Capitolo 15
Kalpana...
Eros sparisce dentro casa e dalla mia vista. Non ne posso più del suo atteggiamento, ma... ha ragione. Non posso dire che sbaglia a comportarsi così nei miei confronti perché non sarebbe vero. E a quanto pare non ho nessuna chance di farmi perdonare da lui.
Il mio cellulare in lontananza inizia a squillare. Accidenti, l'ho lasciato per terra vicino all'amaca. Torno indietro con una corsa e lo afferro. «Pronto?»
«Tesoro mio, come stai?»
Abbasso le spalle dal sollievo. «Susanna, che piacere sentirti!»
«Anche a me manchi, tesoro. Che stai facendo?»
Sbuffo e mi arrampico di nuovo sull'amaca. «Quello che ultimamente mi riesce meglio: rimproverarmi.»
Lei ridacchia. «Stai ancora combattendo con tuo marito?»
Sentirlo definire mio marito mi fa strano, non ci sono abituata. «Beh... sì. Sembra proprio intenzionato a odiarmi in eterno.»
La sua voce continua a essere divertita anche a distanza. «Sono certa che cambierà idea.»
«Ma come? Per lui è come se non esistessi! Non mi guarda nemmeno, si rivolge sempre male, continua a lanciarmi frecciatine velenose ogni volta che ne ha la possibilità. E il brutto è che ha ragione...» Mi metto a sedere in equilibrio sulla rete che oscilla a ogni movimento e incrocio le gambe. «L'ho ingannato, e adesso si ritrova intrappolato in un matrimonio che non voleva.»
Susanna sospira in modo grave. «A volte mi chiedo se sei davvero figlia di tua madre.»
«Cosa c'entra mia madre, adesso?»
«Lei avrebbe fatto di tutto per farsi perdonare da lui, non si sarebbe mai arresa.»
«Ma io non è che mi sono arresa, è che non so dove sbattere la testa.»
Ridacchia. «Mi sembra di capire che la mia sorpresa per la prima notte di nozze che ti ho messo nella valigia non l'hai usata.»
«Quale sorpresa?»
«Quella camicia da notte nera. Non posso credere che non te ne sei accorta.»
«Scusa, ma papà ha fatto disfare le nostre valigie dalla sua governante e ha messo tutto nell'armadio, non ho potuto vederla.»
«Allora devi affilarti le unghie e iniziare a prenderlo per la gola, cara. Sono certa che non durerà tanto prima di cadere ai tuoi piedi. A quel punto non potrà che perdonarti.»
«Tu dici?»
Sospira d'esasperazione. «Non ha importanza quello che dice e come si comporta, io ho visto come ti guardava durante la festa e come ti guardava durante il matrimonio, quando pensava che tu non lo vedessi. E, credimi, quello non è lo sguardo di una persona totalmente indifferente alla tua bellezza!»
Mi stendo all'indietro e alzo gli occhi al cielo. «Sì, ma io non voglio accalappiarlo solo per la mia bellezza.»
«E non accadrà.»
Allungo un braccio e mi spingo contro il tronco dell'albero alla mia sinistra. «E come lo sai?»
«Perché ti conosco, a Eros basterà avvicinarsi un po' di più a te per capire con chi ha a che fare, e che non sei solo un bell'involucro.»
«Ma se non mi vuole nemmeno parlare!»
«Una cosa alla volta, Clio.»
La fa tanto facile...
***
Entro in camera, diretta al mio armadio. Sono proprio curiosa di vedere questa camicia da notte.
Un movimento proveniente dal letto mi blocca a metà strada tra la porta e l'anta. Sotto le lenzuola, possente come una scultura, Eros sta dormendo. I suoi pantaloni e le sue scarpe giacciono a terra, insieme ai cuscini rotondi che stanno dalla sua parte del letto. Il suo braccio muscoloso appare dal lenzuolo, rilassato sul suo fianco. Mi avvicino, incuriosita da quell'intrico di muscoli che so essere duri come la roccia e lo osservo dormire nel sonno. I suoi pettorali si alzano e si abbassano a un ritmo regolare, un ciuffo di peli neri e riccioluti adorna il suo petto. Con la mano sinistra stringe uno dei miei cuscini rotondi.
Con un flash mentale rivivo il momento in cui ha afferrato il mio seno nel mio angolo privato dell'università e lo ha stretto con la mano, come sta facendo con quel cuscino. Un brivido di eccitazione mi attraversa, il respiro si fa pesante.
Faccio un passo indietro e inciampo su uno dei cuscini rotondi e perdo l'equilibrio. Allungo una mano per istinto e afferro il lenzuolo, portandolo con me; cado a terra con un bel tonfo e atterro sul fondoschiena. Ah, che male!
Eros si sveglia di soprassalto, si alza a metà e si volta. Oddio, sotto al lenzuolo non aveva niente. Il suo corpo nudo torreggia su di me, ogni suo muscolo è teso, e gonfio, e...
«Che diavolo stai facendo?» Biascica, irritato. Segue il mio sguardo verso le sue parti intime, spalanca la bocca e si copre con le mani. «Insomma, si può sapere cosa stai facendo?»
Indico l'armadio. «Ero venuta per...» Deglutisco.
Lui grugnisce, si mette a sedere e strappa il lenzuolo dal materasso, col quale si avvolge il corpo. «Non dirmi che non hai mai visto un uomo nudo.» Sbraita incollerito. Rotea gli occhi. «Ah, già... è probabile che sia così.»
«S-scusa... non volevo svegliarti.»
Si alza di scatto. «Non ti basta tenermi sveglio la notte, adesso non mi permetti nemmeno di dormire di giorno?» Si volta e si fionda in bagno, sbattendo la porta.
Non lo faccio dormire la notte? Che cosa voleva dire?
***
Prendo l'ultima forchettata di riso e lo porto alla bocca. Alzo lo sguardo su mio padre, dalla parte opposta del tavolo. Di solito sia lui che Pooja sono due gran chiacchieroni, oggi c'è un silenzio di tomba. Pure Eros, accanto a me, ha l'aria smarrita.
Tipta e Surya mangiano in silenzio, come perfette donnine, solo Yashira si azzarda a chinarsi verso di me. «Mamma e papà hanno litigato.» Sussurra in lingua indi.
Continuo a masticare e mi assicuro che non l'abbiano sentita. Continuano a mangiare come se non avesse detto niente.
Mi chino anch'io verso di lei. «Perché?»
Si avvicina al mio orecchio. «Stamani mamma lo ha chiamato perché Darika era di nuovo in giardino a farsi gli affari suoi e non la sentiva, così si è arrabbiata.» Sghignazza. «E lui si è arrabbiato perché è dovuto correre qui dalla piantagione senza motivo.»
Darika appare in sala da pranzo portando un vassoio con del pollo tika. Si china vicino a mio padre e gli versa una porzione, lui non la ringrazia. Lei non fa una piega e serve Pooja, passa a me e a Eros, e alle mie sorelle. Tutto in un silenzio imbarazzante.
Eros si avvicina al mio orecchio. «Ma cosa è successo?»
Un balzo del cuore mi fa andare il boccone di traverso, di tutto mi aspettavo tranne che mi facesse una domanda simile. Inizio a tossire e lui mi colpisce la schiena per aiutarmi a respirare.
«Ehi... bevi.» Mi versa un po' d'acqua e mi avvicina il bicchiere.
Ne bevo un bel sorso e alzo gli occhi, mi stanno guardando tutti.
«Figlia mia, tutto bene?» Mio padre resta immobile con le posate sospese sul piatto.
Do altri due colpi di tosse e mi calmo. «Sì, tutto bene, grazie.»
Riprendono a mangiare, tranne Eros, ancora immobile a guardarmi. Mi pulisco la bocca e mi chino verso di lui. «Te lo dico dopo.»
Annuisce e riprende a mangiare.
Si porta una forchettata di pollo alla bocca e mastica, si lecca le labbra pulendosi una goccia di salsa che gli stava per cadere sul mento.
Quella lingua rossa e carnosa lascia una scia umida sulla sua pelle... i denti candidi fanno capolino mentre ci passa la lingua sopra. Quella stessa lingua con la quale è riuscito a donarmi un piacere mai sperimentato prima. Quella stessa lingua che è passata sopra la parte più intima del mio corpo...
Deglutisco. Ho la bocca secca.
Papà fa sentire un colpo di tosse. «Signor Sansoni, mi dispiace che stamani la nostra visita alla piantagione sia stata interrotta così bruscamente.» Finisce di masticare il suo boccone e ingoia. «Mi piacerebbe continuarla oggi pomeriggio, appena le va bene.»
«Anche subito, signor Narayan.»
Lui annuisce. «Molto bene, allora. Ci prenderemo il digestivo e torneremo alla piantagione.»
Eros annuisce e riprende a mangiare. Di sottecchi mi lancia un'occhiata curiosa che mi fa salire un calore insopportabile alle guance. Distolgo lo sguardo da lui e finisco il mio pollo. Lo stavo fissando senza accorgermene.
«Kalpana, mi chiedevo se domani mattina ti andava di venire in città con me.»
La richiesta di Pooja mi coglie di sorpresa. «Davvero?»
«Certo.» Prende un pezzo di naan e ci fa la scarpetta. «So che al mercato, nel negozio del signor Gundarm, c'è sempre un tessuto nuovo per una nuova veste. Sono sicura che potremmo trovare qualcosa che ti sta bene.»
«Certo. Ti ringrazio.»
«D'altronde sei stata così tanto tempo dall'altra parte del mondo che hai adottato troppo bene i loro costumi e dimenticato quelli di qui, se ti guardi un po' attorno potre─»
«Pooja!» Papà le lancia un'occhitaccia, lo sguardo granitico.
«Che c'è?» Lei rimane bocca aperta e l'espressione ingenua. «Non ho mica detto qualcosa di sbagliato.»
«Non imparerai mai...» Papà si pulisce la bocca e si alza da tavola. «La aspetto in salotto, signor Sansoni, quando vorrà andare di nuovo alla piantagione mi troverà lì.»
Eros annuisce, a disagio. «Va bene...»
Papà esce dalla sala, lasciando dietro di sé un silenzio gelido.
Pooja finisce di mangiare grattando il suo piatto con un pezzo di naan, come se le avesse fatto qualcosa di male. Yashira mi sorride e lancia in alto le sopracciglia, divertita dallo screzio tra i suoi genitori. Le uniche che non si sono accorte di niente sono Sury e Tipta.
Eros si pulisce la bocca e si alza a sua volta. «Credo che raggiungerò il signor Narayan in salotto.»
Pooja alza la testa di scatto. «Non aspettate il dolce?»
«La ringrazio, signora, ma sono a posto così.»
Lei lo fissa per alcuni istanti, delusa, annuisce e torna a prestare attenzione al suo piatto.
C'è qualcosa che non mi convince nel suo comportamento.
***
Afferro la camicia da notte con il pollice e l'indice, come se avessi paura di strapparla, e la ammiro alla luce della finestra, sbalordita. E lei la chiama camicia da notte? È trasparente al massimo, se lo indosso mi si vedrà tutto!
Qualcuno bussa alla porta e il cuore mi balza in gola. Appallottolo la camicia tra le mani e mi volto. «Chi è?»
«Sono io... posso entrare?»
Alla risposta di Yashira tiro un sospiro di sollievo. «Sì, vieni, entra.»
Scivola dentro in punta di piedi e si richiude subito la porta alle spalle. «Se mi vede mamma mi sgrida.» Si avvicina con il suo sorriso birichino. «Dovrei essere in camera mia a studiare, ma non ho voglia.» Si siede sul letto e dondola le gambe come una bimba piccola. «Che stai facendo?»
Forse ho fatto male a farla entrare.
Lancio un'occhiata veloce alla stoffa appallottolata che ho tra le mani e mi avvicino all'armadio. «Niente... stavo sistemando un po' i miei vestiti.»
Apro l'anta ma lei lo indica. «Cos'hai in mano?»
«Oh, questo... niente. Una camicia da notte.»
«Sembra carina, fai vedere.» Salta giù dal letto e mi raggiunge.
«Ma no, non ti preoccupare...» La allontano dalla sua portata.
«Avanti!» Lei si allunga per prenderla dalle mie mani.
Faccio per lanciarla nell'armadio ma lei me la toglie di mano e la apre davanti a sé. La fissa a bocca aperta. «In Italia avete una strana concezione di camicie da notte.»
«Sì, beh... è un regalo.» Allungo il braccio per riprenderla ma mi schiva.
«Aspetta, fammela vedere.» Si allontana e si avvicina alla finestra. «Accidenti, è completamente trasparente, con questa Eros ti salterà addosso!»
Con un gesto repentino gliela strappo di mano, la appallottolo di nuovo, e la getto nell'armadio. «Sei ancora troppo piccola per queste cose.»
Mi fissa offesa e piega gli angoli della bocca all'ingiù. «Credevo che con me non avessi certi segreti.»
«Beh... adesso è diverso.» Chiudo l'armadio e vado verso il letto. «Adesso sono una donna sposata e─»
«E com'è? Emozionante come dicono? Come lo raccontano i film in tv?»
«Sì... più o meno.»
Unisce le mani come se pregasse e si getta a sedere sul letto. «Dai, racconta, come vi siete conosciuti?»
Roteo gli occhi, non posso evitare di parlarle di queste cose.
Sospiro e mi siedo accanto a lei. «A una festa.»
«Dai, racconta!»
Sorrido. «Cosa vuoi sapere?»
«Come vi siete conosciuti, da quanto, se vi siete piaciuti subito... tutto, insomma.»
«Beh... sì... diciamo che ci siamo piaciuti subito. Direi.»
«Che vuol dire direi?»
«Che...» Mi stringo nelle spalle. «Non posso sapere cosa ha pensato di me la prima volta che mi ha vista.»
«Ma ti avrà detto qualcosa in tutto questo tempo, no?»
«Sì... che sono di straordinaria bellezza!»
«Ah, aspetta!» Salta giù dal letto e in un attimo è alla porta, la apre e osserva a destra e a sinistra lungo il corridoio. «Aspettami qui, torno subito.» Sparisce dalla mia stanza, i suoi passi attraversano il corridoio fino alla sua.
Oddio, e adesso cosa ha in mente?
Torna indietro, dà due colpi veloci alla porta e rientra, in mano ha una copia del The Times of India. «Guarda questo.» Si siede accanto a me e apre il giornale, lo sfoglia e me lo passa.
Una foto di me e Susanna che lasciamo l'appartamento di Eros appare al centro della pagina, io sono avvolta dal lenzuolo azzurro che era sul suo letto.
«Oddio!» Glielo strappo di mano.
In un perfetto inglese, il titolo riporta la scritta: "Dopo la festa, una notte brava per la figlia del re del caffè." Passo subito a leggere l'articolo: "La figlia del magnate del caffè, Kalpana Narayan, naturalizzata italiana, è stata pizzicata da quello che tutti davano come il suo fidanzato ufficiale, a casa di un uomo─" Yashira mi strappa il giornale di mano.
«Ehi!»
«Ah!» Lo tiene lontano dalla mia presa con un braccio. «Te lo faccio leggere se mi dirai tutto quello che voglio sapere.»
Abbasso le braccia e mi arrendo. «Va bene. Chiedi tutto quello che vuoi.»
Lei sorride, ripiega il giornale più e più volte e si volta. «Lo avete fatto prima del matrimonio? Magari quella sera!»
«Yashi! Ma che domande sono!»
«Avanti, ho quasi sedici anni e papà non mi permette di avere un ragazzo. Appena sa che sono interessata a qualche mio compagno di scuola mi riempie di domande e pretende di conoscerlo, e finora sono tutti scappati a gambe levate.»
Sono sconvolta. «Davvero?»
Annuisce. «Sei fortunata ad aver vissuto in Italia sotto la guida di una donna sola. Papà e mamma non mi fanno fare vita.»
«Neanche Pooja ti permette di avere un ragazzo?»
«Figurati, papà mi tratta come se avessi la stessa età di Surya, e per mamma sono troppo infantile e stupida per avere un ragazzo.» Arriccia il naso e abbassa lo sguardo, a disagio.
«Ma non è vero!»
Fa spallucce. «Ho provato a dirglielo, ma non mi vogliono stare a sentire. Ogni volta che provo a obiettare escono fuori con la storia che il lamento è l'arma dei deboli, mentre io devo essere forte...»
«Che stupidaggine!»
Fa spallucce. «Mamma in realtà non è contraria a che mi fidanzi, ma vorrebbe che scegliessi qualcuno che va bene a lei.»
Ridacchio di finto divertimento. «Che cosa!»
Annuisce. «Dice che devo trovare un buon partito, che sappia lavorare e che non sia un poveraccio.»
Tutto questo è ridicolo. «Dovrebbe preoccuparsi che tu possa incontrare qualcuno che ami e che ti ama a sua volta. Non siamo fermi a quarant'anni fa.»
Lei abbassa lo sguardo e incassa la testa nelle spalle. «Beh, sì... lo sai com'è. E non puoi immaginare quanto sei stata fortunata a poter studiare e vivere lontana da casa.»
Il fatto è che io non ho mai sentito questa casa veramente mia, ma come faccio a dirglielo?
Le poso una mano sulla spalla. «Mi dispiace. Ma sono sicura che appena farai diciotto anni le cose cambieranno, sarai tu a deci─»
Si alza di scatto. «No, basta, l'ho già sentita questa solfa!» Mi affronta sventolando il giornale in aria. «Io non deciderò mai un bel niente, il mio futuro è già stato scritto!» Sbraita. «Tu gestirai la piantagione insieme a tuo marito, e io finirò a fare solo la moglie-serva di qualche benestante scelto da mamma o da papà. In fondo io e te non siamo uguali per niente.» Sbatte il giornale a terra. «Tieni, leggiti il prezioso scoop al quale papà ha certamente rimediato, ma non mi trattare con pietà.» Si volta e con passi pesanti esce dalla mia stanza.
Resto a fissare la porta, confusa e a bocca aperta, non l'avevo mai vista così arrabbiata.
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