Capitolo 10

La sua espressione sbigottita mi fa vergognare di me stessa; lo sapevo che qualcosa sarebbe andato storto.

Di colpo corruga la fronte. «Quindi cosa succede adesso?»

«In che senso?»

«Sì...» incassa la testa nelle spalle. «Vuoi andartene?»

Cosa?

«No, certo che no!»

Lui è sempre più confuso. «Perdonami, ma non ho mai... cioè, questa è...» Stringe le labbra e scuote la testa. «Strano.»

Sto ancora respirando con l'affanno. «Non voglio andarmene.»

Lui resta a fissarmi come se non riuscisse a capire. Perché è così difficile?

«Quindi vuoi restare qui e...»

Distolgo lo sguardo da lui. «Beh... sono venuta qui per un motivo. Ormai ho venticinque anni, so quello che voglio.»

Non sembra persuaso. «E hai scelto me per donarmi la tua verginità?»

Mi stringo nelle spalle. «Sì.»

«Perché?»

«Perché no?»

Scuote la testa. «Non ha senso, ci conosciamo appena.»

«E allora?» Non credevo che si sarebbe fatto tutti questi problemi.

«Credevo che la verginità l'avresti regalata al tuo fidanzato, come vogliono tutte le donne, non certo a uno sconosciuto visto due volte in croce.»

Non ha tutti i torti...

«Beh, vedi...» Mi avvicino e congiungo le mani davanti a me. «Come posso spiegartelo?»

Il suo petto si alza e si abbassa a seconda del suo respiro, posa le mani sui miei polsi e mi tiene ferma. «Provaci, sono curioso.»

«Sei il primo con cui...» Faccio spallucce.

«Con cui?»

Stringo le labbra. «Con cui mi sento a mio agio. Non so se capisci.»

Ci pensa su per alcuni istanti. «Presumo che ci siano stati degli altri prima di me, e con loro non sei mai andata fino in fondo?»

Scuoto la testa. «Ti risulta davvero così difficile credere che tu possa essere l'unico che mi piace anche in quel senso?»

«Beh... ammetterai che è difficile crederti.»

Poso le mani sui suoi pettorali, il calore della sua pelle mi riscalda i palmi. «Credimi, è così.»

Ci fissiamo negli occhi e deglutisco, il suo respiro torna a essere più veloce, così come il mio. Scivola con le mani lungo le mie braccia, arriva ai miei fianchi, li afferra e mi strattona contro di sé. Di colpo mi bacia.

La sua bocca si impossessa della mia come se ne fosse affamato. È una sensazione che mi fa sentire potente, desiderata... sono una dea, nelle mani del dio dell'amore.

«Va bene...» Borbotta continuando a darmi baci sulle labbra e sul collo. «Ti prometto che farò del mio meglio per farti vivere una bella esperienza.» Scende ancora fino al seno. «Sarò delicato.»

La sensazione delle sue labbra su di me mi impedisce di pensare. Sono appena caduta nelle mani del lupo, anzi mi ci sono accomodata da sola. E fremo all'idea di quello che può farmi.

Con lentezza abbassa la cerniera del mio vestito e me lo fa scivolare lungo i fianchi. Libera i seni e ne prende possesso con entrambe le mani. Si stacca dalle mie labbra e raggiunge il destro con la bocca. L'aspettativa di rivivere quell'esperienza mi fa trattenere il respiro.

Ed ecco che prende il mio capezzolo tra le labbra e lo mordicchia, senza farmi male, lo succhia e lo titilla con la lingua. Inizio a tremare, sono creta malleabile tra le sue mani. Sono cera che si sta sciogliendo accanto al fuoco.

All'improvviso mi ritrovo con indosso solo le mutandine, e dalla sensazione direi che sono fradicie. La sua bocca passa a praticare la sua magia nell'altro seno. Mi tremano le ginocchia.

Un gemito soffocato esce dalle mie labbra.

«Sì... piace anche a me...» Bofonchia, e con una scia umida torna verso le mie labbra. «Vieni con me...» Sospira e mi spinge all'indietro.

Con l'interno delle ginocchia vado a sbattere contro il bordo del letto, sono costretta ad arrestarmi. Lui si stacca e mi fissa negli occhi. Si sbottona i pantaloni, si toglie le scarpe facendo leva sui talloni e rimane in mutande. Afferra il mio viso con entrambe le mani e mi dà un dolce bacio sulle labbra. «Va tutto bene?»

Annuisco e deglutisco.

Sorride e scopre il letto dal lenzuolo blu, mi prende una mano e mi fa sedere tra quelle lenzuola bianche, profumate di lui. Riprende a baciarmi e mi fa rilassare all'indietro. Le sue mani mi accarezzano tutta. Con le ginocchia monta sul letto e si stende su di me.

Afferra le mie mutandine e si stacca dalle mie labbra, il suo sguardo penetrante mi fa sentire preda delle sue voglie. Sono la sua schiava.

«Sei ancora convinta?»

Annuisco.

Mi dà un bacio a stampo e mi fa scivolare le mutandine lungo le cosce. Alzo il bacino per aiutarlo, le fa arrivare ai polpacci e me le toglie. Mi toglie le scarpe e le posa a terra, con le dita aperte di entrambe le mani mi accarezza i polpacci, mi alza una gamba e posa le labbra sulla caviglia, le fa scivolare sulla mia pelle e mi bacia dal tallone all'interno delle ginocchia, prende l'altra gamba e le riserva lo stesso trattamento. La posa accanto all'altra, mi afferra le ginocchia e le allarga. Si posiziona tra le mie cosce e mi sorride. «Stai tranquilla, ok?»

Annuisco di nuovo, il cuore in gola e la curiosità che mi mangia viva.

Il suo sorriso si fa più malizioso. Dalle ginocchia sale con le mani su per le cosce e si abbassa con il viso, fino a sfiorarmi il pube con il naso.

«Hai un buon odore.»

Oddio...

Stringo le palpebre, non riesco più a guardarlo.

Soffia tra i miei peli e qualcosa di caldo e umido mi lambisce tra le grandi labbra.

«Anche il tuo sapore non è male.»

Sono letteralmente in uno stato liquido.

Mi azzardo a sbirciarlo, anche lui mi sta guardando, il viso sospeso sopra la parte più vulnerabile del mio corpo, si sostiene contro il materasso ai lati dei miei fianchi.

«Sei pronta?»

Annuisco, la bocca aperta e il fiato grosso.

Lui sorride di nuovo e inizia a leccarmi in tutta la mia lunghezza.

Oddio... oddio...

Sono in estasi, sono perduta. Sto rinascendo.

Il suo assalto è devastante, indescrivibile... maestoso.

D'istinto poso una mano tra i suoi capelli, con le dita racchiudo quei fili neri e inizio a tirarli.

«Sì... mi piace quando fai così.» Bofonchia.

Continua il suo assalto, ma non so se riesco a sopportarlo ancora. «Ti prego... b-basta...» Balbetto.

«Vuoi fermarmi sul più bello?»

Il respiro si fa troppo veloce per riuscire a parlare. Dal centro della mia pancia sento montare una sensazione che non riesco a spiegare, una pressione che non riesco più a sopportare. Strizzo le palpebre, invoco pietà. Ma lui non si ferma, arriva al mio clitoride e lo titilla con la lingua, come se fosse la cosa più naturale di questo mondo.

Tutto attorno a me esplode, in un susseguirsi di fuochi d'artificio devastanti. Mi accorgo di emettere suoni inarticolati, il mio corpo sussulta tra le sue mani. Mi mordo un dito per impedirmi di urlare, mentre lui non smette di leccarmi.

L'orgasmo si esaurisce un po' alla volta, lasciandomi stordita e appagata.

Com'è che diceva quel film? È come avere un incontro ravvicinato con Dio in un secondo per poi ridiscendere sulla terra...

Riapro gli occhi, Eros mi sta guardando con un sorriso soddisfatto. «Direi che sono stato bravo.»

«Accidenti...» Esalo, tra un respiro e l'altro.

Lui ridacchia e torna su, all'altezza delle mie labbra, mi bacia. Sento il mio sapore nella sua bocca. Non so se mi piace.

«Non puoi immaginare quanto tu sia arrapante in questo momento.» Con le mani scivola lungo i miei fianchi e si spinge contro di me. «Spero di farti sperimentare dell'altro.» Ha la voce roca.

Sbatto le palpebre come un battito d'ali. «Non smettere...» La mia sembra quella di un pulcino appena nato.

Lui sospira contro di me e mette una mano tra di noi, e spinge. Inizio a sentire dolore mentre fa irruzione nella parte più vulnerabile del mio corpo.

Di colpo si ferma e sospira in modo pesante. «Sei davvero stretta... tutto bene?»

Annuisco a bocca aperta. Lui riprende a spingere e sento che sta frantumando l'ultima barriera della mia verginità. Il dolore è inaspettato, improvviso.

Affondo le unghie nella sua schiena ma di colpo qualcuno suona il campanello e inizia a sbattere con forza contro la porta del suo appartamento, interrompendoci.

Ci blocchiamo a fissarci stupiti, in un nano secondo l'atmosfera che si era creata svanisce.

«Chi diavolo può essere?» Sbraita.

I colpi alla porta tornano prepotenti, intervallati da lunghe scampanellate.

«Oh, cazzo!» Eros si stacca e si tira in piedi. «Non posso fare niente in questo modo.»

Mi rannicchio contro il guanciale del letto. «Aspettavi qualcuno?»

«No...» Si infila i pantaloni. «Ma immagino che sia meglio se vado ad aprire, prima che mi butti giù la porta.» Si tira su la zip dei pantaloni ed esce dalla stanza. «Chi è?» Sbraita nell'ingresso, ma nessuno gli risponde. Chiunque sia continua a prendere a pugni la porta.

E se fosse Susanna con mio padre? Mmh, non credo che inizierebbe a bussare in questo modo.

La serratura dell'ingresso scatta e chiunque sia irrompe in casa. «Lei dov'è?!»

Il cuore mi balza nel petto. Hiresh?

Strappo il lenzuolo blu dal letto e me lo avvolgo attorno al corpo.

«Scusi, ma chi è lei, come osa entrare di prepotenza in─»

Mi affaccio alla porta della stanza appena in tempo. Hiresh spinge Eros con prepotenza e avanza nell'ingresso, sta per voltarsi verso di lui con uno sguardo carico d'odio ma i suoi occhi incontrano i miei.

«Ah, eccoti, piccola prostituta italiana.»

Mi stringo il lenzuolo attorno al collo. «Che ci fai qui?»

«Che ci faccio qui? Tu, piuttosto!»

Eros si piazza tra noi dandomi le spalle. «Posso sapere chi diavolo è lei e come si permette di rivolgersi in questo modo alla ragazza?»

Hiresh lo fissa con odio. «Chi sono io? Sono il suo promesso sposo, ecco chi sono!» Sbraita, puntando un dito contro di me.

Lo spinge di nuovo e avanza, faccio un paio di passi indietro e lui entra in camera da letto. Si guarda attorno e lo sguardo gli cade al centro del letto. Una macchia rossa grande quanto una moneta svetta tra il bianco candido delle lenzuola.

Mi fissa con odio. «Sei proprio una sgualdrina!» Con uno schiaffo mi manda a sbattere contro la sponda del letto. Finisco rannicchiata sul pavimento.

Eros si fionda su di lui. «Ma sei pazzo?» Lo afferra per la camicia e lo strattona. Hiresh lo spinge per allontanarlo ma cadono entrambi a terra. Eros riesce a montargli a cavalcioni e gli dà un pugno sulla mascella.

«Togliti da me, schifoso italiano!» Sbraita Hiresh, e con un pugno gli ferisce uno zigomo.

Stordito, Eros chiude gli occhi per il dolore e si porta le mani al viso, Hiresh riesce a spingerlo via e si alza, avanza verso di me. «Pensavi che non avrei messo più nessuno a sorvegliarti? Povera illusa!»

Alza una mano per colpirmi di nuovo, ma Eros gli prende le braccia e gliele blocca dietro la schiena. «Non so chi tu sia, ma a casa mia non sei invitato.»

Hiresh tenta di liberarsi strattonando le braccia, furioso come non mai. «Lasciami andare!» Sbraita.

Eros riesce a tenerlo fermo. «Con molto piacere... ma fuori di qui.» Lo spinge oltre la porta, ma qualcosa li blocca entrambi nell'ingresso.

«Cosa sta succedendo qui?» La voce di mio padre rimbomba contro le pareti.

Oddio...

Susanna appare sulla soglia della camera da letto, la faccia stravolta. «Clio!» Con una corsetta mi raggiunge e mi aiuta ad alzarmi da terra. «Ma cosa è successo?» Mi sfiora lo zigomo, al mio sussulto ritrae subito la mano, credo di aver un bell'ematoma.

Mio padre appare alla porta, guarda Hiresh ed Eros con una maschera di rabbia. «Kalpana, puoi spiegarmi?»

Eros lascia la presa da Hiresh, fissa mio padre e me a bocca aperta. «Kalpana?»

Hiresh fa un passo di lato allontanandosi da lui e si massaggia le braccia. Ridacchia. «Ora capisco... Scommetto che ti ha raccontato un sacco di bugie.»

«Fa' silenzio!» Mio padre alza una mano e indica me. «Chi è stato a colpirla?»

Susanna mi richiude il lenzuolo attorno al seno.

Tiro su con il naso e mi sfioro lo zigomo. «È stato Hiresh, papà.»

Lui volge lo sguardo attorno alla stanza, osserva il letto sfatto e la macchia di sangue, gli occhi si allargano, emettono lampi di indignazione. Si volta verso Hiresh. «È vero?»

Lui si massaggia la mascella. «Solo per darle una lezione.»

Mio padre annuisce, ma lo sguardo irato non si scompone. «Una lezione, eh?» Sposta lo sguardo su Eros. «Tu chi saresti?»

Confuso, distoglie lo sguardo da me e lo posa su mio padre. «Mi dispiace fare la sua conoscenza in circostanze simili, mister Narayan. Mi chiamo Eros Sansoni.» Allunga una mano verso di lui.

Papà la guarda con superiorità ma non accenna a stringerla. Si volta verso di me. «Tu, adesso vieni in ambasciata con me.» Si volta verso Hiresh. «Con te farò i conti più tardi.» E sposta lo sguardo su Eros. «Io e lei dovremmo parlare. La aspetto domani all'ambasciata indiana durante la mattina. La prego di non mancare.» Mi fa cenno di seguirlo. «Andiamo.»

Scortata da Susanna passo accanto ai due uomini e seguo mio padre. Hiresh sembra che abbia appena ingoiato un cucchiaio di veleno amaro, ma lo sguardo con cui Eros mi sta fissando mi fa vergognare di me stessa.

Alza una mano per fermarmi ma si trattiene. «Posso avere una spiegazione?»

Mi fermo di fronte a lui, mentre Susanna si affretta a prendere le mie cose. Ci guardiamo negli occhi per alcuni istanti e mi allungo per dargli un bacio sulla guancia. «Domani ti spiegherò tutto. Promesso.»

Faccio per uscire dalla stanza ma mi blocca con una mano. «Quindi non sei Clio, sei Kalpana Narayan.»

«Oh, no, tranquillo, per questo non ti ha detto una bugia.» Hiresh si avvicina e si massaggia il polso. «Clio è il nome con cui si fa chiamare qui in Italia, ma il suo vero nome è Kalpana. Il solo fatto per cui si è fatta sbattere da te è per non sposare me.» Sorride, perfido come solo lui sa essere, si volta ed esce dall'appartamento.

«Clio...» Eros è frastornato.

Susanna mi avvolge la vita con un braccio. «Dai, andiamo, non facciamo aspettare tuo padre.»

Cammino verso la porta continuando a guardare Eros, i suoi occhi feriti mi spezzano il cuore. Usciamo nel pianerottolo e Susanna chiude la porta.

Quegli occhi dolci pieni di confusione e smarrimento continuano a ossessionarmi mentre scendo le scale.

Un tramestio fuori dal portone dell'edificio attrae la mia attenzione, e anche quella di Susanna.

«Aspettami qui, ho paura di aver capito cos'è, ma prima di farti uscire voglio essere sicura.»

Resto nel pianerottolo, avvolta nel lenzuolo azzurro, Susanna scende l'ultima rampa di scale e si affaccia alla porta dello stabile. Un centinaio di flash le esplodono in faccia. Chiude il portone di scatto e si volta verso di me. «I giornalisti!»

Chi diavolo li ha avvisati!

***

Prendo un grosso respiro e busso all'ufficio dell'ambasciatore, mi passo un dito sull'ematoma sulla guancia e incrocio le dita, in attesa.

«Avanti.» La voce di mio padre è più grave di quel che ricordo.

Apro la porta ed entro nello studio, i suoi occhi incolleriti sono la prima cosa che vedo.

È seduto alla scrivania dell'ambasciatore, dalla suntuosa poltrona in pelle alza la testa e annuisce. «Mi fa piacere che sei arrivata in orario.» Mi indica la poltroncina davanti a lui. «Accomodati, per favore

Sposto gli occhi attorno a me, sul piccolo salottino con due divani antichi di fronte al camino e sull'alta libreria dalla parte opposta, avanzo fino alla poltroncina, mi siedo e rimango con la schiena tesa, non riesco a guardarlo.

«Papà─»

«Non è questo il modo in cui ti rivolgi a me, di solito

Sospiro. «Scusa. Volevo solo─»

«Sto aspettando l'arrivo di Hiresh prima di sentire la tua versione dei fatti, dovrebbe essere qui a momenti.» Guarda l'orologio e si rilassa contro lo schienale.

«Ah.» Mi rilasso sulla poltroncina anch'io e mi guardo intorno.

Lo sapevo che l'idea di Susanna non sarebbe finita bene.

Qualcuno bussa alla porta e io sobbalzo. Mio padre invita a entrare ed Eros si affaccia alla porta. «È permesso?»

Un brivido strano mi fa fremere alla sua vista. Lo sguardo con cui mi fissava mentre abbandonavo il suo appartamento mi ha tormentato per tutta la notte. Ed ecco che lo stesso sguardo si ripete, i suoi occhi si posano su di me e cambia espressione, stringe le labbra e tira su le spalle. Leggo odio sulla sua faccia.

«Oh, signor Sansoni. La stavo aspettando, prego, si accomodi.» Mio padre indica la poltroncina accanto a me.

Eros si avvicina ma rimane in piedi dietro la poltroncina, sullo zigomo ha un piccolo graffio, frutto del pungo di Hiresh. «Se non le dispiace preferisco non sedermi, mister Narayan.» Sento il suo sguardo addosso. Lo sbircio e lo distoglie di colpo. Ho paura che il presentimento che avevo prima della festa si sia appena avverato. La gioia che ho provato appena è apparso in questa stanza è evaporata all'istante. Non voglio che mi odi.

«Stiamo aspettando mio nipote Hiresh Narayan, signor Sansoni, forse le conviene sedersi, a quanto pare è in ritardo.»

«La ringrazio, mister Narayan, ma preferisco stare in piedi.»

«Come vuole.» Mio padre si richiude il bottone del polsino della giacca. «A quanto pare lei è il famoso ragazzo che mia figlia avrebbe dovuto presentarmi ieri durante la festa.»

Il pomo d'Adamo di Eros sale e scende di scatto. «Non conosco quali erano le intenzioni di vostra figlia per ieri sera, mister Narayan.»

Mio padre sembra sbalordito. «Eppure l'avete portata nel vostro appartamento e...» Lascia la frase in sospeso.

Eros dà due colpi di tosse. «Vostra figlia è una ragazza molto bella, mister Narayan, tanto quanto scaltra è la sua lingua.»

Papà lo fissa assorto. «Volete dirmi che non sapevate che la festa era in vostro onore?»

Eros sposta per un secondo lo sguardo su di me. «Mi era stato fatto credere che la festa di ieri sera fosse di tutt'altra natura.»

Qualcuno bussa alla porta, interrompendo la discussione.

All'invito di mio padre Hiresh entra, disinvolto. «Buongiorno a tutti.» Fa il suo ingresso vestito impeccabile, come sempre. Forse ha un armadio pieno di vestiti diversi per ogni giorno della settimana. O dell'anno.

Mio padre annuisce. «Bene, adesso siamo al completo.»

Hiresh avanza e si ferma al mio fianco. «Non rifiuto mai un vostro invito, zio Aditi.»

«Mi fa piacere, perché vorrei sapere da te quello che è successo ieri sera prima del mio arrivo.»

Hiresh dà un colpo di tosse e si massaggia il mento, evidentemente il pugno che gli ha dato Eros si fa ancora sentire. «Sono stato avvisato che vostra figlia aveva abbandonato la festa senza dire niente a nessuno. I miei uomini mi hanno detto di averla seguita fino all'appartamento del signore qui presente.» Indica Eros come se fossimo a un convegno e stia presentando un ospite. «E mi sono recato lì il prima possibile per accertarmi che non le succedesse niente di brutto.»

Mio padre annuisce, valuta le sue parole. «E della presenza dei giornalisti fuori dal palazzo ne sai niente?»

Lui deglutisce. «Giuro di no.»

«E da parte tua pensi di aver avuto il diritto di entrare in una casa privata e dare uno schiaffo a mia figlia.»

L'espressione granitica di Hiresh si frantuma. «No... certo che no...» Sbatte le palpebre. «Ovvero... Mi sono solo accorto subito della situazione e, come suo promesso sposo, ho voluto far capire a vostra figlia il comportamento che ha avuto.»

Eros fa schioccare la lingua contro il palato, in una muta esternazione di contrarietà.

Mio padre sposta gli occhi indagatori su di lui. «Ha qualcosa da obiettare a questa dichiarazione, signor Sansoni?»

«Se mi permette, signor Narayan, il signore qui presente,» indica Hiresh come lui stesso lo aveva indicato prima, «è piombato nel mio appartamento senza invito, senza presentarsi, e appena si è accorto della presenza di vostra figlia si è gettato su di lei e le ha dato uno schiaffo. E da quanto ho notato è stato piuttosto potente, l'ha mandata a sbattere contro il legno del mio letto ed è caduta a terra.»

Fisso il suo profilo cesellato, quell'accenno di barba e la giacca sopra una semplice maglietta nera... Mi sta difendendo anche davanti a mio padre?

«È vero quello che sta dicendo?» Papà fissa Hiresh con sguardo accusatore.

Lui non sembra molto tranquillo. «Beh... gliel'ho detto, mi sono accorto subito della situazione in cui─»

«Può anche essere stata la tua promessa sposa, Hiresh,» lo interrompe, «ma questo non ti autorizzava a metterle le mani addosso.»

Che ti succede, cugino, tutta la tua spavalderia sembra evaporata.

«Kalpana non è cresciuta come qualsiasi donna indiana della nostra famiglia.» Papà continua la sua filippica con la sua solita espressione fiera e decisa. «Ha ricevuto un'altra educazione, ed è cresciuta con una diversa cultura. Le donne italiane non vengono prese a schiaffi solo per aver commesso quello che noi riteniamo importante fuori dal matrimonio.»

Hiresh abbassa lo sguardo e digrigna i denti. Ben ti sta, pallone gonfiato. Mi fa ancora male la guancia se mi tocco.

Papà congiunge le mani e unisce le dita. «Ma tu conosci molto bene la cultura italiana, non è vero, Hiresh?»

Hiresh annuisce, i muscoli delle guance tese, il suo nervosismo lo ha scritto in faccia a caratteri cubitali.

«Credo che da adesso in poi puoi anche dire ai tuoi uomini di smettere di seguirla.»

Con la coda dell'occhio riesco a vedere lo stupore sulla faccia di Eros. Non mi azzardo a guardarlo, ho paura dell'espressione di odio con cui mi ha gratificato prima.

«Kalpana, la ricostruzione dei fatti fatta da tuo cugino è la stessa che dai tu?»

Trasalisco alla domanda di papà. «Sì... più o meno le cose sono andate così.» Abbasso lo sguardo.

«Bene. Hiresh, puoi anche uscire, non ho più bisogno di te. Ti ringrazio.»

Lui digrigna i denti, annuisce e attraversa la stanza, esce dallo studio e si richiude la porta alle spalle.

«Mi scusi, mister Narayan.» Eros alza lo sguardo fiero su mio padre. «Dato che è arrivato alla conclusione su ciò che è successo ieri sera io potrei anche andarmene. Se per lei va bene.»

«In realtà no, per me non va bene.»

I muscoli delle guance di Eros si tendono pari a quelli di Hiresh. «Cosa vuole sapere da me?»

Deglutisco.

Mio padre lo fissa in silenzio per qualche istante. «Che rapporto c'è tra lei e mia figlia?»

Ho un sussulto a questa domanda. Eros rimane immobile, fissa mio padre negli occhi con lo sguardo impietrito, sembra intenzionato a prendersi tutto il tempo del mondo prima di rispondere. Ho il cuore a mille in attesa della sua risposta.

«Come le ho detto, vostra figlia è una ragazza di straordinaria bellezza. Ieri sera non conoscevo la sua identità, non sapevo che fosse vostra figlia.»

«Altrimenti l'avrebbe rispettata di più?»

Eros sgrana gli occhi. «No, io... non volevo dire questo.»

«Voleva forse dire che se avesse saputo che era mia figlia non l'avrebbe portata nel suo appartamento?»

Eros deglutisce. «Posso permettermi di correggerla? È stata vostra figlia a proporre di andare a casa mia.»

Mio padre sghignazza appena. «Sì, non mi riesce difficile crederlo.» Si allontana dalla scrivania e si alza. «Quindi devo presupporre che se avesse saputo fin da subito che Kalpana era mia figlia non ne sarebbe rimasto attratto.»

Sgrana gli occhi di nuovo. «Non volevo dire nemmeno questo.»

«E allora cosa voleva dire?»

Eros distoglie lo sguardo e lo gira attorno alla stanza. Mio padre si prende le mani dietro la schiena e passeggia, i passi attutiti dal tappeto persiano. Il silenzio mi sta pungendo come mille spilli.

Si avvicina a Eros e gli mette una mano sulla spalla. «Posso chiederle cosa prova per mia figlia?»

Lui sgrana gli occhi e sbatte le palpebre. «Io...»

Mio padre alza una mano come per dirgli di tacere e scuote la testa, fa un passo nella mia direzione e si ferma al mio fianco. «E tu cosa provi per il signor Sansoni?»

Tra tutte le domande che mi sarei aspettata di ricevere da lui questa è forse l'ultima.

Eros ha lo sguardo fisso davanti a sé, a osservare il vuoto. Presumo che stia facendo di tutto pur di non guardare nella mia direzione. Non so se mi fa più male il suo rifiuto di guardarmi o lo sguardo che mi ha rivolto ieri sera.

Torno a rivolgermi a mio padre. «Sono stata molto bene con lui, padre.»

Eros emette un piccolo colpo di tosse.

Papà si allontana. «Capisco che nonostante tutto vi conosciate poco, ma anche se non la conosco, signor Sansoni, conosco mia figlia, e conosco il suo cuore, perciò vorrei farle una proposta.» Si porta dietro alla scrivania e torna a sedersi sulla poltrona. «Io ho bisogno che mia figlia si accompagni con un bravo uomo, un uomo che le voglia bene e la rispetti... e che soprattutto lei accetti.»

Mi sta girando la testa... ho paura di aver capito dove vuole andare a parare. Beh... in fondo era lo scopo che mi ero prefissata, ma, adesso, non ne sono più così sicura di volerlo ancora.

Eros deglutisce. «Se veramente è come dice, signore, sua figlia non mi avrebbe preso in giro raccontandomi cose non vere e tacendomi la verità sulla sua identità. Se permette anch'io voglio una donna che mi rispetti.»

«È vero, Kalpana, gli hai taciuto la verità su di te?»

Li fisso a turno e abbasso lo sguardo. «Non intenzionalmente.»

Papà mi fissa, indecifrabile. I rari capelli bianchi gli incorniciano il viso addolcendogli i lineamenti. Quando ero più piccola quell'espressione mi ha sempre messo addosso molto timore.

«Capisco.» Annuisce, assorto. «Signor Sansoni, mia figlia è arrivata a un'età in cui deve prendere marito, sia per il suo bene che per il mio, e per quello della nostra piantagione. Lei si è preso delle libertà che per una ragazza come mia figlia sono molto più importanti, e soprattutto lo sono per me. Mi sono informato sul suo conto, so che fa un lavoro onesto, so che è un uomo di sani principi nonostante un passato non proprio limpido, so che è di buona famiglia, e so che mia figlia con lei potrebbe essere felice. Le propongo di rimediare alle libertà che si è preso prendendola in sposa.»

Mi guardo le dita, vorrei tapparmi le orecchie per non sentire la risposta di Eros.

Questa volta non si fa attendere tanto. «Mi vedo costretto a rifiutare, signor Narayan.»

Strizzo le palpebre e una fitta al cuore mi fa pentire del brutto scherzo che gli ho tirato. Papà ha ragione, anche Susanna l'ha detto... Eros è il primo ragazzo con cui sono stata bene, con il quale mi sento a mio agio e che mi attrae fisicamente... e adesso lui mi sta respingendo per colpa mia.

«Posso chiederle perché, signor Sansoni?»

Riapro gli occhi di scatto, mio padre non è mai stato un tipo che demorde facilmente.

«Temo di non essere innamorato di lei, mi dispiace.» Le sue parole sono un pungo allo stomaco. «E credo che nemmeno sua figlia sia innamorata di me.»

Alzo d'istinto lo sguardo su di lui. Mi sta fissando. Ma il suo sguardo non mi piace.

«Credo che tu adesso possa andare, Kalpana.»

La voce di mio padre mi riscuote. «Come?»

Fa un cenno affermativo con la testa. «Vorrei parlare da solo con il signor Sansoni se non ti dispiace.»

Vedo annebbiato. «Oh...» Mi alzo dalla poltroncina e annuisco. «Va bene...»

Mio padre mi congeda con un cenno del capo, Eros ha già distolto lo sguardo da me, sta guardando fuori dalla finestra. Mi volto e cammino fino alla porta e fuori dallo studio. Il corridoio è deserto, per fortuna non devo sopportare Hiresh.

Lancio un'occhiata alla porta, chissà cosa si stanno dicendo.

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