Capitolo 22

Kalpana...

Per quale motivo credevo che stare un certo periodo soli potesse migliorare il nostro rapporto?

Le tre ragazze inglesi sono sedute sul divano di fronte a me, nella carrozza salotto, mentre si passano i cellulari per mostrarsi le foto che hanno fatto finora lungo questo viaggio, come se ognuna di loro avesse fatto un viaggio diverso rispetto alle altre e avessero fotografato luoghi che le altre non hanno a loro volta visitato. Anch'io ero così stupida a diciotto anni?

Chiudo il libro e sospiro, mi sto rendendo conto di aver sbagliato a intrappolare Eros in questo matrimonio. Non si può forzare una persona ad amarti, certe cose devono avvenire da sole. I sentimenti vanno coltivati con libertà, senza aspettarsi nulla dall'altro ma alimentando il rapporto un po' alla volta, con il tempo e le azioni, seguendo il proprio cuore.

Mia madre ha fatto tanto per darmi la possibilità di sposarmi con un uomo che amo, e poi?

Scuoto la testa e mi alzo, credo che la cosa migliore che possa fare sarebbe quella di far cessare prima questo anno di cui mi ha parlato Eros. Non so che tipo di accordo ha fatto con mio padre, ma non me la sento di tenerlo ancora ancorato a me, è evidente che non mi ama e non mi amerà mai.

Il treno viaggia lento lungo la ferrovia, lascia la possibilità ai turisti di osservare il paesaggio che attraversa con tutta calma. Mi avvicino al finestrino, gli alberi disseminati lungo la nostra tratta scorrono davanti ai miei occhi come spettri immobili, nemmeno il paesaggio mi è di qualche conforto.

Abbasso lo sguardo sul libro che ho in mano, sto usando la brochure del viaggio come segnalibro. La estraggo e la apro, vediamo dove siamo a cenare questa sera. Oh, wow, in mezzo al deserto.

La porta alle mie spalle scorre e si apre, da sopra la spalla do un'occhiata all'entrata. Il signor Barani entra nella carrozza, si guarda attorno e posa lo sguardo su di me.

Mi sorride e si avvicina. «Che deliziosa sorpresa trovarla qui da sola.»

Mi costringo a sorridergli, anche se non ho molta voglia di compagnia. «La ringrazio.»

Si guarda attorno. «Suo marito?»

«No... non è qui. Era andato in cabina dopo pranzo per riposarsi un po'...»

L'espressione di Valerio lascia intendere quello che dirà, ma la porta della carrozza si riapre alle sue spalle e lo interrompe.

Eros entra nella carrozza in compagnia di Claudio Rispoli. «Sono d'accordo, non si sa mai quello che hanno nella testa finché non è troppo tardi.» Scoppia a ridere, seguito dal suo amico.

«Purtroppo ne so qualcosa, ma non voglio annoiarti.»

«Non ti preoccupare.» Gli dà una pacca sul braccio. «So benissimo che arriviamo da due mondi completamente diversi.»

Di cosa stanno parlando?

Claudio alza gli occhi e mi sorride. «Oh, l'abbiamo trovata.»

Eros sposta uno sguardo sorpreso su di me. «Già...»

I suoi occhi scuri mi danno una scossa nel petto, ma la consapevolezza che non si tratta di quello che vorrei mi lascia un brutto sapore. Sono sicura che sia solo sorpreso di trovarmi qui, forse credeva che fossi da sola nella nostra cabina, di certo non è la mia persona a causargli turbamento. Ormai ho perso le speranze.

Claudio posa il gomito sulla spalla di Valerio. «Bene, adesso che l'abbiamo trovata possiamo anche tornare a farci gli affari nostri.» Con il pollice indica il suo amico. «Eros, spero di lasciarti in buone mani.»

«Come no.»

Non capisco se la sua risposta è seria o meno, l'altro ridacchia, ma il tono che ha usato era serio.

Claudio e Valerio mi rivolgono un ultimo sorriso e si allontanano come se avessero il diavolo alle calcagna, soprattutto Claudio.

«Sembra che non ami molto la mia compagnia, ogni volta che mi vede scappa.»

«Non è una cosa personale, tranquilla. Purtroppo il nostro amico è solo vittima della malignità di una donna.»

«In che senso?»

Distoglie lo sguardo da lui e lo posa su di me come se mi stesse parlando del tempo. «Questo per lui doveva essere il viaggio di nozze, ma lei lo ha lasciato sull'altare.»

«Oh...» Torno a guardare il punto in cui è uscito dalla nostra vista.

«Purtroppo capisco perfettamente quanto possa essere difficile per lui riprendersi dopo una batosta simile.»

Lo può capire... Eppure la cosa che mi ferisce di più non sono tanto le sue parole ma il suo atteggiamento mentre mi dice queste cose. Come se fosse normale.

«Vogliamo andare?»

Mi riprendo dalle mie elucubrazioni. «Cosa?»

Mi sta guardando come se cercasse di leggermi nel pensiero. «Stasera mangeremo tra le dune del deserto, non so te ma io vorrei mettermi qualcosa di più adatto. Vuoi venire vestita così?» Indica il mio vestito lungo fino alle ginocchia e la scollatura a v.

«Hai ragione.» Annuisco.

Mi segue fino alla nostra carrozza, mi cammina dietro a pochi centimetri di distanza. Avverto il suo umore, è lo stesso da quando siamo partiti. Astioso. Soprattutto nei miei confronti.

E non posso dargli torto

Entro nella nostra cabina e lascio la porta aperta, lui entra dietro di me e la richiude. «Volevo chiederti una cosa, Clio, se posso.»

Questa è nuova. «Dimmi.»

«Ieri, quando siamo tornati dalla visita a Forte Mehrangarh e dopo il tour a piedi del Old Clock Tower Market stavi parlando al telefono con qualcuno su un bambino... Con chi stavi parlando?»

«Ah... con Teja. Le avevo dato l'incarico di informarsi circa gli sviluppi del figlio di un mercante in città.»

«Perché?»

«Perché ha un bruttissimo tumore al viso ma il padre non ha i mezzi per farlo curare.»

Mi fissa come se fosse irritato da qualcosa, si volta e apre l'anta del suo armadio. «È lo stesso mercante dal quale hai comprato tutti quei vestiti per i quali Pooja fece tanto baccano?»

Non credevo che avesse capito. «Sì... è quello.»

Annuisce e si china per rovistare tra i suoi vestiti, prende una camicia a maniche corte e un paio di pantaloncini corti e li appende all'anta, con un gesto secco si toglie la maglietta e rimane a torso nudo.

Alla vista dei suoi muscoli ho un sussulto, apro l'anta e distolgo lo sguardo da lui. Non capisco come sia possibile che più mi stia diventando familiare e meno riesco a controllarmi.

I suoi pantaloni cadono a terra e li calcia per allontanarli.

Oddio...

Con mani tremanti scorro i pochi indumenti appesi... prendo la mia gonna pantaloni e il body dello stesso colore e li appendo all'anta. Afferro l'orlo del mio vestito ma mi fermo. No, forse è meglio se vado a vestirmi in bagno.

Afferro i miei vestiti e attraverso la cabina, mi sforzo di non voltarmi verso di lui. So che è ancora nudo dietro l'anta, sembra che lo faccia apposta.

Il treno rallenta e piano piano si ferma. Entro nel bagno e sbircio fuori dal finestrino. Una distesa di sabbia si presenta di fronte a me, a circa dieci metri dal treno si erge una grande tenda bianca, tipo un gazebo, con delle balle di fieno a formare un quadrato piuttosto grande. Alcuni uomini scendono dal treno e si avvicinano portando sulle loro teste dei tavoli di legno e delle tovaglie bianche. Sistemano alcune tovaglie sopra le balle di fieno e davanti a esse collocano i tavoli.

Ho capito, stanno allestendo una sorta di grande tavolata dove mangeremo tutti insieme.

Ok, è meglio che mi sbrighi a vestirmi...

***

Nell'angolo più lontano della lunga tavolata hanno allestito un barbecue, due cuochi sono intenti a rigirare la carne sul fuoco con un lungo arnese, molte persone sono già sedute a conversare mentre un cameriere si aggira per versare da bere a chi lo richiede. Un morbido profumo di carne arrostita e verdure sta avvolgendo ogni cosa attorno a noi.

Un leggero languorino inizia a farsi sentire.

Affondo il sandalo nella sabbia e avanzo verso la tavolata, due danzatrici del ventre sono ferme in un angolo, stanno parlando entrambe con Valerio. Chissà per quale motivo si volta proprio in questo momento e mi gratifica di una lunga occhiata.

Sto per salutarlo ma Eros appare al mio fianco. «Vogliamo scegliere il posto più vicino al barbecue?»

Oh...

«Perché?»

«Così verremo serviti prima di tutti.» Mi sorride, e mi si forma un nodo alla bocca dello stomaco.

«Ma così verremo anche maggiormente inondati dal fumo della brace.»

Lui stringe le labbra. «Hai ragione, non ci avevo pensato.» Mi prende per mano e lancia un'occhiataccia in direzione di Valerio, che torna a conversare con le danzatrici del ventre.

Ho capito, sta soltanto rivendicando il suo territorio...

Ci dirigiamo verso un angolo vicino al barbecue e ci sediamo. Il sole ha già colorato l'orizzonte di un bellissimo arancio caldo, ma Eros sembra più interessato alle mie gambe coperte dai pantaloni e con le dita ne segue il contorno. «Bella questa gonna, ma non è un po' troppo lunga?»

È la prima volta che mi fa un complimento su come mi sono vestita. Non so cosa pensare.

«No-n è una gonna.» Balbetto.

Corruga la fronte per un attimo. «Come no?»

«È una gonna pantaloni.» Allargo le gambe e gli mostro la cucitura al centro che le divide.

Lui resta a bocca aperta, i suoi occhi si assottigliano di colpo e si guarda attorno come alla ricerca di qualcuno, alza una mano per richiamare il cameriere e si fa servire un bicchiere di vino. Lo beve tutto in un sorso e se ne fa versare un altro, che però lascia intatto sul tavolo.

Non capisco.

Attorno a noi la lunga tavolata a ferro di cavallo si riempie e il personale del treno inizia a servirci le varie pietanze preparate. Una musica indiana ci fa compagnia e le danzatrici del ventre iniziano a ballare al centro.

I loro movimenti sinuosi catturano lo sguardo di tutti gli uomini, e anche delle donne. Le tre ragazzine inglesi sono sedute poco lontane da noi e, pur rimanendo sedute, provano a imitare le movenze delle ballerine muovendo i fianchi sulla balla di fieno.

Osservo il mio piatto ancora pieno della carne che mi hanno servito, non l'ho nemmeno toccato. Eros invece sembra gustare con appetito questa cena.

«Non hai fame?» Borbotta con la bocca piena.

Scuoto la testa. «Non tanto.»

Lui non si scompone e continua a mangiare.

Una ballerina viene a danzare proprio davanti a noi. Si muove sinuosa con una tecnica perfetta. Le ginocchia piegate di pochissimo, le braccia allargate come se dovesse indirizzare un getto d'acqua dalla testa fino alla punta delle dita. Incastonata nell'ombelico ha una pietra luccicante, con varie sfumature di viola, come la veste che indossa.

Eros si sofferma a guardarla con un certo interesse, non fa niente per mascherarlo. Lei attrae la sua attenzione con un fluido movimento delle dita, in modo che lui alzi lo sguardo sui suoi occhi, e rotea l'indice come a indicargli "a dopo".

Cosa?

Eros si pulisce la bocca e beve un lungo sorso di vino, questa gli sorride e si allontana per ballare davanti agli altri commensali vicino a noi.

«Devo andare in bagno.» Eros si alza dalla balla di fieno e si dirige verso il treno, aiutato da un sentiero fatto da torce conficcate nella sabbia. Sparisce dentro la carrozza e mi guardo attorno, sola in mezzo alla gente.

Il mio piatto è ancora intatto, il bicchiere vuoto, non ho toccato niente.

Non ho più voglia di continuare questa vacanza, non voglio stare con un uomo che non mi ama. Sto cominciando a pensare che potrei benissimo porre fine a questa forzatura, niente mi vieta di andare da mio padre e dirgli che è stato tutto un errore. So che ci rimarrebbe davvero male, ma forse capirà. E forse solo in questo modo Eros potrebbe tornare a sorridere come quando l'ho conosciuto. Non l'ho più visto rilassato o divertito come alla nostra prima festa.

Ha perso l'allegria per colpa mia.

Mi alzo dalla balla di fieno, la scavalco e faccio qualche passo per allontanarmi, affondando i piedi nella sabbia fresca della sera. Mi porto un po' fuori dalla portata di tutti, ho bisogno di stare alcuni minuti da sola. Non posso tornare sul treno, se incontro Eros e mi chiede perché non sono più a tavola non saprei cosa rispondergli.

«Signora Sansoni.»

Mi volto al suono del mio nome e Valerio si avvicina con in mano un paio di bicchieri e una bottiglietta di spumante.

«Signor Barani... cosa ci fa qui?» Lancio un'occhiata alle sue spalle, non vorrei che Eros ci vedesse.

Anche lui lancia un'occhiata sopra la spalla. «Stia tranquilla, suo marito l'ho visto abbastanza allegro quando è salito sul treno, ho l'impressione che starà assente per diversi minuti.»

«Come fa a dirlo?»

«L'ho sentito rispondere al telefono e pronunciare la parola mamma. Se la sua è come la mia, e come la maggioranza delle mamme italiane, non finirà di parlare con lei tanto presto.»

Non so perché ma questa informazione mi alleggerisce, posso stare tranquilla per alcuni minuti senza il suo sguardo colpevole.

«La ringrazio.»

Mi allunga uno dei bicchieri e lo riempie con la piccola bottiglia di champagne. «L'ho comprata oggi nella carrozza bar.»

La mia mano si alza in automatico per prenderlo ma riesco a fermarmi in tempo. «La ringrazio, ma io─»

«Avanti, non mi dica che non può bere in mia compagnia.» Mi sospinge il bicchiere fra le mani. «È pur sempre una vacanza, e l'ho vista divertirsi pochissime volte in questi giorni.»

In effetti ha ragione, non ricordo un solo momento di questo viaggio in cui mi sono divertita davvero.

Afferro il bicchiere che mi porge e ne bevo un sorso. Buono. «Grazie.»

Ne versa anche nel suo bicchiere e ne beve un bel po'. «Siete una coppia strana, lei e suo marito. Non sembra che siate sposati da poco.»

«Che vuol dire?»

«Beh... di solito i novelli sposi stanno sempre appiccicati, cercano costantemente un contatto fisico, anche minimo. Voi due sembra che vi scansiate.»

Mi sta facendo innervosire. «Non sono affari suoi.»

Sgrana gli occhi. «No, davvero mi scusi. Non volevo immischiarmi in cose che non mi riguardano. Dico solo che sono del parere che un uomo come suo marito non si rende conto della fortuna che ha...» Si porta il bicchiere alle labbra e mi osserva dal bordo. «Non può capire come mi piange il cuore vederla sempre seria e preoccupata quando dovrebbe ridere.»

I suoi occhi sono ipnotici, il suo sguardo felino mi sta catturando, non potrebbe essere più evidente la sua intenzione di sedurmi. Eros aveva ragione.

Oltre le spalle di Valerio intravedo Eros avvicinarsi al nostro posto alla lunga tavolata, si ferma e si guarda attorno alla mia ricerca. Mi intercetta e il suo sguardo si affila di colpo.

Distolgo lo sguardo da lui e sorrido a Valerio. «È sempre confortante per una donna sapere che esistono ancora uomini che riescono a capirle solo con uno sguardo.»

Si volta da sopra la spalla e segue la direzione in cui guardavo prima. «Ah, è tornato.» Mi sorride. «E sembra alquanto irritato da noi due.» Con nonchalance fa scontrare i nostri bicchieri. «Alla salute.»

«Non teme di provocare qualche reazione indesiderata?»

Lui beve. «E cosa potrebbe fare, venire qui e darmi un pugno davanti a tutti? Stiamo solo parlando.»

Non so cosa pensare.

Valerio mi dà una piccola spinta sulla spalla. «Andiamo, ho capito benissimo che suo marito ha solo bisogno di sbloccarsi. Lei deve farlo ingelosire.»

Sono confusa. «Cosa?»

Lancia un'altra occhiata veloce a Eros e si avvicina. «Non conosco i vostri problemi, ma si vede che vi volete bene. Tutti e due. Sono un giornalista, accorgermi di certi dettagli è il mio lavoro.»

Come vorrei che avesse ragione. «Lei dice?»

«Ne sono fermamente convinto. Come lo sono del fatto che suo marito pensa che le sto facendo la corte.»

Stiro le labbra in un sorrisetto. «E non è vero?»

Lui alza lo sguardo e aspira dal naso. «Come potrei dirle che la sua bellezza mi è del tutto indifferente? Ma sarei uno stupido a continuare a corteggiare una donna sposata innamorata di suo marito.»

Mi si sta annebbiando la vista, mi sta venendo voglia di piangere. «È così evidente?»

«Come il sole di giorno.»

Questo rigira il coltello nella piaga, se è così evidente non posso credere che Eros non se ne sia accorto. O forse non gliene frega niente. L'unica cosa che mi conviene fare appena torniamo a casa è sciogliere questo matrimonio.

Alzo lo sguardo su di lui e gli sorrido. «Ha ragione, sono troppo giovane per non godere di questo bellissimo viaggio.» E faccio scontrare il mio bicchiere col suo.

«Così si parla!»

La musica alle sue spalla sta suonando a un volume sempre più forte, molte persone si sono alzate e stanno ballando al centro del ferro di cavallo, sotto il grande tendone.

«La festa si sta scatenando senza di noi.»

Valerio si volta e restiamo a osservare insieme le persone che ballano. «Le danzatrici del ventre stanno facendo un grande successo, non trova?»

In un angolo della tenda le tre ragazzine inglesi stanno cercando di imitare le movenze di una delle ballerine, che si presta a insegnar loro il movimento del bacino. Una delle ragazze si abbassa sulle ginocchia e allarga le braccia, ma scoppia a ridere e si rifugia dietro le altre, che continuano a muovere la pancia avanti e indietro con scarso risultato.

«La danza del ventre non è così difficile come sembra, ci vuole solo un po' di pratica.» Faccio girare il liquido nel mio bicchiere e ne bevo un po'.

«No, non parlavo di quella.» Valerio mi indica all'angolo opposto a quello dove ci sono le tre inglesi. «Parlavo di quella danzatrice del ventre.»

In piedi sopra a una balla di fieno, Eros sta ballando a stretto contatto con l'altra danzatrice. Tiene le mani lungo i fianchi e si avvicina con il bacino a lei.

Sgrano gli occhi e resto a bocca aperta... ditemi che non è vero.

Valerio si avvicina al mio orecchio. «Secondo me dovrebbe andare lì e far vedere a suo marito di cosa è capace.»

«E cosa dovrei fare, secondo lei?»

Fa un broncio approssimativo. «Mettersi a ballare in mezzo alla gente. Attirerà di certo l'attenzione degli altri uomini.»

La danzatrice del ventre si appoggia all'indietro verso Eros, che sembra molto contento di attaccarsi alla sua schiena muovendo il bacino a ritmo di musica. E se cadessero da quella balla di fieno? E se fossi io a farli cadere?

Lascio il mio bicchiere in mano a Valerio e mi avvicino a loro con passo deciso. Cosa crede, che io non sappia ballare la danza del ventre?

Mi posiziono al centro del ferro di cavallo, mi sciolgo i capelli, li arruffo per sembrare più sexy e piego le ginocchia, allargo i piedi e inizio a ondeggiare da un piede all'altro. Il mio bacino segue il movimento delle mie ginocchia, le braccia mi aiutano a rendere il movimento più sensuale, ogni gesto è un richiamo.

Un ragazzo con una camicia hawaiana e il bindi tra le sopracciglia mi si avvicina e inizia a ballare attorno a me. «Credevo che le ballerine del ventre fossero solo due.»

Non è brutto, anche se non è il mio tipo. Sorrido e continuo a ballare assieme a lui, che non si limita a ballarmi accanto ma si avvicina fino a sfiorare il mio bacino con i suoi pantaloni.

«Forse dovrebbero assumere anche te, se quasi più brava delle altre due.»

«Esagerato.» Mi inchino all'indietro fino ad arcuare la schiena in un arco perfetto continuando a muovere le spalle, a testa in giù riesco a vedere Eros dietro di me, si è fermato e mi sta guardando irritato. Bene.

Torno diritta e il tipo di prima posa una mano su un mio fianco. «Quali altri tipi di danze conosci?» Mi sfiata in faccia un alito che sa di vino.

Non faccio in tempo ad allontanarmi da lui che qualcuno mi afferra per il braccio e mi strattona all'indietro. Eros mi trascina fuori dal perimetro della tenda e verso il treno, percorrendo il viottolo fatto con le torce.

Gli arranco dietro tra la sabbia. «Ma che fai?»

«Adesso basta!»

Monta sulla carrozza più vicina continuando a tenermi per mano, mi costringe a salire con lui.

«Si può sapere che ti è preso?» Mi manca il fiato a furia di corrergli dietro.

Ma non si degna di rispondermi, attraversiamo due carrozze, entra nella nostra cabina, richiude la porta alle mie spalle e mi spinge contro la parete. Si volta di scatto e mi fronteggia, gli occhi scintillanti di collera. «Non mi renderai cornuto una seconda volta, hai capito?»

Resto immobile e sbatto le palpebre. «Cosa?»

Si avvicina, facendomi aderire con le spalle al pannello di legno. «Non permetterò che mia moglie mi renda cornuto, non un'altra volta!»

Il suo alito caldo e pesante sa di vino. «Sei ubriaco.»

Il suo sguardo è febbricitante, gi occhi umidi, la fronte sudata. Si scosta di scatto e mi dà le spalle. «Non sono ubriaco!» Si mette le mani nei capelli e torna a fissarmi. «Mi spieghi cosa diavolo stavi facendo?»

«Io... stavo solo... ballando...»

«E lo chiami ballare, quello? Quel tipo ti stava palpando davanti a tutti!» Si passa di nuovo le mani tra i capelli. «Vuoi farmi imbestialire?»

Non riesco a capire, il suo sguardo è sconvolto, il suo viso una maschera di irritazione e... Aspetta un attimo. «Perché, scusa, tu cosa stavi facendo?»

Chiude le labbra e un lieve movimento delle sopracciglia mi fa intendere che ha capito cosa intendo. «A cosa ti riferisci?»

«Sopra quella balla di fieno, con quella danzatrice. Cosa stavi facendo?»

Corruga la fronte e apre la bocca per rispondere. «Io...»

Lo sorpasso e mi dirigo davanti al finestrino, appoggio le mani sullo schienale della sedia e rivolgo lo sguardo nel buio della notte. «Non ha importanza.» Bisbiglio.

Si avvicina. «Che cosa hai detto?»

Mi volto da sopra la spalla verso di lui ma non ho abbastanza coraggio per guardarlo in faccia. «Ho detto che non ha importanza. Hai ragione. Su tutto...» Torno a guardare il nero della notte.

Fa un altro passo verso di me. «Su tutto cosa?»

«Su... sul fatto di averti intrappolato... in questo matrimonio.» Il suo riflesso sul vetro lo mostra a fissarmi con la fronte aggrottata.

Resta in uno strano silenzio. Mi azzardo a sbirciarlo, il suo sguardo è tagliente, la fronte è solcata da una lunga ruga di irritazione, ma il suo sguardo è colmo di confusione. «E allora?»

Riabbasso lo sguardo. «Ho deciso che... si può anche chiudere qui.»

«Che vuoi dire?»

Deglutisco. «Appena torneremo a casa dirò a mio padre che il matrimonio si può sciogliere anche adesso. Non dovrai più sentirti ingabbiato in un matrimonio che non vuoi.» Sbatto le palpebre per impedirmi di piangere. «Con una donna che non ami.» Sussurro.

«E lo hai deciso adesso?»

Annuisco. «Sono io che ti ho ingabbiato e tocca a me liberarti.»

Ispira dal naso a lungo e si avvicina ancora. «No.»

La sua faccia sembra una maschera di irritazione. «Cosa vuol dire no?»

Arriva a un centimetro da me. «Non puoi prendere un'altra decisione che mi riguarda senza consultarmi.»

Cosa sta dicendo?

«Ma io pensavo che...» Non so come continuare.

«Hai pensato male.» Di colpo posa entrambe le mani sui miei fianchi e mi bacia.

È come se il cuore scoppiasse nel petto, come se mi desse un'iniezione di adrenalina.

Pura, calda sensazione di benessere che solo lui poteva regalarmi.

Stringe le mani sulla mia pelle, come se volesse possedermi, e la sua lingua gioca a qualcosa che mi fa bagnare. Mi sto struggendo.

Alzo le mani sul suo petto, sopra la camicia di lino, tasto quei muscoli sodi che mi fanno fremere. Il bacio sta prosciugando tutte le mie energie e al tempo stesso mi sta ricaricando. Brividi di caldo mi percorrono, scosse di adrenalina si disperdono nel basso ventre. Il punto in cui mi tocca sta prendendo fuoco.

Io sto prendendo fuoco.

Riesco a staccarmi per prendere aria, anche il suo respiro è affannato.

«Ti voglio, Clio.» Sussurra, la voce rauca. «Ho bisogno di te.» Deglutisce e torna a baciarmi.

Mi sembra di toccare il cielo con un dito.

Infila le dita nell'elastico dei miei pantaloni e li allarga, di colpo li abbassa per scoprirmi le natiche, mi afferra e mi alza di peso. Con un unico movimento mi trasporta sul letto e si sdraia su di me. «Ti voglio... non puoi immaginare quanto, Clio.»

Il mio nome pronunciato da lui in un momento come questo mi manda fuori di testa. Il suo appello mi fa sentire liquida tra le sue mani.

«Anch'io ho bisogno di te.»

Lui si stacca e mi guarda negli occhi, come se non riuscisse a credere a quello che ho detto. Questa volta non distolgo lo sguardo.

È vero, Eros, ho bisogno di te.

Afferra di nuovo l'elastico dei miei pantaloni e me li sfila, me li fa passare dai piedi e li lancia contro la sedia dietro di sé. Passa le mani sulle mie cosce e sale fino alla pancia.

«Sei così bella...»

Sono senza fiato. Chiudo gli occhi e inclino la testa all'indietro. Lui si stacca da me e si toglie la camicia, i pantaloni e mi fissa.

Il suo sguardo è un fuoco che mi ustiona, il suo corpo sembra scolpito nella roccia.

Le sue mani sono di nuovo su di me e con un gesto fulmineo mi sbottona il body. Come ha fatto? Afferra il bordo, alzo le braccia e me lo fa passare dalla testa, lo lancia all'indietro senza badare a dove va a finire.

E riprende a baciarmi.

Sto prendendo fuoco. Sono un corpo di lava incandescente. Mi sto liquefacendo tra le sue mani.

Non capisco come sia possibile ma all'improvviso mi ritrovo senza reggiseno, e le sue mani che titillano i miei capezzoli con i pollici, tutto senza staccarsi dalle mie labbra.

Assaporo con le dita la pelle liscia della sua schiena, seguo i contorni dei suoi muscoli. Sono in estasi.

Scende con le mani fino ai miei slip e me li abbassa. Lo aiuto per togliermeli e si toglie anche le mutande. Si appoggia con i gomiti sul materasso, ai lati della mia testa, e mi guarda. «Voglio che tu sia mia moglie in ogni senso.» Afferra la mia coscia ed entra dentro di me.

Mi bacia strizzando gli occhi, si tira indietro e affonda del tutto, ho un sussulto.

Non credevo che potesse essere così bello...

Godo di un piacere mai sperimentato prima, chiudo gli occhi e mi concentro sul suo movimento. Pensavo che la prima volta sarebbe stato più doloroso, invece è tutto perfetto.

Muove il bacino con un movimento lento e costante, come una danza del ventre, ma più intima. La sua espressione assorta, la bocca aperta e il respiro affannato mi eccitano. Anche lui sta godendo, ne sono certa.

Avvolgo le braccia attorno alle sue spalle, lui mi afferra per la vita e mi alza dal materasso, rimanendo dentro di me, si inginocchia e mi ritrovo a cavalcioni su di lui. Le sue spinte mi costringono a muovermi, a fare leva sui polpacci.

La sua pelle si ricopre di un velo di sudore, la sua fronte è imperlata da tante piccole goccioline. Mi scosta e mi guarda in faccia, la bocca vicinissima alla mia.

«Sei fantastica... mi fai impazzire.» Mi afferra il labbro con i denti e tira, senza farmi male. Un brivido di eccitazione mi attraversa dalla punta dei capelli al mignolino del piede. Lascia la presa e mi stuzzica con la lingua. «Questa volta... nessuno verrà a... interromperci.»

Scuoto la testa, lacrime di sollievo mi bagnano le guance. «No.» Cinguetto.

Lui corruga la fronte e rallenta. «Perché piangi?»

Scuoto la testa. «Perché sono felice, Eros.»

Lui sorride e accelera. Chiude gli occhi e mi ributta sul materasso. «Oddio...» Geme.

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