Capitolo 23

Eros...

Il suo corpo vibra sotto le mie spinte, sussulta tra le mie mani. Per me è la fine.

L'orgasmo più violento e intenso che abbia mai vissuto mi afferra. Devastante... E, cazzo, sono senza preservativo!

Esco da lei, ma per metà le sono arrivato dentro.

«Cristo!»

Speriamo che non sia successo niente di irreparabile.

Mi sdraio al suo fianco per riprendere fiato. Clio resta sdraiata e nuda, il seno tondo e perfetto, la pancia piatta, le cosce snelle, lo sterno che si alza e si abbassa al ritmo del suo respiro... un giorno ancora e sarei impazzito senza affondare in lei.

Mi giro su un fianco e mi avvicino. «Tutto bene?»

I suoi occhi sono due laghi enormi in cui mi perdo, due caffè scuri e colmi di emozione e appagamento.

Sorride. «Non sono mai stata meglio in vita mia.»

Sorrido anch'io e mi chino per baciarla. Dio, è liberatorio!

«Come ho fatto a resisterti in tutto questo tempo?»

«Io credevo che─» Si blocca di colpo.

Le sistemo un ciuffo di capelli dietro l'orecchio. «Che ti odiassi?»

Annuisce. «Qualcosa del genere.»

«Ma infatti ti odiavo, ti ho odiato dal momento in cui ho capito che mi avevi preso in giro.»

«E adesso non mi odi più?»

Scuoto la testa per negare. «No... non più.»

«Cosa ti ha fatto cambiare idea?»

Bella domanda.

«Da quando siamo partiti per questa strana vacanza e ho visto quel tale che ti guardava come se fossi un trofeo da ottenere, mi ha... disturbato.»

«Davvero?»

Mi lecco le labbra e me le mordo. «Il fatto è che ho capito chi sei. Ed è strano, perché quando ti ho conosciuta mi sembravi un sogno inarrivabile ma poi sei diventata un'arpia insopportabile. Non sai quante volte avrei voluto fartela pagare. E il fatto che tu sia così bella non aiutava. Ogni volta mi annebbiavi la mente con la tua bellezza, mi confondevi, mi hai reso la vita letteralmente impossibile.»

«E hai cambiato idea in questi ultimi tre giorni?»

Chiudo gli occhi e serro la mascella. «Perché ti ho conosciuta meglio, e ho conosciuto la tua sensibilità.» Riapro gli occhi. «Ti ho spiata quando parlavi con la tua Teja di quel bambino malato di tumore, ti ho osservata quando ti muovi nel tuo quotidiano, che non ti poni come la figlia di uno degli uomini più ricchi di questo paese ma come una semplicissima ragazza, e potresti anche indossare una tuta da aviatore ma sembreresti sempre la donna più bella che abbia mai visto.» Scorro più vicino a lei, fino a sfiorarla con il corpo. «E adoro il modo in cui mi parli, come mi guardi... era il mio orgoglio che mi impediva di perdonarti. Poi mi hai detto che avevi deciso di sciogliere il matrimonio e...» Scuoto la testa. «Non potevo permetterlo.» Mi chino e riprendo a baciarla.

La sua mano si posa al centro del mio petto, le sue dita si allargano sulla mia pelle calda, le piega e mi graffia con le unghie. «Aspetta.» Si stacca e si lecca le labbra. «Posso farti una domanda più... intima?»

Ho una punta di paura, ma non posso dirle di no. «Certo.»

«Perché hai detto che non ti avrei reso cornuto una seconda volta?»

Butto fuori tutta l'aria dai polmoni, non mi ero reso conto di aver trattenuto il respiro. «È difficile da dire.»

«Provaci.»

I suoi occhi sono limpidi mi stanno implorando di aprirmi, ma non ci riesco. Mi chino e le bacio le labbra. «Forse un giorno...»

Ci fissiamo vicinissimi, i nostri respiri si confondono, l'odore dei nostri corpi e del sesso che abbiamo fatto è il più potente afrodisiaco che possa esistere. Riprendiamo a baciarci come se non esistesse un domani. Afferro il suo seno e lo stringo, la mia mano si riempie di lei.

Geme nella mia bocca, una vibrazione che mi percorre, mi attraversa, per fermarsi tra le gambe. Sono di nuovo duro e pronto per lei.

«Ti voglio...» Bofonchia, e con le mani mi accarezza il costato.

La afferro con più prepotenza. «Non puoi dirmi queste cose...» Monto su di lei, che mi accoglie con le cosce aperte, e la faccio mia di nuovo.

Chiude gli occhi e china la testa all'indietro. Il godimento dipinto sulla sua faccia mi fa sentire potente.

Riprendo a muovermi, e questa volta anche lei si muove insieme a me, con il bacino segue il mio stesso ritmo.

«Sei... troppo...» Non riesco a finire la frase, devo affondare in lei con più foga, o scoppio.

Mi puntello sulle ginocchia, tiro su il busto e afferro i suoi fianchi per avvicinarla.

Apre la bocca e mi osserva, il suo viso stravolto dal desiderio e i capelli spettinati sul cuscino sono la cosa più sensuale che abbia mai visto.

«Sei bellissima...»

Poso una mano sulla sua pancia, con il pollice arrivo al suo clitoride e inizio a giocarci. Chiude gli occhi e geme, corrugando la fronte.

Dio, potrei morire a guardarla.

La sua pancia vibra sotto le mie dita, spalanca la bocca e geme più forte, gli occhi chiusi, la testa rivolta all'indietro. Non riesco più a resistere, esco di scatto da lei e mi svuoto sopra il copriletto.

Crollo sul suo corpo umido di sudore, entrambi con l'affanno, non sono mai stato così bene in vita mia. Rotolo sul un fianco e nello stesso momento dei passi nel corridoio della carrozza ci fanno alzare la testa di scatto. Restiamo in ascolto. Chiunque sia attraversa la carrozza passando davanti alla nostra cabina, una donna ridacchia da ubriaca e si allontana. Scoppiamo a ridere come due scemi.

Mi volto sulla schiena e Clio appoggia la testa sul mio petto. Mi contorco per afferrare il copriletto con i piedi, allungo una mano e ci copro entrambi, spengo la luce e chiudo gli occhi. I nostri respiri mi cullano. Le do un bacio sulla fronte e mi rilasso, con il suo corpo addosso al mio.

Mi sento felice e appagato... Devo solo trovare un modo per dirlo a Manuel, dovrà imparare a stare senza di me, perché ormai io ho preso la mia decisione, e sarà quel che sarà non ho nessuna intenzione di tornare indietro.

***

Alcuni raggi di sole mi scaldano il viso, strizzo gli occhi e sbatto le palpebre. Che rottura svegliarsi così. Il treno ha ripreso la sua lenta marcia questa mattina prestissimo, ma me ne sono accorto appena nel dormiveglia.

Clio sta ancora dormendo accanto a me. I capelli sparsi sul cuscino e la sua espressione serena mi fanno venire voglia di svegliarla per ricominciare dall'inizio. Ma ho fame.

Mi alzo dal letto e mi rimetto i pantaloni che avevo ieri sera, presi da terra, mi infilo le scarpe, recupero la maglietta abbandonata sul tavolino davanti al finestrino e mentre la indosso esco dalla cabina. Mi dirigo verso la carrozza bar ma a metà strada incrocio uno del personale.

Appena mi vede si inchina e congiunge le mani come se pregasse. «Buongiorno. Vuol fare colazione?»

«Sì... è possibile portare la colazione in cabina?»

Lui si inchina di nuovo. «Sì, porto io in cabina. Colazione per lei?»

«Per me e per mia moglie.»

«Posso sapere che tipo?»

Gli dico quello che ho visto mangiare a Clio nei giorni scorsi e quello che voglio io, lui mi fa l'ennesimo inchino e si allontana. Bene, posso tornarmene a letto con Clio.

Rientro in cabina e lei sospira e si volta verso di me, gli occhi ancora assonati e il corpo ricoperto solo dal lenzuolo. Mi guarda e sorride. «Buongiorno.»

Gattono sul letto e la raggiungo. «Buongiorno a te.»

La bacio e lei mi avvolge il collo con le braccia. Non posso fare a meno di rendere il bacio più profondo del previsto. Allargo le mani sulla sua pelle nuda, calda, e lei mi accarezza i muscoli della schiena. Mi sdraio sul suo corpo che mi accoglie all'istante. Ma ci sono ancora i miei vestiti e il lenzuolo tra noi che sono di troppo. Mi stacco per eliminare questi ostacoli, ma i suoi occhi su di me mi immobilizzano.

Mi accarezza il mento con la mano. «Non puoi immaginare quanto sia felice in questo momento.»

Il cuore mi dà una scossa dolorosa. «Anch'io lo sono.»

Si morde le labbra e il suo sguardo diventa dubbioso.

Non mi piace. «Che cosa c'è?»

Distoglie lo sguardo e fissa il finestrino.

La scuoto. «Clio, cosa c'è?»

Non risponde, e io resto immobile, in attesa.

Sospira. «Il problema è che non riesco a perdonarmi per quello che ti ho fatto.»

Ah, tutto qui, chissà cosa pensavo.

Le sorrido. «Non ti devi più preoccupare. Davvero. La cosa si è risolta nel migliore dei modi, no?»

Mi fissa negli occhi e una lieve ruga di perplessità le si forma sulla fronte. «Non riesco a capire come possa essere cambiato tutto così in una serata.»

Sospiro e mi sdraio accanto a lei. «Non capisco perché adesso ti devi fare questi problemi.»

Si mette su un fianco per guardarmi meglio. «È che non si può passare dall'odiare qualcuno ad amarlo nel giro di una serata.»

«Pensi che il mio sentimento per te sia nato di colpo ieri sera?»

Abbassa lo sguardo. «Non lo so. So solo che non volevi sposarmi, e che hai detto di odiarmi.»

Scuoto la testa. «Nessuno può costringermi a fare una cosa se proprio non la voglio fare.»

Corruga la fronte. «Quindi dicevi di non volermi sposare mentre in realtà era quello che volevi?»

Dondolo la testa. «Era quello che ho desiderato dal primo momento che ti ho vista, era solo la rabbia che mi faceva dire di odiarti.»

Mi fissa. «Dici sul serio?»

«Non sai quante volte avrei voluto farti mia in questo tempo, mostrarti quanto ti desideravo. Quello che è successo ieri sera è stato solo quello che mi serviva per capire che l'odio che provavo per te non era niente in confronto a quanto ti desiderassi.»

Resta immobile a fissarmi con quei due profondi chicchi di caffè, e ora capisco perché non posso più odiarla. Mi guarda la bocca e si avvicina per baciarmi ma qualcuno bussa alla nostra porta.

«Scusa... ho ordinato la colazione.»

Balzo in piedi e apro, il cameriere fa un inchino mentre mi porge un vassoio carico della nostra colazione, lo prendo dalle sue mani e lo ringrazio, lui si inchina almeno tre volte mentre mi augura buon appetito e se ne va. Clio si mette a sedere, coprendosi il seno con il lenzuolo e mi sorride.

Sono un po' contrariato dalla presenza di quel lenzuolo, ma forse ha fatto bene. Chi riuscirebbe a mangiare con una distrazione simile davanti agli occhi?

***

La sua mano è liscia sotto le mie dita, la sua pelle ambrata spicca sul bianco candido della tovaglia. Mi piace scorrere il dito lungo il palmo, seguire la linea della vita che glielo solca. Ogni tanto le trema il braccio e sorride, anche se non alza lo sguardo dal menù. Le faccio il solletico.

«Buon giorno, sono felice di trovarvi qui.» Il signor Barani appare all'improvviso accanto al nostro tavolo.

Clio ritira la mano e gli sorride. «Buon giorno, signor Barani.»

Ma questo deve sempre rompere le palle?

Sorride a Clio. «Sono davvero contento di vedervi a pranzo, non vi siete fatti vivi per tutta la mattinata.» Sposta lo sguardo sul mio braccio ancora allungato sul tavolo verso di lei. «Vedo che le cose si sono sistemate.»

«Non posso negarlo.» Il sorriso di Clio è enorme, ma il fatto che sia rivolto a questo individuo mi disturba.

«Non vedo cosa possa interessarle, signor Barani.» Lo fulmino con lo sguardo e il suo sorriso sparisce all'istante da quella faccia da pesce lesso.

«Mi scuso.» Alza una mano e distoglie lo sguardo. «Mi sono solo azzardato a dare consigli a sua moglie.» Si volta e si allontana.

Clio mi rivolge uno sguardo arrabbiato. «Calmati, Eros, non ha fatto niente di male.»

«Non mi interessa, tu puoi anche non accorgertene, o fare finta, ma le sue intenzioni sono state chiare fin da subito, e non mi piace. Mia moglie non lega con un altro uomo che è palesemente interessato a lei.»

Resta a fissarmi sbattendo le palpebre, confusa.

Forse ho esagerato. «Non sto dicendo che tu...» Abbasso lo sguardo e scuoto la mano. «Vabbè, mi hai capito.»

Lei non ribatte e torna a consultare il menù.

Sì, ho decisamente esagerato, in fin dei conti non ho Nicole davanti a me, lei e Clio sono due persone differenti. Però è stato più forte di me.

«Senti...» Clio alza lo sguardo dal menù, ma proprio in questo momento il cameriere si ferma al nostro tavolo.

«I signori vogliono ordinare?»

Lei gli sorride e ordina il suo pranzo, faccio altrettanto e osservo il cameriere allontanarsi lungo la carrozza.

«Cosa volevi dirmi?»

Clio posa il menù sul tavolo e incrocia le dita delle mani. «Solo scusarmi.»

«Non devi scusarti, Clio. Casomai sono io che dovrei scusarmi con te.»

Storce la bocca. «Non dovresti scusarti con me, ma con lui.»

Oddio. «Non credo proprio.» Rizzo le spalle e mi ricompongo sulla sedia.

«Se non fosse stato per lui ieri sera non avrei mai avuto il coraggio di affrontarti e mettermi a ballare con quel tipo.»

Accidenti, l'immagine di quel cretino che le palpava il fianco davanti a tutti mi procura una scarica di irritazione.

«È stato lui a dirti che dovevi ballare con qualcuno?»

«No, mi ha fatto capire che dovevo farti ingelosire.» Sorride, maliziosa. «Direi che ha funzionato, no?»

Quel sorriso mi fa dimenticare la nostra discussione. «Oggi dove ci porta questo treno?»

«Ahm...» Cerca la brochure nella sua borsetta e la apre. «C'è scritto solo che la cena sarà in un luogo esclusivo, come le precedenti.» Lo richiude e lo mette in borsa. «Sarà una sorpresa.»

«Che ne dici di saltare anche questa visita e passare il tempo in modo più... divertente?»

La sua espressione è un misto tra "vorrei" e "non sarà troppo?", si morde il labbro inferiore e inclina la testa. «Dici davvero?»

«Non dirmi che visitare posti sconosciuti per mangiare piatti tipici di questo posto che conosci dalla nascita è più allettante che stare con me.»

Piega un angolo della bocca in un mezzo sorriso. «D'accordo.»

Sorrido. Mi sento come un bambino che ha appena vinto un giro sulle giostre gratis.

***

Afferro la maniglia del mio trolley e mi volto verso Clio, alle prese con la sua valigia. L'ha distesa sul letto e sta spingendo il coperchio con entrambe le mani per chiuderlo.

«Aiutami, non si vuole chiudere.»

Mi avvicino e inizio a spingere insieme a lei. «Prova a tirare la cerniera adesso.»

Con un gesto veloce riesce a chiudere la valigia. «Grazie.»

La scendo dal letto. «Se non ti compravi tutti quei vestiti nuovi nella ultima città che abbiamo visitato a quest'ora si chiudeva senza sforzo.»

Arriccia il naso. «Lo so, ma quando sono di buon umore amo fare compere.»

Il suo sorriso mi mette allegria. Mi dispiace solo di averlo trovato dopo tutto questo tempo, avremmo potuto goderci prima...

Le faccio strada e scendo dal treno prima di lei, prendo il suo bagaglio e mi segue in stazione.

Suo padre appare all'improvviso in mezzo alla folla, in compagnia del suo autista. «Finalmente siete tornati, come è andata questa vacanza?»

«Padre, ciao!» Clio gli butta le braccia al collo e lo abbraccia forte.

Per poco Aditi non rischia di cadere. «Oh, non mi aspettavo tanto entusiasmo.»

Clio si stacca e gli sorride. «È andata benissimo, siamo stati bene.»

Lui ci guarda, ci studia con attenzione. «Mi fa molto piacere.» Un sorrisetto contento si stende sulle sue labbra.

«Grazie, Aditi, per questa opportunità che mi ha dato.» Gli allungo la mano.

Lui sembra pensarci su un secondo di troppo, ma me la stringe. «È stato un piacere. Per mia figlia questo e altro.»

Sorride e mi rivolge uno sguardo malizioso che vale più di mille parole. Mi sento un po' fuori luogo.

«Oh, aspettate un attimo.» Clio si allontana di corsa e va a parlare con il signor Barani, in compagnia del suo amico a pochi passi da noi.

Cosa le è saltato in mente?

Gli dice qualcosa all'orecchio e Barani alza lo sguardo su di noi con fare sorpreso. Anche il suo amico si avvicina a loro per capire meglio. Clio sembra averlo convinto di qualcosa perché lui annuisce e insieme tornano verso di noi.

«Papà, vorrei presentarti il signor Barani e il signor Rispoli, sono entrambi italiani ed erano con noi sul treno.»

Se fosse per me mi volterei e mi allontanerei senza nemmeno sentirlo parlare, ma Aditi è un tipo molto affabile e stringe la mano a entrambi.

«È un piacere conoscervi.»

«Il piacere è tutto mio.» Valerio ha un'espressione attonita, come se avesse appena incontrato il suo idolo da adolescente. «La conosco molto bene, signor Narayan, e sarebbe infatti un mio grande desiderio poterla intervistare.»

Mi sta venendo da vomitare.

Aditi corruga la fronte. «Come, scusi?»

«Ahm, padre.» Clio gli posa una mano sul petto. «Volevo infatti presentartelo perché il signor Barani è un ottimo giornalista italiano, e ha espresso il desiderio di intervistare uno degli uomini più facoltosi dell'India.»

Mi sta sembrando un po' troppo servizievole. Non gli deve niente, e poi dove ha tirato fuori che sia un ottimo giornalista?

Aditi annuisce. «Allora sono sicuro che si possa organizzare qualcosa.»

È decisamente troppo buono per i miei gusti.

Clio sorride. «Grazie, padre, sapevo che potevo contare su di te.»

«Forse potete venire con noi nella mia villa.» Aditi ha la bontà d'animo di invitarli subito. «Sarei felice se decideste di essere miei ospiti per tutto il tempo che desiderate.»

Claudio tocca il braccio dell'amico, inclina la testa e rotea gi occhi. «Ehm... adesso è un po' un problema.»

L'altro lo guarda sbattendo le palpebre e a bocca aperta. «Ah, vero.» Sorride ad Aditi. «Purtroppo in questo momento il mio amico ed io abbiamo altri impegni che non possiamo rimandare.»

«Non c'è problema,» Aditi fa spallucce. «Sarete i benvenuti quando lo riterrete più comodo per voi.»

Sto iniziando a capire perché le sue finanze stanno andando male.

«La ringrazio davvero tanto, signor Narayan.» Valerio Barani gli stringe la mano una seconda volta. «Ma... come posso mettermi in contatto con voi?»

«Ti do il mio numero.» Clio rufola nella sua borsetta e prende il cellulare. «Quando potrete venire puoi chiamare me e ci metteremo d'accordo.»

La gratifico con un'occhiataccia, ma lei mi ignora. Barani prende nota del suo numero nel suo cellulare, entrambi rinnovano i saluti ad Aditi e a Clio e nel voltarsi Valerio mi lancia un sorrisetto trionfante. Si allontanano insieme e spariscono tra la folla della stazione.

Clio ha un sorrisetto irritante sulle labbra mentre li guarda allontanarsi, si volta e incrocia il mio sguardo, il sorrisetto lascia il posto a un'espressione preoccupata. Possibile che non ha pensato a cosa ne pensassi io di quel tipo?

***

Scendiamo dall'auto di fronte all'entrata e l'autista di Aditi, insieme a un ragazzo mai visto prima e sbucato dal nulla, si affretta a prendere le nostre valigie dal bagagliaio. Sono felice che durante il viaggio fino a casa Aditi si sia limitato a chiederci cosa abbiamo visitato e se ci siamo divertiti. Nessuna menzione sul nostro rapporto, è stato solo ad ascoltare i resoconti del viaggio fattogli da Clio.

Pooja, Yashira e le bambine escono da casa nel momento stesso in cui l'autista e il ragazzo portano dentro le nostre valigie.

«Finalmente sei tornata!» Strilla Yashira, e corre ad abbracciare Clio, che contraccambia. Inizia a parlare in lingua indiana, e io non posso che mettere le mani in tasca e restare a osservarle mentre si scambiano chissà quali confidenze. Anche se Clio ha la pelle molto più chiara rispetto a quella di Yashira, vedendole così affiatate distinguo lo stesso sorriso nei loro volti, e anche molte espressioni sono identiche. Ci sono dieci anni di differenza ma Clio ne dimostra meno, nonostante la sua bellezza matura.

«Yashira, Kalpana, adesso basta.» Pooja si avvicina tenendo per mano le due sorelline più piccole. «Sono sicura che state mandando in confusione il povero Eros parlando così.»

Mi avvicino a loro e sorrido. «Non si preoccupi, signora Narayan, non ho niente da temere da queste due.» Mi chino e mi avvicino all'orecchio di Clio. «Vorrei parlarti in privato, appena sei libera, puoi venire nella nostra stanza?»

Mi fissa confusa. «Va bene...»

«Ah, Eros?» Aditi si ferma ai piedi delle scale che portano in casa. «Puoi venire nel mio studio, vorrei parlarti.»

Ah, mi sembrava troppo strano che non mi avesse chiesto ancora niente.

«Certo, vengo subito.»

«Bene, ti aspetto.» Si volta e sparisce in casa.

Saluto Yashira che mi sta guardando con un sorriso malizioso che ormai conosco bene, faccio un cenno di saluto a Pooja e seguo Aditi in casa. Mi dirigo senza pensarci verso il suo studio. La porta è aperta ma busso lo stesso.

«Vieni, vieni, Eros.» Mi affaccio e lui mi fa cenno di entrare e si siede dietro alla sua scrivania.

Mi richiudo la porta alle spalle e vado a sedermi sulla poltroncina di fronte a lui. «Voleva parlarmi, Aditi?»

Lui appoggia i gomiti sulla scrivania, mi fissa serio e unisce le dita davanti alla bocca. Resta in silenzio a fissarmi, inizio a sentirmi sotto pressione.

Di colpo sbotta in una risata divertita. «Qualcosa mi dice che hai cambiato idea su mia figlia.» Ride.

Non posso fare a meno di sorride. «Sì...» Mi riprendo subito e mi ricompongo. «Voglio dire... ci sono stati dei cambiamenti, e─»

«Lo sapevo!» Agita una mano in aria e si alza di scatto. «Lo sapevo che un po' di tempo da soli vi avrebbe giovato. Mia figlia non è mai stata un tipo che si innamora facilmente. Se lo ha fatto con te vuol dire che eri meritevole del suo amore.»

Sono un po' confuso. «Beh... la ringrazio, ma─»

«Ok, adesso posso procedere con il resto delle scartoffie per la piantagione.» Apre un cassetto del mobile basso alle sue spalle e ne estrae un fascicolo giallo.

«Che scartoffie?»

«Per affidarti una percentuale della piantagione come degno consorte dell'unica ereditiera.» Mi fissa come se avesse detto la cosa più ovvia di questo mondo. «Dovrò richiamare il signor Kumar e farlo venire qui. Speriamo che sia disponibile, vorrei fare questa cosa il prima possibile.» Torna alla scrivania e scartabella nel fascicolo che ha preso. «Intanto preparo tutti i documenti di cui ha bisogno. Mi servirebbe anche i tuoi documenti, quando sarà il momento.»

«Certo...»

Mi sento un po' in colpa. Non sono sicuro di meritarmi tutto questo.

«Qualche problema?» Aditi si è bloccato con un foglio in mano e mi fissa confuso.

Sbatto le palpebre. «No... sono solo stanco.»

Sorride. «Capisco. Sono sicuro che Kalpana ti stia aspettando nella vostra stanza. Vai pure.»

Mi alzo. «Grazie.»

Mi dirigo verso la porta ma lui mi ferma. «Ah... sono sicuro che hai visto il cantiere lungo la strada verso la piantagione.»

Faccio mente locale. «Sì... mi sembra di ricordare una costruzione sulla strada sterrata, a pochi metri da qui.»

Sorride. «Mi fa piacere che hai notato la casa che stavo facendo costruire per Kalpana in previsione delle sue nozze. Mi dispiace solo che non sia già completata.»

Mi sembra che una mazza di ottanta tonnellate mi abbia appena colpito allo stomaco. «Non ne avevo idea.»

«Adesso va, non fare aspettare tua moglie.»

«Oh.. sì. Certo.» Esco dal suo studio più confuso di quando ero entrato.

E adesso cosa succederà? Forse è arrivato il momento di aggiornare Manuel della situazione. Finché eravamo in viaggio non ho voluto chiamarlo con la costante presenza di Clio al mio fianco, ma adesso non posso più rimandare.

Esco in giardino e mi allontano dalla casa di alcuni passi, intanto cerco il contatto di Manuel sul cellulare e lo chiamo. Fa diversi squilli, come sempre mi fa aspettare.

«Pronto, chi non muore si rivede, eh?» La sua intonazione sempre sul derisorio mi sta dando sui nervi.

«Ciao Manuel.»

«È più di una settimana che non ti fai sentire. Come stanno andando le cose?»

«Beh, ecco...» Ora lui si aspetta che gli dica che va tutto secondo i piani. «Diciamo che va tutto secondo i piani.»

«Cosa vuol dire "diciamo"? ti sei fatto includere nel testamento, sì o no?»

«In effetti─»

«Eros, che stai facendo?» Qualcuno alle mie spalle mi sta chiamando.

Mi volto di scatto al suono del mio nome, Clio sta scendendo gli scalini di casa e sta venendo verso di me. Il suo sorriso è abbagliante.

«Grazie, mamma, mi rifarò vivo quando sarai libera.»

Manuel ha un singulto. «Ti è andato di volta il cervello?»

«Sì... e poi ti spiego. Va bene?»

Clio mi raggiunge. «Stai parlando con tua madre?» Bisbiglia.

«Cosa cazzo sta succedendo?» Sbraita Manuel.

«Ok, mamma, ciao, anch'io ti voglio bene.» Chiudo la telefonata e rificco il cellulare in tasca. «Che ci fai qui?»

«Mi avevi detto di aspettarti in camera ma non venivi più, così sono scesa a cercarti.»

«Sì... perdonami. Mi aveva chiamato mia madre e sono voluto uscire per parlare con lei.»

Lei corruga la fronte. «Ah... Vabbè, cosa dovevi dirmi?»

«Io?»

Lei spinge il mento in avanti. «Sì, tu. Pensavo mi volessi parlare del giornalista.»

Ah, è vero.

«Beh, sì, proprio di questo. Come ti è venuto in mente di farlo conoscere a tuo padre?»

Incassa la testa nelle spalle. «Gli avevo promesso che avrei messo una buona parola per fargli fare un'intervista.»

Non so perché ma la sua risposta mi manda su tutte le furie.

«Ma non capisci che a lui dell'intervista a tuo padre non gliene fregava niente? A lui interessa tutt'altro!» Sbraito.

Clio mi guarda con gli occhi sgranati. «Beh... scusa. Non credevo che potesse darti così fastidio.»

«Ma se per tutto il tempo non ha fatto altro che stuzzicarti!»

«Io...» Si zittisce e abbassa lo sguardo.

Porca miseria, ma cosa mi prende?

«Scusa.» Calmo il tono di voce e le accarezzo un braccio per tutta la lunghezza. «Scusami, davvero. Non so cosa mi sia preso. Tu stavi solo mantenendo una promessa. Non hai fatto niente di male. Scusa.» Passo le dita sul suo mento e poso la mano sulla sua guancia.

Lei mi guarda seria e schiude la bocca, quel particolare stato d'animo che mi scuote mi lascia paralizzato a fissarla, con il pollice seguo il suo labbro inferiore e alzo lo sguardo in quegli occhi scuri come due chicchi di caffè. «Di cosa stavamo parlando?»

Sorride. «Non lo so... ma avrei preferito attenderti nella mia stanza.»

Non riesco a resistere e mi avvicino per darle un bacio. «Hai un sapore delizioso.»

Si stacca e si guarda attorno. «Mio padre può vederci.»

Mi guardo attorno anch'io e la prendo per mano. «Allora andiamo dove nessuno può disturbarci.» Faccio strada dentro e casa e fino alla nostra stanza al piano di sopra. Spero che nessuno abbia niente da ridire se ci appartiamo a quest'ora. In fondo siamo novelli sposi...

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