Capitolo 24
Il signor Kundarm apre la porta ed entra nello studio di Aditi con un fascicolo di fogli sotto braccio. «Buona sera, Signor Narayan, signor Sansoni.» Fa un gesto del capo a entrambi e si ferma vicino a me.
«Grazie, signor Kundarm. Mi fa piacere che sia venuto appena ha potuto.» Aditi gli indica la poltrona accanto a me. «Si accomodi.»
Questi annuisce, mi passa davanti e mi sorride. Si siede, posiziona il fascicolo di fogli sulle sue ginocchia e inizia a scartabellarlo. «Ho portato i documenti che mi aveva chiesto, mi mancano solo i documenti personali di vostra figlia e─»
«Di mia figlia? No, si sbaglia.»
Si ferma con le dita tra i fogli e alza lo guardo attonito su Aditi. «Come? Non mi ha chiamato per concludere il passaggio di proprietà della piantagione a sua figlia Kalpana?»
Aditi mi rivolge uno sguardo divertito e scuote la testa. «L'ho chiamata per inserire il signor Sansoni nell'atto di proprietà della piantagione.»
Il signor Kundarm rimane a bocca aperta e immobile a fissarlo, volta con un gesto lentissimo la testa verso di me e sbatte le palpebre. «Il signor Sansoni?»
«Certo, in fondo è quello che doveva aspettarsi.» Aditi si alza e passeggia verso la finestra. «Come legittimo consorte della mia primogenita è a lui che andrà la piantagione, a metà con mia figlia.» Scosta la tenda e guarda fuori. «Per quel che mi riguarda non vedo l'ora di prendermi una pausa dal lavoro.» Si volta e torna verso di noi. «Sono sicuro che il signor Sansoni sarà bravissimo a risanare i bilanci e portare avanti la piantagione nel migliore dei modi.» Torna a sedersi. «Gli basterà un po' di tempo per prendere padronanza della situazione.» Mi sorride.
Mi sento lusingato da questi riconoscimenti, ma anche in colpa. Non ho fatto niente per meritarmeli.
Kundarm annuisce in modo pigro. «Capisco.» Richiude la cartellina e la afferra con una mano. «Allora temo di non avere tutti i documenti che mi occorrono. Credevo che fosse pronto a dare a Kalpana il cento per cento della proprietà della piantagione.»
«Non capisco, i documenti cambiano in base alla persona a cui sono destinati?»
«Ehm... più o meno.» Kundarm si alza. «Temo che dovremo rimandare. Mi procurerò quello che mi serve e mi farò vivo io. Le va bene, signor Narayan?»
«Beh... se non si può fare altrimenti.»
«No, mi dispiace.» Ci passa davanti con un sorriso tirato e continua ad annuire a entrambi, una goccia di sudore gli scende lungo la tempia. Si affretta a raggiungere l'uscita, si volta e fa un ultimo inchino, apre la porta e sparisce.
Che strano.
Aditi corruga le sopracciglia. «Direi che per una volta siamo stati noi a metterlo in difficoltà.» Sbuffa divertito.
Gli sorrido. Mi chiedo se si sia mai chiesto perché gli affari gli vanno male o se ha mai fatto caso che hanno iniziato ad andare male quando ha assunto quel tipo.
***
I braccianti stanno lavorando sodo per pulire le piante di caffè dai rami secchi o troppo cresciuti e strapparli insieme alle piante infestanti, ognuno di loro è munito di una piccola ascia che usa per tagliare i rami sporgenti e le erbacce secche e accatastarli al centro tra le piante di caffè. Afferro quella a me destinata e osservo i gesti di Baghesh... o Braghesh qui accanto a me, e lo imito.
O almeno ci provo, perché certe operazioni manuali non sono il mio forte.
Afferro un ramo con la sinistra e do un colpo ben assestato per staccarlo dalla pianta, allungo il braccio dietro di me e lo lascio cadere nella catasta di rami alle mie spalle. Se ben ricordo questo servirà per creare una sorta di humus che aiuterà a mantenere la giusta percentuale di umidità e di elementi nutritivi per il caffè. Le ciliegie sono ancora tutte verdi, è ancora lontano il tempo per la raccolta, ma la piantagione va mantenuta pulita.
Aditi sta ancora parlando con i vari degustatori, fuori dalla casupola del guardiano. Sono tentato di dirgli che dovrà fare un lungo lavoro con me per insegnarmi tutti i segreti per amministrare questa piantagione. Finora non avevo preso in considerazione che potesse diventare il mio futuro... ma adesso non riesco a immaginarmi lontano da Clio.
Se me lo avessero detto un anno fa, che avrei perso la testa per un'altra donna, mi sarei messo a ridere in faccia a chiunque fosse stato.
Piuttosto mi preoccupa Manuel, lui si aspetta che tornerò con i soldi per sanare la sua ditta, ma non so se se lo merita. Si aspetta che torni in Italia e ricominci a lavorare per lui, ma se lo tornerò sarà con Clio, non da solo. E non credo proprio che tornerò alla vita di prima.
Ho ancora un sacco di confusione in testa...
«Immagino che devo farle le mie congratulazioni.» Hiresh appare all'improvviso al mio fianco.
Mi immobilizzo con il coltello a mezz'aria. «Di cosa sta parlando?»
«Del suo inserimento nell'eredità di mio zio. Non mi sembrava che il vostro accordo iniziale fosse questo.»
Il sottinteso nelle sue parole è più chiaro di un foglio scritto in stampatello.
Riprendo il mio lavoro. «Non ho niente da discutere con lei, signor Narayan. So che i suoi piani prevedevano che al mio posto ci fosse lei, ma non è andata come sperava.»
Sogghigna. «Mi chiedo se Kalpana sappia del suo accordo iniziale con mio zio.»
E adesso dove vuole arrivare?
«Non vedo cosa possa interessarle.»
«A me? Niente. Ma non so se mia cugina ne sarebbe felice.»
Stringo i denti, ha il potere di farmi saltare i nervi. «Resta il fatto che a lei non deve interessare, considerato che fino a ieri voleva sposarla a tutti i costi senza il suo volere. Io e Kalpana siamo sposati, quello che ci riguarda non deve interessare nessun altro.»
Alza le mani. «Oh, certo, certo. A quanto pare lei e Kalpana adesso andate più d'accordo di quanto sembrava all'inizio.»
Non capisco se ne è geloso o vuole solo farmi incazzare.
«Odio ripetermi, ma─»
«Non sono affari miei. Sì, ho capito.» Resta in silenzio a osservare i braccianti intenti a ripulire le piante. Di colpo inizia a ridacchiare. «Si immagina se tra qualche tempo verrà fuori che lei è un imbroglione che voleva solo approfittarsi di Kalpana?» Si volta continuando a ridacchiare e si allontana.
Che cosa voleva insinuare? Sa qualcosa?
Si avvicina alla casupola con il suo classico passo da padrone del mondo, si ferma a parlare con il guardiano della piantagione e mi rivolge uno sguardo affilato. Mantengo il mio, se pensa che di mettermi in soggezione si sbaglia. Lo considero solo un pallone gonfiato con manie di grandezza.
Spero solo che stesse bluffando.
***
Mi inoltro tra gli alberi dell'immenso giardino di Narayan e cerco il numero di Manuel sul cellulare. Mi guardo alle spalle per vedere che nessuno sia a portata di orecchi e premo la cornetta verde. Il cellulare squilla e la voce di Manuel mi arriva come in lontananza.
«Pronto?»
«Manuel, sono io.»
«Oh... Eros.» Avverto dei movimenti concitati e dei rumori strani, come se il cellulare gli fosse caduto di mano e lo stesse raccogliendo da terra. «Non mi aspettavo che mi avresti chiamato a quest'ora.»
Non voglio nemmeno sapere perché e cosa stesse facendo. «Sì... ok. Ascolta, la situazione qui è cambiata.»
«Come? In che senso è cambiata?»
«Beh... non credo di poterla portare fino in fondo.»
«Ma che stai dicendo? Aspetta, vuoi prendermi in giro, vero?» Ridacchia. «Dopo tutto questo tempo non sei ancora riuscito a farti inserire nel testamento?»
«Non è questo il proble─»
«Allora ci sei riuscito.»
Getto gli occhi al cielo, la sua smania di soldi mi sta dando sui nervi. «Sto dicendo che sono io che non ho più voglia di continuare questa storia.»
Dall'altra parte della linea non arriva nessuna risposta.
«Manuel, sei sempre lì?»
«Non vorrai dirmi che ti sei innamorato di quella negra!»
A questo epiteto mi monta in corpo una rabbia cieca. «Non è affatto negra, che cazzo stai dicendo! Non è nemmeno scura di pelle.»
«Oh, ma è di padre indiano, anche se non sembra lo è.»
«Smettila di dire cazzate. Ti ho chiamato solo per farti sapere come stanno le cose.»
Lui fa schioccare la lingua contro il palato. «E adesso cosa intendi fare? Vivere per sempre con lei come un devoto maritino?»
Digrigno i denti. «Non sono affa─»
«Ehi, un momento, un momento.» Mi interrompe, irritante come sempre. «Vorrei solo ricordarti di Nicole, ti ricordi di quella puttanella e di come ti ha trattato? Avevi solo ventun'anni all'epoca, e quella stronza ti ha fatto stare un'eternità ad attenderla all'altare per poi non farsi viva. E solo per cosa? Perché era incinta di un altro e non sapeva come dirtelo.» Ridacchia. «Chi ti assicura che questa Clio non farà la stessa cosa?»
Il ricordo della mia vita di dieci anni fa mi colpisce in pieno stomaco. Mi rivedo in piedi di fronte all'altare, ad aspettare la mia sposa che non sarebbe mai arrivata...
Ma Clio non è Nicole. Clio è dolce, gentile... onesta.
«Non infierire, Manuel.»
«Ascoltami bene, piccolo ingrato. Sono io che ti ho tirato fuori dalla merda in cui eri caduto, sono io quello che ti ha aiutato a rifarti una vita da solo e a spassartela con le donne senza coinvolgimenti sentimentali. Grazie a me sei stato ricoperto di soldi. E adesso è così che mi ripaghi? Piantandomi in asso?»
Strizzo gli occhi e digrigno i denti. «Appena avrò abbastanza liquidi con me ti ripagherò. Lo sai che ho lasciato quella vita perché non mi piaceva più.»
«Sei solo un imbroglione da strapazzo, Eros. Rivoglio tutti i soldi che ti ho dato per ripulirti e farti diventare quello che sei, altrimenti...»
«Non ti conviene ricattarmi.»
«Staremo a vedere. Aspetto una tua chiamata.» Mi chiude il telefono in faccia.
Cristo, dovevo immaginarlo che non l'avrebbe presa bene. È logico, sono l'unico che si sarebbe prestato a questo gioco, lui lo sapeva e se n'è approfittato. Bastardo!
Scuoto la testa, rimetto il cellulare in tasca e rientro in casa.
Mi fondo nella nostra camera, e sbatto la porta dietro di me. Con gesti secchi mi sbottono la camicia. Mi fermo accanto al letto e la getto sul materasso.
La porta alle mie spalle si riapre e Clio entra, mi sorride e si avvicina, i suoi occhi si abbassano sui miei pettorali e, con un evidente sforzo, li rialza per guardarmi in faccia. «Come va?»
Allungo una mano e la poso sul suo fianco. «Benissimo, non vedo l'ora di farmi una doccia.» Il suo sorriso ha il potere di farmi dimenticare di Manuel e del suo ricatto. Le do un bacio sulle labbra. «E tu?»
«Bene...» Abbassa lo sguardo, ma questa volta non mi guarda il petto, sembra piuttosto che non riesca a guardarmi in faccia.
«C'è qualcosa che non va?»
Scuote la testa. «No, ma dovrei dirti una cosa...»
Mi sto preoccupando. «È successo qualcosa?»
Distoglie lo sguardo da me. «Beh... mentre eri alla piantagione mi ha chiamato Valerio Barani. Il giornalista del treno, te lo ricordi?»
Sto sentendo un fremito di irritazione in tutto il corpo. «E cosa voleva?»
«Ehm... mi ha detto che vorrebbe accettare l'invito che gli ha fatto mio padre.»
Rimango immobile, forse è più facile resistere all'incazzatura. «E quindi verrà qui?»
Annuisce.
«Quando?»
Alla mia domanda strizza le palpebre, come per difendersi. «Domattina.»
Strabuzzo gli occhi. «Domattina!»
Stringe i denti. «Lo so, lo so che non lo sopporti, ma─»
«Non è solo il fatto che non lo sopporto!» Sbraito. «Quell'uomo ha messo gli occhi su di te fin dall'inizio, e non è sembrato particolarmente rispettoso nei miei riguardi, dimostrando di volerti.»
Lei schiocca la lingua contro il palato. «Ma non è vero!»
«Clio...» Piego la testa di lato e alzo un sopracciglio.
Le sue sopracciglia si arcuano, preoccupate. «Ma cosa dovevo fare, scusa, ormai anche mio padre lo ha invitato, e ci siamo già messi d'accordo.»
Sospiro e mi arrendo, tanto non posso farci niente, ormai. «E verrà insieme al suo amico?»
«No, lui da solo. Il suo amico è tornato in Italia.»
Che vuol dire, che lui non ci è mai tornato? Alzo gli occhi al cielo ma non glielo chiedo, non lo voglio sapere.
Le giro attorno e mi rifugio in bagno. «Accidenti!» Grugnisco.
Mi tolgo i pantaloni e li lascio a terra, apro l'acqua della doccia e afferro l'elastico dei boxer per toglierli ma la porta del bagno si riapre e ci rinuncio.
Clio entra e se la richiude alle spalle. «Non voglio che tu sia arrabbiato con me.»
Sospiro di esasperazione. «Non sono arrabbiato con te.»
«Davvero?»
«Sì.»
Lei mi osserva negli occhi, abbassa lo sguardo e segue i miei pettorali. «Perché ti capisco se sei geloso.» Mi lancia un'occhiata in faccia e torna a fissare i miei muscoli.
Mi piace quando mi guarda così.
«Mi capisci?»
Annuisce e posa una mano sul mio petto. «Non posso dire di avere molta esperienza, però...» Allarga le dita e gioca con i peli.
Le prendo il polso e le faccio scivolare la mano in basso, giù, fin sotto l'ombelico. «Chissà perché adesso di quel tipo non me ne frega niente.»
Alza lo sguardo appena la sua mano arriva al mio inguine, la sua bocca si schiude, in una muta espressione di sorpresa.
Sorrido. «Devi capire l'effetto che mi fa essere toccato da te.»
Espira una boccata densa, il bagno si è riempito di vapore caldo... sto sudando.
L'afferro per un fianco e l'avvicino di botto per baciarla. Lei sembra gradire e riesco a spingerla all'indietro fin dentro il box doccia.
Appena i primi schizzi d'acqua la colpiscono si stacca da me. «Aspetta.»
Faccio un passo indietro e con un gesto mi tolgo i boxer. Lei si china, afferra l'orlo del suo vestito e se lo sfila dalla testa. Resta con un delizioso intimo bianco di pizzo trasparente. Non riesco a staccare gli occhi dal suo inguine, da quelle mutandine che coprono e non coprono qualcosa di bellissimo!
Fa un passo indietro e si porta sotto il getto d'acqua. «Allora, vieni?» Mi sorride, si sgancia il reggiseno, tende il braccio e lo fa penzolare fuori dalla doccia. Lo lascia cadere, ma non fa in tempo a toccare il pavimento che sono sotto il getto d'acqua con lei.
Afferro il suo corpo caldo e bagnato e aderisco alla sua pelle, le accarezzo le cosce e gioco con i seni contro il mio petto. La spingo all'indietro verso le mattonelle bagnate, lei si appoggia con la schiena e riprende a baciarmi. Stacco le mie labbra e mi abbasso per arrivare al seno e giocare con i suoi capezzoli. Arrivo a quello destro e lo prendo tra le labbra. Lei china la testa all'indietro e spalanca la bocca, i capelli bagnati le si incollano al collo e lungo le spalle. La afferro per le cosce e la alzo di peso, lei allaccia le gambe attorno alla mia vita. Il mio amichetto, come se sapesse già dove andare, affonda in lei...
«Sei tutta bagnata.» La mia voce è impastata di desiderio.
Riprende a baciarmi e si appoggia all'indietro, si puntella con le mani contro il box doccia e io arretro, arrivo fino in cima e riaffondo dentro di lei con un movimento veloce e unico. Lei ha un singulto e chiude gli occhi.
«Sì... fallo di nuovo.» Sussurra.
Le sue parole sono come benzina sul fuoco.
Faccio come mi dice, arretro fino al limite e riaffondo in lei con un movimento brusco. Aspira tra i denti e trattiene il respiro.
«Ancora...»
«Mi dispiace... basta.» Se lo faccio un'altra volta esplodo.
Prendo invece a muovermi con più velocità ma con movimenti meno ampi.
Lei riapre gli occhi, e sono due chicchi di caffè scurissimi, profondi.
La bacio e le mordo le labbra, lei mugola e ricambia il bacio. Il suo mugolio entra dentro di me, il mio petto fa da cassa di risonanza e mi fa vibrare come una corda di violino. Il suo respiro concitato mi dà alla testa, e il piacere che sto sentendo sta diventando insopportabile.
Le sue dita si artigliano sulle mie spalle e il suo corpo inizia a sussultare sotto di me, preda di un orgasmo formidabile. E io non posso resistere oltre...
Faccio in tempo a scivolare fuori da lei e a svuotarmi sul piatto doccia.
Riabbassa le gambe e si appoggia su di me con tutto il peso, gli occhi chiusi e l'affanno. L'acqua continua a caderci addosso, ma la ignoriamo, sazi e appagati.
Con il respiro ancora pesante mi guarda e mi bacia. «Facciamo la doccia?»
«Ah... pensavo di averla già fatta.»
Scoppia a ridere, e io la seguo.
***
La macchina di Aditi varca il cancello della villa e le ruote si avvicinano al portone di casa. Ed ecco, è arrivato il momento che avrei pagato pur che non arrivasse mai.
Clio balza dal divano. «È arrivato il mio ospite.» Esulta, e corre fuori per riceverlo.
Yashira, sul divano accanto a noi, abbassa il libro che sta leggendo e mi lancia un'occhiata scettica. Sì, anch'io mi sto chiedendo il motivo di tanto entusiasmo. Sono contento di essere rimasto a casa invece di essere andato alla piantagione con Aditi.
Mi costringo a seguirla ed esco in giardino, appena in tempo per vedere l'autista aprire lo sportello al signor Barani. Questi scende, si rivolge all'autista e lo ringrazia, che ricambia con un inchino e rimonta al posto di guida. Mentre la macchina si allontana lui sorride a Clio e si avvicina.
Clio lo raggiunge a metà strada. «Ti do il benvenuto in casa di mio padre.»
«Grazie, Clio, sono felice di trovarmi qui, finalmente.»
«Mio padre in questo momento non c'è, ma tornerà in serata.» Lo guida verso di me. «Sicuramente ti ricorderai di mio marito.»
Valerio mi sorride come un ospite graditissimo. «Come potrei dimenticarmi?»
Mi allunga una mano e per un attimo il gelo ci ricopre. Lo sguardo di Clio sale dalla mano tesa al mio viso, in un'espressione preoccupata. Chissà, forse devo rendere onore alle abitudini del luogo e fingere che il suo arrivo mi vada bene lo stesso.
Sospiro dentro di me e gli stringo la mano. «Sono felice di ritrovarla, signor Barani.»
Anche lui per un attimo sembra perso... spero che capisca i miei veri sentimenti a dispetto delle mie parole.
Clio lo distoglie subito da me. «Questa invece è mia sorella Yashira.» Gli indica alla mia sinistra.
Yashira scende i tre scalini dell'ingresso e si piazza al mio fianco, congiunge le mani e fa il classico inchino. «Mi fa piacere di conoscerla, signor Barani.»
«Oh, accidenti,» Valerio sgrana gli occhi, sorpreso. «Tua sorella parla un italiano impeccabile.»
«Sì, è bravissima. È una brava studiosa.» Clio sorride a sua sorella, prende Valerio a braccetto e lo conduce in casa. «Lascia che ti presenti l'interno.»
Nel passarmi accanto, Valerio mi lancia un sorrisetto vittorioso, con un sopracciglio alzato e l'angolo della bocca tirato in su.
Ma cosa cazzo crede di fare?
Oltre le sue spalle incrocio lo sguardo preoccupato di Yashira. Qualcosa mi dice che anche a lei il nostro ospite sta antipatico.
Li seguiamo all'interno, appena in tempo per vederli sparire oltre la porta della cucina.
Yashira si china verso di me. «Non è che abbiamo sbagliato e ha appena assunto il nuovo cuoco?» Mi bisbiglia all'orecchio.
Ridacchiamo insieme e li seguiamo in cucina, anche se loro stanno uscendo nel giardino nel retro, mentre Clio continua a spiegargli cosa sono i vari oggetti che lui indica. Con me non ha fatto lo stesso.
Rientrano dal giardino e ci passano accanto, ma solo Valerio mi lancia un'occhiata veloce, derisoria, Clio sembra che neanche mi veda.
«Clio, scusa se ti interrompo, ma è possibile sedersi tutti insieme a chiacchierare?»
Lei si blocca e si volta sbattendo le palpebre. «Oh, scusa, Eros... volevo solo fargli fare un giro della casa prima che venisse mio padre.»
«Potrà farlo anche domani, scommetto che adesso vorrebbe riposarsi dopo il viaggio.»
Al mio fianco Yashira annuisce in silenzio.
Clio si stacca dal braccio di Valerio e si guarda attorno. «Hai ragione... credo che potremmo anche accomodarci in salotto e parlare.»
«Io non ho problemi,» Valerio alza le mani come se volesse smorzare sul nascere un litigio. «Se volete fermarvi e chiacchierare non ci sono problemi.»
Clio annuisce. «Va bene, allora. Ma chissà che fine ha fatto Darika.»
«Vado a cercarla.» Yashira si volta di scatto e sparisce oltre la porta della cucina.
A noi non rimane che accomodarci in salotto. In silenzio ci sistemiamo sul divano, e io vado a sedermi accanto a Clio, mentre Valerio, non so se per casualità o per educazione, si è seduto a una certa distanza da lei.
Restiamo in silenzio, nessuno sa come rompere il ghiaccio, nemmeno il nostro ospite. Anche se sembrava molto poco timido nei nostri confronti.
Clio guarda l'ora e sorride. «Ma che fine avrà fatto Yashira?»
«Siamo sicuri che non sia uscita insieme a Pooja e alle bambine?» Mi volto verso la porta. «Mi sembra di ricordare che fosse andata con lei per aiutarla.»
Clio sgrana gli occhi. «Mm, no, ha detto che cercava Darika, ma se non torna vado io a prendere qualcosa da bere.» Si alza dal divano e si dirige in cucina.
Valerio si china in avanti e appoggia i gomiti sulle ginocchia, unisce le mani e sorride. «Sembra che la situazione sia migliorata di parecchio tra voi, dal vostro viaggio con il Marajas' Express.»
Resto perplesso. «Già... ne dubitava?»
L'angolo destro delle sue labbra si tende in un sorrisetto e scuote la testa. «No... soprattutto perché sono del parere che Kalpana ancora la conosca assai poco.»
Cos'è, Hiresh due alla riscossa?
«Se non ci conosciamo abbastanza abbiamo tutto il tempo del mondo per imparare a farlo, nessuno ci insegue.»
«Oh, certo.» Annuisce e si guarda attorno. «Mi chiedo solo cosa succederà quando Kalpana scoprirà qual è la sua vera occupazione in Italia. O quale fosse prima che vi sposaste.»
Resto per un attimo scioccato. «Di cosa sta parlando?»
«Ha presente il mio amico, Claudio? Quello che era con me nel viaggio in treno.»
Annuisco. «Certo, il signor Rispoli.»
«Bene, lui è tornato in Italia e subito dopo mi ha mandato un articolo di giornale, risalente a sei anni fa, che parla di una certa Sabina Concreti. La ricorda?»
È come se mi avesse appena dato un pungo in pieno stomaco.
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