Capitolo 7
Kalpana
Il mattino dopo la festa...
Mi stiro nel letto e apro gli occhi; il mio vestito è ancora appeso alla spalliera della sedia, il bordo tocca a terra, ancora chiazzato dall'acqua del mare.
Ieri sera mi aspettavo una serata frustrante e invece si è rivelata essere la più bella della mia vita.
Camminare fianco a fianco con lui sulla spiaggia, raccontarsi parte del nostro passato, vederlo interessato a ciò che ricordo di mia madre... mi ha fatto sentire viva. Chissà quando lo rivedrò...
Qualcuno bussa alla porta e la maniglia si alza e si abbassa senza aprirsi. «Kalpana, tu sveglia?» Teja, come sempre, interrompe i miei sogni ad occhi aperti.
«Sì!» Sospiro e mi alzo dal letto.
A piedi nudi vado ad aprirle la porta e torno di corsa nel letto. Lei entra e richiude la porta. «Dormire fino tarda ora no buono.»
Sprofondo nei cuscini. «Dovevi svegliarmi prima.»
«La porta era chiusa, io provato bussare, ma tu no aperto.»
Cavolo, dovevo dormire proprio pesante. «Beh... si vede che hai bussato piano.»
Si volta verso la sedia e afferra il vestito, si china per prendere le scarpe e lancia un'occhiataccia al bordo sporco del vestito e alle scarpe rovinate. «Forse è più meglio sapere a che ore essere andata a letto.»
Appoggio le spalle al materasso e guardo il soffitto. Il ricordo di quei muscoli luccicanti che escono dall'acqua sotto le luci dei lampioni lontani mi fanno assumere un'espressione ebete. Chissà come sarebbe sentirli addosso al seno, stretti contro di me in un─
«Clio!» Susanna mi fa sobbalzare, una mano sulla maniglia della porta e lo sguardo preoccupato.
«Che è successo?»
«Ma non lo sentivi il telefono fisso che stava squillando?»
Ma dov'è finita Teja? «No... non dirmi che mi ha chiamato mio padre.»
«Sì, è sempre in linea, ti sta aspettando.»
Oddio, non promette bene questa chiamata inattesa. Mi alzo dal letto e ci scambiamo uno sguardo preoccupato mentre corro a piedi nudi fuori dalla mia stanza e fino al suo ufficio. La porta è aperta e la cornetta è poggiata sulla scrivania.
La afferro e mi siedo alla sedia imbottita. «Pronto?»
«Posso sapere dove sei finita ieri sera? Hiresh mi ha avvertito che a un certo punto te ne sei andata con un ragazzo... io ti aspettavo per conoscerlo.»
Accidenti a Hiresh e che non si fa mai i fatti suoi!
«Sì... no... veramente non volevamo andarcene, ma...» E adesso cosa mi invento? «Volevamo solo fare una passeggiata.»
«Sembra che tu voglia tenermelo nascosto.»
«No!» Alzo lo sguardo al soffitto. «Volevamo solo tranquillità.»
Sospira dal naso. «Kalpana, non ti ho mandato nelle migliori scuole inglesi per lasciarti comportare come una qualsiasi stupida ragazza.»
Oddio, ecco che ci risiamo. «Lo so.»
«La festa era stata fatta per uno scopo preciso, e tu ti sei sottratta ai tuoi doveri.»
Sospiro. «Lo so.»
«Sono molto deluso da te.»
«Mi dispiace, papà.»
«Mi aspetto che me lo farai conoscere quanto prima, altrimenti prenderò provvedimenti.»
«Provvedimenti?»
«Vedremo come andrà la cosa e dovrò attuarli, anche se so che non vuoi. Sperando che non si rendano necessari.»
Deglutisco. «A quali provvedimenti stai pensando?»
«Io e Hiresh abbiamo parlato, lui dice che non hai affatto nessun ragazzo da presentarmi. Io invece voglio darti un'ultima opportunità, voglio credere che non mi hai preso in giro, altrimenti non mi resta che avviare il fidanzamento tra voi come vorrebbe la tradizione. Ma se sarà come dico può darsi che decida di non prendere tali provvedimenti.»
Ora ricordo quali sono i provvedimenti che ha sempre avuto in serbo per me, anzi quel provvedimento: farmi fidanzare a forza con Hiresh per far sì che la Piantagione rimanesse in famiglia e onorare così l'usanza indiana di sposarsi tra parenti.
Rivolgo uno sguardo perso fuori dalla finestra. «Capisco.» Il sole è già alto e caldo, è un'ennesima bella giornata.
«Ho molti affari che richiedono la mia attenzione, Kalpana, non posso continuare a parlare con te. Mi aspetto di ricevere una tua chiamata nei prossimi giorni.»
«Sì, papà.»
«Va bene, ti auguro buona giornata.» Chiude la chiamata e mi lascia immobile con la cornetta tra la spalla e l'orecchio.
Me la faccio scivolare tra le dita e la posiziono al suo posto sul telefono. Non volevo arrivare a questa età con questa spada di Damocle sulla testa. Ma perché non posso ricevere la piantagione senza avere per forza un uomo accanto?
Susanna appare alla porta dello studio. «Tuo padre è tornato sotto con il suo piccolo ricatto?»
Sospiro. «Sì... Purtroppo su questo aspetto è molto legato alle tradizioni.»
Entra e si avvicina. «Ti vuole con un uomo accanto.»
«Sì, e per lui non ha importanza che sia un uomo che amo o no, se devo sposare Hiresh per lui andrebbe più che bene. L'usanza di rimanere in famiglia è la più retrograda che possa esistere, ma è un'usanza che lui vorrebbe onorare.»
Mi mette una mano sulla spalla. «Mi dispiace tanto.» Osserva fuori dalla finestra e corruga la fronte. «Ma con quel tipo con cui sei uscita ieri sera?»
Sgrano gli occhi. «Ah...»
«Eh, ah!» Alza un sopracciglio. «Mi vuoi raccontare o vuoi mantenere il segreto tutto per te?»
«Beh... no, cioè, sì, te lo racconto.»
Prende una sedia, la trascina di fronte a me e si siede, gli occhi scintillanti, impaziente di ascoltarmi. «Dai, sono tutta orecchie.»
«Beh... non è che ci sia poi così tanto da dire, siamo andati prima al cinema e poi sul mare.»
«Mh... e com'è?»
«In che senso?»
Mi dà uno schiaffetto sul braccio. «Hai capito! È bello? Che aspetto ha?»
«Eh... beh...» Il ricordo dei suoi occhi caldi e dolci che mi fissano prima di baciarmi e poi scendere dall'auto mi fa venire un tuffo al cuore. «È un dio greco.»
Sgrana gli occhi e alza le sopracciglia. «Addirittura un dio greco!»
«Beh... non saprei come altro definirlo. Soprattutto per quei muscoli che risplendono sotto la luce dei lampioni...» La visione di lui che emerge dalle acque come il dio del mare mi riempie la mente.
«Muscoli sotto la luce dei lampioni? Che cosa avete fatto di preciso ieri sera?» I suoi occhi hanno un'ombra di rimprovero.
«Ma niente! È che avevo lasciato le scarpe abbandonate sulla spiaggia e il mare se l'era portate via.»
«E perché hai lasciato le scarpe sulla spiaggia?»
Le lancio un'occhiataccia. «Abbiamo solo camminato scalzi lungo il bagnasciuga, e quando siamo tornati indietro la marea si era alzata e le mie scarpe galleggiavano a qualche metro dalla riva.»
«E lui si è tuffato per prenderle?»
Annuisco. «Anche a torso nudo non è niente male.»
«Spero che tu ti sia fermata lì con la tua curiosità.»
La guardo storto. «Per chi mi hai presa?»
«No, hai ragione, scusa, non andresti mai oltre i tuoi limiti.»
Torno a guardare fuori dalla finestra. «Lo sai che quello non l'ho mai fatto, e ho intenzione di darlo solo a colui che se lo meriterà.» Se c'è una cosa che mi ha trasmesso la cultura indiana è l'importanza di mantenermi pura per l'uomo che sceglierò per la vita.
«È una visione un po' antica della cosa ma da una parte ti stimo...» Mi dà una pacca sulla coscia e si alza dalla sedia. «Andiamo a mangiare, che è quasi mezzogiorno. A che ore sei tornata a casa ieri sera?»
Mi alzo anch'io. «Ah... non ne ho idea.»
Sorride e scuote la testa. La seguo fuori dallo studio e lungo il corridoio.
«Peccato che tu e il tipo non vi siate conosciuti prima. A quest'ora potresti far conoscere lui a tuo padre.» Ridacchia.
La sola idea mi riempie di vergogna. «Ma figurati!» Non siamo arrivati a discutere di quell'argomento ma non mi sembrava proprio il tipo di uomo da sposarsi. O forse sì?
«Certo che da quando ti conosco è il tipo che hai avuto che più si avvicina a un fidanzato per quel che ti riguarda.» Arriva di fronte alla porta chiusa della mia stanza e si volta, i suoi occhi hanno una strana luce diabolica. «E se invece fosse proprio lui il tipo che farai conoscere a tuo padre?» Sussurra.
Sono scioccata. «Ti è andato di volta il cervello!» La sorpasso ed entro nella mia stanza.
Lei mi segue e si chiude la porta alle spalle. «Pensaci, da quanto ho capito ti piace molto, perché non ci provi?»
Apro l'armadio e prendo i pantaloni della tuta. «Che cosa, gli chiedo se vuole sposarmi dopo nemmeno un giorno che ci conosciamo?»
Fa spallucce. «Perché no?»
Le lancio un'occhiataccia e mi metto una t-shirt. «Non scherzare, secondo te vorrebbe sposare una perfetta sconosciuta?» Mi siedo sul letto per mettermi le scarpe da ginnastica ma la sua faccia maliziosa mi disturba.
«Non dirmi che ieri sera avete solo parlato per tutto il tempo.»
Il ricordo del nostro bacio d'addio mi fa salire un dolce calore fino al collo. «Beh...»
«Vedi, hai l'aria sognante solo a pensare a lui.»
Richiudo l'armadio e la sorpasso per andare in cucina. «Non farti strane idee, a parte un bacio non c'è stato niente tra noi.» Anche se devo ammettere che non mi sono mai sentita così strana accanto a un uomo.
Susanna mi segue in corridoio. «D'accordo... ma almeno ti ha detto chi è, cosa fa...»
«Mi ha detto che si chiama Eros, e lavora come rappresentante.»
Si blocca di fronte alla porta della cucina e stringe le labbra, trattenendo un sorriso. «È perfetto!» Mi precede in cucina e si siede a tavola, già apparecchiata per noi due. Mi fa un sorrisetto malizioso e si posiziona il tovagliolo sulle gambe.
Mi avvicino alla tavola e sgranocchio un grissino. «Ti ho già detto di non farti venire in mente strane idee, conosco quell'espressione.» Mi siedo accanto a lei.
Teja passa tra noi con un recipiente di porcellana e ci serve la pasta nei piatti, serve una porzione anche per sé e si siede.
Susanna inizia a masticare una bella forchettata di penne. «Non so di cosa stai parlando.»
Le lancio un'occhiataccia e afferro la forchetta, speriamo che non stia architettando qualcosa delle sue. Ci mancherebbe che mi preparasse un'uscita a sorpresa con Eros. Oddio, questa volta forse non mi arrabbierei come feci quando mi fece uscire con quel Giampaolo, o Giacomo... come si chiamava?
Prendo una forchettata di pasta e inizio a masticare, ma il campanello d'entrata ci fa sobbalzare entrambe. Teja si alza senza esitazione e va ad aprire.
«Chi è, Teja?»
Al suo posto, dalla porta della cucina appare Hiresh, con un vestito di alta sartoria addosso e il classico turbante indiano.
Mi casca la forchetta di mano. «Hiresh, che ci fai qui?»
Teja appare alle sue spalle con lo sguardo basso e l'aria mortificata. Si ferma dietro di lui e rimane immobile.
Hiresh si avvicina alla tavola e ci sorride. «Mi dispiace disturbarvi, ma dovrei parlarti, Kalpana.»
Dopo il modo in cui mi ha apostrofato ieri sera in ambasciata lo manderei volentieri a quel paese, ma non mi va di fare scenate in cucina.
Mi pulisco la bocca e mi alzo. «Va bene, possiamo andare a parlare nell'ufficio di Susanna.»
Mi segue fuori dalla cucina e lungo il corridoio fino all'ufficio. Lo faccio entrare e chiudo la porta dietro di lui. «Cosa devi dirmi di tanto importante da disturbarci mentre mangiamo?»
Il suo sguardo arrogante non mi abbandona un solo istante. «La tua lingua è tagliente, Kalpana. Troppo per essere una donna.»
Alzo gli occhi al cielo. «Non sono una delle donne a cui sei abituato tu.»
«E nemmeno io sono uno degli uomini di questo popolo di smidollati.» Fa un passo avanti, lo sguardo duro e fisso su di me. «Uno degli uomini a cui sei abituata tu.»
Il suo discorso non mi sta piacendo. «Dimmi quello che vuoi dirmi e vattene.»
«Ah, è così che parli al tuo promesso sposo?»
«Tu non sei il mio promesso sposo.»
«Certo che lo sono, siamo promessi dal momento in cui sei nata, funziona così, sai?»
«E chi lo ha detto? Se fosse davvero così io adesso non sarei qui.»
Mi afferra il braccio. «Puoi anche essere cresciuta come una ragazza italiana per far felice la tua povera madre, ma sei indiana, e sei destinata a me.»
Strattono il braccio e mi libero dalla sua presa. «Ti sbagli, non sarò mai la tua sposa.»
Lui si mette a ridere. «E chi presenterai a tuo padre, quello di ieri sera con il quale te ne sei andata da sola? Vergognoso!»
«Non sono affari tuoi!» Mi allontano di un passo. «Dimmi quello per il quale sei venuto e poi vattene. E non farti più rivedere in questa casa.»
Lui si sistema la giacca e scrolla le spalle, per assumere un certo contegno. Si avvicina e si china al mio orecchio. «Guarda che so benissimo che quel tizio non lo conoscevi affatto prima di ieri sera.» Sussurra. «Tuo padre si aspetta che tu gli presenterai presto un degno futuro genero, ma se non ci riuscirai entro una settimana annuncerà il nostro fidanzamento.»
Con uno scatto mi allontano da lui. «Non è vero, sei solo un bugiardo.»
Ride di nuovo. «E io sarei bugiardo?» Scuote la testa, derisorio. «Perché non glielo chiedi? Guarda che ne abbiamo appena parlato, ed è quello che mi ha detto lui stesso.»
Purtroppo le sue parole confermano solo quello che mi ha detto papà al telefono. «Non sarò mai tua moglie, Hiresh.»
Mi gira attorno, si posiziona alle mie spalle e si china verso il mio orecchio. «Lascio passare una settimana, come concordato con lui, e poi spingerò affinché si celebri il matrimonio prima del tempo.» Mi passa davanti e si avvicina alla porta, lì si ferma e si volta verso di me. «Anzi, dovresti essermi grata per il solo fatto che sono corso subito qui a dirtelo. Non puoi prenderlo in giro ancora per molto. La sua piantagione sarà mia, grazie a te.» Sorride, fa un gesto con il mento a mo' di saluto e sparisce fuori dallo studio.
In un nanosecondo il sangue abbandona ogni cellula del mio corpo. Mi lascio cadere sulla poltrona alle mie spalle e mi porto le mani al viso. Mi tappo gli occhi e mi chino fino ad assumere una posizione fetale.
Non posso permettere che papà mi fidanzi a forza con Hiresh, mia madre non permetterebbe mai che sposassi un uomo che non amo. E oltretutto Hiresh non è affatto l'uomo che mio padre pensa che sia.
***
Apro la porta della cucina e trovo Susanna ancora a tavola che mastica, appena mi vede inghiotte il boccone. «Clio, cos'è successo?» Si versa un bicchiere d'acqua e ne beve un sorso. «Hiresh è andato via di corsa, si è affacciato un attimo a salutare e poi è sparito. Stavo per venire a chiederti cosa fosse successo.»
Alzo lo sguardo al lato opposto della tavola, Teja sta portando il suo piatto e il suo bicchiere nel lavandino e mi lancia occhiate curiose. Leggo la preoccupazione anche sulla sua faccia.
Mi siedo accanto a Susanna, al mio posto, e butto fuori un grosso respiro. «In pratica Hiresh mi ha minacciata.»
Teja si ferma al mio fianco, mi posa una mano sulla spalla e mi massaggia la schiena.
Susanna sgrana gli occhi. «E in che modo?»
«Ha detto che ha già parlato con mio padre e che se non gli presenterò presto il mio fidanzato spingerà per celebrare il matrimonio prima del tempo.»
«Tuo padre è d'accordo?»
Annuisco. «In effetti è quello che mi ha detto stamani al telefono. Hiresh sarà il mio fidanzato se non gli presento qualcuno. Ormai si è stancato di questa farsa, vuole che la piantagione passi nelle mani di mio marito e per lui Hiresh è il partito migliore.»
«Non riesco a credere che tuo padre possa aver dato retta a─»
«A papà ho detto che ho qualcuno, e che glielo avrei presentato durante la festa. Quindi pensa che quello che gli ha detto Hiresh non si attuerà mai ma per lui non fa differenza.» Mi sento così frustrata.
Teja mi dà una pacca sulla mia spalla. «Donne di tua familia sposare con uomini senza amore, Hiresh no è male, poteva essere peggiore.»
Sbuffo. «Lo so, me lo hai già detto. Ma io non sono adatta a una vita accanto a un uomo che non amo.»
Lei scuote la testa, mi dà un'altra pacca ed esce dalla cucina. Come può pensare che io possa sposare Hiresh? Sembra che non mi conosca affatto.
Susanna la segue con lo sguardo finché non esce, appena si chiude la porta alle spalle mi mette una mano sulla gamba e china la testa in avanti. «E se convincessi il tuo dio dell'amore a prestarsi a questo giochino?» Sussurra.
«Quale giochino?»
«Di fingersi il tuo fidanzato.»
Sono scioccata. «Stai scherzando, spero.»
«No, affatto. Scommetto che il tuo bel dio dell'amore non si tirerà indietro a farti un favore se glielo chiedi.»
Scuoto la testa, nervosa. «No, non se ne parla neanche.» Mi alzo e rimetto nella pentola quello che ho nel piatto. L'ho appena toccato.
«Pensaci, potrebbe essere la tua sola possibilità.» Si alza e mi raggiunge di fronte al lavandino. «La sua comparsa nella tua vita sembra essere dettata dal destino. È il primo uomo del quale ti sento parlare che non ti suscita antipatia o disprezzo, e dalla forma a cuoricino dei tuoi occhi quando parlavi di lui direi che è qualcosa di più di una semplice simpatia.»
Per un attimo rivedo i suoi muscoli risplende alla luce della luna... Scuoto la testa. «Non capisco dove vuoi arrivare.»
«Devi portare il tuo Eros davanti a tuo padre e presentarglielo come fidanzato.»
La fisso inebetita. «Ma sei matta! E ti sfugge una piccola cosa: Diventerebbe mio marito, e per quanto possa pensare che sia bello rimane un perfetto sconosciuto.»
Alza le sopracciglia e si volta. «Se hai una soluzione migliore fatti avanti. O forse devo dedurre che l'idea di sposare Hiresh non è così malvagia, per te.»
«Vuoi scherzare! Odio quell'uomo, è da quando lo conosco che mi fa proposte oscene, e dopo che ha capito che non ho nessuna intenzione di sposarlo è arrivato alle minacce. Se non fosse per la parola che ho strappato a mio padre di non pensare al matrimonio almeno fino ai miei venticinque anni sarei già sua moglie.»
«E guarda caso, ai tuoi venticinque anni, conosci finalmente l'uomo che ti fa battere il cuore. Se questo non è destino...»
Scuoto la testa, contrariata. «Non mi va di costringerlo a sposarmi. Non è così che ho sognato di conoscere il mio futuro marito.»
Susanna sospira. «Hai ragione, l'inganno non è il modo migliore per iniziare un matrimonio.» Si allontana verso la porta. «Potresti sempre chiederglielo, però.» Mi lancia un'occhiata maliziosa ed esce dalla cucina.
«Sì... chiederglielo. Con la fortuna che ho con gli uomini capace è un tipo che ama divertirsi e quella di ieri sera era solo un divertente diversivo,» borbotto.
Finisco di sparecchiare la tavola e apro la lavastoviglie.
Teja torna in cucina e si avvicina al lavandino. «Lavare io piatti, tu andare in camera per studio.» Mi toglie la capsula di sapone dalle mani e mi sospinge lontano dal lavandino.
«Va bene, va bene...» Mi asciugo le mani e faccio un paio di passi verso la porta, ma mi fermo e mi volto. «Davvero pensi che riuscirei a vivere assieme a Hiresh, Teja?»
Senza smettere di lavare i piatti alza gli occhi per un attimo su di me. «Molte donne sposate senza amore e vivere felici. Perché tu non può?»
Scuoto la testa. «Non credo che tu possa capire.»
Fa spallucce e continua con il suo lavoro. Esco dalla cucina, questa storia sta diventando una specie di malattia in questa casa, soprattutto per me. Devo ammettere che la proposta di Susanna è allettante, ma non posso sposare un perfetto sconosciuto solo per non dover sposare Hiresh, non risolverei niente così. Anche se il pensiero di quel corpo muscoloso stretto al mio mi fa perdere la ragione.
Getto gli occhi al cielo e vado in camera mia. Sbuffo di frustrazione e mi butto sul letto a peso morto. Continuo a fantasticare su di lui, sulle sue braccia che mi tengono stretta, sulle mille goccioline d'acqua salata che risplendono sulla sua pelle... e alla mia lingua che le toglie una per una.
Oddio, sto impazzendo!
Mi alzo di scatto e apro l'armadio, ho bisogno di uscire. Vago con lo sguardo tra i miei vestiti appesi in bell'ordine e mi metto un paio di jeans e la mia maglia comoda, infilo i miei sandali e mi sistemo i capelli. Vado in bagno per truccarmi un po' e busso allo studio di Susanna.
Apro la porta e mi affaccio, lei è alla scrivania, alza lo sguardo dal libro che sta leggendo e abbassa gli occhiali da lettura. «Clio, stai uscendo?»
Faccio un passo avanti. «Sì... vuoi venire con me? Ho bisogno di fare una passeggiata, e magari fare un po' di shopping e distrarmi un po'.»
«Se hai pazienza almeno altri dieci minuti devo finire questa ricerca per un mio allievo.»
«Facciamo così, ti aspetto seduta al bar qua sotto, appena hai finito scendi, ci prendiamo qualcosa insieme e poi andiamo un po' in giro.»
Mi sorride. «Ok, perfetto. Aspettami giù.»
«A dopo, allora.»
Ci salutiamo e chiudo la porta. Scendo le scale della villetta, attraverso il giardino rigoglioso di piante e fiori colorati ed esco dal cancello di ferro.
Mi guardo attorno lungo il marciapiede e raggiungo le strisce pedonali per attraversare la strada. Ok, non arriva nessuno. Arrivo a metà della strada e una brusca frenata mi gela sul posto ma faccio appena in tempo a vedere una macchina blu sbucare dall'incrocio poco più avanti e avvicinarsi a una velocità sostenuta. Mi affretto per raggiungere il marciapiede opposto ma la macchina arriva prima di me, la sua frenata non basta a fermare la sua corsa e con il muso mi colpisce ai fianchi, facendomi cadere e sbattere la testa contro lo spigolo del marciapiede.
La vista mi diventa annebbiata, un dolore sordo mi scoppia nel cervello e mi afferro il braccio sinistro sul quale sono atterrata. Resto rannicchiata a terra, gli occhi chiusi, mentre la macchina che mi ha investito si allontana sgommando.
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