Capitolo 17

Kalpana...

Un suono ripetitivo e ritmico mi sveglia, qualcuno sta bussando alla porta della mia stanza. Mugolo e strizzo le palpebre, non ho voglia di svegliarmi. Ieri notte ho dormito pochissimo. Ma purtroppo chiunque sia continua a bussare, insistente.

«Sì... sì. Sono sveglia...» Biascico.

Uno sbadiglio poderoso mi fa emettere suoni inarticolati e mi stiro sotto le lenzuola, mi sento gli occhi come se mi avessero dato due cazzotti.

Tornano a bussare.

«Ok... mi alzo.»

Sbadiglio un'altra volta, mi alzo e barcollo fino alla porta. Mamma mia, che sonno! La apro e il classico sorriso contenuto di Teja mi accoglie.

«Teja!» Senza pensarci mi getto su di lei e la abbraccio.

Lei mi dà leggere pacche sulle spalle. «Anche a me fa piacere rivederti, Kalpana. Come è andato il viaggio?»

Mi stacco e le sorrido. «Abbastanza bene, grazie. Come sta tua sorella?»

Fa spallucce. «Va avanti.» Guarda alle mie spalle. «Tuo marito noto che non ha dormito qui con te

Lo stomaco mi sta sprofondando nella pancia. «Ehm... non so... ieri sera era uscito con papà e non so dove poi abbia dormito... Forse ha anche bevuto e─»

«Io so dove, è per questo che sono qui.» Mi fa cenno di seguirla e si volta, ma subito si blocca e mi guarda da sopra la spalla. «Però è meglio se prima ti metti qualcosa addosso

Ancora stravolta dal sonno abbasso lo sguardo sul mio corpo e sgrano gli occhi, indosso ancora la camicia da notte di ieri sera.

Mi infilo la vestaglia e la stringo attorno al collo, scendo i gradini di marmo per andare in giardino. Un lieve russare arriva dalla mia destra. Incuriosita, mi avvicino alla fonte del rumore, mi inoltro tra gli alberi fino all'amaca. Eros sta dormendo, supino, ancora vestito di tutto punto tranne che per una scarpa che gli pende dalla punta del piede e un'altra che giace a terra. Ha la camicia tutta spiegazzata e i capelli arruffati. Mi fa tenerezza.

Poso una mano sulla sua spalla e lo scuoto, lui mugola nel sonno ma non si sveglia.

Qualcuno si avvicina alle mie spalle, Teja si ferma a pochi metri da me. «Stavo venendo da te quando ho sentito qualcuno russare e mi sono accorta che era lui. Cos'ha fatto, avete litigato? O ieri sera ha alzato il gomito e non si è accorto dove si è addormentato?»

Temo entrambe le cose... ma faccio finta di niente. «Non so cosa dirti.»

Torno a scuotergli una spalla, lui si volta di scatto su un fianco, ma il movimento è troppo brusco per l'amaca, che si ribalta e lo scaraventa a terra.

«Oddio!»

Emette un lamento sofferente. «Cristo, cosa cazzo è successo?» biascica.

«Stai bene?» Mi chino su di lui e lo prendo per le spalle. «Sei caduto dall'amaca, ti sei fatto male?»

Stringe le palpebre e sbuffa di dolore, portandosi una mano al fondoschiena. «Di certo stavo meglio prima.» Si volta verso di me e si blocca.

Mi fissa con una strana espressione. Le sue pupille si spostano in modo nervoso lungo ogni angolo del mio viso, si soffermano sugli occhi e si abbassano sulle labbra. Lì si ferma più di quanto mi sarei mai aspettata.

E basta questo semplice gesto per desiderare di baciarlo di nuovo. Di sentire il suo sapore sulla lingua, aspirare il suo odore maschile e inebriante. Mi sembra di sentire il peso del suo corpo vigoroso gravare sul mio, mi sembra di sentirlo riscaldarmi la pelle con la sua. Che mi fa viaggiare in un mondo dove sono stata una sola volta... E che vorrei tanto visitare di nuovo.

Abbasso anch'io lo sguardo sulle sue labbra, ma un colpo di tosse alle mie spalle mi ricorda della presenza di Teja dietro di me.

«Tutto bene, Kalpana?»

«Sì.» Mi rialzo, Eros mi segue con lo sguardo. Guarda alle mie spalle, fissa Teja corrugando la fronte e rotea gli occhi. Non capisco la sua reazione. Allungo una mano verso di lui. «Vieni, ti aiuto ad alzarti.» Sussurro.

Lui ignora la mia mano e si alza. «Non ho bisogno del tuo aiuto.» Mi sorpassa, cammina accanto a Teja e si rifugia in casa.

Non riesco nemmeno a sostenere lo sguardo sbalordito con cui mi sta guardando lei.

Stringo i denti e seguo Eros in casa. Sta salendo gli ultimi scalini, in direzione della nostra camera da letto.

Non mi ha nemmeno salutata, non so nemmeno se addormentarsi sull'amaca sia stato voluto o no. Ma ho idea di sì, dato il vago sapore di alcol che ho sentito ieri notte nella sua bocca.

Il ricordo di quel bacio riesce a farmi stare ancora peggio. Non era voluto, era solo ubriaco.

«Oh, Kalpana, buongiorno.» Pooja appare in cima alle scale. «Mi fa piacere vedere che sei già in piedi.» Dà un'occhiata confusa alla porta della mia stanza, che Eros sbatte, e inizia a scendere le scale. Mi sorride. «Mi fa piacere che vuoi andare a comprare qualche veste più adatta per stare qui in India

Le sue parole mi riportano alla realtà. «Cosa?»

Arriva in fondo e si ferma di fronte a me. «Ma noto che non sei ancora vestita.» Con la testa indica in cima alle scale in direzione della mia camera da letto. «Tutto bene?» Il suo sorrisetto trionfante mi dà sui nervi.

«Sì, tutto bene. Grazie per l'interessamento.» Salgo le scale e mi rifugio nella mia stanza.

Lo scroscio della doccia mi indica subito dove si trova Eros. Prendo un sospiro di incoraggiamento e apro l'armadio, sarà meglio che mi vesta ed esca insieme a Pooja, così non dovrò affrontarlo un'altra volta.

Mi metto un paio di pantaloni neri, una maglia traforata a maniche corte. Voglio avvolgere i capelli con un foulard colorato. Ne prendo uno sull'azzurro. Forse con questo darò meno nell'occhio. In fondo Pooja ha ragione, ho pochissime vesti indiane, ma se devo stare qui è bene che mi compri qualcosa.

L'acqua della doccia viene chiusa, lo sportello di vetro viene fatto scorrere e i piedi di Eros si posano sul pavimento del bagno. Mi ritrovo a fissare la porta, immobile e con il cuore a mille. Afferro il foulard con entrambe le mani e lo torco tra le dita. Forse è la volta buona che riesco ad affrontarlo e a dirgli tutto quello che penso.

La porta del bagno si apre e lui esce, avvolto in un accappatoio, con il cappuccio si asciuga i capelli, strofinando con energia.

Si volta verso di me e si blocca con le mani in testa. «Che stai facendo?»

Resto a bocca aperta. Stringo le labbra e deglutisco. «Perché hai alzato gli occhi al cielo appena hai visto Teja?»

Corruga la fronte. «Chi sarebbe Teja, quella vecchia che era in giardino alle tue spalle?»

«Sì... è un sorta di governante personale.»

Sbuffa divertito e apre il suo armadio. «Il tuo paparino ti ha pure messo una dama di compagnia in Italia?»

Ma come si permette?

«Non mi ha messo una dama di compagnia. Teja si è offerta perché aveva estremo bisogno di un lavoro dato che sua sorella è malata e ha bisogno di cure costose. È con me da cinque anni.»

Mi lancia un'occhiata con l'angolo dell'occhio e prende un paio di pantaloni e una maglietta che getta sul letto. «È per questo che durante la festa in cui ci siamo conosciuti ti spiava come un segugio?»

Abbasso lo sguardo. «Beh... diciamo che ha dei modi di fare un po' bizzarri. Ma è fatta così.»

Chiude l'armadio e si avvicina al letto. «Ed è perché ha questi modi di fare bizzarri che confabulava spesso con Hiresh durante quella festa?»

«Confabulava con Hiresh? Che stai dicendo?»

«Appena l'ho vista, prima in giardino, ho avuto subito l'impressione di conoscerla, ma non mi ricordavo dove l'avevo vista. E poi mi è tornata in mente che durante la festa l'ho vista spesso parlottare con tuo cugino con fare cospiratorio.» Si siede sul letto. «Io comunque dovrei vestirmi.»

È davvero strano che stesse parlando con Hiresh come dice lui, forse si sta sbagliando. Però potrebbe essere una spiegazione a perché mi spingeva sempre a sposare Hiresh anche se non lo amo.

«Perché dici che parlavano con fare cospiratorio?»

Sbuffa. «Perché appena si accorgevano che li guardavo smettevano e mi guardavano storto. Adesso posso vestirmi?»

«Ma perché ti dovevano guarda─»

«La vuoi finire?» Si alza di scatto e si lascia cadere l'accappatoio dalle spalle, rimanendo nudo di fronte a me.

Meravigliosamente nudo.

Resto a bocca aperta a fissare tutti quei muscoli scolpiti e la sua mascolinità in bella mostra. «Ma...»

«Dato che tu hai deliberatamente attentato ai miei nervi ultimamente, più di una volta, dico che posso fare la stessa cosa.» Fa un passo verso di me, lo sguardo ardente fisso nel mio. Quegli occhi mi bruciano. «Così forse capisci come mi sento quando ti metti in mostra sapendo che non voglio avere niente a che fare con te.»

Il cuore mi sprofonda nello stomaco. Lui si volta e prende a vestirsi, come se io non fossi lì nella stanza con lui.

Mi avvolgo il foulard attorno alla testa mentre lui si china per mettersi le mutande e i pantaloni. Quel culo liscio e scultoreo si sta prendendo gioco di me. Digrigno i denti, mi volto ed esco dalla stanza.

Che razza di maleducato. Scendo le scale e il suo corpo nudo è ancora davanti ai miei occhi... che screanzato!

Pooja è in cucina a sorseggiare un bicchiere di latte, mentre la governante sta girando un cucchiaio di legno dentro un grosso pentolone sul fuoco che gorgoglia. La cucina è pregna dell'odore forte del curry e del pepe.

«Oh, Kalpana, sei pronta, finalmente.» Scola il bicchiere, lo lascia sul tavolo e si alza. «Vogliamo andare?»

Ah, giusto... i vestiti. Imito un sorriso e la seguo fino alla macchina di mio padre. Harshal è fermo di fronte allo sportello posteriore ad attenderci. Si affretta a farci un breve inchino e ad aprirci lo sportello.

Usciamo con cautela dal cancello principale e attraversiamo la strada che conduce fuori dalle proprietà di mio padre. Sulla mia destra c'è il cancello che delimita la proprietà di Hiresh, quella che un tempo era dello zio che non ho mai avuto la fortuna di conoscere. Non so nemmeno come si chiamava.

Riesco a dargli una sbirciata tra le grate

La macchina si inoltra nelle strade del centro cittadino, viene sommersa dal resto dei mezzi e dei motorini riversi per strada. Il caos che si avverte qui è incredibile, non sembra di essere nello stesso paese in cui risiede la villa di papà, con la pace e la tranquillità che vi regnano attorno.

Mi volto di scatto verso Pooja. «Ma papà oggi non ha bisogno della macchina?»

Pooja non stacca nemmeno lo sguardo dal finestrino. «So che oggi avrebbe ricevuto la visita del contabile, lo avrebbe ricevuto a casa e non sarebbe andato alla piantagione

Beh, almeno si è degnata di rispondermi.

***

Il signor Gundarm liscia la seta rosa che mi sta mostrando. «Questo è la migliore che ho, e credo che con i suoi colori si sposi bene

Passo le dita sopra il bordo decorato. «È davvero molto bella!»

«La provi, signorina.» Me l'allunga.

Pooja si avvicina. «Signora, la nostra Kalpana ormai è sposata

Gundarm si profonde in un sorriso ancora più largo. «Complimenti, auguri.»

Gli sorrido. «Grazie.»

Un oggetto che cade nel retro della bottega attrae la mia attenzione, la tenda che divide il negozio dalla stanza nascosta viene alzata da una mano rugosa e tremante, appare una donna di circa settant'anni, un velo rosa sbiadito le copre i capelli bianchi. I suoi occhi sono pieni di dolore, e li punta sul signor Gundarm. Lui la guarda confuso, annuisce e si volta verso di me. «Vogliate scusarmi.»

«Certo...»

«Voi, intanto, guardate pure la mia merce. Con permesso.» Fa un inchino e sparisce oltre la tenda insieme alla donna.

Il pianto di un bambino mi raggiunge, singhiozzante e balbettante. Sarà il figlio? Biascica qualcosa ma è come se le sue parole fossero impedite da qualcuno che gli tappa la bocca.

Scioccata mi volto verso Pooja, a due passi di distanza intenta a osservare una stoffa dorata. Mi rivolge uno sguardo altrettanto confuso, fa spallucce e torna a esaminare la stoffa che ha tra le mani.

Il bambino continua a piangere a squarciagola, il signor Gundarm gli intima di fare silenzio che ha dei clienti.

Mi guardo attorno, Pooja ha preso un'altra stoffa con ricami verdi, la gente fuori continua a passeggiare e a parlare, nessuno sente questo bambino che piange disperato. Oppure non gli importa.

Lascio perdere le stoffe e mi avvicino alla tenda. Una nenia infantile viene ripetuta a bassa voce per aiutare il bimbo a smettere di piangere. Faccio un attimo a pugni con la mia curiosità, ma alla fine lei ha la meglio e alzo la tenda.

Seduta a terra su un cuscino, la donna sta cullando un bambino di circa tre anni, di fronte a lei, a coprire la sua figura, il signor Gundarm è chino sul bambino, che continua a piangere disperato.

Infilo la testa nella stanza. «Tutto a posto?»

Entrambi si voltano verso di me, il signor Gundarm si sposta quel tanto che basta per permettermi di vedere il bambino in faccia. Per un attimo ho una reazione tra la sorpresa e il disgusto, la guancia destra di quel bambino è gonfia come una palla da calcio, come se avesse una seconda testa attaccata alla sua. Un tumore?

Il signor Gundarm mi raggiunge. «La prego, signora, non venga da questa parte, mio figlio purtroppo è malato e a volte ha dolore. Mia madre mi aiuta ma non può fare più di tanto

Lo sorpasso e mi avvicino al piccolo, che non ha smesso un attimo di piangere, ha la faccia rossa come se stesse per esplodere. La vecchia mi guarda da sotto in su, intimorita, continuando a cullare il bimbo.

Mi chino davanti a lei e allungo le mani per prendere il bambino. «Posso?»

Con lo sguardo chiede il permesso al figlio, che annuisce, e me lo passa. Lo prendo fra le braccia e lo cullo, dandogli leggere pacche sul sederino. Cerco di non fissare il gonfiore incredibile sulla guancia.

Lui smette di piangere, respira a singhiozzo e apre i suoi occhi scuri e colmi di lacrime. Mi guarda tra le lacrime trattenute, incuriosito e forse confortato da due braccia sconosciute.

«Sua madre dov'è?»

Il signor Gundarm si china vicino a me. «Mia moglie è morta dandolo alla luce

Mi si stringe il cuore.

***

Harshal riparte e si tuffa in mezzo al traffico, Pooja sbuffa dal naso per l'ennesima volta. «Non puoi capire cosa hai combinato.»

«Perché, cosa ho combinato?»

«Non era il caso che comprassi tutti quei vestiti e che donassi anche soldi in più. Per quale motivo?»

«Per aiutare quel povero bambino

Rotea gli occhi e torna a guardare fuori dal finestrino. «Hai speso un sacco di soldi per un bambino che non conosci nemmeno. E hai pure promesso che tornerai a far loro visita.» Scuote la testa contrariata.

«Come potevo rimanere indifferente? A noi non mancherà niente lo stesso, e forse quel bambino sarà finalmente curato come si deve

Alza gli occhi al cielo. «Non puoi capire. Non puoi salvare tutti i bambini malati

«Almeno ne avrò aiutato uno.»

Mi rivolge uno sguardo adirato. «E quando si verrà a sapere cosa farai, aiuterai tutti i genitori con bambini malati che verranno a bussare alla nostra porta?»

Accidenti.

«Non ci avevo pensato

«Esatto, dovresti pensare di più prima di fare certe cose. Sei troppo istintiva. Soprattutto perché non sono soldi tuoi.»

Adesso sono confusa. «I soldi di papà sono anche soldi miei

«Non sono soldi tuoi, sono soldi di tutti, anche delle tue sorelle

Resto inebetita. «Beh... alle mie sorelle non mancherà niente lo stesso

«E tu che ne sai?» Sbotta, inviperita.

Sono confusa. «Perché dici così?»

Lei stringe le labbra e aspira dal naso, assume un atteggiamento stoico da prima donna. «Non ti sei chiesta perché il nostro vecchio autista non lavora più con noi e abbiamo anche licenziato la nostra ex governante insieme alla cuoca?»

È vero, mi sono dimenticata di chiedere a mio padre che fine avesse fatto Nand, è rimasto solo Harshal.

«Ci sono dei problemi con la piantagione?»

Lei distoglie lo sguardo e si morde le labbra, sembra pentita di essersi lasciata sfuggire troppe cose. «Parlane con tuo padre, se vorrà dirtelo

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