Capitolo 33
Kalpana...
La spinta di Eros mi fa finire con la faccia tra la sabbia e l'erba, ma lo sparo che ne segue mi rimbomba nel petto, ho il cuore impazzito. Mi volto e rimango pietrificata, Eros che cade a peso morto tra la polvere è come un brutto incubo.
«No, Eros!»
Mi precipito su di lui e raccolgo la sua testa da terra, ma il nostro carceriere è sempre davanti a me, e mi sta puntando la pistola contro. «Allontanati da lì, brutta italiano schifosa!»
Le lacrime mi annebbiano la vista, ma le sue parole non riesco nemmeno a capirle. Abbasso lo sguardo di nuovo su Eros, una sensazione di liquido caldo mi scorre tra le dita. Alzo la mano che gli tenevo sul petto e il suo sangue mi bagna la manica. Sussulto, per istinto torno a premere la mano contro la ferita. «Eros... rispondimi!» Urlo mentre gli bagno i capelli con le lacrime. Gli accarezzo la nuca e gliela faccio appoggiare sulle mie cosce. «Eros... rispondimi... ti prego, rispondimi!»
«Ho detto di allontanarti, bru─»
Le sue parole vengono interrotte dalla sirena della polizia a tutto spiano, una volante frena di colpo di fronte a noi, fermandosi dietro alla Ford del tipo e alzando un polverone enorme. Un poliziotto esce dal sedile del passeggero con una pistola puntata contro di noi. «Metti giù l'arma, è un ordine!» Urla.
Un altro scende dal sedile del guidatore e punta un'altra arma contro di noi, tenendosi riparato dietro lo sportello. «Mani in alto!» Urla questi.
Il tipo resta immobile con le mani alzate, ma non molla la pistola. Sopraggiunge una seconda auto a gran velocità, si ferma sgommando e alzando un polverone pari al precedente, un altro poliziotto scende dal posto di guida e punta la pistola contro l'uomo di fronte a me, che messo alle strette butta la sua a terra e tiene le mani in alto.
Lo ammanettano e lo fanno salire sulla prima volante. Dalla seconda auto, Valerio scende dal sedile posteriore e si precipita verso di noi.
«Kalpana, stai bene?»
Abbasso lo sguardo su Eros. «Io sì...» Mi strozzo con le lacrime.
***
Uno strano movimento contro la mia tempia mi sveglia... Eros sta muovendo le dita della mano sulla quale mi ero addormentata. Alzo la testa di scatto e i suoi occhi sofferenti, ma aperti, mi accolgono.
Non ci posso credere!
«Sei sveglio, stai bene!»
Lui accenna un sorriso, ma li richiude. Ha delle occhiaie scure e profonde, la testa bendata e una fasciatura che gli comprime il petto. Per fortuna nella sua stanza è solo, non c'è nessun altro degente.
«Cosa è successo?» Borbotta.
Gli occhi mi si riempiono di lacrime di gioia. «È successo che sei sveglio.» Ho la voce rotta dalla commozione.
«Clio...» Si guarda attorno. «Perché mi trovo in un ospedale?»
«Eros,» mi asciugo le lacrime con le dita. «Mi hai salvato la vita, non ti ricordi?»
Mi fissa con occhi vitrei, ancora sofferenti.
«Non ti ricordi cosa è successo nella piantagione di Hiresh?»
Lui corruga appena la fronte. «Sì... quel tipo... voleva spararti...»
«E tu mi hai salvata. Dopo avermi salvato la vita firmando quel contratto.»
Annuisce con un lieve movimento della testa. «Sì, mi ricordo.» Alza una mano e la posa sul mio viso. «Tu stai bene?»
Un'altra lacrima mi solca la guancia. «Sì, grazie a te.» Premo una mano sulla sua e la tengo ferma contro la mia guancia. «Ti amo, Eros.»
Lui mi fissa a bocca aperta e in un secondo sembra riacquistare lucidità. «Davvero?»
Annuisco tra le lacrime. «Sei l'uomo della mia vita, mi hai salvato, per ben due volte, mi hai fatta sentire donna, come potrei non amarti?»
Mi guarda le labbra ma un colpo di tosse alle mie spalle ci fa sussultare.
Il dottore entra nella stanza. «Mi scusi, signorina Narayan, ma devo visitare il mio paziente.»
Mi alzo e sorrido. «Non sono la signorina Narayan, sono la signora Sansoni.»
Lo sguardo che mi restituisce Eros, nonostante sia pesto, mi riempie il petto e le vene di orgoglio. Lo amo, per quello che è e per quello che era, e voglio che lo sappia.
«Se è la moglie allora può rimanere.» Il dottore cambia idioma, conosce l'italiano in modo impeccabile. Si avvicina a Eros e gli ausculta il torace con lo stetoscopio, gli punta una luce negli occhi per misurare i suoi riflessi e annuisce. «Per essersi risvegliato da poco, posso affermare che si sta riprendendo egregiamente. Ha solo bisogno di riposo.»
Insieme a un'infermiera piombata fuori dal nulla, prende nota della sua situazione sulla cartella in fondo al letto, entrambi ci salutano, cordiali, e se ne vanno.
Trascino di nuovo la sedia accanto al lui e mi siedo per prendere le sue mani nelle mie. «Sono felice che stai bene.»
Lui sbatte le palpebre. «Per favore, dammi un pizzico.»
«Che?»
«Ho paura che sto ancora dormendo e questo è sempre l'incubo in cui Hiresh ci ha rapiti.»
«Hiresh non potrà più farci del male.» Sussurro. «Finirà i suoi giorni in prigione, come merita.» Gli passo le dita tra i capelli neri e gli do un bacio sulle labbra. Mi stacco e ci fissiamo negli occhi a pochissimi centimetri di distanza. Ha lo sguardo umido, morbido. Di colpo la sua mano mi spinge contro di lui e si impossessa della mia bocca.
Qualcuno bussa alle mie spalle, mi affretto a staccarmi da lui per vedere chi sia. Mio padre riempie il vano della porta con il suo metro e novanta, un mazzo di fiori in mano e un sorriso sulle labbra. «So che in Italia usa portare un mazzo di fiori ai degenti.» Cammina con calma fino al letto e si ferma ai suoi piedi.
Eros è scioccato. «Signor Narayan, io─»
«Chiamami pure Aditi. L'uomo che ha salvato la vita alla mia primogenita ha tutto il diritto di darmi del tu.»
Papà avanza di qualche passo e dietro a lui appare Valerio, con un sorriso enorme e le mani in tasca. «È permesso?»
Papà invita Valerio ad avvicinarsi. «Il qui presente Signor Barani mi ha spiegato meglio la situazione, Eros. Adesso so che l'uomo che mia figlia ha sposato è onesto e lavoratore, e anche se può aver commesso degli errori, si è dimostrato all'altezza di starle affianco.»
Eros è di nuovo scioccato. «Non so cosa dire...»
«Non devi dire niente.» Papà prende un'altra sedia da sotto la finestra e lascia i fiori sul davanzale. Si avvicina e si siede accanto a me. «Un uomo d'onore riesce a manifestare il suo valore con le sue azioni, non tramite gli errori del passato. Per il resto credo che avrete molto da discutere quando uscirai di qui, e ve la vedrete voi due. Com'è che dite in Italia? Tra moglie e marito non mettere il naso?»
Eros sorride. «Sì... una cosa del genere.» Deglutisce e sembra riacquistare un po' di energia. «Grazie.»
Valerio si porta ai piedi del letto e si appoggia contro la base in ferro. «La comunità indiana ti ringrazia per aver aiutato a intrappolare un trafficante di droga come Hiresh. Vogliono darti un premio.»
Eros aggrotta la fronte. «E a te non spetta niente? Il tuo lavoro è stato indispensabile.»
«Oh, certo, sono già stato menzionato nell'ambiente, e ho ricevuto varie proposte di lavoro da capogiro. Ma sto pensando di ritornare in Italia.»
Eros annuisce e mi guarda negli occhi, trasmettendomi un brivido di felicità in tutto il corpo. «Per quel che mi riguarda il mio premio l'ho già ricevuto.»
Un'infermiera entra di colpo nella stanza e indica i fiori abbandonati sul davanzale. «Quei fiori chi li ha lasciati lì?» Si volta verso di noi e assume un'espressione mortificata. «Mi dispiace tanto, ma il paziente ha bisogno di riposo, non potete stare qui in tre, né troppo a lungo.»
Mio padre si rialza. «Ce ne stavamo giusto andando, non è vero Kalpana?»
«Sì...» Mi alzo e annuisco.
«Certo, ce ne andiamo.» Valerio si avvicina e gli stringe la mano. «Eros, abbi cura di te.»
«Grazie, Valerio.»
Mio padre saluta Eros e si congedano insieme. Io mi chino per dargli un bacio sulle labbra ma lui mi afferra per la mano.
«Aspetta, per favore, non te ne andare.»
Corrugo la fronte, confusa. «Va tutto bene?»
«No... Non capisco come abbia fatto tuo padre a sapere le cose, cosa è successo dopo che quell'idiota ti ha puntato la pistola contro? Ho un vuoto di memoria che non mi dà pace.» Corruga la fronte, come se avesse mal di testa.
Sorrido e torno a sedere. «Beh, avevi perso conoscenza, è normale che tu sia un po' confuso.»
«E allora?» Freme dalla voglia di conoscere la verità.
«Hiresh era andato da mio padre per ricattarlo e farsi dare la piantagione, e chissà quali altre mire aveva. Mio padre ha finto di stare al gioco e ha firmato un contratto falso. La polizia lo aveva già avvertito e messo in guardia, erano nascosti in casa aspettando una sua visita. Poi appena Hiresh se ne è andato dalla nostra villetta lo hanno seguito e lo hanno arrestato per sequestro di persona a scopo di estorsione. Il fatto che ci avesse rinchiusi dentro la sua piantagione lo ha messo con le spalle al muro.»
«E com'è che avevo perso conoscenza?»
«Quando quel tipo mi ha puntato la pistola contro tu mi hai spinto e sono finita a faccia a terra, quindi ti sei preso la pallottola al posto mio.»
Sbatte le palpebre. «Sì... questo l'ho ricollegato.»
«Menomale che non ti ha preso organi interni, la pallottola è uscita dall'altra parte. Hanno solo dovuto ricucirti, non avevi niente di troppo serio. Eri più che altro disidratato e un po' anemico.»
«Grazie a Dio. E poi?»
«E poi è arrivata la polizia che ha arrestato il tipo. E con loro è arrivato anche Valerio. E mio padre.»
Deglutisce. «Il giornalista alla fine si è dimostrato una persona per bene, vero?»
Annuisco. «Mentre ti stavano operando per la ferita della pallottola e curarti la ferita alla nuca mi ha spiegato cosa è successo. Mi ha detto che è venuto a prenderti sul treno, che insieme avete provato a incastrare Hiresh... Non avrei mai immaginato che Hiresh coltivasse cocaina nella sua piantagione. E che addirittura avesse trapiantato alcune piante nella piantagione di mio padre. Pazzesco!»
Lui annuisce, sovrappensiero. «E allora ti ha anche parlato di quell'articolo?»
Torno seria. «Mi ha spiegato che gli hai confermato di aver lasciato da tempo quella vita, e che--» Mi blocco. Non sarà piacevole quello che è venuto fuori.
«Che cosa?»
Lo fisso in silenzio, indecisa con quali parole dirlo. «Hai accettato di sposarmi solo per farti inserire nel contratto e avere una percentuale della piantagione?» Borbotto.
Lui mi fissa, scioccato. Mi aspetto che mi risponda, ma si limita a fissarmi.
«Eros, io─»
«Sì, hai ragione, quella è stata la motivazione finale.» Sbotta, interrompendomi. Abbassa lo sguardo. «E non puoi capire quanto sia stato difficile per me, dato che ho sognato di sposarti già dopo il nostro primo incontro...» La sua voce va scemando fino a diventare un sussurro.
Fissa la sua mano, afferra un lembo del lenzuolo e lo rigira tra le dita. Si tiene occupato pur di non alzare lo sguardo su di me.
Gli afferro il mento e gli alzo il viso. «Guardami, Eros.»
I suoi occhi pesti sembrano ancora più rammaricati. «Non ho scusanti, posso solo dirti che dal momento in cui ci siamo avvicinati...» Abbassa un attimo lo sguardo e scuote la testa. «Niente ha più avuto importanza, tranne la tua felicità.»
Le sue parole mi fanno correre uno strano brivido di compiacimento lungo la spina dorsale, le braccia mi si ricoprono di pelle d'oca.
«Lo so.»
Corruga di nuovo la fronte, confuso. «Lo sai?»
Annuisco. «Così come so che la morte di quella donna non dipese da te, e che è tanto tempo che non fai più... quella vita.» Imito le virgolette in aria sulle ultime parole.
Lui sbatte le palpebre, ancora confuso. «E non ti dà più fastidio quello che facevo?»
Sorrido. «Se il tuo percorso di vita ti ha portato a essere l'uomo che sei ora, vuol dire che era quello che dovevi percorrere per essere l'uomo che amo.»
La sua espressione si fa stupita, commossa. «Dici sul serio?»
Fingo di pensarci storcendo le labbra. «Mmm... In fondo non sei l'unico ad avere dei segreti...»
Lui mi fissa a bocca aperta, ma continuo a sorridergli e sorride anche lui. «Vieni qui.» Allunga una mano, afferra la mia e mi tira verso di sé. I suoi gesti sono deboli ma sto al gioco volentieri. Si impadronisce della mia bocca e mi stuzzica con la lingua.
Chiudo gli occhi, assaporando il nostro bacio. Sa di promesse, di amore e di rispetto.
Mi stacco da lui e mi lecco le labbra. «Sarà meglio che vada, o qui finisce male.»
Lui ride ma subito strizza gli occhi e fa una faccia sofferente. «Non farmi ridere... mi tirano i punti.»
Rido.
***
Eros mi accarezza il braccio per tutta la sua lunghezza. Le sue gambe muscolose si avvicinano alle mie da sotto le lenzuola, strofina un piede contro il mio polpaccio. «Quindi mi stai dicendo che anche per te il nostro matrimonio era solo uno stratagemma per non sposare Hiresh.»
Mi mordo il labbro, mi sembra che l'abbia presa bene. «Siamo più simili di quanto sembri.»
Arriva al polso e torna verso la spalla, sfiorando la pelle del braccio e facendomi venire i brividi. «Dopo il mio matrimonio con Nicole avevo giurato che non mi sarei mai più fidato di una donna. Anche per questo avevo iniziato a lavorare per Manuel. Tu sei stata il ciclone che mi ha sconvolto la vita, hai messo in dubbio tutto ciò in cui credevo.»
E adesso perché sta tornando su con la storia di Nicole?
Mi giro su me stessa per guardarlo bene in faccia. «Me ne hai già parlato, Eros. Nicole è stata una stupida, e forse tu a quei tempi eri troppo immaturo per superare il suo tradimento e il suo lasciarti sull'altare per scappare con il suo amante.»
Lui annuisce, ma la luce dei suoi occhi è diversa. «Sì, ma...» Mi sorride sornione. «All'inizio anche tu hai corso un bel rischio.»
Boccheggio d'indignazione. «Sei un bel vanitoso, eh!» Lo colpisco scherzosa sulla spalla e scoppio a ridere.
Lui ridacchia e mi afferra il polso. «Dai, ripetimi che hai scelto me perché ero l'unico che ti faceva sentire desiderata.»
Stringo le labbra senza riuscire a smettere di sorridere. «Ho fatto male a parlartene.»
«Dai, dillo!»
Sospiro di finta esasperazione. «Solo con te mi sentivo bella e desiderata, gli spasimanti non mi mancavano di certo!»
Ovviamente ho omesso che li scartavo a priori perché erano tutti cinici maschilisti.
«E da quand'è che hai capito che in realtà avermi sposato è stata la scelta più giusta che potevi fare?»
Gli rivolgo un'occhiata stranita. «Chi ti ha detto che ho pensato una cosa simile ?»
Fa una faccia stupita, di colpo afferra la carne del mio fianco e mi dà un pizzicotto. «Ah, sì?»
Scoppio a ridere e mi contorco. «Dai, smettila!»
Lui prende a solleticarmi sotto le braccia e le ascelle, mi rigiro nel letto come un'anguilla, ridendo divertita.
Anche lui ride. «Di' la verità!»
«Se smetti di farmi il solletico.»
Si ferma di colpo ma mantiene la mano aperta sulla mia pancia. «Sto aspettando.»
Mi tuffo in quel castano caldo e morbido dei suoi occhi. «Eri l'unico che avrei mai potuto sposare. Nessun altro mi ha mai fatto sentire donna come hai fatto tu. E questa è l'ultima volta che lo dico, sia chiaro!»
Smette di ridere e anche lui mi fissa negli occhi, bellissimo come un dio greco sceso dall'Olimpo solo per me.
Si china sulle mie labbra e le sfiora con le sue. «Ti amo.» Avvolge la mia bocca e mi esplora con la lingua, in un gioco emozionante come se fosse la prima volta, ma con la familiarità di un marito innamorato.
Mi giro di nuovo su me stessa e avvolgo il suo torace con le braccia, senza mettere fine a questo gioco delle nostre lingue. Mi sovrasta con le spalle e si spinge verso di me. Si puntella con le ginocchia e sale sul mio corpo, posizionandosi tra le mie cosce. È di nuovo pronto come se non lo avessimo appena fatto.
Di colpo smette di baciarmi e trattiene il respiro. «Dobbiamo assolutamente sposarci.»
Scoppio a ridere. «Cosa?»
Lui tuffa il naso sul mio collo e inizia a baciarmi la clavicola. «Voglio sposarti, Clio.» Sussurra, mentre mi bacia la spalla, il collo e la mandibola.
«Ma siamo già sposati.»
«Non come vorrei io.» Passa al lobo dell'orecchio e lo afferra con i denti, lo tira e lo mordicchia senza farmi male. Ho di nuovo i brividi.
Chiudo gli occhi. «Come lo vorresti?»
Lui si stacca e mi sovrasta. «Un rito italiano, voglio vederti avanzare verso di me vestita di bianco lungo la navata di una chiesa, e voglio che mia madre sia presente.»
Uno strano sentimento di tenerezza mi invade. «Hai ragione, non stavo pensando ai tuoi genitori.»
«Mia madre mi ammazzerebbe se sapesse che mi sono sposato senza nemmeno dirglielo, e mio padre ne rimarrebbe altrettanto deluso. Voglio farli assistere al mio matrimonio, voglio che ti conoscano come la donna che mi ha reso felice dopo la mia ex moglie.» Si ferma e mi sorride malizioso. «E voglio fare una vera e propria luna di miele in qualche posto di villeggiatura con te. E questa volta la voglio sfruttare dall'inizio alla fine.»
Sorrido e lo stringo tra le braccia. Lui riprende a baciarmi la pelle del mento, scende al collo con una scia umida e calda, passa al seno e arriva al capezzolo, del quale si impossessa.
Non capisco più niente.
Nello stesso momento, in Italia...
Manuel...
Clicco per l'ennesima volta sul contatto di Eros e mi porto il cellulare all'orecchio. Niente, squilla a vuoto, come se non fosse mai esistito. Si è dimenticato di avere un cellulare? Ma no, che dico! Mi ha chiuso fuori, è evidente!
Non mi ha più risposto dopo che mi ha scritto di essere riuscito a farsi inserire nel testamento.
Quel brutto figlio di puttana ha intenzione di fregarmi così?
Scaravento il cellulare sulla scrivania, in preda al nervoso. Questo va a sbattere contro il porta penne, che si rovescia e le fa cadere tutte a terra.
Al diavolo, ci penserà Emma a riordinare.
E pensare che quella megera incartapecorita mi aveva assicurato che con un passato simile il suo padrone lo avrebbe scacciato a calci in culo appena ne fosse venuto a conoscenza. Pensavo che fosse un segno del destino che quel tale, Rispoli, fosse venuto proprio qui a cercare di conoscere il passato di Eros, dargli tutte quelle informazioni mi aveva rallegrato la giornata.
E io che credevo che i giornalisti che indagano davvero non esistessero più.
A proposito, dove avevo nascosto il contatto di quella megera?
Apro il cassetto con la combinazione e afferro l'agenda, la apro sulla scrivania e cerco quel foglietto volante che mi ha scritto con mano tremante, pareva una perfetta analfabeta.
Lo prendo e recupero il cellulare, digito il numero e me lo porto all'orecchio.
Mi deve delle spiegazioni, e se è possibile, una possibilità di rifarmi.
La sua voce vecchia e incerta mi riscuote. «Sì?»
«Ehi, vecchia, avevamo un accordo e non è andato secondo i piani. Ma i soldi per quegli inviti alla festa in ambasciata te li sei presi.»
Silenzio dalla parte opposta. Dei rumori confusi mi fanno capire che non ho sbagliato numero. «Tu essere capo di signor Sansoni?»
«Signor Sansoni?» Scoppio a ridere. «Se quello è un signore io sono la regina Elisabetta.»
«Io no tempo per scherzi.»
«Ascoltami bene, vecchia megera, noi avevamo un accordo.»
«Io ricordare accordo, ma non essere responsabile per matrimonio.» Sussurra.
Di cosa sta parlando?
«Mi devi dei soldi, mi avevi assicurato che il tuo padrone lo avrebbe buttato fuori a calci in culo una volta venuto a conoscenza del suo passato.»
«Signor Narayan avere fatto questo, ma dopo avere ripreso signor Sansoni. Io non so.»
«Che vuol dire che non lo sai?»
Di colpo chiude la conversazione e la linea si interrompe con un lungo bip.
«Ma che?» Guardo lo schermo come se potesse darmi delle risposte. Riprovo a rifare il numero ma la voce metallica dell'operatore mi dice che è inesistente. «Vaffanculo, brutta stronza!» Lo getto di nuovo sulla scrivania, ancora con più foga di prima, tanto che va a schiantarsi sul pavimento dalla parte opposta.
Tutti i soldi che quella donna mi aveva promesso sono andati in fumo, come quelli che avevo speso per orchestrare tutta questa storia, e così è andata in fumo anche la possibilità che Eros tornasse a lavorare per me.
Digrigno i denti... Lo sapevo che non avrei dovuto fidarmi di quella indiana alta come un soldo di cacio.
FINE
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