Capitolo 3
Qualcuno tira le tende della finestra e i raggi del sole mi colpiscono in faccia, risvegliandomi dal sogno che stavo facendo. Abitavo in una casa tutta mia qui in Italia, davanti al mare...
«Forza, Clio, svegliati, è ora!» Susanna tira anche l'altra tenda e si appoggia al davanzale.
La luce del mattino mi punge le palpebre, mi stropiccio gli occhi e sbadiglio. «Che ore sono?»
«Le nove. Direi che hai dormito abbastanza.» Si avvicina e si ferma al mio capezzale.
Ho un occhio chiuso e l'altro ancora annebbiato dal sonno. «Che giorno è?»
Lei sorride. «È sabato.»
Afferro il lenzuolo e mi copro fin sopra la testa. «Oh... no....»
La vecchiaccia ridacchia. «Non capisco perché ti lamenti tanto!» Raggiunge la seconda finestra e spalanca le tende anche di quella. «Il sole è alto, è una bellissima giornata.»
«Lo sai perché mi lamento.» Borbotto attraverso le lenzuola.
«Dai, che Teja ha già preparato il vestito che metterai stasera.»
Mi scopro di scatto e balzo a sedere. «Cosa?» L'intensa luce solare mi acceca e mi riaccuccio nel letto. «Accidenti, chiudi quelle finestre!»
«Devi vedere come è bello il vestito che ti ha scelto.» Si avvicina alla porta e la apre.
Teja entra in camera tenendo tra le mani un tessuto verde smeraldo con ricami dorati lungo i bordi, un classico vestito da cerimonia indiano.
«Stai scherzando!» Balzo di nuovo a sedere.
Teja sorride e liscia il tessuto. «Mia ragazza essere più bella di festa.»
Balzo in piedi e scalza la raggiungo sulla porta. «Lo sai che non amo vestire in modo indiano.» Prendo il vestito dalle sue mani e me lo appoggio addosso. «È troppo... troppo!»
«Ma padre Aditi aspettare vestito questo.»
«Beh... non mi importa.» Lo accartoccio e glielo ricaccio tra le braccia. «Se mi è ancora permesso decidere per me stessa voglio essere io a scegliere il mio vestito.»
«Sapevo che avresti reagito così.» Susanna stringe le labbra arricciate. «Sei così viziata, a volte!»
«Viziata? Io?!» Spalanco gli occhi e la bocca... sì, forse non ha tutti i torti, ma lo sa come la penso con certe usanze. «Lo sai che non amo certi vestiti pomposi.»
«Hai avuto dieci giorni per poterti comprare il vestito adatto, e dato che non ti sei decisa Teja ha dovuto scegliere per te.»
Teja mi guarda supplichevole.
Stringo le labbra. «Sì, lo so, ma...» Sbuffo. «Potevi prima chiedermelo.»
«Io seguito volere di padre Narayan. Lui avere espresso volere di vedere figlia vestita con vestito di India.» Piega il vestito e lo appende al braccio. «Io cercato di mostrare vesti, ma tu non avere voluto vedere.»
Il suo sguardo è supplichevole ma il tono di voce è di rimprovero.
«Mi dispiace Teja che hai dovuto scegliere da sola... ora che ci penso sono sicura che nell'armadio ho qualcosa che fa al caso mio.»
Faccio due passi in quella direzione, ma Susanna inizia a sghignazzare alle mie spalle. Mi blocco a guardarla, cos'ha da ridere tanto, adesso?
Anche Teja la sta fissando stupida, dalla sua statura di un metro e quarantanove con il metro e settantotto della mia quasi zia.
Susanna si copre le labbra. «Scusate, ma lo sapevo che avresti reagito così.» Si volta e raggiunge la porta. «È per questo che mi sono permessa di prenderti un altro vestito.»
Va fuori dalla stanza, apre la porta della sua e fa qualche passo al suo interno, credo che stia prendendo qualcosa dal suo armadio. Io e Teja ci scambiano uno sguardo confuso, ma la porta della stanza di Susanna che viene richiusa ci spinge a voltarci verso il corridoio.
Riappare con un tessuto bianco tra le braccia, impreziosito qua e là da fili scintillanti. «Ho dato retta al mio istinto e ho preso questo vestito indiano.»
Sono senza parole.
«Mi hai comprato un vestito bianco quando Teja me lo aveva comprato verde?»
«Oddio, non dirmi che anche in India si sposano di bianco.»
Mi copro entrambi gli occhi con i palmi e infilo le dita tra i capelli. «No, le donne indiane si sposano in rosso.»
«E allora qual è il problema, non capisco.»
Tolgo le mani dagli occhi, Teja si è defilata senza nemmeno avvisare.
«Il problema non è il colore, il problema è il taglio. Lo stile.»
Mi fissa più severa e si avvicina. «Prima di giudicarlo, almeno guardalo.» Lo stende davanti a me e me lo appoggia addosso.
Lo reggo con due dita e mi guardo. Però... non sembra di taglio perfettamente indiano.
«Voglio vedermi meglio.» Mi avvicino allo specchio a figura intera tra l'armadio e la finestra e mi osservo con il vestito addosso. La gonna mi copre i piedi, ha il velo tipico dell'india ma il taglio del corpetto è tutto diverso. «Voglio provarlo.» Lo poso sul letto e mi tolgo il pigiama.
Susanna sorride e unisce le mani davanti al seno. «Sapevo che ti sarebbe piaciuto.»
Le lancio un sorriso soddisfatto e mi infilo dentro il vestito, lo tiro su con cautela, è una stoffa molto bella, non voglio rovinarla; liscia, soffice.
«Di cosa è fatto?»
«Di seta.»
La guardo a bocca aperta. «Davvero?»
Lei afferra il velo e mi aiuta a indossarlo sopra la spalla. «È settanta per cento seta, altrimenti sarebbe troppo leggero e assomiglierebbe a una veste da notte.» Fa un passo indietro e mi osserva con un sorriso. «Ti sta d'incanto.»
Mi volto verso lo specchio. Sono ricoperta fino ai piedi da questo tessuto bianco, il corpetto ha la classica scollatura di un normale vestito da cocktail, non troppo profondo ma si intravede il solco tra i seni. Le spalline sono modeste, le maniche a tre quarti, con delicate rifiniture di filo dorato brillante lungo i bordi. I fianchi sono fasciati come a seguire le mie misure alla perfezione, e mentre scende la gonna si svasa, come una sirena degli abissi. In fondo alla gonna ci sono ricami ricavati con il filo brillante, creando quell'effetto vedo non vedo che lo rende adatto allo sfarzo e agli occhi di una persona come mio padre ma allo stesso tempo è alla moda anche qui in Italia.
Ne sono entusiasta.
«È fantastico. Come hai fatto a trovarlo?»
«In realtà è della famosa Laura Biagiotti, lei stessa vestiva con vestiti simili, anche se non così aderenti e speciali.» Ridacchia. «Dici che a tuo padre andrà bene?»
«Assolutamente sì!»
«Quindi lo indosserai stasera alla festa?»
Sorrido e mi volto a destra e a sinistra davanti allo specchio con le braccia divaricate. «Certo che sì!»
«Bene, allora ti aspetto di sotto per fare colazione. Vestiti che andiamo a fare shopping per gli accessori di questa sera.»
A grandi falcate esce dalla mia stanza, lasciandomi sola con questo vestito fantastico addosso... Oddio, stasera mio padre sarà qui... E vorrà conoscere il mio inesistente fidanzato. E adesso che cosa faccio?
***
La Limousine svolta nella via dell'ambasciata, la gente che cammina per strada ogni tanto si ferma e osserva incuriosita. E io non riesco a distogliere lo sguardo da loro, in questo momento farei volentieri a cambio pur di non dover affrontare mio padre.
«Clio.» Susanna, di fronte a me, si sporge e mi prende una mano. «Vedrai che andrà tutto bene.»
Chino la testa. «Speriamo... mio padre è un tipo difficile.»
«Però adesso è bene sistemare velo.» Teja afferra il drappo del mio vestito e me lo posiziona meglio sulla spalla e sulla scollatura. «Così dare meno vergogna per India.»
Beh, sì... per mio padre è meglio che mi copra bene. La lascio fare mentre Susanna mi guarda divertita.
La Limo si ferma di fronte all'ambasciata, Pierfrancesco scende dal posto di guida e si affretta ad aprirci lo sportello. Metto piede a terra ed esco dall'auto. La luce del giorno sta scemando, i lampioni si stanno accendendo e si iniziano a intravedere le prime stelle; anche se da qui di stelle non se ne vedono poi tante.
Susanna scende a sua volta e si guarda attorno, nel parcheggio riservato alla nostra destra solo un paio di macchine sono parcheggiate. «Mi fa piacere vedere che non è ancora arrivato nessuno.»
Faccio un passo di lato per lasciare che Pierfrancesco aiuti Teja a scendere e chiuda lo sportello, lo ringrazio con un sorriso e mi volto verso Susanna. «Io avrei preferito incontrare papà prima di questa festa.»
«Forse è per questo che ci ha fatte venire prima di tutti.» Mi prende a braccetto e mi trascina verso l'entrata. «Dai, sono sicura che ti divertirai.»
La seguo su per gli scalini di marmo. Teja ci segue in silenzio, avvolta nel suo vestito scuro. A volte mi chiedo quanto possa essere grande il suo attaccamento a me tanto da aver accettato di lasciare la sua amata India e venire in Italia solo per farmi da dama di compagnia.
Le sorrido, il suo sorriso di risposta è appena accennato, come sempre.
Il grande portone dell'ambasciata si apre e un indiano in giacca e cravatta e con il classico turbante ci accoglie con un breve inchino e le mani giunte. «Benvenute, se volete seguirmi vi porterò dai vostri ospiti.» Si volta e si allontana.
Io e Susanna ci scambiamo uno sguardo confuso e ci affrettiamo a raggiungerlo, con Teja che raccoglie la gonna tra le dita per poterci stare dietro.
L'uomo aggira un'aiuola fiorita che appare di fronte a noi e percorre un giardino enorme e circolare, formato da diverse aiuole. Mi investe un profumo di fiori da far girare la testa. Ogni aiuola è ricca di gerani, rose e tulipani dai colori sgargianti. Al centro del giardino, in una piazzola piastrellata, sorge un pozzo in muratura dall'aria antica, sormontato da un pergolato colmo di edera che lo rende romantico.
Sembra di essere dentro una fiaba.
Rientriamo attraverso un altro portone in legno sulla sinistra del giardino e attraversiamo un grande corridoio con il parquet splendente. Passiamo davanti a una serie di finestre che danno sull'enorme giardino fiorito che abbiamo attraversato prima e ci fermiamo di fronte a un altro portone enorme. La nostra guida lo spalanca, congiunge le mani sotto il mento e ci fa un piccolo inchino, si volta e si allontana.
«Kalpana!»
Mio padre attraversa il salotto con il suo sorriso compiaciuto, i suoi passi sono attutiti da un tappeto persiano enorme. Indossa il classico vestito indiano con il copricapo rosso. È davvero tanto che non lo vedo.
Insieme a lui c'è un uomo con un vestito che, a giudicare dalla stoffa e dal taglio, direi di alta sartoria, con un sorriso immobile sulla faccia.
Con una piccola corsetta gli vado incontro. «Papà...» Un sorriso si disegna sulle mie labbra e lo abbraccio.
Le sue braccia mi avvolgono stretta. «Mi sei mancata tanto, figlia mia.»
«Anche tu.» Mi sciolgo dal suo abbraccio e mi volto verso il suo ospite. «Lei deve essere l'ambasciatore Bath.» Gli faccio un sorriso e gli allungo una mano.
Questi sorride cordiale e me la stringe. «Sono molto onorato di conoscere la primogenita di Aditi, tuo padre è molto orgoglioso di te e degli studi che hai fatto.»
Unisco le mani sotto il mento e faccio un breve inchino. «La ringrazio infinitamente, anche per la sua ospitalità.»
Porge una mano in direzione di Susanna e di Teja. «Ma vedo che sei in compagnia.»
«Oh, sì...» indico le due alle mie spalle con la mano aperta. «Lasci che le presenti la mia tutrice nonché grande amica della mia defunta madre, Susanna Fonti, e questa è Teja.» Prendo Teja per le spalle e la accosto a me. «La mia dama di compagnia.»
Con un sorriso cordiale, saluta entrambe con un cenno del capo. Susanna tenta di imitare il nostro inchino muovendo anche le spalle, mentre Teja si inginocchia e bacia le scarpe al nostro ospite, come è normale che sia di fronte a qualcuno che rispetta. Stessa cosa fa con mio padre e si rialza in piedi.
Susanna è un po' sconcertata ma fa finta di niente e torna a sorridere. «Grazie per l'invito, ambasciatore. Grazie anche a lei, Aditi Narayan»
Mio padre le fa cenno di assenso con la testa. «Grazie a te per avere estrema cura della mia primogenita.»
«I miei ospiti dovrebbero arrivare da un momento all'altro,» l'ambasciatore apre la mano verso la porta, sempre con un sorriso radioso e solare. «La prego, lasciate che vi conduca da loro, così avremo modo di conoscerci.»
Ci voltiamo tutte e tre in quella direzione ma la voce di mio padre mi blocca.
«Kalpana.»
Susanna mi lancia uno sguardo tra il preoccupato e l'incuriosito, ma sparisce insieme a Teja nel corridoio, scortata dall'ambasciatore.
Mi volto a guardarlo. «Dimmi, papà.»
Lui si avvicina e assume la sua espressione seria. «Questa festa è in mio onore, da parte dell'ambasciatore, e questo te l'ho già detto. Ma quello che voglio di più è che tu mi presenti il tuo fidanzato.»
Abbasso lo sguardo. «Sì, lo so, padre...»
Mi sfiora la manica. «Questo vestito non è di fattura indiana.»
«No... però è molto simile.»
«Capisco.» Sospira. «Immagino che non possa pretendere da te di vestire come la nostra usanza richiede.»
«Io...»
«Va bene, non importa.» Torna a sorridere. «La cosa importante per me è vederti impegnata con un bravo uomo. Attenderò tutta la sera di vederti finalmente con lui.»
Stiro le labbra. «Grazie, papà.»
Fa un cenno con la testa. «Va' a divertirti, io devo prima finire un affare e poi mi unirò alla festa.»
«Va bene, grazie.» Mi allungo per dargli un bacio sulla guancia e mi affretto a uscire dalla stanza. Mi chiudo la porta alle spalle e percorro il lungo corridoio di prima. Osservo le opere d'arte che mi circondano, non ne capisco tantissimo ma credo che quello sia un quadro di Caravaggio... Mi sembra si chiami Morte della Vergine. Ma non è al Louvre?
Sarà una copia.
Avanzo di qualche altro passo e una musica vivace mi raggiunge. È musica classica, armonica, violini e pianoforte. E sembra provenire dal giardino che abbiamo attraversato prima...
Mi affaccio dal portone d'ingresso, un dolce profumo di fiori mi investe, prima non lo avevo sentito. Forse era l'ansia di incontrare mio padre dopo tutto questo tempo. Mi avvicino al pozzo al centro dell'aiuola e mi affaccio sotto il pergolato che lo sovrasta. Non riesco a vedere il fondo.
Dalla parte opposta del giardino, dietro un cespuglio di rose, Hiresh sta parlando con Teja. Non pensavo che ci fosse anche lui in Italia.
Sembrano molto affiatati, non mi era sembrato che avessero un rapporto così stretto. Sono molto vicini, sembrano complottare tra loro, Teja si porta addirittura una mano alla bocca per coprire il labiale. Che strano. Hiresh annuisce e le sorride.
Non voglio farmi vedere da lui.
Faccio un passo indietro con cautela senza fare rumore e torno verso la porta dalla quale sono uscita, spero che non mi vedano.
La gente continua a entrare, l'uomo che ci ha accolte alla porta sta accogliendo i nuovi arrivati, c'è una coppia di uomini che si guardano attorno come se fosse la prima volta che vedono un ingresso simile. Mi volto e rientro nel corridoio, mi allontano il più possibile. Teja e Hiresh insieme non mi sono piaciuti affatto.
«Clio, eccoti!» Susanna mi sorride e mi viene incontro. «Non dirmi che sei uscita adesso dall'incontro con tuo padre.»
La raggiungo sotto un enorme arco che dà sulla sala gremita di gente. «Si può dire di sì, anche se ero tornata nel giardino d'entrata e ho visto Teja confabulare con Hiresh.» Stringo le labbra. «Non mi sono piaciuti.»
«Perché, cosa si sono detti?»
«Non lo so, ero troppo lontana per sentirli, ma erano strani.»
Fa spallucce. «Vabbè, non ci pensare, Teja è troppo attaccata a te per confabulare alle tue spalle. Tranquilla.» Mi prende per mano. «Vieni con me, voglio farti conoscere una persona.»
Roteo gli occhi ma mi lascio trascinare fino all'enorme salone. Accidenti, in pochissimo tempo questo posto si è riempito di gente, non credevo di essere stata così a lungo con mio padre.
Susanna fa lo slalom tra la folla, sono tutti con un bicchiere o un piattino in mano a chiacchierare come se fosse la festa dell'ultimo dell'anno. Ci sono uomini indiani e italiani che parlano tra loro come se non ci fosse nessuna differenza culturale. Anche le donne indiane qui sembrano comportarsi come quelle italiane, come se fossero libere di fare qualsiasi cosa le salti in mente.
Intanto mi lanciano occhiate dubbiose mentre passo loro accanto, e subito distolgono lo sguardo. Le italiane invece non mi guardano nemmeno, se non per errore.
Susanna mi stoppa di fronte a un ragazzo con un pizzetto curatissimo che si sta ficcando in bocca un salatino al salmone.
«Ti volevo presentare Roberto, è il direttore di una palestra molto grande e conosciuta.» Porge una mano verso di me. «Roberto, ti presento Clio, la mia protetta.»
Con la bocca piena mi allunga la mano. «Piacere di conoscerti.» Biascica, un pezzo di salmone salta dalle sue labbra e gli finisce sulla camicia di un tenue color corallo. I muscoli pettorali la tengono tesa più del consueto.
Beh, sì, si vede che è in forma.
«Piacere mio.» Gli stringo la mano e fingo un sorriso. «Mi dispiace ma ho appena visto una mia amica che è da tanto che non vedo. Devo andare a salutarla. Con permesso.»
Mi dileguo sotto gli occhi sbigottiti di Susanna e quelli confusi del tipo che già non ricordo come si chiama. Mi nascondo tra le persone e mi avvicino al tavolo dei rinfreschi.
Forse se metto qualcosa sotto i denti questa strana ansia mi passa.
In un angolo della sala, vicino al tavolo del buffet, una donna indiana con dei candidi capelli bianchi e il classico bindi al centro tra le sopracciglia, guarda bramosa il cibo lì in bella vista. Scommetto che le hanno detto che non può servirsi da sola.
Spazio autrice...
Lo so, vi avevo detto che in questo capitolo Eros e Clio si sarebbero conosciuti. Ho mentito 😝 Vi prometto che nel prossimo si incontreranno davvero.
Però anche in questo capitolo c'è una scena in cui sono insieme nello stesso posto... Qual è secondo voi?
Facciamo a domani?
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