Capitolo 8
Con la mano destra tasto il braccio sinistro. Sono contenta di non avere niente di rotto, quando sono caduta mi ha fatto veramente male. Il dottore si è limitato a fasciarmi e a dirmi di tenere il braccio a riposo per almeno due settimane. Pensavo peggio.
Mio padre, dalla poltrona di fronte, mi sta guardando con lo sguardo da cane bastonato. «Credevo che questa città fosse più sicura come posto in cui vivere.»
Raccolgo le gambe sul divano e sprofondo tra i cuscini. «Queste cose capitano a tutti e ovunque.»
Susanna si china per dare il caffè a mio padre e si siede sul divano vicino a me. «E quello che ti ha investito non si è fermato, eh?»
Scuoto la testa. «Non sono nemmeno riuscita a guardarlo in faccia. Ricordo solo che era una macchina blu.»
«Pensavo che la gente di questa città fosse più civile.» Borbotta mio padre, beve il caffè e posa la tazzina sul tavolino di fronte.
Teja ci passa davanti, prende la tazzina di mio padre e la riporta sul vassoio, raccoglie la zuccheriera e il bricco di porcellana e la posa sul vassoio insieme alle tazzine. All'improvviso qualcuno suona il campanello e lei sobbalza.
Susanna alza lo sguardo su di lei. «Teja, perdonami, potresti andare ad aprire?»
Lei annuisce ed esce dalla sala.
Mio padre si massaggia il mento. «Sono molto preoccupato per te, Kalpana.»
«Non devi preoccuparti, padre. Queste cose qui succedono raramente.»
«Non ne sono sicuro.»
Qualcuno bussa alla porta, Susanna invita a entrare e Hiresh appare in salotto con il suo impeccabile completo di alta sartoria e il turbante blu di seta. Si fa avanti con la sua solita faccia di bronzo. «Scusate, disturbo?»
«Hiresh... prego, accomodati.» Susanna si alza in piedi e gli indica con la mano la poltrona accanto a quella di mio padre.
«La ringrazio, signora Lenzi.» Le fa cenno con la testa e si mette a sedere.
«Signorina, per favore.» Susanna torna a sedersi accanto a me sul divano.
Gratifico Hiresh con una occhiataccia. «Cosa ci fai qui?»
Lui apre bocca per rispondere ma mio padre lo precede. «Sono stato io a chiamarlo.»
Questa non me l'aspettavo. «Perché?»
«Perché hai bisogno di qualcuno che badi a te.»
Rimango di ghiaccio. «Di cosa stai parlando?»
«Io e tuo padre abbiamo parlato tanto la volta scorsa.» Hiresh si china in avanti e si appoggia contro le ginocchia. «E dopo quello che è successo mi ha chiamato e mi sono offerto di farti da guardia del corpo.»
Per favore, datemi uno schiaffo. Anche Susanna è senza fiato, sento il suo stupore pari al mio, siamo entrambe immobili con lo sguardo fisso su di lui.
«Stai scherzando, vero? Non ho bisogno di una guardia del corpo!» Adesso sta davvero esagerando.
«Sì che ne hai bisogno.» Papà non si scompone, anzi direi che ne è compiaciuto. «Mi sono accorto che anche questa città è pericolosa per una ragazza sola.»
«Ti ho appena detto che non è successo niente di grave, alla fine è solo una distorsione.»
«Che non sarebbe successa se avessi avuto un uomo accanto che si sarebbe sicuramente reso conto di ciò che stava accadendo.»
Mi passo una mano sulla fronte. «Questo è pazzesco!»
«Figlia mia, un uomo ha il diritto di controllare ciò che gli appartiene.»
Questa ultima uscita di mio padre mi lascia senza fiato. «Cosa? Io non appartengo proprio a nessuno.»
Hiresh resta in silenzio, la faccia di chi subisce un'offesa gratuita senza saper ribattere. Che attore!
«Kalpana, modera i termini!» Mio padre, come sempre, ha un tono di rimprovero. «Hiresh ha tutto il diritto di preoccuparsi, come tuo futuro marito.»
Balzo in piedi, il braccio fasciato protesta di dolore ma lo ignoro. «Lui non è il mio futuro sposo. Ti ho già detto che ho un ragazzo!»
«Ah sì? E dov'è?» Si guarda attorno nella stanza, cercando questo fantomatico uomo. «Se davvero avessi avuto un ragazzo adesso sarebbe qui. Sei appena stata investita da un'auto e lui non si è fatto vivo.»
Abbasso lo sguardo. «È solo che... è fuori città.»
Hiresh scoppia in una risatina isterica. «Kalpana, adesso basta, credo che tu abbia abusato fin troppo della pazienza di tuo padre.»
Lo guardo in cagnesco, ho una voglia folle di togliergli quel sorrisetto compiaciuto dalla faccia a suon di schiaffi.
«Kalpana, Hiresh ha ragione.» Mio padre mi fa distogliere lo sguardo da quella faccia di bronzo. Ma sembra dispiaciuto. «Io so bene che la tua mamma mi ha fatto promettere di non darti in sposa a nessuno prima della fine dei tuoi venticinque anni, e io ho mantenuto la mia promessa. Ma se non hai nessun ragazzo da presentarmi non posso aspettarmi che ne salti fuori uno all'improvviso. È fin troppo evidente che la tua è solo voglia di libertà. Ma una volta che avrai preso il tuo posto al suo fianco ti renderai conto da sola di quello che è il tuo ruolo.»
Non riesco più a guardarlo in faccia. Deglutisco e mi risiedo sul divano. Cosa posso dirgli?
Susanna fa sentire un colpo di tosse. «Mi scusi se mi intrometto, signor Narayan, ma quello che dice vostra figlia è vero, il suo fidanzato non è presente perché è dovuto andare fuori città.»
Tre paia di occhi stupiti si posano su di lei. E adesso che cosa le è saltato in mente?
«Possibile, esiste davvero un futuro genero?» Mio padre è davvero incuriosito.
Susanna annuisce. «Certo... Clio mi aveva detto di non dirvi niente, perché è una cosa che vogliono sistemare loro due, ma a quanto pare ha un po' di difficoltà nel convincerla che non le sta mentendo.» Mi lancia un'occhiata rassicurante e torna a prestare attenzione a mio padre. «So per certo che la prossima settimana tornerà in città e allora potrete sicuramente conoscerlo.»
Il modo in cui mio padre sta guardando Susanna non è contrariato come mi aspettavo, è incuriosito, forse anche felice. «Allora è vero, Kalpana ha finalmente conosciuto qualcuno.»
Con la coda dell'occhio mi accorgo della sicurezza di Hiresh svanire poco alla volta dalla sua faccia. «Che storia è questa? Volete burlarvi anche voi di mio zio?» Sbotta.
Mio padre si volta verso di lui con sguardo contrariato. «Metti in dubbio la parola della nostra ospite?»
Lui sembra di colpo un cane bastonato. «No, ma...» Non sa cosa dire, sta facendo una figura meschina.
Mio padre scuote la testa. «Lascia che la signora Lenzi finisca quello che ha da dirmi. Mi fido molto della sua parola.» Torna a rivolgersi a lei e le sorride.
Susanna contraccambia il sorriso. «Signorina, la prego.»
«Oh, sì, giusto. Mi scusi.» Mio padre china il capo in segno di scuse.
Lei fa altrettanto. «Scuse accettate.» Fa un altro piccolo colpo di tosse. «Volevo che fosse una sorpresa, ma forse è meglio scoprire le nostre carte. Ho intenzione di dare anch'io una festa, la prossima settimana, in onore di Clio come ringraziamento per la sua amicizia nei miei confronti. E immagino che potrebbe essere benissimo una buona occasione per concludere questa storia del loro fidanzamento e farle conoscere il suo futuro genero, signor Narayan.»
Mio padre accenna un sorriso. «È una splendida idea, signorina Lenzi.» Punta gli occhi su di me. «Così finalmente potrò conoscerlo.»
«Già...» Sorrido e abbasso lo sguardo. Susanna è impazzita, è l'unica spiegazione.
Mio padre sospira e si alza in piedi. «Dato che ho constatato che stai bene io posso anche andare. L'ambasciatore mi sta aspettando per discutere di certi affari e non voglio farlo aspettare oltre.» Si alza dalla poltrona e si sposta di fronte a HIresh. «Vieni con me?»
«Io...» fa un colpo di tosse in un pugno. «Vorrei trattenermi altri due minuti, se non le dispiace.»
«Va bene.»
Papà si volta verso di me, mi alzo per dargli un bacio e salutarlo, Susanna lo accompagna fuori dal salotto e Hiresh si alza a sua volta.
Il suo sguardo duro mi immobilizza sul posto. Si avvicina e afferra il mio braccio sano. «Non so cosa abbiate in mente tu e la tua amica professoressa-universitaria, ma so perfettamente che è tutto un bluff. Non ti permetterò di incontrarti con quel tipo.»
Strattono il braccio e mi libero. «Smettila, Hiresh!»
«Né con nessun altro, del resto.» Stira le labbra in un sorrisetto derisorio, si volta ed esce dal salone.
Butto fuori un sospiro pesante e mi lascio cadere sul divano dietro di me. È possibile che per quell'uomo possedere una piantagione è più importante della felicità coniugale?
Susanna entra in salotto e mi raggiunge sul divano. «Quell'Hiresh è un demonio, c'è quasi da credere che chi ti ha investito possa essere uno dei suoi scagnozzi per avere la scusa di farti da guardia del corpo.»
«Non lo escluderei.»
Si siede sul divano accanto a me. «Per fortuna che se n'è andato, quella faccia di bronzo inizio a non sopportarla più.»
«A proposito, si può sapere cosa ti è saltato in mente?»
Mi guarda stupita. «Perché?» Ha pure la faccia tosta di fingere di non capire.
«Cos'è questa storia della festa che vuoi dare in mio onore? E quale ragazzo dovrei presentare a mio padre?»
Sorride. «Non hai pensato di rintracciare il tuo bel dio dell'amore?»
«Ma non so niente di lui, come faccio a rintracciarlo?»
«Non è vero che non sai niente. Intanto conosci il suo nome, e sai che lavora in proprio.» Mi fa l'occhiolino.
«Ancora non riesco a capire le tue intenzioni.»
Apre la bocca per rispondere ma ci ripensa. «Forse è un bene che tu non capisca.» Si alza e mi posa una mano sulla spalla. «Tu lascia fare a me, ti fidi, no!»
Faccio un broncio approssimativo. «Diciamo di sì.»
«Sì che ti fidi. Ti ho mai delusa?»
«No, è vero, non mi hai mai delusa.»
«Allora non ti preoccupare.» Si allontana ed esce dal salone.
Caracollo la testa e mi stropiccio la faccia con la mano sana; ho bisogno riposarmi un po'. Mi alzo e mi dirigo verso camera mia, ma dalla porta del suo studio, Susanna esce in corridoio e appena mi vede sgrana gli occhi. «Oh, perfetto, ho bisogno di te.»
Le passo accanto. «Veramente stavo andando un po' nella mia stanza a stendermi sul letto.»
«No no, dobbiamo uscire, invece.»
Oh, no!
«Perché?»
«Ho bisogno del tuo aiuto per preparare la festa della prossima settimana, ma prima devo farti vedere una cosa.» Riapre la porta del suo studio ed entra. «Vieni?»
Rinuncio alla mia voglia di dormire e la seguo nello studio. «Cosa devi farmi vedere?»
Lei si avvicina alla finestra e scosta una tenda. «Questo, guarda.» Indica fuori.
Mi trascino al suo fianco e seguo il punto che sta indicando. Dalla parte opposta della strada, proprio di fronte al cancello della sua villetta, un uomo indiano con il classico skavij che gli copre i fianchi e un paio di pantaloni chiari e stretti sta immobile a guardare lungo la strada e l'entrata.
«Chi è quel tipo?»
Susanna lascia andare la tenda. «Volevo chiedertelo io, mi sembra di averlo già visto, alla festa all'ambasciata. Te?»
Scosto un'altra volta la tenda e gli do un'altra occhiata. «No... non mi sembra.»
«Siamo sicuri che non possa essere uno degli uomini pagati da Hiresh per farti da guardia del corpo in sua assenza?»
Mi sto spaventando. «In effetti ne sarebbe capace.» Torno a guardarlo attraverso la tenda. «In effetti non avrebbe senso un indiano fermo di fronte alla villetta, se non fosse uno dei suoi uomini. Non ha perso tempo...»
«A questo punto sorge un problema anche per me, Clio.»
«Cioè?»
«Speravo che potevi venire con me a fare una speciale commissione, ma se quel tizio è stato incaricato da Hiresh per starti alle calcagna credo non sia possibile attuare il piano che ho in mente, dovrò farlo da sola.»
Adesso mi ha incuriosita. «E cosa avevi in mente?»
Si reca alla scrivania e afferra le sue chiavi dal cassetto. Mi sorride. «Preferisco che sia una sorpresa.» Si avvicina e mi dà un bacio sulla fronte. «A me basta che ti procurerai un bel vestito per la prossima settimana.»
Si bacia l'indice e il medio a mo' di saluto e sparisce fuori dal suo studio.
Quella donna ne sa sempre una più del diavolo. Torno alla finestra e scosto la tenda, il tizio di Hiresh è ancora lì. Susanna esce dal cancello a bordo della sua Mercedes e il tizio la osserva con attenzione mentre gli passa davanti. Alza subito lo sguardo sulla facciata della villetta e i nostri occhi si incrociano. Lascio andare la presa dalla tenda e mi scosto dalla finestra. Un momento, di cosa ho paura?
Torno ad affacciarmi e lo fisso con lo stesso sguardo. Bene, amico, adesso sai che ti ho visto... E ti renderò la vita difficile.
***
Affretto il passo e osservo le vetrine che scorrono al mio fianco. Il riflesso mi restituisce l'immagine del tizio di Hiresh che mi segue a una distanza di una decina di passi. Ti credi furbo, eh!
Svolto di colpo nell'arco alla mia destra e mi inoltro nella galleria interna, passo davanti agli altri negozi presenti. Affretto ancora il passo e mi dirigo verso l'uscita secondaria. Lancio un'occhiata alle mie spalle; il tizio entra nella galleria e allunga il collo per individuarmi.
Ok, vieni, ciccino...
Sbuco fuori dalla parte opposta ed entro di corsa nel bar subito alla mia destra. «Buonasera.» Bofonchio in direzione del barista e mi sbrigo a sedermi nell'angolo del bar, fuori dallo sguardo di chi passa di fronte alla finestra. Il tizio si avvicina al vetro della stessa e guarda dentro, facendosi ombra con una mano. Scruta all'interno del locale, il bello è che io posso vederlo, ma dal punto in cui mi sono messa lui non può vedere me...
Di colpo si volta per guardare lungo la strada e si allontana. Tiro un sospiro di sollievo. Te l'ho fatta, bellezza!
«Desidera qualcosa, signorina?» Il cameriere mi fissa con un accenno di sorriso.
«Mi porta un caffè, per cortesia?»
Lui annuisce e si volta per prepararlo. Io mi guardo intorno, nel bar non c'è nessun altro, a parte quel signore in piedi davanti al bancone. Rubo il giornale dal tavolino alle mie spalle... però potrei chiamare Susanna per sapere dove si è cacciata. Se non è troppo lontana potrebbe venire qui e raccontarmelo.
Prendo il cellulare dalla borsetta e digito il suo numero.
Il telefono fa tre squilli. «Clio, tutto bene?»
Il cameriere posa il piattino sul tavolino.
«Sì... dopo che sei uscita ho deciso di uscire anch'io. Adesso sono nel bar dietro alla galleria in centro. Te?»
«Ehm... non troppo lontano. Se sei uscita immagino che il nostro amico ti abbia seguito.»
Alzo uno sguardo fuori dalla vetrina. «Sì... ma l'ho seminato.»
Sghignazza. «Non mi risulta difficile crederlo.»
«Mi domandavo, perché non vieni qui e mi racconti un po' di quello che la tua testolina ha escogitato?» Blocco il cellulare tra l'orecchio e la spalla e strappo una bustina di zucchero aiutandomi con la mano fasciata.
«Mm... non so se è una buona idea. Ma dato che sei uscita possiamo approfittarne per comprarti un vestito nuovo per la prossima settimana.»
Prendo di nuovo il cellulare e giro il caffè con due dita. «Già, proprio questo volevo sapere.»
Sospira. «D'accordo, verrò lì e ti racconterò tutto. Ma intanto andiamo a comprare il vestito più bello che tu abbia mai avuto.»
«D'accordo.» Prendo la tazzina e ne bevo un sorso. Accidenti, scotta!
Riposo la tazzina sul piattino e lo giro un'altra volta, con la speranza di raffreddarlo un altro po'. Ripesco il giornale e lo sfoglio senza un senso preciso. Sorseggio il mio caffè mentre scorro i vari titoli che appaiono. In questa città non si parla d'altro di problemi sanitari o di piccoli atti di vandalismo. Volto pagina... oh, hanno aperto una sorta di ospedale per animali. Che divertenti! La sanità sta andando a rotoli, ma per aprire un ospedale veterinario i soldi ce li hanno...
La porta del bar si apre e Susanna avanza davanti al bancone, con un cenno del capo saluta il barista, che ricambia allo stesso modo, e mi intercetta seduta nell'angolo. Mi sorride e mi raggiunge.
«Per la prossima settimana è tutto pronto.» Scosta una sedia e si siede accanto a me. «La festa è già fissata per venerdì sera, e anche tutta la lista degli invitati è completa.» Si sistema la borsa sulle ginocchia e ordina un caffè.
«E quindi?»
«E quindi ho invitato anche il tuo bel dio dell'amore.»
Sgrano gli occhi e chiudo il giornale di scatto. «Cosa hai fatto?»
Sorride, maliziosa come il suo solito. Il cameriere si avvicina e posa il suo caffè sul tavolino, prende la mia tazzina vuota e si allontana. Susanna si china verso di me. «Ho scoperto chi era il tuo dio dell'amore e l'ho invitato insieme al suo datore di lavoro.» Prende una bustina e zucchera il suo caffè.
«Ma sei pazza!»
Scuote la testa e afferra la tazzina. «Mi ringrazierai.» Beve il caffè e si lecca le labbra.
«No, affatto!» Strillo, con troppa enfasi. Il barista mi lancia un'occhiataccia. Do due colpi di tosse. «No, affatto!» Ripeto a voce più bassa. «Sono convinta che Eros non abbia la minima intenzione di impegnarsi con me.»
«Come fai a dirlo?»
«Beh... me lo sento.»
Scuote la testa, contrariata, e finisce il suo caffè. «Invece secondo me è il solo modo che hai per non finire come moglie di Hiresh.»
Accidenti, quando si mette in testa una cosa...
Il solo pensare a Eros mi sento percorrere da uno strano brivido. «Quale uomo sano di mente vorrebbe impegnarsi con una persona del tutto sconosciuta?» Scuoto la testa. «Ti ringrazio per lo sforzo ma non cambierà niente...» Mi alzo in piedi e sistemo il giornale di nuovo sul tavolo accanto. «Forse ha ragione Teja, devo imparare a vivere come quella che sono, una donna indiana.»
Vado alla cassa e pago i due caffè. Susanna rimane interdetta a fissarmi ancora al tavolino.
Esco in strada e faccio due passi per tornare a casa, ma una mano mi afferra con prepotenza il braccio sano. «Ma cosa...?»
Hiresh mi fissa vicinissimo con i lineamenti del viso tirati. «Lo sapevo che seguire la tua amica mi avrebbe portato fortuna, dato che sai benissimo seminare i miei uomini.»
Strattono il braccio e mi libero. «Che cosa vuoi, Hiresh?»
«Tenerti d'occhio, te l'ho detto.»
Mi volto e riprendo a camminare. Adesso sta davvero esagerando.
Lui mi tallona e afferra di nuovo il mio braccio. «Corri troppo per essere una docile ragazza.»
Mi volto verso di lui e lo gratifico con un'occhiataccia, se l'odio fosse visibile si vedrebbero i lampi uscire dai miei occhi. «Allora ammetti di aver messo uno dei tuoi scagnozzi alle mie calcagna.»
Lui ride. «Scagnozzi? È solo uno dei miei dipendenti.»
«Che si è fatto fregare, dato che non ho avuto troppa difficoltà a seminarlo.»
«Ma come vedi ti ho trovata lo stesso, seguire la tua amica fino all'ambasciata e poi in giro per la città è stato snervante ma mi è servito.» I suoi occhi mi squadrano dalla testa ai piedi. «Non so cosa sia andata a fare all'ambasciata, ma non hai speranze di scapparmi. Il tuo inesistente fidanzato non ti tirerà fuori dai guai.» Mi lascia andare il braccio e stira le labbra in un sorriso. «E mi ritengo anche fortunato, tra i due sono quello che non ci rimette in nessun caso. Devo avere solo ancora un po' di pazienza.»
Con una smorfia antipatica mi saluta, si volta e si allontana.
«Clio!» Susanna con una corsetta mi raggiunge e osserva Hiresh che si allontana. «Come ti ha trovata quel farabutto?»
«Ha seguito te.»
Lei sbatte le palpebre. «Certo... per stare dietro a te ha messo uno dei suoi uomini ma ha deciso di seguire me personalmente.»
Esalo un sospiro di esasperazione. «È sicurissimo che otterrà ciò che vuole, Susanna. Non so che fare.»
Un suo braccio sottile mi circonda la vita. «Andiamo a casa, poi voglio esporti la mia idea. So che è poco ortodossa e non è di tuo gradimento, ma a questo punto temo che tu non abbia altra scelta se non vuoi finire la tua vita accanto a quell'uomo.»
I suoi occhi dolci mi convincono e la seguo fino a casa... Speriamo che la sua idea non sia così malvagia come la dipinge.
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