riaddormentarmi? Perché...» ma Sebastian mi interruppe prima ancora che potessi chiedergli altro. Mi strinse forte la mano e con l'altra mi scostò delle ciocche dagli occhi. Il suo sorriso non si crepò nemmeno per un attimo ed io mi chiesi davvero come potesse essere ancora così dolce con me dopo ciò che gli avevo fatto.
«Non mi importa di ciò che è successo. L'importante è che tu sia viva e sia ancora qui accanto a me. Il resto può tranquillamente andare a farsi fottere.»
Era normale che mi venissero i brividi? E che sentissi come se delle farfalle avessero iniziato ad abitare nel mio stomaco? Il mio cuore stava battendo più veloce, o mi sbagliavo? Perché mi sentivo così con Sebastian? Perché se guardavo nei suoi occhi mi sentivo morire e le mie guance si tingevano di rosso?
«Leslie, sei tutta rossa» ridacchiò Sebastian ed io mi coprii subito le guance nascondendole, ancora confusa. Cosa mi stava succedendo? L'ultima volta che avevo provato queste cose io...
Il mio sguardo volò su Levi, che non appena incontrò il mio sguardo, indossò subito una maschera di impassibilità sul suo viso, ma io ero riuscita a intravedere una sorta di gelosia?, tristezza?, prima che il velo fosse calato del tutto.
«Dovresti mangiare» mi disse Levi indicando il vassoio con la testa ed io annuii.
Sebastian mi passò il vassoio sulle gambe ed io presi un muffin e iniziai a masticare sforzandomi per mandare il pezzo giù. Quando lo finii passai al croissant.
«Strano che non abbiano messo le uova» feci notare «Di solito le mettono come colazione standard»
«Infatti le avevano messe» mi spiegò Seb «Ma so che a te non piacciono perciò ho fatto cambiare il vassoio della colazione con cibi che ti sarebbero piaciuti di sicuro»
«E come lo sapevi? Non mi pare di avertelo mai fatto notare» ero davvero sorpresa. In Italia non gli avevo mai detto che detestassi le uova, tranne se fritte in un'omelette.
Sebastian ridacchiò e sentii il mio cuore battere più velocemente. Che fortuna che avessero scollegato la macchinetta per i battiti. «Arricci il naso quando non sopporti certi odori o cibi. E quando inizialmente facevo le uova bollite o in qualsiasi altro modo tu detestavi sia l'odore che il pasto in generale. Per sapere cosa potesse piacerti ho imparato ad osservarti a tavola e pian piano ho capito i tuoi gusti»
Quello mi sorprese ancora di più per cui non dissi nulla, le mie guance dicevano tutto già da sole restando rosse come un pomodoro. Continuai a mangiare il resto del croissant e bevvi la tazza di cioccolata calda godendomela fino all'ultima goccia.
In Australia in quel momento ero pieno inverno e una buona e densa cioccolata calda era giusto quello che ci voleva per tenere il corpo caldo.
«Ora i Pan Gocciole» chiesi allungando una mano verso Sebastian, così che me li passasse.
Il sopracciglio sinistro di Sebastian scattò verso l'alto «Te ne ho già dato uno»
«Sì, lo so, ma dammi anche gli altri due»
«E pensare che credessi che non avresti finito nemmeno tutto il vassoio!»
«Stupido!» lo schiaffeggiai lievemente. Sebastian ridacchiò e mi consegnò le altre due merendine. Io le presi e ne passai una indietro a Sebastian e l'altra a Levi.
«Per te» gli dissi. Stavolta ero io ad evitare il suo sguardo «Spero che mi perdoni. Prometto di non fare nuovamente la sconsiderata»
Levi prese la merenda dalle mie mani ed io osai alzare lo sguardo. Incontrai i suoi occhi a metà strada. Quegli occhi oceano che avevo amato più di ogni altra cosa mi scrutarono dentro come avevano fatto tante altre volte prima di allora e pur essendo seduta mi sembrò di avere un capogiro.
«Dimentica quel che ho detto. Ha ragione Sebastian» Levi lanciò uno sguardo al mio coinquilino e poi ripassò a me «l'importante è che tu sia viva e sia ancora qui con m... tutti quanti»
Ebbi un deja-vu. Di me in ospedale dopo essere tornata in vita. Levi vicino al mio corpo, la mia mano stretta tra le sue al suo petto; poi le sue labbra sulle mie, il suo abbraccio disperato, le sue lacrime, i suoi occhi rossi sorpresi e più felici che mai. E poi ancora le sue labbra sul mio lobo, le nostre lingue in contatto, i nostri corpi premuti insieme nella speranza che nient'altro avrebbe mai potuto separarci di nuovo. Il peggio, allora, ci era sembrato essere passato. Pensavamo che avremmo avuto una vita insieme davanti, con me in casa sua ogni giorno. Pensavamo che saremmo rimasti per sempre insieme, che non era possibile staccarci nemmeno un secondo dopo tutto ciò che avevamo passato insieme dopo l'attacco al porto.
Ma adesso Levi stava con Lila, io provavo qualcosa per Sebastian, sebbene non sapessi cosa nello specifico ed io e Levi non saremmo mai potuti stare insieme.
Avrei voluto dirgli che lo amassi ancora, che non mi importava del dolore provocato dalla scoperta di lui e Lila, ma sarebbe stato tutto solo fiato perso, anche se i suoi occhi ancora cercassero di farmi entrare in lui per esplorare i suoi pensieri e chiedessero ai miei di lasciarlo esplorare a sua volta.
Levi distolse lo sguardo ed io capii che anche lui avesse ripensato al nostro passato insieme e che lo avesse allontanato nuovamente dai suoi pensieri concentrandosi su Lila, la donna che amava più di quanto avesse mai amato me.
Scartò il Pan Gocciole e lo addentò. Io feci lo stesso sistemandomi più vicina a Sebastian. Le sue braccia si avvolsero attorno a me proteggendomi come se sapesse che Levi mi avesse in qualche modo ferita.
Io gli strinsi la mano di nascosto e lo rassicurai.
Stavo bene.
Anzi, auguravo il meglio a Levi. Speravo solo che stavolta durasse e non rimanesse ferito ancora una volta. Sperai che Lila fosse quella giusta per lui perché volevo che fosse amato, che niente gli facesse del male. Aveva già sofferto troppo a causa mia e dell'attacco. Meritava tutto l'amore del mondo.
«Lì dovrebbe esserci un cestino per buttare l'imballaggio» disse Sebastian indicando la zona vicino al carrello. Levi annuì ma non buttò la carta, anzi, se la conservò in tasca.
«Tu non mangi il tuo?» chiesi a Seb.
Scosse la testa sorridendomi «Preferisco conservarlo per te»
Levi si alzò dal letto di scatto facendomi venire un colpo. «Ehm, io vado via. Lila mi starà aspettando a casa e poi dovei andare da Cassidy per tenerle compagnia e aiutarla»
«Ehm, o-okay» provai a dire, ma lui era già quasi fuori dalla porta, e senza nemmeno avermi rivolto un ulteriore sguardo. Che lo avessi fatto arrabbiare in qualche modo? Che motivo c'era di alzarsi così all'improvviso e allontanarsi?
Levi aprì la porta e si fermò sul suo posto, il piede batté nervosamente contro il pavimento, come se fosse indeciso se fare qualcosa o meno. E poi decise.
Si voltò a guardarmi, sulle labbra un sorriso meraviglioso illuminò il suo viso ed io mi ritrovai persa in lui come la me di nove anni che si era innamorata del sorriso di quel Peter Pan che non voleva mai crescere.
Sorrisi a mia volta, inconsapevolmente.
«Sono felice che tu sia sopravvissuta anche stavolta» disse «Sarei morto interiormente se fossi morta ancora una volta a causa mia»
«Levi...» lo interruppi.
«Sì, lo so, ora dirai che non è colpa mia, ma è sempre colpa mia, sin dal primo momento in cui mi hai conosciuto. Scusami se ti ho ridotta così, spero ti riprenda presto»
E in un attimo fu fuori così come si era alzato dal letto. La porta rimase aperta ed io mi ritrovai scombussolata sia per via delle sue parole che per le scuse inaspettate.
«Les, tutto okay?» Sebastian riprese a parlare in italiano e mi bastò la sua voce a farmi ritornare alla vivida realtà. Annuii tra le sue braccia e lui mi baciò la testa.
«Ti prego Les, non commettere mai più il suicidio» mi sussurrò, ed io capii subito che anche lui sapesse, che non solo Levi fosse arrivato alle conclusioni. «Non sai com'ero terrorizzato quando ti ho trovata in quella vasca. La tua testa era ricurva all'indietro, il tuo polso non segnava i battiti. Io...» la voce gli si incrinò, allora io mi voltai verso di lui e lo strinsi forte.
«Scusa.» gli sussurrai «Ti prometto che non lo farò mai più. Te lo giuro. Non mi lascerò nemmeno morire di fame. Prometto che sarò una persona più forte, una persona migliore. Ti giuro che non ti farò soffrire ancora. Mi spiace. Sono davvero dispiaciuta.»
Sebastian mi prese il viso tra le mani e accarezzò le mie guance, sfiorò le mie ciglia e le mie sopracciglia con i pollici. Lasciai che mi toccasse, che confermasse che non fosse tutto un suo sogno, ma realtà. «Mi sei mancata da morire in queste settimane» Mi sfiorò le labbra, il suo sguardo fermo lì. «Mi sentivo vuoto senza di te e poi quando ho potuto rivederti senza sapere se avresti riaperto i tuoi occhi, non ho fatto altro che sentirmi terrorizzato tutto il tempo. Se ti avessi persa, io...»
Non lo lasciai terminare. Lo zittii baciandolo lievemente.
Le sue labbra erano soffici come ricordavo dall'ultimo bacio sotto la pioggia.
Sebastian rimase di stucco.
«Scusa» gli sussurrai «Non rischierai mai più di perdermi»
E qualunque cosa lui avesse voluto dirmi in risposta, qualunque mia domanda su ciò che avevo fatto, sui miei sentimenti per lui, sul mio battito veloce, tutto venne soppresso dalla comparsa di tutti i miei amici nella mia stanza chiedendomi come stessi stando vicini a me tutto il tempo. Incontrai persino gli occhi di Peter, che si soffermarono su me e Sebastian – io ancora stretta tra le sue braccia – e gli sorrisi facendo cenno di avvicinarsi. Era tempo di fare altre promesse di miglioramento personale.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top