Capitolo 16
Eros...
Il guardiano della piantagione corre ad aprire il cancello a me e al signor Narayan, e subito si inchina mentre gli passiamo davanti.
«In realtà ho le chiavi, ma altrimenti a lui cosa lo pago a fare?» Il signor Narayan mi sorride e mi fa cenno di seguirlo dentro.
Alle spalle del guardiano appare Hiresh, come sempre vestito elegante e il portamento da signore.
«Bentornati, vi stavo aspettando.»
«Oh, è vero... per un attimo mi ero dimenticato che eri qui ad attenderci.» Narayan si mette al suo fianco e si volta verso di me. «Hiresh mi ha raccontato del vostro piccolo screzio di questa mattina e mi ha pregato di dargli la possibilità di scusarsi con lei, signor Sansoni.»
Questa è bella. «La prego, signor Narayan, mi chiami pure Eros.»
«Come vuole.»
«E... signor Narayan, accetto le sue scuse, capisco che il mio arrivo abbia determinato dei cambiamenti a cui lei non aveva pensato e che ciò può aver causato motivo di irritazione.»
Lui mi guarda spaesato. «La ringrazio. Mi coglie di sorpresa.»
Sorrido, tanto ho già capito che tipo sei, è inutile che fingi. «Anzi, dato che il signor Narayan si fida di lei e ha detto che ha mandato avanti questa piantagione con ottimi risultati sono certo che saprà consigliarmi bene, in vista di quando dovrò essere io a mandare avanti la piantagione.»
Il suo sguardo diventa di colpo gelido. «Ha ragione... potrei consigliarla.»
Narayan mette una mano sulla mia spalla e l'altra su quella di Hiresh. «Bene, adesso che eventuali controversie sono appianate, vogliamo continuare con la visita?»
Gli sorrido. «Volentieri.»
«Benissimo!» Si stacca e si avvicina alle piante di caffè. «Eros, si è chiesto lo scopo delle foglie secche e del sottobosco raccolte in mezzo alle file di piante?»
Lo raggiungo in cima a una delle file. «No... sinceramente non ne ho avuto il tempo.»
«Questo gruppo di foglie secche, rametti e cose varie, aiuta il terreno a mantenere una temperatura più bassa soprattutto durante la stagione più calda, quando le temperature possono danneggiare il raccolto e far evaporare l'acqua e il nutrimento dal terreno.»
«Ah... interessante.»
«È la stessa ragione per cui vengono piantate alberi di platano o di banano a intervalli regolari lungo la piantagione.»
«Anche loro aiutano a mantenere l'acqua nel terreno?»
Hiresh si affianca di colpo a me. «E anche a fare ombra.»
Annuisco. «Giusto.»
Narayan mi indica un grappolo di ciliegie verdi scure aggrappate ai rami delle piante. «La raccolta delle ciliegie parte verso metà novembre.»
«Ciliegie?»
Hiresh ridacchia. «Questo è come si presenta il caffè alla raccolta. Pensavo che in Italia si sapesse.»
«Non ci sono piantagioni di caffè in Italia.» Mi stringo nelle spalle, mamma mia com'è spocchioso.
Narayan gesticola, come a sminuire i nostri battibecchi. «Durante questo periodo di inattività, le nostre risorse si basano tutte sulla vendita del raccolto precedente.» Mi sorride. «Che non è poco.»
Osservo la vastità del campo di fronte a me, non posso che annuire. «Non mi è difficile crederlo.»
«Entrambi abbiamo un uomo di fiducia che si occupa della vendita delle nostre scorte di caffè. Hiresh me lo ha proposto, e devo ammettere che mi ha sollevato da un lavoro al quale mi dedicavo mal volentieri.»
Annuisco. «Una sorta di contabile.»
«Esattamente. La prego, Eros, mi segua.» Senza attendermi, Narayan si inoltra tra due file di piante, camminando sopra il mucchio di erbacce al centro.
Non ho nessuna voglia di rimanere da solo una seconda volta con questo pallone inamidato e lo seguo.
«A proposito.» Narayan mi sorride appena lo raggiungo. «Stasera sarei felice di invitarla a cena fuori, solo noi uomini. Ogni tanto serve, non trova?» Ridacchia. Credo che la discussione che ha avuto con sua moglie sia ancora accesa e voglia starle lontano.
«A patto che la smetta di darmi del lei e mi dà del tu.»
Sorride. «Va benissimo. Ti do il permesso di chiamarmi per nome. Ma dato la natura della nostra conoscenza temo di non poterti dare la stessa libertà che mi hai appena dato tu.»
«Non c'è nessun problema, Aditi.»
Lui sorride e annuisce, compiaciuto.
Hiresh ci raggiunge. «A proposito di affari, molto probabilmente domani─»
«Credo che sia arrivato il momento di smettere di parlare di affari.» Aditi lo interrompe e si volta. «Stasera sei con noi, Hiresh?» Da sopra la spalla gli lancia uno sguardo penetrante.
Per un attimo riconosco lo stesso sguardo di Clio, quando eravamo sulla spiaggia. Mmh... forse serve più a me che a lui una serata lontano dalla moglie.
***
L'ingresso di casa Narayan è deserto e silenzioso, solo alcune lampadine con luce tenue appese alla parete aiutano a orientarci nel buio della notte, a quest'ora sono già tutti a letto. Tutti tranne me e Aditi. Darika ci ha aperto reggendo una candela, come se fossimo in un vecchio film storico, ed è tornata subito a letto dietro il comando di Aditi, che non voleva essere accudito come un bambino... anche se forse ne avrebbe bisogno. Quel cavolo di Mauhua è davvero forte. È stato difficile riuscire a berne un bicchiere.
Mi è venuto caldo...
Lui sparisce nel buio in cima alle scale, e io mi aggrappo al corrimano. Me ne è bastato uno di quel distillato per farmi girare la testa.
Che serata! Aditi è un uomo che fuori dall'ambiente di lavoro è un tipo alla mano, solo che quando è ubriaco non si rende conto di quello che dice. Per tutta la sera ha fatto un miscuglio tra italiano e lingua indi... non ho capito nemmeno la metà di quello che ha detto.
Mi viene da ridere.
Alzo il piede e lo metto sul primo gradino... Clio starà già dormendo? Spero di sì. Ci mancherebbe che mi assalisse con la sua femminilità quando sono ridotto così... sarebbe un colpo troppo basso anche per lei. Ma forse manco se ne renderebbe conto.
Questa scala maestosa ondeggia un po'... ma non sono ubriaco. Sono solo un po' brillo.
Nascondo un'altra risatina dietro la mano e continuo a salire. Spero di non fare troppo rumore e svegliare qualcuno.
Arrivo davanti alla porta della nostra camera da letto e prendo un grosso respiro, spero che stia dormendo.
La apro e la intravedo subito, dietro le tende del baldacchino, coricata su un fianco. Il suo respiro lento e regolare mi tranquillizza all'istante. La stanza è pregna del suo profumo dolce.
Non si è messa sotto le lenzuola, ha solo spostato tutti quei cuscini e si è coricata senza coprirsi. Ha una strana veste nera... mi avvicino al letto e scanso la tenda.
Oh, cazzo!
Il cuore mi dà una strana scossa appena riesco a vederla in tutto il suo splendore. Quella strana veste nera che indossa non è altro che una camicia da notte trasparente e impalpabile, con uno spacco vertiginoso che le parte dal fianco e le lascia scoperta l'intera gamba. Con la leggera luce della luna riesco a intravedere quella pelle di seta, è come se riuscissi ad assaporarne la morbidezza con le mani. Il suo torace si alza e si abbassa al ritmo del suo respiro, come il suo seno, appena velato da quella sottile stoffa scura. Un fremito mi fa muovere il mio amichetto nei pantaloni. I capezzoli sporgono insistenti, come due chicchi di caffè maturi e tostati. Ho una sfrenata voglia di raccoglierne uno con il pollice e l'indice e strizzarlo tra le dita. Voglio sentirla gemere sotto le mie mani come quell'unica volta che l'ho stretta addosso a me. Quell'unica volta che ho sentito il suo sapore.
Ho il respiro pesante, il sangue sta pompando più veloce. Ho i muscoli tesi al massimo.
Tutti i muscoli.
Deglutisco e mi tolgo le scarpe calciandole via con la punta dei piedi. Metto un ginocchio sul materasso e mi fermo. Il suo viso è al buio, ma riesco a intravedere lo stesso quegli occhi chiusi nel sonno come due sorrisi in un prato di pelle di seta. Quelle lunghe ciglia nere abbassate, quelle labbra rilassate e socchiuse, come quando ha goduto sotto il mio assalto erotico alle sue parti più intime.
Mi tolgo di scatto la maglietta e rimango a torso nudo. D'un tratto l'effetto di quel distillato è evaporato dalle mie vene, sento solo il testosterone che urla, che mi supplica di dargli un po' di tregua.
Mi chino e mi sdraio accanto a lei, adesso il suo viso è proprio davanti al mio. Mi avvicino e il suo respiro accarezza la mia pelle, il suo profumo sembra una pozione d'amore che mi rende schiavo.
Poso una mano sul suo fianco e la accarezzo sopra quel sottile strato di stoffa nera. La sua pelle è liscia come la ricordavo, calda come quella sera. Invitante come un banchetto proibito...
Le stringo un fianco e mugola nel sonno. Questo suono mi dà alla testa.
Mi avvicino ancora un po' e scivolo con la mano fino al suo seno. Cristo!
Chiudo gli occhi e assaporo la sensazione del suo capezzolo che mi punge il palmo, mentre affondo le dita nella sua carne morbida.
All'improvviso le sue labbra sono sulle mie, mi bacia e mi infila la lingua in bocca.
Un momento... è sveglia?
Mi stacco da lei di scatto e la fisso nel buio. I suoi occhi sono spalancati, la sua bocca è socchiusa e sorpresa. Come la mia.
«No...» Sbuffo.
Mi stacco da lei e in un balzo sono di nuovo in piedi. Recupero la mia maglietta e me la infilo di fretta e furia. Cosa diavolo stavo facendo? Ritrovo le mie scarpe e me le infilo senza nemmeno badare alla linguetta che si piega all'indietro, premendomi il collo del piede. Meglio, un lieve dolore mi aiuterà ad allontanarmi da lei. Faccio un passo verso la porta ma la sua voce affannata mi blocca.
«Eros... ti prego.»
Mi volto a guardarla, si è tirata su con il busto, il suo viso è esposto ai raggi della luna e quegli occhi scuri mi fissano intensi, umidi. Sono due enormi laghi scuri in cui mi perdo.
Ma no... cosa sto facendo? Non posso andare avanti.
Mi scuoto di dosso la voglia di affondare dentro di lei ed esco dalla stanza.
Il silenzio e l'oscurità della casa mi inghiottono.
Scendo le scale ed esco di casa senza rendermene conto. Mi ritrovo a vagare lungo la strada che porta alla piantagione. Forse perché è l'unica strada che conosco fuori da quella casa.
Gli occhi di Clio che mi guardano tristi mentre mi supplica di rimanere mi attanagliano la mente. Questa immagine mi sta devastando, sembrava così sincera. Credevo che stesse dormendo e invece stava fingendo, solo per irretirmi con quella cosa che si era messa addosso.
Cazzo se è bella...
Ma era la sua ennesima finzione, e sto cominciando a stufarmi di questa storia, non posso più dormire nello stesso letto con lei. È solo capace di mentire, ho capito che farebbe di tutto per avere la piantagione di suo padre senza Hiresh tra i piedi. Beh... non che non comprenda la sua reticenza a sposare un uomo simile, ma ha giocato con la mia vita, e non glielo perdonerò mai.
Intanto sono già arrivato a poche decine di metri dalla fine della strada, alzo lo sguardo e corrugo la fronte. Strano, c'è una luce accesa nella casupola del guardiano della piantagione. Strano che sia ancora sveglio a quest'ora. A meno che non ci sia qualcosa che non va e sta cercando di mettersi in contatto con Aditi. È un problema data la sua repellenza verso i cellulari.
Affretto il passo e mi avvicino alla casupola, la facciata con la finestra aperta dà proprio sulla strada. Forse se mi affaccio posso avvertirlo che ci sono io e che posso aiutarlo se c'è qualche problema. Sempre che riesca a farmi capire da lui, io non so una parola della sua lingua e non mi sembra che lui sappia l'Italiano. C'è una Passat parcheggiata davanti al cancello... ma di chi è? Non credo che il guardiano possa permettersi una macchina simile. È ben tenuta, pulita...
Mi avvicino alla finestra e mi aggrappo al cornicione per poter vedere dentro.
C'è un uomo che non ho mai visto con un turbante azzurro e degli strani baffi a punta, tipo Salvador Dalì, che sta parlando con... con Hiresh? Ma che ci fanno qui? Parlano in lingua Indi, non capisco una parola di quello che dicono, ma qualcosa mi suggerisce che è meglio non farmi vedere da loro. Mi abbasso finché posso per non perderli di vista e cerco di capire cosa stanno facendo. Hiresh è intento in un discorso accorato, sorride al suo ospite che annuisce e si liscia un baffo. Da terra, prende una borsa di cuoio e la posa sul tavolo al centro. Il suo ospite tira il cordoncino che la chiude e ne estrae una mazzetta di soldi. Che cosa? Annuisce con un sorriso affilato, rimette dentro la mazzetta e richiude la borsa.
Continuano a parlare tra loro, si stringono la mano, il tizio prende la borsa ed entrambi si avvicinano alla porta per uscire dalla casupola. Sembrano aver concluso un accordo.
Mi stacco dalla finestra e mi nascondo in fondo al piazzale, dietro a un cespuglio. Non credo mi vedranno qui dietro.
Il cancello si apre e i due escono. In silenzio salgono in macchina, il baffino al lato di guida, e se ne vanno, lasciando un polverone dietro di loro che li nasconde. Al cancello appare il guardiano che lo richiude e sparisce dietro la casupola.
Questa storia non mi piace, sembra che Hiresh abbia appena pagato quel tipo per qualcosa di illegale. Voglio capirci di più, ma non credo che andare da lui e chiedergli cosa ci facesse con quel tizio in piena notte dentro la piantagione di Aditi sia una buona idea. E poi perché dentro la piantagione di Aditi?
Uno sbadiglio mi sorprende, direi che è giunto il momento di andare a dormire. Sono sicuro che Clio si sarà addormentata, e a me è passata la sbronza, non rischio più di gettarmi su di lei come un cane in calore.
Eppure, appena ho sentito che stava rispondendo alle mie avances, mi sono sentito per un attimo rinvigorito. Appena prima di rendermi conto di quello che stavo facendo... Scuoto la testa e proseguo per la strada a ritroso; ero brillo, è normale che mi sia lasciato andare. Non succederà più, questo è poco ma sicuro.
Intanto mi godo la pace che c'è in questa campagna, guidato dalla luce della luna che mi guarda pallida da lassù.
È incredibile che tutto questo sia di proprietà di Aditi. Nel campo adiacente alla villa c'è un cantiere, sembra una villa in costruzione simile a quella di Aditi stesso. Non ci avevo fatto caso prima di adesso.
Raggiungo il cancello e attraverso quello per i pedoni, sempre aperto. Delle telecamere a infrarossi sono puntate su di me. Chissà se ha un hard disk in cui mantiene le registrazioni o direttamente un server.
Mi avvicino all'entrata e ridacchio, Aditi è anche un uomo di mente aperta ma non ce lo vedo così elettronico da giostrarsi con certi apparecchi; usa sempre il telefono fisso e aborre il cellulare.
Entro in casa e salgo di nuovo le scale, di fronte alla porta della mia stanza mi blocco: una lama di luce traspare in basso. Non ci posso credere, Clio è sveglia!
Scuoto la testa, non me la sento di affrontarla. Cazzo, mi sono ritrovato con un suo seno nella mano e la sua lingua in bocca, se ha ancora addosso quella sottoveste finirà male.
Senza pensarci scendo di nuovo dabbasso ed esco in giardino. Sonno ne ho poco, ma dovrei riposarmi, se non voglio sembrare uno zombie domattina.
Seguo un viottolo fatto di sassi e trovo l'amaca sulla quale ho visto Clio leggere un libro. Saggio la tela spingendola verso il basso con una mano, sembra resistente. Con cautela mi stendo su di essa. Non sarò comodo come su un letto,ma almeno posso coricarmi senza la presenza stuzzicante di Clio accanto a me. E poi è una notte calda e calma, si sta bene qua fuori.
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