Capitolo 10

Leslie

Il compleanno di Peter era stato magnifico se non per un minuscolo – ma per me gigante – dettaglio: anche Levi era stato invitato ed io avevo dovuto sopportare ogni singolo secondo speso sapendo di averlo vicino ma allo stesso tempo lontano da me.

Lila fortunatamente non era venuta con Levi, il manager le aveva fissato un'audizione per quel giorno quindi aveva preferito dedicarsi al lavoro. E anche se non ci fosse stato, sicuramente sarebbe venuta solo per via di Levi. Non pensavo che avesse dei rapporti così stretti con il mio migliore amico o che tantomeno potesse averne in futuro. Soprattutto non dopo il mio ritorno. Peter sarebbe sempre stato principalmente dalla mia parte e solo subito dopo da quella di Levi. In fin dei conti era pur sempre il mio Adulatore!

La festa era stata carina. Peter aveva opzionato per un qualcosa di piccolo e allo stesso tempo lussuoso per i suoi 18 anni. Ci aveva portati in un ristorante a cinque stelle. Lì avevamo consumato un piacevolissimo pranzo tra musiche soft ed un'atmosfera tranquilla e riservata. Isabella e Sebastian avevano socializzato tantissimo con il mio migliore amico e Cassidy mi aveva dato tanto da parlare per distrarmi da Levi, che sembrava trovarsi fin troppo fuori luogo da spiccicare una parola... beh, un po' come me. In sua presenza e da sobria mi sentivo come se fossi sotto inchiesta, nervosa come non mai per un fatto di cui non ero nemmeno colpevole. Non potevo farci nulla se i miei sentimenti per lui fossero ancora lì, ancora forti, per niente smorzati. Così come lui sapeva di non poter far niente per rendere la situazione meno imbarazzante.

Prima di salutarci tutti quanti Levi aveva ricevuto una chiamata da Lila. In quel momento avevo cercato di non ascoltare con tutta me stessa però non riuscii a dare ascolto a me stessa e spiai la conversazione. Sentii i "ti amo" di Levi, il suo tono dolce e premuroso, vidi il suo viso rallegrarsi e giuravo, sì, giuravo di essere felice per lui, però non riuscivo a sopportare che fosse più felice di quando stesse con me, così mi voltai e mi costrinsi a parlare con Sebastian per non ascoltarlo.

«Stasera andiamo in discoteca?» chiese Levi dall'altro capo del cellulare rispetto a Lila.

Quella frase e il seguente sguardo sorridente bastarono per stregarmi e rompere l'ennesima promessa giurata a Sebastian: ovvero non andare in discoteca solo per vedere Levi e Lila o per bere sperando di dimenticare il mio vero amore.

Ero sgattaiolata via di casa. Da sola. A l'una di notte. In giro per strada tutta da sola. E senza che Sebastian sapesse di tutto ciò. Né che tantomeno lo sapesse Isabella. Ero fortunatamente arrivata in discoteca sana e salva con un taxi. E infine mi ero lasciata prendere dalla musica assordante.

Nonostante fosse la notte tra mercoledì e giovedì, dunque all'interno della settimana, la discoteca era piena come non mai. Che qualcun altro stesse festeggiando lì?

Mi guardai intorno per cercare Levi e Lila ma non li vidi da nessuna parte. Le canzoni seguivano una dopo l'altra, alcune ritmate, altre più lente, altre ancora versioni remixate di canzoni di artisti americani.

Mi lasciai andare, la mia testa ed il mio corpo si mossero a ritmo di musica in modo ritmato e quanto più sensuale riuscissi a trasmettere da sobria.

Non avevo bisogno di bere, mi dissi, non sarebbe servito a nulla e nel peggiore dei casi Sebastian avrebbe pure scoperto dove mi trovassi. Meglio rimanere sobria.

Delle ragazze mi spintonarono per sbaglio, completamente ubriache ed io mi allontanai velocemente da lì per andare a sedermi sui soliti divanetti a bordo pista. Da l'non avrei potuto fare niente di stupido, non da sobria, almeno, così mi misi a cercare Levi e Lila con lo sguardo nella speranza di trovarli.

Non sapevo perché continuassi a farmi del male sperando di vederli in pista. Forse ero semplicemente masochista, o forse mi aspettavo che si lasciassero da un momento all'altro per poter entrare in gioco, non lo sapevo, ma avrei tanto voluto smettere di farlo. Il problema era riuscirci, però. Non ce la facevo proprio ad andare contro me stessa, non importava quanta forza di volontà ci mettessi.

Sospirai.

La folla di persone continuò a scatenarsi in pista sotto le luci colorate. Alcuni si passarono dei drink, altri delle pillole di sottecchi, altri limonavano in pista senza alcun ritegno fregandone degli sguardi delle altre persone.

Mi soffermai a guardare un ragazzo in mezzo alla pista che ritrovai a fissarmi spudoratamente le tette.

Dio, ma era possibile che i ragazzi rimbambissero davanti ad un paio di tette, tra l'altro quasi del tutto coperte?

Mi alzai di più il top con la cerniera tra i seni che avevo preso dall'armadio di Cassidy – ovvero l'armadio nella stanza che adesso era di Sebastian – qualche giorno fa ed alzai il dito medio in direzione di quel ragazzo che, frustrato, distolse lo sguardo da me puntandolo sul sedere di una ragazza che stava ballando vicino a lui. Maniaco.

Una delle tante luci mi accecò agli occhi ed io mi scostai leggermente per poter tornare alla ricerca di Levi a Lila, che non riuscivo a scorgere da nessuna parte.

Possibile che non fossero arrivati? Solitamente arrivavano verso le undici ma in quel momento era quasi l'una di notte e ancora non c'era nemmeno l'ombra di uno dei due. E se avessero preso una camera programmano di non uscire da lì per poter bere da soli? E se in quel momento fossero entrambi ubriachi e nudi, il corpo di Levi premuto su quello di Lila? E se lui le stesse sussurrando "Sei il mio angelo", il nomignolo che aveva sempre affibbiato a me? Se glielo avesse sussurrato perché ormai non provava più nulla nei miei confronti e lo considerasse un modo per recidere ogni nostro legame? Se... No, non ce la facevo più. Mi serviva dell'alcol o i miei pensieri non si sarebbero mai spenti. E se pensavo a Levi e Lila insieme rivedevo i loro baci nascosti, quelli in pubblico, i loro "ti amo" sussurrati e non, i loro abbracci, i loro sguardi da innamorati persi, i loro sorrisi smaglianti, le braccia di Levi attorno alla vita di Lila, ma soprattutto il corpo seminudo di lei sotto quello mezzo svestito di Levi; le sue mani sul corpo di Lila, i suoi baci sul collo che però scendevano fino ad arrivare sul suo seno.

Rividi queste immagini nella mia testa in loop come se fosse la prima volta che le vedessi. Sentii il mio cuore pulsare così forte da farmi terribilmente male, la mia testa mi chiedeva implorando un rimedio per sopprimere i miei pensieri, per rendere il peso sul mio cuore più leggero. I miei occhi si riempirono di lacrime e mi morsi il labbro per trattenerle lì, per non lasciare che tutte queste persone mi vedessero debole.

Mi alzai dal divanetto ed andai a prendere posto su una delle seggiole davanti al bar. Un barman mi raggiunse subito per prendere il mio ordine.

Scusami tanto Seb ma dovrò rompere l'ennesima promessa. Prometto, però, di non bere fino a svenire. Berrò solo il giusto necessario per dimenticarmi di Levi.

«Signorina, cosa prende?»

«Un Negroni e tre shottini di vodka liscia, grazie» gli riferii. Lui annuì e proseguì nel prepararli. Mi passò prima gli shottini, più veloci da preparare, e li buttai subito giù uno di seguito all'altro per fare in modo che l'alcol andasse subito in circolo. Quando anche il Negroni fu pronto me lo passò sul bancone ed io lo presi sorseggiandone un po' per volta.

«Q-quattro shottini di assenzio!» borbottò strascicando le parole un ragazzo. Si avvicinò al bar barcollando e la sua voce mi sembrò molto familiare nonostante l'andatura lenta e tremolante causata da tutto l'alcol bevuto in precedenza.

Mi voltai verso Peter sorpresa di trovarlo lì in discoteca e così ubriaco da avere la camicia bianca – la stessa che aveva indossato a pranzo per il suo compleanno – sbottonata in alto, i capelli scurissimi arruffati, gli occhi verde smeraldo contornati da delle striature rosse e le guance infuocate. Dio, persino l'odore che emanava era di alcol puro. Chissà quanto aveva bevuto per ritrovarsi in queste condizioni così pietose e chissà come faceva ancora a tenersi più o meno bene in piedi.

Quando Peter mi notò, barcollò fino ad arrivarmi quasi addosso, sul suo viso apparve un sorriso stupido che avrei tanto voluto fargli scomparire dalle labbra. In quel modo sembrava ancora più figo del solito. Se solo le altre ragazze fossero state lì intorno a lui ad ammirare il suo sorriso da cattivo ragazzo, ne sarebbero subito state stregate e avrebbero fatto di tutto pur di conoscere il mio migliore amico.

«Bellissima! Oh Bellissima, che bello vedere almeno una faccia conosciuta stasera! Pensavo di essere proprio solo, ma a quanto pare mi sono sbagliato perché la mia piccola Bellissima è proprio bellissima e qui di fronte a me» mi scompigliò i capelli. Il suo sorriso stupido non accennò a sparire e sebbene odiassi le persone che mi scompigliavano i capelli appuntando che fossero molto più alti di me lasciai correre. Peter era fin troppo ubriaco per capire qualcosa.

«Adulatore!» mi alzai per aiutarlo a sedersi sullo sgabello accanto al mio e lui si lasciò guidare fidandosi ciecamente di me.

Il barman tornò con gli shottini e Peter li mandò giù senza nemmeno riprendere fiato tra un sorso ed un altro.

«Hey, calma, non c'è bisogno di fare così in fretta!» provai a frenarlo, ma Peter mi ignorò.

Dio, ma cosa diamine aveva spinto Peter a bere così tanto proprio la notte dopo il suo compleanno? E dov'era Cassidy? Perché non l'avevo ancora vista? Che fosse nella stanza privata in attesa che Peter tornasse con i drink? Che Peter e Cassidy avessero litigato e che per questo Peter fosse qui a rilasciare il suo dolore con l'alcol?

«Peter» lo richiamai e lui si voltò subito a guardarmi «Dov'è Cassidy? È qui?»

Lo sguardo di Peter si spense e tutta l'allegria donatagli dall'alcol scomparve.

Sì, doveva aver litigato con Cassidy.

«È a casa» evitò di guardarmi negli occhi, il suo sguardo puntato sul bicchiere vuoto dello shottino «E anche se avesse voluto venire, non avrebbe potuto farlo»

La voce disperata con cui lo disse mi portò a pensare al peggio. Che Cassidy gli avesse detto di lei e Melchior? Doveva essere per forza quello o altrimenti non mi sarei mai spiegata il comportamento così anormale del mio migliore amico.

«Perché?» chiesi quindi, sperando di non renderlo ancora più triste di quanto già non fosse «Che è successo?»

Sentii il mio cuore accelerare. Mi sentii in ansia, come se dovessi prepararmi ad affrontare il peggio, ma in realtà non c'era nessuna cosa che Peter e Cassidy non avrebbero potuto risolvere con del tempo, quindi non avrei dovuto essere agita, o sì, invece? Se si trattava della notte che Cassidy aveva erroneamente passato con Melchior Peter non avrebbe dovuto preoccuparsi. Cassidy non lo aveva fatto apposta. Era successo tutto a causa dell'alcol!

Peter prese il bicchiere in cui prima c'era stato l'alcol e lo alzò come se stesse improvvisamente brindando. Nei suoi occhi verdi riuscivo a leggere incredulità, sconvolgimento, dolore, accettazione, tutto insieme. Sulle sue labbra campeggiava un sorriso triste, uno di quelli che ti escono spontaneamente quando la tua vita sta andando completamente a rotoli.

Mi venne voglia di confortare Peter, il mio migliore amico. Di portarlo a casa dei suoi genitori e raccontargli una storia improvvisata sul momento così come facevo da piccola per calmarlo e tranquillizzarlo. Ogni volta ero riuscita a distrarlo e a farlo sentire meglio allo stesso tempo. Gli avrei accarezzato i capelli e lo avrei tenuto stretto tra le mie braccia, ma in questo caso, in questo momento, non sapevo nemmeno cosa fosse successo. Se fosse stato qualunque altro avvenimento che non riguardasse la mia parabatai non avrei nemmeno chiesto, ma in questo caso volevo proteggere entrambi dal dolore trovando un modo per sistemare le cose tra di loro.

Peter alzò ancora una volta lo shottino sorridendo «Cassidy è incinta»

COSA? No, aspetta... Cosa? Dovevo per forza aver capito male. Non poteva essere vero. Sì, sicuramente Peter stava avendo le allucinazioni a causa di tutto l'alcol che aveva ingerito fino a quel momento. Cassidy non poteva essere incinta. Non era materialmente possibile. Lei prendeva la pillola. Era impossibile che fosse rimasta incinta... lei... No, non poteva comunque essere. Doveva per forza essersi sbagliata. Magari aveva fatto solo un test e quello aveva dato un risultato non veritiero. Sì, doveva per forza essere andata così o...

Peter abbassò il bicchiere e ordinò altri shottini al barman «Ho a malapena diciotto anni e diventerò padre tra otto cazzo di mesi. Non ho nemmeno finito le scuole superiori e dovrò badare ad un neonato. Dio, ma perché? Perché è successo a me? Cassidy ha sempre preso la pillola, ogni dannato giorno. C'era solo una microscopica possibilità che rimanesse incinta pur prendendo la pillola e quella possibilità l'abbiamo beccata proprio noi. Non riesco ancora a credere alla sfortuna che ho avuto» si fermò solo per bere tutto d'un colpo lo shottino appena passatogli dal barman «Io... io non sono pronto ad essere padre, io...» ma io non lo stavo ascoltando più. Davanti ai miei occhi passarono tutti i momenti in Italia in cui quella ad essere rimasta incinta ero stata io.

Rividi me e Levi in spiaggia in Liguria a fare l'amore sulla spiaggia fine e chiara, rividi l'attimo seguente in cui mi accorsi che fosse mancato il preservativo e riferii tutto a Levi. Rividi il suo sorriso dolce, i suoi occhi limpidi come il mare da cui eravamo appena usciti e la sua promessa sincera sul fatto che ci sarebbe stato per me nel caso in cui fossi rimasta incinta. Rividi l'attimo in cui ci mettemmo a giocare con dei possibili nomi per il bambino. Rividi Levi ripartire. Rividi me a scuola mentre correvo verso il bagno per poter rimettere durante l'ora di scienze sulla gestazione. Mi rividi in farmacia a mentire per prendere i tre test senza essere guardata male e poi mi rividi ad aspettare con ansia che uscissero i risultati per poterli confrontare. Mi rividi scoppiare a piangere per il risultato e mi rividi andare a fare la visita dalla ginecologa solo per scoprire che sarebbe stato difficile far sopravvivere il mio bimbo fino al terzo mese. Mi rividi soffrire per questo e mi rividi felice di essere arrivata fino al terzo mese senza alcuna complicazione per poi rivedermi distrutta dopo aver saputo che il mio bambino, il mio maschietto, non ce l'avesse fatta, che fosse stato strangolato dal cordone ombelicale. Mi rividi stringere quel piccolo festo non più grande della mia mano, le lacrime ed il dolore irrefrenabile esploso dentro di me come se si fosse trattato di uno tsunami incontrollabile.

E al solo rivedere tutto davanti ai miei occhi mentre Peter continuava a sfogarsi per la recente notizia, sentii i miei occhi pungere, il mio cuore dolere forte come se mille chiodi lo stessero conficcando e tutto il dolore provato in passato e ancora non colmato mi si riversò contro senza nemmeno lasciarmi respirare.

Afferrai il cocktail che avevo ordinato prima ancora che Peter si buttasse al bancone e lo bevvi tutto d'un colpo sperando che l'alcol facesse subito il suo effetto liberandomi da tutta la sofferenza che stavo provando.

«Io non so cosa fare» continuò Peter, la sua espressione diventava disperata ogni minuto in più che passava parlandone «Davvero. Non so nemmeno da dove dovrei iniziare»

«Per adesso non pensarci» gli consigliai «E non voglio pensarci nemmeno io» fu così che io e Peter non ne parlammo più ed ordinammo al barman una serie di shottini.

Io e Peter rimanemmo lì a bere fino a quando nessuno dei due capì cosa stesse succedendo, cosa fosse reale e cosa non lo fosse.

Sentii la mia testa e il mio corpo liberarsi da ogni peso e librarsi in aria più leggero. Ogni preoccupazione era momentaneamente sparita e a me andava bene così.

Mi guardai intorno e tutto sembrò apparire insolitamente divertente. La gente si accorgeva di essere diventata traballante come dei vermi?

Scoppiai a ridere senza riuscire a trattenermi e feci per dire dell'accaduto a Peter quando lui parlò per primo.

«Guarda Les! Gli alieni ci stanno attaccando!» il mio migliore amico indicò le luci di mille colori. Dio, se era brillo!

Risi di lui. Quelli non erano affatto alieni. Erano le stesse e i colori dell'universo... Oh cavolo, l'universo ci stava venendo addosso!

«Stupido, non sono alieni» lo richiamai sussurrandogli all'orecchio, sperando così di non far arrabbiare l'universo «È l'universo che ci sta venendo a prendere! Gli alieni potrebbero mai essere viola? Si sa che sono verdi!»

«E tu che ne sai?» mi spintonò lievemente e per poco non caddi dallo sgabello «Oh, merda! Scusa, Les»

«Non importa, tanto l'universo si sta avvicinando sempre di più. Tra poco moriremo!»

Peter si spaventò e per riflesso anch'io mi ritrovai spaventata a morte, tanto da lasciarmi cadere per terra finendo a quattro zampe.

Alzai lo sguardo e Peter mi sembrò diventare gigantesco. «Wow, Peter!» urlai «Sono diventata una formica! Forse scamperò alla morte!»

Peter mise su il broncio «Anch'io voglio essere una formica!» così scese dallo sgabello e si mise a quattro zampe come me.

«Peter, adesso anche tu sei una formica!» lo applaudì e lui sorrise orgoglioso di sé «Vieni, andiamo, mi è venuta un'idea»

Mi misi a gattonare tra le gambe della gente passando anche accanto a gambe lunghissime come degli alberi. Erano diventati tutti dei giganti! Forse Peter aveva ragione e c'erano davvero gli alieni. Beh, allora tanto valeva proseguire con la mia idea: almeno avremmo rimandato la nostra morte per mano degli alieni viola a più tardi!

Salii la pedana dietro al bancone e feci cenno a Peter di aspettarmi lì. Lui annuì ed io continuai a gattonare sullo stretto corridoio dietro al bancone sperando di non vedere i barman trasformati in giganti dagli alieni.

Raggiunsi il frigo in cui tenevano gli alcolici e afferrai la bottiglia ancora chiusa di vodka liscia e scappai via velocemente dalla pedana sperando di non essere vista dagli alieni. Chissà cosa mi avrebbero fatto se mi avessero presa! Sicuramente non sarei stata viva più di tanto per poterne far parola con qualcuno!

Feci cenno a Peter di scappare via di lì non appena fui giù dalla pedana. Ci alzammo entrambi in piedi e Peter mi afferrò il braccio correndo in mezzo alla pista portandosi dietro anche me. «So io dove andare! Lì gli alieni o l'universo non ci troveranno mai, credimi!»

Annuii inseguendolo e fidandomi ciecamente di lui. Più volte barcollò minacciando di farmi cadere dietro di lui, ma in qualche modo riuscì a tenerci in piedi e a farci superare gli alieni di guardia.

Solo quando fummo nella parte insonorizzata del posto rallentammo. Mi ritrovai ad avere il fiatone, persino, però almeno eravamo scappati dalla morte.

Peter prese l'ascensore e tenne la sua mano ancora stretta attorno al mio polso, probabilmente per proteggermi nel caso in cui gli alieni ci avessero comunque raggiunti. Quando le porte dell'ascensore si riaprirono, corse in direzione di una porta trascinandomi ancora. Una volta dentro la richiuse subito alle nostre spalle chiudendo la porta a chiave.

Peter sospirò appoggiandosi alla porta con il fiatone in gola. Pure io mi ritrovai ad avere il fiatone così, vedendo un letto piazzato al centro della stanza, mi ci diressi buttandomici a peso morto.

«Fiù, l'abbiamo scampata!» esultò il mio migliore amico buttandosi sul letto accanto a me, la bottiglia di vodka piazzata in mezzo a noi nonostante la stanza sembrasse girare come un vortice.

«Sì» ridacchiai, poi mi misi a sedere «Festeggiamo! Apri la bottiglia!»

Peter si mise a sedere come me e non si fece ripetere l'ordine una seconda volta. Aprì la bottiglia e mandò giù un lunghissimo sorso senza nemmeno far scivolare una goccia d'alcol dalle sue labbra.

«Hey, lascia bere anche me!» gli strappai la bottiglia dalle mani e ne bevvi un lungo sorso come aveva fatto lui però purtroppo me ne buttai un po' addosso. Sentii delle gocce scendere dall'angolo della mia bocca al mento e al collo fino alla scollatura del top, ma poi delle labbra calde e una lingua raccolsero quelle gocce sensualmente provocandomi dei brividi per tutto il corpo.

Mi fermai dal bere, ma i baci e la lingua non accennarono a frenarsi, anzi, le labbra di Peter continuarono a succhiare la mia pelle sempre più sensualmente tanto da spingermi quasi ad emettere un gemito, che trattenni in gola.

Bene, se Peter voleva il gioco sporco lo avrebbe di certo avuto!

«Adesso è il tuo turno» gli dissi e lui si staccò dal mio collo. Peter provò a prendere la bottiglia dalle mie mani ma io la trattenni tra le mie stregandolo con il ghigno sulle mie labbra «Lascia che ci pensi io»

Peter mise su un sorrisetto e aprì la bocca. Versai un po' di vodka liscia nella sua bocca per non deluderlo e feci scivolare un'altra buona parte sulla sua camicia bianca.

«Ops, che imbranata» finsi.

Incominciai a sbottonargli la camicia fino all'ultimo bottone rivelando la pelle chiara invernale e scolpita del torace di Peter.

Non avevo mai avuto dubbi sul fatto che il mio migliore amico fosse un figo, ma quella sera lo era ancora di più e non sapevo nemmeno come potesse essere possibile. Mi sentii come se potessi osare, anzi, sapevo di poterlo fare, di poter rischiare una qualsiasi mossa, così mi avvicinai al suo collo e iniziai a baciare, e leccare e succhiare la striscia bagnata dalla vodka che avevo intenzionalmente lasciato scivolare sulla sua pelle.

Scesi la mia bocca sempre più in basso: sul suo petto scolpito e sugli addominali superiori, poi mi fermai. Alzai lo sguardo e notai Peter trattenere dei gemiti mordendosi il labbro inferiore con forza.

Sorrisi soddisfatta per ciò che ero riuscita a provocare in lui così continuai con il gioco togliendogli completamente di dosso la camicia e spingendolo contro il letto, la sua testa tra le mie mani.

Peter emise un rumore di gola, sorpreso da ciò che stavo facendo ed io sorrisi maggiormente, consapevole del mio potere su di lui.

Mi misi a cavalcioni su Peter e sentii qualcosa premere sul mio punto debole sin da sopra i jeans blu chiaro che indossavo. Mossi i fianchi per godere maggiormente e non mi sforzai per nulla di trattenere il mugolio provocato dal piacere della crescente erezione di Peter contro di me.

Peter ringhiò il mio nome, ma per me fu più una supplica che un vero e proprio ringhio per avvertirmi di fermarmi. Misi su un sorriso e continuai buttando la testa all'indietro quando continuai a sfiorarlo.

Peter non resistette più. Mi afferrò per il sedere per trattenermi ferma così ridacchiai scendendo da sopra di lui, seppur con leggero dispiacere. In fin dei conti mi stavo divertendo.

«Vedi? Ho vinto io. Sono io quella con più potere qui, Peter» gli rinfacciai.

Bevvi un altro sorso dalla bottiglia di vodka liscia per festeggiare la mia "vittoria", ma Peter me la strappò di mano infradiciando il davanti del mio top e dei miei jeans di vodka.

«Peter!»

Ma Peter non si sentì affatto chiamato in causa dal mio rimprovero. Al contrario, ne sembrò più che soddisfatto e scommettevo anche che niente avrebbe potuto togliergli il sorrisino che aveva stampato sulle labbra. Mi prese per le spalle e mi buttò contro il letto con tale forza che persino rimbalzai.

Rimasi senza fiato. Dio, la stanza sembrava farsi sempre più calda o era tutta colpa dell'alcol?

Il mio cuore iniziò a battere fortissimo, come se stesse per esplodere ed io mi resi conto che anche se avessi avuto un gran potere su Peter anche lui ne possedeva altrettanto su di me, o meglio, sul mio corpo.

Peter mi baciò lasciandomi sorpresa per qualche secondo. Le sue labbra furono morbide e violente contro le mie, la sua lingua sapeva di vodka liscia e cercava la mia come se ne dipendesse della sua intera esistenza.

Il bacio si fece sempre più passionale, il corpo di Peter premette di più contro al mio, come se volesse persino entrarmi dentro. Le mie mani si avvolsero attorno alla sua nuca e lo attirai ancora più possibile a me sperando di goderne maggiormente, ma non mi bastava. Volevo di più.

Vidi l'immagine di Peter confondersi con le ombre nella camera, i suoi capelli corvini si mimetizzarono come fumo. Al posto degli occhi verde smeraldo di Peter vidi degli occhi dello stesso colore dell'oceano... o almeno li vidi per qualche secondo.

Levi?

Era realmente Levi?

Non lo sapevo, e anche se non lo fosse stato non mi importava. Mi bastava il suo corpo sul mio, il piacere che mi avrebbe donato, anche se si fosse trattata di un'allucinazione.

Strillai sorpresa quando – Peter? Levi? Insomma... – il ragazzo addosso a me scese la cerniera del mio top con i denti sfiorando la pelle sensibile al centro tra i miei seni.

I miei capezzoli si inturgidirono immediatamente e sentii delle scosse propagarsi in direzione del mio basso ventre. Quel ragazzo non mi aveva nemmeno sfiorata ed io mi sentivo già morire di piacere.

Il ragazzo spostò la sua bocca ancora una volta sul mio collo succhiando e leccando fino a scendere su un mio capezzolo, che mordicchiò e succhiò provocandomi ondate di piacere così enormi da farmi mugolare a voce alta.

«Shh» mi sussurrò il ragazzo ed io mi resi conto che fosse Peter e non Levi come mi era sembrato per un attimo. Beh, non importava che fosse Peter fintanto che mi facesse stare così bene. Non era assolutamente rilevante.

Peter succhiò ancora uno dei capezzoli mentre stuzzicò l'altro con le sue dita.

«M-mi vuoi morta» riuscii a dire tra un respiro affannato ed un altro.

Non c'era bisogno che controllassi per sapere che sul viso di Peter fosse apparso un sorrisetto orgoglioso, lo capii da come continuò il suo operato, infatti mentre con la bocca continuava a succhiare il mio seno, la mano scese dal mio seno fino a dentro i jeans e alle mie mutandine, soffermandosi sul mio punto più debole in assoluto, già pulsante e pronto per essere stimolato dalle sue dita.

Quando mi sfiorò avvolsi immediatamente le mie gambe attorno alla sua vita per avvicinarmi di più al suo punto debole e godetti ancora di più quando le sue dita iniziarono a muoversi mandando il mio corpo a farsi tranquillamente benedire all'inferno.

Mugolai come mai fatto prima d'ora.

Peter sapeva proprio come farmi stare bene e ne sembrava pure orgoglioso.

Le sue labbra risalirono dal mio seno al mio viso sfiorando i globi delle orecchie e mordicchiandoli. Quando la sua voce uscì era roca e mi fece venire i brividi «Sei così perfetta e pronta per me. Resisti solo un altro po', Bellissima»

Le sue dita continuarono a sfiorarmi ed io non smisi di mugolare un attimo. Il mio corpo iniziò a vibrare, segno che non sarei durata ancora molto, così provai a dirlo a Peter.

«T-ti prego fermati o...» ma Peter mi interruppe prima ancora che riuscissi a finire cercando la mia lingua con la sua.

Non resistetti più e gli abbassai i pantaloni e i boxer tutto d'un colpo. Mi staccai leggermente dalle sue labbra «Smettila di giocare» sussurrai «Tanto sarò io quella a vincere»

Lo toccai avvolgendolo e Peter non riuscì a trattenere dei mugolii che lo colpirono in pieno. Il mio punto debole continuò a pulsare, troppo vicino al suo... fin troppo vicino seppur la stoffa dei miei jeans e delle mie mutandine ci dividesse.

«Leslie» mi chiamò Peter, la sua voce affannata «Voglio scoparti. Forte»

Un sorriso comparve sulle mie labbra. «Non aspettavo altro.»

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