28. Passeggiata notturna
24 Dicembre, ore 03:22.
Tana.
Picchietto forte l'indice contro il vetro freddo della finestra, senza che James — indecente con quel pigiama rosso e gli occhiali storti sulla faccia, nella tipica posizione obliqua da: ho appena fatto a cuscinate con il mio migliore amico e le piume che ho in mezzo hai capelli ne sono la prova — si accorga della qui presente Rose Weasley, impegnata a fissare le stelle nella speranza di riuscire ad addormentarsi. James immerge i piedi nella neve allontanandosi frettolosamente dalla motocicletta volante perfettamente riparata, nascosta e coperta sotto ad un telo logoro dietro al pollaio.
«Piantala...» quello che sento è un borbottio particolarmente irritato, provenire dalla parte di materasso in cui, avvolta nel piumone azzurro come un involtino, dovrebbe esserci Dominique. «Rumore... fastidioso» si, quell'ammasso di roba informe non è altro che la mia migliore amica, nota per la sua incapacità di connettere il cervello e formulare frasi che abbiano senso compiuto prima di mezzogiorno.
«Vaffanculo. Entrambe» I ricci scuri di Roxanne balzano in alto scompigliati, quando lei si affretta a ficcare con rabbia la testa sotto ad un cuscino.
«Se iniziate a litigare, vi uccido» Alice sfoggia il tono più pacato e addormentato del suo repertorio, prima di crollare nuovamente nel mondo dei sogni.
Le ignoro, decidendo di tornare a guardare fuori dalla finestra, anche perché fissare con un sopracciglio inarcato le coperte aggrovigliate dalle quali sbucano solo i piedi bianchi di Dom, non serve a niente. Loro non possono vedermi e di conseguenza non possono rabbrividire davanti alla mia occhiata scettica e raggelante.
Raggelante quasi quanto osservare la neve che scende fioca, in piedi, nel bel mezzo della propria stanza, coperti solo da un misero pigiama di cotone. E scettica, come la me sedicenne adesso perfettamente consapevole di essere attratta da Scorpius Malfoy, nonché stupida, stupidissima, causa della mia insonnia.
Se non fosse per lui ed i suoi dannati capelli catarifrangenti, ora potrei essere tra le braccia di Morfeo.
O tra le sue, di braccia...
Liberare la mente da tutti vi pensieri. Ecco quello che devo fare, diciamo, immediatamente. Collaudare una motocicletta, a mio rischio e pericolo, prima di offrirla in regalo a zio Harry, mi pare perfetto per il mio intento e, nell'estremo caso in cui non dovessi riuscire a resettare il cervello, potrei lanciarmi da venti metri d'altezza con facilità senza neanche dovermi arrampicare sul tetto.
Agguanto un indumento dal pavimento che non mi appartiene, data la A rossa ricamata al centro della lana, e con la testa incastrata nel buco sbagliato del maglione corro a stringere tra le dita la bacchetta — inutile, dato il mio non essere maggiorenne — prima di fiondarmi il meno rumorosamente possibile fuori dalla stanza.
Dominique ringhia qualcosa, un insulto credo, ma sono troppo impegnata a indossare correttamente il dannato maglione di mio cugino Albus, per prestarle attenzione.
«Che fai qui fuori Rose?» soffia tra i denti James, in procinto di tornarsene nella sua camera da letto, ancora con un piede incalzato sollevato a mezz'aria. Trattengo il respiro, cercando di calmare il cuore in preda alla tachicardia, rendendomi conto di non aver calcolato di poter incontrare qualcuno durante il mio cammino «Non starai forse andando da...» si blocca tossendo, non terminando la frase. Fissa corrucciato la bacchetta che stringo tra le mani e riporta i suoi occhi nocciola sul mio viso colpevole.
Perché si, prendere il prestito la motocicletta volante destinata ad essere il regalo di Natale di suo padre, mi rende terribilmente colpevole.
«Una passeggiata» improvviso «In cortile, nevica, sai» certo che lo sa, il ghiaccio impigliato nei suoi capelli è evidente anche al buio. Ringrazio Merlino per avermi resa così abile a dire sciocchezze anche da appena alzata, e sfoggio un sorriso rassicurante che, osservando la faccia di mio cugino, deve assomigliare a quello di una ragazza mentalmente instabile.
«James» la testa rossa di Fred, sbuca dalla porta costringendolo a mollare la presa sulla maniglia. I capelli scarmigliati gli ricadono sugli occhi brillanti, troppo brillanti per essere quelli di un essere umano «Abbiamo un piccolo problema animalesco» lo dice con calma, come se ritrovarsi un paio di biglie marroni al centro della faccia fosse una cosa normale. «Oh Custode Suprema,» sentendo quell'aggettivo ghigno fiera di essere riuscita a farmi chiamare il quel modo «vuoi unirti a noi?»
Il maggiore dei Potter mi trapassa con lo sguardo, da dietro gli occhiali. È chiaro che il mio tentennare non gli sia passato inosservato: chiunque con un briciolo di cervello prenderebbe al balzo l'opportunità di entrare, su invito, nella loro camera costantemente chiusa al pubblico. Le frequenti esplosioni che spesso scuotono l'intera Tana, per non parlare degli strani odori che filtrano attraverso gli spiragli della porta — una volta un vapore violetto ha inghiottito l'intero corridoio, e ci sono voluti due giorni per far tornare le pareti e i capelli di nonna Molly, del loro colore naturale — sono un completo mistero.
«Lo trovo allettante,» dico cercando di non fare caso agli occhi assottigliati di James, che continuano a fissarmi insistentemente con le labbra arricciate in una smorfia di cui non comprendo il significato «ma preferisco fare un giro»
«Come vuoi» Fred scrolla le spalle, concentrandosi dubbioso sul viso del suo migliore amico «Buonanotte» esclama frettoloso, prima di afferrare James per la maglia del pigiama, trascinarlo dietro di lui, e sbattermi la porta in faccia.
***
Albus sa che Rose è appena uscita dalla sua stanza, lo percepisce da come le assi del pavimento emettono scricchiolii secchi e veloci, o dalle parolacce non poi così tanto bisbigliate quando va a sbattere contro una cassa di pasticche vomitose. Albus sa tutto, forse è un veggente. Albus è consapevole che Rose non ha intenzione di andare a prendere un bicchiere d'acqua come tutte le persone normali. Albus ha già l'immagine della motocicletta volante che spicca il volo, impressa dietro le palpebre. Albus deve fare qualcosa immediatamente, perché i suoi due migliori amici sono allocchi patentati, in primis smettere di parlare in terza persona.
Carico il gomito e mirando completamente alla cieca, infilzo uno Scorpius inerme alla mia sinistra. È un attimo, lo sento sobbalzare e agitare una mano nella speranza di riuscire a colpire — ha preso in pieno la spalliera del letto, l'idiota — l'origine fastidiosa, che poi sarei io, del livido violaceo che si ritroverà in chissà quale parte del corpo domani mattina.
«Stupido Potter» sibila oltraggiato, dandomi la schiena.
***
Sospiro rassegnato quando, per l'ennesima volta, il gomito di Albus mi finisce con forza in mezzo alle costole, mentre il suo rumoroso russare mi trapassa le orecchie nonostante siano premute con forza contro i palmi delle mani.
In questi casi, non c'è altro da fare che afferrare il cuscino e andare a dormire sul divano. Ed è esattamente quello che mi ritrovo a mettere in atto, pochi secondi dopo, mentre stringo tra le dita la stoffa bianca e sottile del mio guanciale.
Rumori curiosi, proventi dalla fine delle scale sulle quali ho appena messo piede, attirano la mia attenzione e, inoltre, considerando di essere in una casa di Weasley Potter, aumentano a dismisura la necessità di correre ad agguantare la bacchetta che ho in tasca.
Una treccia di capelli rossi sferza nell'aria, intercettata a fatica dal mio occhio profondamente assonnato. La figura minuta, dalla postura sicura e insolente, che mi precede non pare accorgersi della mia presenza fino a quando non manco l'ultimo gradino e con un suono sordo il piede mi si spiaccica con forza sul pavimento.
«Ma che...» al buio gli occhi nocciola di Rose sembrano ancora più luminosi «Scorpius!» non sembra contenta che io sia a soli pochi centimetri dal suo ridicolo maglione verde, ma appunto è solo apparenza, tutti sarebbero euforici di intrattenere una conversazione notturna con il Malfoy in pigiama qui presente. Non è modestia, la mia, solo semplice verità.
«Rose» calco il suo nome nello stesso modo in cui lei ha appena pronunciato il mio, ma solo perché devo mantenere un certo contegno o credo che potrei schiattare davanti alle sue gambe magre e toniche, lasciate scoperte dal maglione. «Cosa ci fai qui?»
«Ci vivo»
«Hai capito cosa intendo, cretina»
La sua bacchetta affonda con forza nel mio stomaco, provando ad infilarzarmi selvaggiamente come uno spiedino. Serra le labbra già pronte a schiantarmi, quando la mia, di bacchetta, corre a pungerle il collo chiaro, lasciato in bella mostra dai capelli. L'aria intorno ai nostri corpi, così vicini che basterebbe mi chinassi in avanti per poterle stringere le labbra tra i denti, si addensa e riesco chiaramente a percepire una scarica elettrica che mi attraversa la schiena, lasciandomi stordito.
«Come mi hai chiamata?» ringhia, il piccolo naso lentigginoso sfiora il mio, non appena la forza del suo pugno stretto attorno alla mia maglia mi trascina vicino al suo viso. L'odore dello shampoo di Rose quando la treccia, con un colpo di mano, le finisce dietro la schiena, è fiorito, decisamente delicato, e allo stesso tempo capace di accendere una fiamma nel mio stomaco — nota sede delle classiche sensazioni strane da innamoramento — «Non sono in vena di scherzare. Ripetilo se hai il coraggio»
Sorrido sfacciato «Cretina» sussurro a pochi centimetri dalle sue labbra «Metti giù la bacchetta, non puoi schiantarmi se lo faccio prima io» lei, così come me, non accenna a distogliere lo sguardo o ad indietreggiare «Sono un gentiluomo, non vorrei dover essere costretto a metterti fuori gioco»
«Io che invece sono sempre una gentildonna,» ribatte astiosa, con un sorrisino eloquente che trovo piuttosto accattivante «ti concedo due secondi per scappare. Non voglio mica che tutta la famiglia si svegli per colpa del tuo stupido corpo che finisce dritto nel camino»
«Facciamo così» la curiosità di scoprire quello che ha intenzione di fare, è tanta da costringermi a rinunciare al sonno «Tu mi porti con te, ovunque hai intenzione di andare, ed io non correrò da Hermione per dirle che sua figlia sta sgattaiolando fuori casa, nel bel mezzo della notte»
Preme le labbra con forza, pensierosa. Poi ghigna maligna «Come desidera, messeur»
«Non ci salgo su quel coso»
«Capisco, te la stai facendo sotto» l'unica voce capace di stuzzicare davvero il mio l'orgoglio e di intrigarmi come nessun'altra, costringe le mie palpebre ad assottigliarsi ed a immergere lo sguardo nelle sue due iridi nocciola che mi sfidano in silenzio «Torna pure dentro, al sicuro, principessa.»
E se Rose Weasley mi guarda in quel modo tutto il resto non conta. Al diavolo i venti metri che separeranno i nostri piedi dal sacrosanto terreno. Al diavolo la neve che ci inzupperà i vestiti e probabilmente ci segregherà morenti a letto, con una broncopolmonite per chissà quanto tempo. Al diavolo il mio terrore per gli aggeggi babbani, in particolare per quelli su cui un Potter e dei Weasley hanno messo le mani. Al diavolo. Lei mi sta sorridendo, e la fossetta che le spunta accanto a quella bocca birbante mi istiga come nessuno ha mai fatto prima. Sento nello stomaco l'enorme elastico invisibile che tira con forza verso di lei, e non mi permette di distogliere lo sguardo dalla treccia sfatta che le ciondola sulla spalla, o dalle labbra arrossate dal freddo curvate verso l'alto che, pur di prendermi un ceffone, mi chinerei a mordere e baciare, fino a farle diventare rosse e per un motivo che non ha niente a che vedere con le basse temperature.
Ha lanciato la bomba e lo sa che non mi tirerò indietro, glielo leggo in faccia. È così sicura che non cederò, da piantare il piede nella neve ed attendere che la raggiunga, tamburellando appena le dita sul manubrio della motocicletta. Ghigna quando lentamente estraggo le mani dalle tasche e le lascio ricadere lungo i fianchi con un gesto noncurante. Poche falcate, una gamba che scavalca il sellino e sono già dietro di lei, con i palmi che fremono dalla voglia di stringersi attorno ai suoi fianchi, ma che non lo fanno, almeno non subito.
Quale sciocco preferirebbe battere in ritirata davanti ad una Rose Weasley ribelle e tremendamente eccitante? Uno sciocco con un gran bel cervello, ecco chi. Volare con lei, assecondare i suoi movimenti ed evitare di sfracellarsi al suono non è proprio uno scherzo.
L'unico occhio profondamente entusiasta che riesco a vedere non appena volta il viso per scrutarmi rilassata, brilla sotto la luce fievole delle stelle, felice.
«Sai almeno guidarla?» mi accerto nel modo più neutrale che riesco a sfoggiare, trattenendo l'impulso di afferrarle il viso e succhiare quelle labbra dischiuse a pochi centimetri dalle mie.
«Ma per chi mi hai preso?» Il suo tono divertito appena velato dall'indignazione, mi disegnano davanti alle palpebre l'esatta espressione fintamente oltraggiata che deve avere assunto. Recepisco ovattate le parole che pronuncia proprio quando il rombo del motore mi riempie le orecchie, e le cingo con forza la vita «Certo che no!»
Sorrido perché è matta, completamente fuori di testa e mi piace da impazzire.
***
«Fred ti giuro che fino a dieci minuti fa la moto era qui!»
«James, ne sei sicuro?»
«Dubiti per caso di me, vecchia ciabatta?»
«Faccia da culo, il tuo piccolissimo cervello ha la memoria di un cucchiaino. Quindi si, dubito di te»
«Sono oltraggiato, lasciami solo»
«Oh andiamo, ti sei offeso?»
«...»
«James, non ignorarmi»
«...»
«JAMES, non tenermi il muso!»
«...»
«Scherzavo, va bene. Mi fido ciecamente del tuo stupido cervello, ok?»
«Adesso va meglio»
«Quindi che facciamo, lanciamo l'allarme Padfoot?»
«Esatto Freddie, che allarme Padfoot sia»
***
Una motocicletta volante non è una scopa, è da tenere bene in chiaro. Possiede determinati aggeggi in metallo di cui non so il nome, figuriamoci l'utilità, ma se c'è una cosa che ho capito, è che non è il bacino a indirizzarla nella direzione che si desidera prendere, bensì quello stupido manubrio. Questo Rose, ostinata ad ancheggiare — e a farmi uscire di testa con il suo dannato sedere che si agita a ridotta distanza dal cavallo dei mei pantaloni — ancora non l'ha capito.
È una sensazione piacevole quella dell'avere il petto premuto contro la schiena leggermente piegata in avanti di Rose. Stessa cosa vale per la forma dei suoi fianchi sotto i mei palmi. L'impulso di stringerli più forte, di graffiarli, sommato al continuo e inebriante profumo a cui sono esposte le mie narici, fanno in modo che gli ormoni mi schizzino alle stelle.
Devo calmarmi, non c'è altro da fare. La mia saggia decisione viene messa a dura prova dalle sue natiche, che fanno di nuovo pressione sull'unica parte del corpo che non riesco a controllare.
«Lo fai di proposito, non è vero?» la voce mi esce roca, trattenuta. La sento rabbrividire quando le mie labbra le sfiorano l'orecchio, e non riesco a fare a meno di sorridere compiaciuto.
«Cosa?» non è il finto tono ingenuo che, come sospettavo, fa in modo che io capisca di avere ragione, ma il ghigno divertito ed eloquente che intravedo dallo specchietto.
«Te la sei cercata mocciosa»
***
«Ronald, cosa sono questi rumori?»
Ronald, non dovrebbe mentire a sua moglie, me lo ripeto sempre. Ma è per un bene superiore che con noncuranza scosto le tende e osservo fuori dalla finestra la decina di ragazzi imbacuccati che, pensando di essere discreti, bisticciano e corrono per il cortile, alla ricerca di qualcosa che probabilmente doveva trovarsi lì e che Rose, forse, ha preso in prestito «È solo il vento tesoro, torna a dormire»
Hermione si solleva sui gomiti, i capelli gonfi e arruffati, bellissima «Sicuro? A me sembrano voci» scruta con occhio torvo e troppo assonnato per essere davvero minaccioso, la mia figura eretta davanti al davanzale.
«Certo che sono sicuro» lo sguardo mi cade su un cumulo di neve, sollevato magicamente da Fred che, una volta appurato non esserci niente sepolto sotto, lo lancia all'indietro e — senza curarsi di niente o nessuno — lo indirizza senza saperlo proprio verso questa finestra. La tenda ricade davanti al vetro, nello stesso instante il cui la mia voce sovrasta il suono dello schianto «BUONA VIGILIA DI NATALE!»
***
«Noi andiamo a caccia di gnomi, magari l'hanno presa loro» Lysander mi fissa da sotto il berretto grigio, con l'enorme cappotto a rallentargli i movimenti, in attesa della mia approvazione. Approvazione che, in un altro momento, non avrei esitato a lanciargli come un fresbee all'istante. Ma adesso mentre tiene un braccio sopra le spalle di mia sorella, non posso fare a meno di desiderare di ficcargli due dita negli occhi e trascinare Lily via da lui.
«Ah, è così che lo chiamate voi giovani d'oggi?»
«Cosa?» Lily arrossisce, senza abbandonare l'espressione battagliera di chi è pronta a trucidarti «Guarda che stiamo davvero andando a caccia di gnomi, James»
«Si, beh» batto un pugno contro il palmo, mantenendo il contatto visivo con il Corvonero «Ci siamo capiti»
«Già, ci siamo capiti» urla Fred, dall'altra parte del cortile, estraendo dalla neve il corpo di un Hugo infreddolito e tramortito.
Lys apre la bocca per ribattere, ma qualcuno mi afferra per il cappotto — in modo davvero molto poco aggraziato, visto che rischio di inciampare diverse volte e di finire con la faccia per terra — prima che possa sentire la sua risposta «Lasciala stare, sa badare e se stessa» la voce del mio possibile assassino, è davvero soave, diversa da quella che ci si aspetta per uno spietato sicario mandato ad ammazzarti.
«Domi, mi stai strozzando»
***
Una volta attraversata la periferia del villaggio di Ottery St. Catchpole, il terreno sotto la motocicletta volante inizia a riempirsi di luci, colori e comignoli fumanti. Il veicolo, guidato da una distratta Rose Weasley, continua a sbandare.
Ignorando il possibile pericolo mortale, mi sento estremamente compiaciuto di essere io il motivo della sua distrazione.
Le stringo la vita da dietro, mentre le mie labbra le sfiorano il collo per l'ennesima volta, senza approfondire. L'insolito calore che sento all'altezza dello stomaco, supera quello di tutti i camini accessi nelle casette dai tetti innevati, parecchio al di sotto dei nostri piedi.
«È meglio se atterriamo, mi sto stancando» borbotta, chinandosi in avanti per allontanare la nuca dal mio viso. Con il respiro irregolare, ruota il manubrio, puntando ad una pianura circondata da alberi. Capisco di avere fatto centro dal modo indignato in cui tiene le spalle, e dal fatto che continua a torturarsi le labbra con i denti.
«Hai paura che se continuo a starti vicino potresti saltarmi addosso?» rido, la butto sullo scherzo, ma in realtà è proprio quello che desidero che faccia.
Deve essere lei a baciarmi per prima, non posso continuare ad illudermi. Fa male, perché Rose è vicina, a pochi centimetri da me, ma non posso toccarla davvero. È il senso di impotenza più totale che mi invade dalla punta dei piedi, fino al mio capello più lungo. Impotente perché sono innamorato di una ragazza che non ricambia, e non riesco a smettere di esserlo.
È tutta colpa dei suoi capelli dannatamente rossi, del suo essere una stupida carota ambulante con un sedere grandioso. Se non avesse avuto quegli occhi scuri, con ciglia così lunghe capaci di estraniarmi dal mondo, forse adesso non sarei diventato un completo imbecille. Se non fosse stata così acida e accattivante, forse, non mi troverei in questa situazione assurda. Se fosse stata un'altra e non Rose Weasley, non avrei mai saputo cosa significa essere innamorati, non avrei provato i bisonti nello stomaco e non avrei mai sorriso come un'idiota vedendo entrare una ragazza nella mia stessa stanza.
Sarei rimasto lo Scorpius Malfoy di sempre: incompleto, ma con il cervello a posto.
«Oh si, ti piacerebbe»
È l'alba, i raggi rosati del sole, identici alla punta ghiacciata del piccolo naso all'insù di Rose, sbucano da dietro una collina e lentamente prendono il posto della notte.
Lei mi osserva decisa a qualche metro di distanza, sgranchendosi le gambe che, come le mie, sono state tutta la notte a cavallo della motocicletta di Harry.
Tengo gli occhi puntanti sul mozzicone di sigaretta che stringo tra il pollice e l'indice, prima di sollevarli quasi per caso ed incontrare i suoi, assottigliati come se mi stesse studiando con attenzione. Non posso fare a meno di ammiccare giocoso nella sua direzione, sapendo bene che lo odia. È il suo dito medio, infatti, a riempire la mia visuale poco dopo.
Ghigno, faccio finta di afferrare il suo vaffanculo per aria, stringendolo in un pugno, e me lo porto al cuore. Gli angoli della bocca di Rose si sollevano impercettibilmente verso l'alto, prima che lei distolga lo sguardo e calci via un ammasso di neve con un piede.
«Non ti sopporto» soffia tra i denti, alzando il viso al cielo. Il largo sorriso che le illumina il viso è però, in netto contrasto con la sua affermazione.
«Perché?» chiedo senza pensare, consapevole che farsi riempire di insulti non è esattamente il mio desiderio più grande.
Schiude le labbra sorpresa, fissandomi attentamente come se i motivi — perché dubito che sia uno solo — non fossero abbastanza palesi e comprensibili al mio povero cervello bacato «Beh, per prima cosa sei saccente, egocentrico, irritante, usi le rag-»
«Dimmi qualcosa di concreto» la interrompo, fissandola con un sopracciglio inarcato «Andiamo Rose, so che puoi fare di meglio che sparare aggettivi dispregiativi»
Sono un autolesionista, altrimenti non c'è altra spiegazione che tenga davanti alla mia idiozia.
***
Scorpius vuole davvero sapere perché non lo sopporto? Beh, non mi tirerò di certo indietro davanti ad un'opportunità simile. Il motivo più importante — quello che mai, per niente al mondo lascerà la mia bocca — è che mi piace. Mi piace il suo sorriso, i suoi occhi, il modo in cui mi guarda quando pensa che io non me ne accorga, e tutto questo mi rende una perfetta stupida.
Assottiglio lo sguardo, facendo mente locale di tutti gli svariati motivi per i quali credevo di odiarlo e mi schiarisco la voce.
«Non sopporto il modo in cui sei sempre impegnato a sentirti superiore agli altri» inizio ispirata, ignorando il suo sogghigno «fingi sempre che nulla ti tocchi, è come se non provassi niente. Tu credi che il tuo "essere di ghiaccio" ti adagi su un gradino più in alto di tutti quelli che ti circondano, come se fossi accerchiato costantemente da un branco di idioti»
Continua a fissarmi con le labbra dischiuse e la testa leggermente reclinata da un lato, il ghigno ancora sulle labbra «Bene, altro?»
«Detesto il modo in cui ti guardi attorno perché i tuoi occhi non dicono cose belle» proseguo imperterrita «E le poche volte in cui non insulti il tuo interlocutore con lo sguardo, sono incomprensibili. Spesso vorrei tanto sapere cosa ti passa per la zucca» d'accordo più frequentemente di spesso, e per l'esattezza quando mi fissa senza dire una parola, ma questo non glielo dico «Mi irrita quando mi guardi senza motivo, in quei casi non so mai cosa pensare: ho una foglia di insalata tra i denti? La mia faccia è di nuovo verde? James ha trasfigurato la mia divisa in un costume da bagno? Capiscimi, è snervante. Mi fai sentire sotto esame e sai benissimo quanto lo odio»
«Ti metto in soggezione?» curva gli angoli le labbra verso l'alto, ficcandosi le mani nelle tasche divertito «Tranquilla Rose, sei sempre bella»
Assottiglio le palpebre perché quello era un complimento. Un complimento appena uscito dalla bocca di Scorpius Malfoy. Prendo aria, ignorandolo a fatica, e torno al mio discorso più propensa che mai a sputargli tutto addosso «Hai presente quando te ne vai in giro a petto nudo? Beh, lo detesto» agito le mani per accentuare il mio livello di indignazione «Ma chi ti credi di essere? Vuoi essere guardato, è palese, e tu non sai com'è difficile cercare di non darti nessuna soddisfazione, fissando il pavimento come se fosse davvero così interessante, anziché te»
Noto con la coda dell'occhio il suo sorriso allargarsi a dismisura «Ah, tra l'altro non sopporto i tuoi stupidi ghigni. Non fai altro dalla mattina alla sera: ghignare, ghignare, ghignare. Non capisco come tu faccia a non avere una paralisi facciale»
«Tutto qui?»
«Oh, stai zitto» sbotto spazientita, marciando nella sua direzione con la treccia che mi balza su una spalla, fino ad arrivare a puntare un dito contro il suo petto «Sei insopportabile perché mi stuzzichi sempre, in qualsiasi momento del giorno e della notte, e la cosa che mi fa arrabbiare è che mi piace. Si, hai sentito bene, mi piace discutere con te, mi diverte, mi fa sentire viva. E non va bene, affatto»
Agguanto il suo capotto tra le dita e lo stringo con forza «Odio tutti i nomignoli ridicoli che mi dai, perché anche se sono raccapriccianti, mi fanno sentire speciale. Non ti ho mai sentito chiamare un'altra ragazza mocciosa, mostriciattolo o carota, è una cosa che fai solo con me»
Sbuffo perché Scorpius mi sta fissando, di nuovo, ed io non riesco a sollevare lo sguardo per paura di trovare in mezzo al grigio solo enorme e profondo divertimento. Con le mani ancora serrate sulla stoffa della sua giacca, il respiro irregolare e le guance in fiamme, mi preparo psicologicamente a sentire qualche battuta stupida che vada a sottolineare quanto io sia patetica.
«Rose, guardami» è serio, autoritario. L'unico problema è che io non sono abbastanza Grifondoro per riuscire ad assecondarlo.
Solo, non c'è bisogno che mi sforzi o che mi prepari qualche discorso mentale su quanto sia una donna forte e coraggiosa, capace di sfidare Merlino in persona. Scorpius mi afferra il mento tra il pollice e l'indice e, con una dolcezza che mai avrei associato ad un Malfoy, mi costringe a guardarlo negli occhi.
Le sue iridi sono un mare in tempesta, ammalianti e spaventose allo stesso tempo. Non ci sono veli di scherno, muri o barriere invalicabili a dividere i nostri sguardi. Siamo solo noi, i veri noi.
Scorpius sorride teneramente. Il suo naso sfiora il mio, la differenza di altezza si azzera quando lui si piega in avanti, e la mia mente acuta e geniale si offusca completamente quando passa con lentezza un polpastrello sulle mie labbra screpolate.
Respiro il suo profumo, e lo fisso sconcertata, ormai sicura di riuscire ad affettare con un coltello l'elettricità che avvolge i nostri corpi.
Sono io, forse non poi così codarda, a distogliere lo sguardo per prima. Ma solo per poter abbassare le palpebre e mettere fine a quell'intenso scambio di sguardi, con un bacio.
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