36. Torrone Sanguinolento

La mattina seguente il sole mi entra dritto negli occhi e minaccia di bruciarmi il cervello o uccidermi, una delle due. Probabilmente questa è la punizione che mi merito per aver fatto tardi ed essere rimasta incollata alla bocca di Scorpius per troppo tempo, in mezzo alla cacca d'uccello, ieri sera.

Il trillare della sveglia, che fino a prova contraria era stata scaricata nel water ed aveva smesso di funzionare — lo so perché ce l'ho gettata io — non contribuisce a rendere il mio risveglio meno traumatico. La colpisco con una manata e questa si sfracella a terra, distruggendosi definitivamente.

«Bastava spegnerla, lo sai?» mugugna un corpo inerme sepolto sotto i cuscini, il cui braccio mi ha arpionato la vita e non pare intenzionato a spostarsi. Scorpius struscia il naso sul mio collo, prima di sistemarsi meglio affondando il viso proprio sopra la mia spalla, e sprofondare di nuovo nel mondo dei sogni.

Ammetto che l'idea di richiudere gli occhi, accoccolarmi a lui, che è così caldo e profumato, mi sia passata per la testa per un secondo o magari dieci. L'orrore però mi assale quando mi rendo conto che il mio numero di assenze consentite ha raggiunto il limite, e che se desidero non morire per mano di mia madre, devo assumermi delle responsabilità — che siano mie o meno non ha importanza, immagino — e allontanarmi dal letto.

«Forza fiorellino, alzati e risplendi» urlo nell'orecchio di Scorpius, che sobbalza spaventato e colpisce con nuca la spalliera del letto, prima di balzare in piedi e correre verso il bagno.

Purtroppo qualcuno ha avuto la mia stessa idea, e adesso mi fronteggia con innato splendore mattutino, per il posto sulla tazza del cesso. «Soraya» sibilo a denti stretti, puntando la mano sulla maniglia della porta. La fisso con i capelli aggrovigliati che mi impediscono di essere al pieno delle mie facoltà visive e provo a trasmetterle con un unico vocabolo, tutto il mio disappunto sulla sua presenza in questa stanza.

«Buongiorno Rose» mi saluta allegra, stupendomi a tal punto che le mie sopracciglia schizzano vero l'alto ad una velocità supersonica «Dormito bene?»

È una trappola, ne sono sicura. Adesso sguainerà la becchetta e mi affatturerà per potere usare il gabinetto prima di me, lo so perché una volta è successo. Ma ora non mi lascerò ingannare, sono preparata. Se mi concentro posso stendere lei ed i suoi sei centimetri in altezza più dei miei, con un calcio rotante ben piazzato.

«Meravigliosamente» la mia mandibola è talmente immobile dalla concentrazione, che la voce mi esce in un rantolo sommesso non esattamente d'effetto o capace di incutere terrore.

«Posso parlarti un attimo?» domanda sbattendo le ciglia scure, così lunghe e naturalmente piegate verso l'alto, che l'istinto di afferrare delle pinzette e strapparglieli una ad una è quasi irrefrenabile.

«Stiamo già parlando, mi pare»

«Hai ragione»

È inconscio: mi ritrovo a spalancare la bocca, mandando all'aria tutti i miei tentativi di sollevare con uno scatto la gamba — ancora mezza atrofizzata data l'ora — di novanta gradi «Ho ragione?» sbotto sbalordita. Tossisco, rendendomi conto di quando posso apparire idiota, e recupero quel briciolo di dignità che ancora non si è disintegrata, stringendomi nelle spalle con fare autoritario «Cioè, certo che ho ragione» la sua occhiata scettica mi fa intuire che è arrivato il momento di darci un taglio «Cosa vuoi?»

Forse non ero davvero così pronta e preparata. Il suo piede con una mossa esageratamente agile mi colpisce — non ho la più pallida idea di come — dietro le ginocchia, stendendomi a terra in una posizione poco meritevole. Un attimo dopo Soraya è chiusa in bagno, mentre io osservo il pavimento da vicino, consapevole che oggi le prime chiappe a posarsi sul water saranno le sue, e non le mie.

C'è da ammettere che però ha stile.

















Durante la colazione cerco di evitare gli sguardi inquisitori di Dominque, come se poi lei avesse il diritto di guardarmi con fare inquisitorio quando, contro ogni legge non scritta delle migliori amiche, mi ha tenuto nascosto che c'è della tensione sessuale repressa tra lei e James, e infilzo il mio budino con falsa rabbia, solo per farle credere che sono furiosa, senza dirlo esplicitamente.

«Che c'è?» sbotta infatti. Ma no, non le darò la soddisfazione. Dovrà ribollire nella frustrazione, scervellandosi e magari piangendo o implorandomi di rivelarle il motivo della mia furia.

Solo che non sono brava a far ribollire le persone nella frustrazione, non ho voglia di aspettare che mi implori o strusci ai mei piedi, ho poca pazienza. Perciò assottiglio gli occhi e avvicinandomi pericolosamente al suo viso, sussurro un unica parola con fare enigmatico «James»

Purtroppo o non purtroppo, dipende dai punti di vista e seriamente io non so a quale aggregarmi, Scorpius decide di fare la sua apparizione proprio mentre sto per tirare la verità fuori dalla bocca di Dom, baciandomi e sedendosi con nonchalance sulla panca al mio fianco.

***

Scorpius ha baciato Rose davanti a tutta la Sala Grande, senza rendersi conto della gravità della sua azione. Perché in effetti Scorpius è quel tipo di ragazzo che nella maggior parte dei casi non si rende conto di niente, oppure lo ignora. Credo, in realtà, che lo abbia fatto a posta, perché il sorrisino eloquente che gli incurva le labbra è abbastanza sospetto, e lo dico io, che sono il suo migliore amico e sto guardando la scena da tre tavoli di distanza.

***

«Non posso crederci» ci credo, in realtà, perché l'ho visto ed i miei occhi non mentono. Ma immagino che esprimere il mio disappunto ad alta voce faccia sentire meglio le mie amiche, che hanno smesso di mangiare, respirare e fare tutte quelle cose normali che fanno gli essere umani per restare in vita.

«Clodette» Samantha sembra sul punto di avere un attacco di panico «Hai detto che il piano aveva funzionato!»

«Si, l'ho detto» ammetto colpevole, senza sentirmi però affatto colpevole. In verità sono felice, perché mi piacciono come coppia, ed essere il motivo della loro rottura non mi avrebbe fatta sentire bene. Ma dopo tutto non confidavo nel piano di alcune tredicenni disperate. Scorpius non le avrebbe mai guardate come guarda Rose. O meglio, non le avrebbe mai guardate e basta.

«Dobbiamo inventarci qualcos'altro. Possiamo farli litigare e-»

«Fate pena» esclamo infastidita, afferrando la mia colazione, ormai stufa di passare il mio tempo con persone del genere. Soddisfatta di me stessa, vado a cercare un posto il più lontano possibile da quelle sociopatiche, confidando nella speranza che un giorno possano rinsavire e tornare ad essere le amiche simpatiche e dai buoni principi che erano un tempo.

«Puoi sederti qui» Lucy Weasley mi sorride, la sua faccia sembra quella di una brava persona, forse lei non mi chiederà di distruggere una coppia per scopi malvagi.

***

«Vuoi del succo di zucca?» Scorpius mi ha baciata — davanti a tutti, e tutti è davvero un mucchio di gente. Un mucchio di gente che possiede due paia di occhi guardinghi, perciò calcolando approssimatamente, al momento ci sono una marea di occhi guardinghi spalancati e fissi su di noi — e adesso mi chiede come se niente fosse se voglio del succo di zucca. Non è normale, oppure invece lo è e quella a non essere normale sono io. Ha perfettamente senso. «Stai bene?»

Alzo gli occhi dal piatto e li punto con una certa urgenza nei suoi «Si»‌ esclamo.

E Scorpius lo sa quello che ha fatto, lo sa cosa significa, eppure si infila una striscia di bacon in bocca con fare rilassato, scrutandomi da sopra una scompigliata massa di capelli biondi, come se quella fuori di testa qui fossi io, e non Olivia Baston che ci maledice tutti sottovoce. «Si stai bene o si vuoi del succo di zucca?»

«Si» ripeto e Dominique ridacchia sotto i baffi di latte.

«Andiamo in classe?»

«Si»

«Mi fai un pompino?»

«S-» realizzo «Sei una idiota»















L'aula di Storia della Magia che abbiamo raggiunto con una certa difficoltà — data la massa informe di studenti che ci ha seguiti come una nuvola di pioggia maledetta, non appena ci siamo alzati dalle panche — è il luogo perfetto per rilassarsi e pensare.

O meglio, lo sarebbe stato se il mio compagno di banco, quello con il quale dovrò passare qui dentro due lunghissime ore della mia vita, fosse stato qualsiasi essere vivente a parte Scorpius. Ma naturalmente le chiappe sulla sedia a pochi centimetri dalla mia sono di Scorpius, e non di qualsiasi altro essere vivente. La solita fortuna.

«Ti sta bene?» chiede a bassa voce, piantandomi gli occhi in faccia. Ed io, che non ho la più pallida idea a cosa si stia riferendo, per non sembrare un'idiota sorrido e annuisco.

«Ti sta bene se ti bacio e dico ai miei amici che sei la mia ragazza, intendo»

Oh. Lui si riferiva a questo. Sbatto le palpebre confusa, perché in un certo senso contorto ma perfettamente da lui, mi sta chiedendo di stare insieme. Non che io non ci abbia mai pensato, effettivamente questa mattina sotto la doccia ci ho pensato un po' troppo, solo che sentirselo dire fa uno strano effetto.

Sono brava in molte cose, ma a tenere a freno la lingua proprio no. Per questo non mi stupisco, ed a quanto pare neanche Scorpius, quando inizio a parlare a vanvera «Si. Insomma no, non mi dispiace. Mi sta bene. È una cosa che succede dopo essersi rotolati nella cacca, immagino, si crea un legame forte quasi quanto la puzza. Bello. Il legame, non la puz-»

E Scorpius lo fa di nuovo. Si piega in avanti e mi bacia. Ed io vorrei dirgli che non è cortese interrompere una persona mentre espone un discorso sensato, ma non riesco ad arrabbiarmi per davvero. Mi limito a mordergli un labbro con forza, come muto segno di indignazione.

***

«Lo vedi anche tu o sto sognando?»

Alzo lo guardo perché quella voce beffarda mi è fin troppo nota, ed incrocio gli occhi verdi di Al, poggiato con fascino e stile innato allo stipite della porta «Lo vedo anche io» annuncio, riferendomi chiaramente a Rose e Scorpius, nascosti all'ultimo banco, intenti a parlare fittamente.

«Mi devi venti galeoni, Alice»

***

Scorpius si avvicina mestamente alla mia spalla, prima di poggiarci sopra una guancia e solleticarmi il collo con le labbra «Mi annoio» sussurra. Ed è così ovvio che si stia annoiando, come tutti in quest'aula del resto, persino Ruf probabile trova tremendamente soporifero il suono della sua voce. Così mi limito a sbuffare divertita e ad allontanarlo, anche perché Susie Bones ha la testa piegata in una strana posizione e ci sta fissando.

«Non mi interessa» sussurro a mia volta, e mi arrendo quando la guancia di Scorpius torna dov'era prima che la spostassi, con un mugugno irritato.

Il suo braccio corre a stringermi il busto da sopra il banco, ignorando il fatto che siamo in una stanza piena di studenti assetati di gossip «Svegliami quando questa tortura finisce» dice, poi chiude gli occhi.

«E se ce ne andassimo?»

Li riapre di scatto.

***

Scribacchio annoiata sulla pergamena di Sibyl, la mia ne è già completamente piena, e cerco di prestare attenzione a Flitwick che, dall'alto della sua pila di libri, ci spiega come incantare una piuma. Io lo so già fare, naturalmente, è un incantesimo talmente facile che potrei riuscirci persino senza bacchetta.

«Lily, piantala o ti affatturo» bisbiglia con autorità la mia migliore amica, assestando una gomitata potente al mio braccio. Non è educato reprimere in questo modo l'ispirazione artistica di qualcuno, privandolo di un foglio su cui scrivere. Sono pronta a farglielo presente, quando però il bussare alla porta — evento estremamente emozionate, dato lo schizzare degli occhi verso l'entrata di tutti, compresi miei — e mi dimentico ciò che stavo per dire.

«Avanti»

Fisso in trepidazione l'alta figura mascolina dai denti bianchi e il sorriso ammaliante che entra in classe, trasudando intelligenza e pazzia da ogni poro. Lysander, il mio ragazzo, è l'essere più bello di tutto l'universo «Buongiorno» dice con voce suadente, cercandomi tra la folla di studenti con lo sguardo. Posso sentire anche da qui gli sbuffi irritati di Lucilla Devis e le sue amiche.

«Signor Scamander, qual buon vento ti porta da noi?» trilla allegro il professore, felice di avere davanti uno dei migliori studenti del suo corso.

«Sono qui per Lily Potter, questioni familiari, non so se mi spiego...» non si spiega affatto, in realtà, ma preferisco non farglielo notare e godermi la sensazione di potenza.

Sibyl mi rifila un'altra gomitata, sta volta ben piazzata nelle costole, ma in aggiunta emette un gridolino sommesso, spronandomi ad andare.

Dopo tutto ho sempre sognato fare un'uscita di scena come questa.

***

«Pasticca Vomitosa o Torrone Sanguinolento, scegli» sprono Scorpius, facendo tentennare le caramelle all'interno del sacchetto che stringo sotto il banco.

«Perché io? Non poi farlo tu?» domanda come un vero serpeverde che si rispetti, sollevando gli occhi disgustato. Non mi aspettavo diversamente da uno che mangia il pollo con la forchetta, in realtà.

Poggio con noncuranza una mano sulla sua coscia, lasciando che le dita salgano più in alto del consentito, senza smettere di osservarlo «No. E poi, prima ce ne andiamo, prima possiamo fare altro» sorrido birbante, lanciandogli uno sguardo che lascia intendere molte cose, oppure niente, dipende dal suo livello di intelligenza.

«Definisci altro» assottiglia le palpebre sospettando dell autenticità delle mie intenzioni, ma nel frattempo infila una mano nel sacchetto, estraendo a caso.

Io, che non ho affatto voglia di dargli delle certezze, scrollo le spalle e ripeto con tono enigmatico «Altro...» vedendolo scuotere la testa divertito, prima di ficcarsi in bocca la parte arancione del Torrone Sanguinolento, e iniziare a perdere sangue dal naso.

***

«Dom, secondo te l'hanno fatto di proposito?» domanda Alice con una scintilla entusiasta negli occhi, camuffando la voce per non sembrare esageratamente interessata.

«Mi pare ovvio»

***

Salgo di fretta le scale del dormitorio di Serpeverde, trascinandomi dietro un euforico Scorpius — la sua mano intrecciata alla mia è calda, rassicurante — che da svariati minuti non ha fatto altro che ripetere quanto io sia bella e incredibile. Cose che già sapevo, ovviamente.

Ci fermiamo di nuovo, per baciarci, ed i miei fianchi sono schiacciati contro la ringhiera, permettendomi di sentire addosso l'evidente protuberanza che preme contro i pantaloni di Scorpius. Iniziamo a correre.

Sbatto la schiena contro il legno duro della porta, mentre le sue labbra vagano e mordono esperte ogni centimetro del mio collo ormai arrossato. Tanta è la fregola di riuscire ad entrare nella stanza, che Scorpius impiega svariati secondi ad arrancare con la mano a vuoto, prima di trovare la maniglia.

Immagino che fare troppe cose contemporaneamente lo spiazzi.

Improvvisamente i mei piedi non si trovano più saldati contro il pavimento, bensì sospesi per aria, attorcigliati attorno al bacino di Scorpius. Avanza e mi accarezza le cosce, il sedere, la schiena, posso sentire quanto brama un contatto maggiore dall'urgenza con cui mi graffia la pelle.

Le molle del letto cigolano non appena mi schiaccia tra il suo petto ed il materasso, apro gli occhi e incontro i suoi: grigi, socchiusi, eccitati. Probabilmente c'è la stessa scintilla di desiderio anche nelle mie iridi.

Le sue mani sono sotto la gonna, stringono il bordo delle calze e lo tirano via, spogliandomi con foga e senza scusarsi o accennare di sembrare dispiaciuto quando il tessuto velato e sottile si rompe con un crack. Ma dopo tutto non è come se a me importasse qualcosa, anzi, scalcio via quel che resta delle calze e le osservo finire sul pavimento, felice che ci sia un indumento in meno ad intralciarci. Poi è il turno delle camice, dei pantaloni, e della gonna, resta poco da lanciare a terra.

Ed ora non resta più niente.

Rotoliamo sul letto, invertendo più volte le posizioni. Il suo corpo è bollente contro il mio. Sento l'umido, le labbra, i denti, la lingua, prima sul petto poi sempre più in basso. Affondo le mani tra i suoi capelli e lascio che versi imbarazzanti riempiano la stanza, quando la sua bocca struscia dove mai una bocca mi aveva mai toccata.

«Wow»















Gli occhi grigi di Scorpius mi scrutano attraverso le palpebre socchiuse, mentre ciuffi biondi scarmigliati gli ricadono sulla fronte. Mi stringo meglio a lui, tra le sue braccia calde e scolpite, beandomi del tepore emanato dalle coperte calde e dal suo respiro sul viso. Sorride. «Sei rumorosa» esclama, ed io non so se prenderlo come un insulto o quant'altro, così mi limito a tirargli un buffetto sul petto.

«E tu sei... brutto» mento spudoratamente, allungando una gamba e poggiandogliela sopra il fianco per sentirlo più vicino.

Ride «Ah si? Poco fa non la pensavi così» mi accarezza la schiena. Il suo tocco è leggero e mi procura i brividi.

«Sta zitto»

«Comunque abbiamo Difesa tra mezz'ora, è meglio se andiamo» esclama con tono ragionevole e da persona matura.

«Mhh» grugnisco invece io, nel pieno delle mie facoltà mentali, maledicendo Merlino e tutti i suoi parenti.
















«Dove sei stata?» mi sussurra Dominique in un orecchio con fare inquisitorio, mentre la professoressa ci illustra ciò che faremo durante la lezione, facendo lievitare i banchi contro le pareti.

«In un posto» cerco di fare la vaga, ma con il suo fiato ad un millimetro dalla faccia risulta un tantino complicato. Perciò la spintono all'indietro, mentre Alice scuote la testa e mi fissa guardinga a qualche metro di distanza.

«Noi lo sappiamo» mima poi con le labbra, prima di voltarsi e sfoderare la bacchetta.

«Ah si?» dice Dom, e non mi piace affatto il modo in cui lo pronuncia, come se lei effettivamente sapesse. Comprendo che loro realmente sanno, quando la mia migliore amica lancia un'occhiata significativa a Scorpius, seduto sulla cattedra con nonchalance al fianco di Albus. «Quindi presumo che tu sia al corrente di avere un succhiotto proprio qui» picchietta l'indice sul mio collo, sorridente.

«Che cosa?»

«Come immaginavo»

Cerco Scorpius con gli occhi e trovo i suoi già puntati su di me. Gli faccio un gestaccio, molto significativo e volgare, e torno a rivolgermi completamente a Dominque «Dopo ti racconterò tutto, giuro»

«Era ora»

«Ad una condizione però. Devi dirmi cosa c'è tra te e James. Affare fatto?»

Sospira affranta «Va bene»

«Ora fate silenzio e concentratevi» esclama la professoressa, mentre il caschetto grigio le oscilla ad ogni movimento «Voglio vedere quest'aula piena di Patronus, intesi?»

Un leggero brusio di voci si diffonde per la classe, lo ignoro e tiro fuori la bacchetta dalla tasca del mantello. Chiudo gli occhi perché so che posso farcela: mi basta un ricordo felice, semplice. 

Penso alle risate, ai momenti che scaldano il cuore ed a quelli che lo fanno accelerare. Ricordo il mio primo volo sulla scopa, papà che mi affiancava felice, il vento tra i capelli e l'adrenalina che scorreva veloce nelle vene. A quell'immagine se ne sovrappone un'altra, vedo chiaramente la motocicletta volante, le stelle sopra la mia testa, il sorriso di Scorpius nello specchietto retrovisore. I battiti accelerano; percepisco il flusso dei pensieri che viene risucchiato fino all'estremità della bacchetta. Focalizzo un nuovo ricordo: James che scende dalla scopa, afferra la coppa vincitore e la folla ci acclama. La visione sfuma, un turbine di colori verdi e argentei sostituisce quello rosso e oro degli stendardi. Davanti a me c'è Scorpius, il boccino stretto tra le dita «per te». Ne cerco un'altro: il Natale alla Tana. La tavola piena di cibo, l'albero addobbato, la gravidanza di Victoire, Albus che manda a fuoco il tacchino. Il porridge nel mio piatto adesso non è più quello cucinato da nonna Molly, bensì quello degli elfi di Hogwarts. Scorpius mi è seduto accanto sulla panca, mi bacia.

Strizzo gli occhi continuando a tenerli chiusi, infastidita da una luce soffusa che inonda le mie palpebre. Avverto un calore piacevole diffondersi dall'impugnatura della bacchetta fino alla punta delle dita. Torno a concentrarmi.

Sono da Mielandia, Dominque ha assaggiato il suo primo zuccotto e fa smorfie strane. I capelli della mia migliore amica ora cambiano colore, il biondo diventa più chiaro, gli occhi non sono più azzurri ma grigi. Sento il peso del corpo di Scorpius schiacciato sopra di me, mentre la neve si insinua sotto la stoffa della sciarpa. Lui ride.

La luce si fa più forte, ma ancora non basta. Continuo a cercare, a rovistare tra i ricordi. Ho allagato il corridoio dell'ultimo piano con Fred e James, sono lì, posso vedere il disastro. Scappiamo prima che arrivi Gazza, non vogliamo finire in punizione. Ci spintoniamo a vicenda, il cuore batte forte, Fred scivola sull'acqua. Si rialza, ma davanti a me c'è Scorpius, mi afferra la mano, il suo palmo è caldo e morbido contro il mio, corriamo lontano dai ragazzi curiosi che ci inseguono. Adesso sotto ai miei piedi non c'è niente, l'azzurro limpido del cielo si staglia ovunque intorno a me, stringo le dita circondando il legno ruvido dell'albero e aspetto che qualcuno venga a salvarmi, non so scendere, ma non ho paura. Alla fine mi annoio e mi lancio a terra, il mio braccio si rompe, zio George lo riaggiusta promettendo che non dirà niente alla mamma. Ora invece le mie gambe sono a penzoloni nel vuoto, è notte e fa freddo. Scorpius è lì con me, ci prendiamo in giro a vicenda, poi d'un tratto lui mi bacia e cadiamo all'indietro. I capelli biondi in mezzo alla cacca «Mi piaci Rose, te l'ho mai detto?»

Ed è in quel momento che la sento. Una forza sconosciuta mi fa quasi tremare il braccio. La forza del mio Patronus corporeo, che sotto forma di luce argentea schizza fuori dalla bacchetta e piroetta per la stanza.

Osservo incantata la folta pelliccia, il naso triangolare proporzionato al muso allungato, e i lunghi artigli che spuntano dalle zampe. Mi gira attorno, lasciandosi dietro una scia luminosa che per svariati secondi mi avvolge e mi impedisce di vedere le facce felici dei mei amici. Poi un'aquila cattura l'attenzione del mio orso polare, e questo si allontana iniziando a rincorrerla.

«Mi piace, ti assomiglia» annuncia una voce roca alle mie spalle, ma non mi volto. Scorpius mi ha già circondato la vita da dietro, scostandomi i capelli.

«Stai dicendo che anche io sono grassa e pelosa?» chiedo, senza prendermela, inclinando la testa all'indietro per poterla poggiare sulla sua spalla. Avverto il suo profumo che mi riempie le narici, e per un secondo lo ricollego a quello nella mia Amortentia. Perché Scorpius è ovunque nei miei pensieri, c'è sempre stato.

«Non lo farei mai Carotina»

È il mio ragazzo, d'accordo, ma ciò non significa che io debba diventare d'un tratto la dolce fidanzatina amorosa che gli stira le cravatte. Così, assolutamente fiera di essere ancora me stessa, gli tiro una gomitata nello stomaco che lo fa gemere di dolore.

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