Per merito del filo rosso.
"Nee-chan..."
Ero piegato sulle ginocchia, con lo sguardo felino proiettato incessantemente sulla tomba.
Quella tomba.
La tomba dentro la quale giacevano le membra di Ayano.
Inutile dire che avrei fatto qualsiasi cosa pur di riaverla indietro, pur di rivivere tutti quei momenti felici passati all'interno della famiglia Tateyama in compagnia di Seto e Kido.
Per dei poveri orfanelli come noi tre, quella ragazza aveva svolto la funzione di salvatrice, di adorata sorella maggiore, poiché all'orfanotrofio non avevamo ancora ricevuto affetto da parte di nessuno.
Esalai un profondo sospiro, cercando di non dare libero sfogo ai miei dotti lacrimari.
Dovevo essere forte. Volevo essere forte, proprio come Kido.
"Ascoltami, idiota."
Quella voce.
L'avrei riconosciuta persino a kilometri di distanza.
Come aveva fatto a seguirmi fin lì? Mi stava forse pedinando?
"Kido-sama...?"
Mi voltai con lieve stupore, scorgendo la sua figura appoggiata con la schiena contro una colonna. Alta, snella, capelli verdastri e delle penetranti pozze color cremisi.
Sfoggiava la sua solita felpa grigia, jeans del medesimo colore dei capelli e per finire delle scarpe, anch'esse verdi.
Si avvicinò a me a passi falcati e sicuri, mani nelle tasche e bocca rigorosamente nascosta dal colletto vellutato.
Io, invece, mi sollevai da terra.
Infine, subito dopo avermi raggiunto, mi poggiò una mano sulla spalla e, trascorso un breve attimo di silenzio ed esitazione, aggiunse:
"Cioè, ehm. Ascoltami, Kano-kun. Nee-chan manca da morire anche a me... ma non possiamo fare nulla per riportarla indietro."
La sua espressione era impassibile, gelida, come sempre. Lo stesso discorso valeva per la tonalità vocale, alquanto piatta.
Che diavolo di tecnica utilizzava per precipitarsi verso di me così fredda, senza gettare neppure una lacrima nel luogo dove giaceva colei che consideravamo nostra sorella?
Ah, maledizione. Quei suoi modi di fare mi facevano sentire molto debole, sia ai suoi occhi che a quelli altrui. E ciò mi dava un po' fastidio.
"Va' via."
Scostai in malo modo la sua mano, sperando che non mi rifilasse una gomitata nello stomaco anche stavolta.
E, per mia grande fortuna, non fece nulla. Nessun calcio, nessun pugno, nessuno schiaffo... niente di niente.
Se ne rimase immobile a fissarmi, dopodiché poggiò le mani sul mio petto con fare deciso. Sussultai al suo tocco.
"È stata anche mia sorella... ti comprendo. Cerca di non mandarmi via."
A quel punto, non so neanche spiegare per quale motivo, qualcosa nell'anticamera del mio cervello scattò e mi portò a dire una cosa della quale, probabilmente, me ne sarei pentito amaramente.
"Kido... mi abbracci?"
Alzai leggermente le braccia, abbassando timidamente lo sguardo.
Non saprei spiegare che tipo di faccia aveva assunto in quel preciso istante, visto che non la stavo guardando in pieno viso, ma con elevate probabilità era sconvolta.
"Un... abbraccio?"
"Sì... un abbraccio."
Finalmente, ritrovai il coraggio per sollevare le iridi giallastre, e la fissai intensamente.
La mia voce da coglione era svanita, per fare spazio ad una vocalità calma e profonda.
Lei non aggiunse altro.
Magari le ero sembrato piuttosto serio, e ciò era molto raro visto che si stava parlando di me.
Di Kano Shuuya.
Ero il suo inseparabile amico d'infanzia, ed ero anche - oltre Seto ed Ayano - la persona più importante entrata a far parte della sua vita.
Tuttavia, conoscendola, non l'avrebbe mai ammesso.
Con uno scatto improvviso e l'espressione neutra, si mise sulle punte e avvolse le sue esili braccia attorno al mio collo -e pensare qualche anno fa ero io quello più basso!
"Eccotelo, l'abbraccio..."
La voce ancora salda, ferma, priva di insicurezze. La testa, però, l'aveva poggiata sulla mia spalla per nascondere un lieve rossore sul visetto diafano.
Ed io, senza neanche darle tempo di aggiungere qualcos'altro, la strinsi gelosamente e la feci aderire maggiormente contro il mio corpo, lasciando scendere delle lacrime amare giù per le guance.
Dovevo sfogarmi con lei. E poi, ero innamorato.
Per me Kido era la persona per la quale avevo più fiducia.
Lasciai uscire qualche singhiozzo, che in seguito si trasformò in un vero e proprio pianto.
Perché, perché proprio Ayano? Perché...?
"Ki-Kido, mi prometti che non mi lascerai mai? Almeno tu?"
Mi staccai a malincuore da quel gesto affettuoso, guardandola con un sorriso stampato sulle labbra che più finto non poteva esistere.
"Ka-Kano..."
Niente da fare.
Stavolta la sua voce si incrinò, addolorata nel vedere la cute del mio viso bagnata da quelle lacrime amare. Credo che si fosse addirittura intenerita grazie alle mie parole.
" ... Ma che razza di domande fai? È ovvio che non ti lascerò mai, idiota.
Mai.
E togliti dalla faccia quel falso sorriso. Sfogati."
Agghiacciai l'ambiente con un minuto interminabile affogato nel silenzio, poi il falso sorriso svanì di poco a poco per dare spazio ad un'espressione gremita di sofferenza.
Avrei desiderato urlare, ma repressi questo istinto e preferii aggrapparmi alla felpa della maschiaccia, deciso a non lasciarla più andare.
A furia di fare il bugiardo, non riuscivo neanche ad esprimere i miei sentimenti.
"K-Kido..."
Le lacrime non sembravano volersi fermare, e mi dispiaceva bagnarle la felpa. Perciò mi accasciai al suolo, tenendomi aggrappato stavolta alla sua gamba. Speravo capisse come mi sentivo, pregavo che non mi respingesse.
"Io... devo dirti una cosa."
Ero stanco di tenermi tutto dentro.
Volevo dirglielo. E farla finita. Quel bugiardo, quel mostro che ero... doveva sparire. Per sempre.
"M-Mh?"
Capì che ero in una situazione drastica, tant'è che mi lasciò fare. Forse per la prima volta lessi la preoccupazione nei suoi occhi. E gli ero immensamente grato per questo. Per la sua comprensione.
"Cosa mi devi dire...?"
"Ecco... una cosa importante..."
Un leggero rossore si fece spazio sulle mie gote pallide, bagnate come quelle lacrime maledette, come il dolore che mi portavo in spalla.
Strinsi nuovamente la sua felpa, sebbene mi fossi gettato al suolo. Per nulla al mondo l'avrei mai lasciata.
Nulla.
Inspirai aria a pieni polmoni. Dovevo farmi coraggio e concentarmi, sebbene i suoi bellissimi fari rossi facevano scemire la mia attenzione. Dovevo lasciare uscire tutto.
"E-Ecco, io..."
Due cuori.
Due anime.
Un filo rosso legato al mignolo.
Parole che aspettano di fuoriuscire, mentre i cuori scalpitano talmente forte da uscire dal petto.
Pensavo che lei non mi avrebbe mai ricambiato. Questa era l'occasione giusta per scoprirlo.
"Tu...? Su, non avere paura di me. Almeno non per questa volt--!"
"Ti amo."
Mi stupii di me stesso, perché era raro veder parlare il cuore di un bugiardo. Guardai per la millesima volta in basso, ancora rosso. Rosso come la sciarpa che Ayano era solita portare al collo. Rosso, come il fuoco che bruciava, consumato dalla passione.
Io la amavo, ma lei ricambiava?
Avevo paura. Paura di non essere creduto, paura di non essere amato da quella tenace ragazza.
Come biasimarla, ero proprio un disastro. Avevo come il presentimento che la sua aura fosse esitante, incerta.
Forse non avrei dovuto dirlo. Forse sarei dovuto rimanere in silenzio...
No, avevo obiettato per la scelta migliore. Inaspettatamente, fece increspare le sue piccole manine gelide in mezzo ai miei capelli biondi. La lasciai fare, anche se la mia testa stava letteralmente scoppiando di domande.
Cosa significava? Perché l'aveva fatto? Magari gli facevo pena?
No, no e no.
"Anche io ti amo."
Cosa?
Avevo sentito bene?
Lei mi amava? Davvero?
Quelle imperfezioni, quei vizi, quel mostro.
Un mostro poteva essere amato? Sembravamo una versione alternativa de 'La Bella e la Bestia.'
"Sì, i-io... ti amo, Kano-kun. Ti amo nonostante tu mi faccia sempre arrabbiare, ti amo nonostante mi venga sempre l'impulso di rifilarti un calcio dove non batte il sole, ti amo perché... ah, non lo so, ti amo e basta."
Sgorgarono altre copiose lacrime, stavolta di gioia.
"E-Eh... ma stai piangendo? No, dai, mi dispiace, non volev--!"
Mi sollevai velocemente dall'asfalto, e fui io questa volta ad avvolgerla con le mie possenti braccia. Lei, di conseguenza, si rifugiò contro il mio petto, in cerca di protezione. Che carina che era. Non l'avevo mai vista così piccola ed indifesa.
"Kido-sama..."
La afferrai titubantemente per il mento, per far sì che i nostri sguardi si incrociassero. Nel mio infuocava la passione, anche se cercavo di celarla in tutti i modi. Il cuore continuava a battere, come se non ci fosse un domani.
Puntai l'indice sul suo labbro inferiore, anche se quest'ultimo era ancora coperto dal colletto.
"Posso...?"
Non avevo il coraggio, né tantomeno la forza di finire la frase. Ma Kido non era stupida, sicuramente aveva capito dove volevo arrivare. Anzi, togliamo quel 'sicuramente.'
Annuì delicatamente con il capo, abbozzando un celestiale sorriso. Era ben intendibile dalle sue gote, quel sorriso, le quali avevano preso volume e valorizzato i suoi occhi.
Le abbassai il colletto della felpa, per rivelare quelle labbra che lei, ahimè, era solita celare. Le sfiorai, premendo le mie contro le sue. Erano dolci.
"Mh...~"
Amavo i dolci, e, in vita mia, non avevo mai assaggiato nulla di più buono delle labbra di Kido. Premetti maggiormente, continuando ad avvolgerla attorno alla vita.
Si trattava di un momento magico, da non rovinare.
Chiusi lentamente le palpebre.
Ero felice, troppo felice.
Potevo addirittura sentire il filo rosso stringermi il dito. Sapevo che era solo una leggenda, ma non m'importava.
Io la amavo tantissimo, sapevo che era lei la mia anima gemella.
Inoltre, per me quella storiella del filo aveva un fondo di verità.
Ero sicuro che c'era lo zampino di Ayano. Sembrava quasi che avesse voluto lasciare un segno indelebile sui nostri cuori.
In sostanza, avrei dovuto ringraziarla.
Sia a lei che alla sua preziosa sciarpa rossa.
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