Mia.




Per Damiano, volume secondo


Mia



Noi femmine aspettiamo dentro mentre i maschi fanno la partita. Fanno la partita ogni giorno.

Oggi non volevo venire a Socializzazione. In realtà non ci voglio venire mai ma oggi di meno perché Damiano viene a casa e io non ci sono. Ho chiesto a mamma Sere se mi viene a prendere con lui come l'altra volta ma non sono sicura che si potrà fare. Ho sbirciato sulla TV di Stato e parlavano sempre di lui e quando parlano sempre di lui significa che ha arrestato qualcuno di molto cattivo oppure che ha disobbedito a papà.

A me piace Damiano quando disobbedisce a papà. Papà non è buono come lui. Invece Damiano è buonissimo. In realtà se ne frega di obbedire. Quando lo fa, fa solo finta. Damiano non somiglia nemmeno a Darko. Darko non è buono nemmeno un poco. Darko è come papà. Invece io e Damiano siamo come mamma Sere. Anche Adolfo è come mamma Sere.

L'educatrice Lia mi chiama e io salto sulla seggiola: «Mia! Hai fatto un buco alla gonna!»

Abbasso gli occhi e vedo che c'è ancora il mio dito dentro. Lo tiro via e metto le mani dietro la schiena ma il buco mi rimane sulla coscia.

Lia si abbassa, controlla la stoffa e fa la faccia arrabbiata. «Guarda cos'hai combinato! Una bambina di buona famiglia come te! Dovrò scriverlo a tuo padre! Devi tenerle ferme quelle mani dannose!»

In realtà non è un buco molto grande. E poi non l'ho fatto proprio io, c'era un filo.

«Se lo dici a papà, io lo dico a Damiano e lui ti spara» mormoro. Damiano non lo farebbe mai, ma lei magari ci crede e mi lascia in pace.

Invece diventa tutta rossa e sta per dire che ha visto la TV di Stato e anche lei è arrabbiata con Damiano perché ha disobbedito a papà.

«Starai in punizione e non giocherai coi maschietti, oggi.»

Le mie compagne, tutte sedute sulle panche vicino a me, mi guardano e pensano che sono cattiva. Lia sta facendo pensare questo, che non mi merito nemmeno di giocare con i maschi perché sono quasi più monella di loro.

Mamma dice che non devo rispondere e devo accettare i rimproveri perché così finiscono prima ma io non ci riesco mai e anche se mi sforzo va a finire sempre così come sto per fare anche adesso.

Mi metto in piedi e prendo in mano il pezzo di gonnellino col buchetto. Devo essere veloce perché sennò mi ferma. Infilo nel buco due dita, forte forte, e mi faccio anche male perché la stoffa è dura ma riesco a strapparne un altro pezzetto. Ora le mie compagne stanno pensando che mi comporto proprio come un maschio e io invece mi chiedo come fanno loro a non arrabbiarsi mai.

L'educatrice Lia mi prende e mi blocca le mani. È proprio arrabbiata, con gli occhi larghi, così tanto che non dice niente, e mi trascina fuori dall'aula di attesa. Di sicuro mi porterà nel buio. Mi agito e cerco di togliere il polso dalla sua mano grande ma lei è forte e non mi lascia. Nel corridoio mi guardano tutte le altre assistenti e io sono stufa di essere guardata così.

Stiamo andando nella stanza del buio e io non voglio perché lì dentro non c'è proprio niente da fare e finisce sempre che piango e poi pensano che dato che piango sono una bambina come tutte le altre.

«Chiedo scusa!» Dico forte ma senza urlare. «Mi dispiace tantissimo! Non bucherò mai, mai, mai più la gonna!»

Lia rallenta. Mi guarda.

«Chiedi scusa anche per avermi minacciata di dire chissà cosa a Capo Domini.»

Lia è bella ma è sempre arrabbiata e non sorride mai. Le altre assistenti dicono che è arrabbiata perché è zitella. Che una donna della sua età senza marito diventa acida come lo yogurt.

«Quanti anni hai?» Le domando.

Ha i capelli biondi tutti legati bene, non si spettina mai.

«Cosa c'entra questo adesso?»

Faccio spallucce.

«Chiedi scusa e ti riporto in aula.»

«Scusa.»

Annuisce e sospira ma è ancora spazientita.

«Ho ventisette anni» dice dopo un pochino.

«Come Damiano!»

Fa di nuovo di sì con la testa e le altre assistenti sono tornate a fare il loro lavoro.

«Dovrai rammendare la tua gonna, perciò non potrai socializzare con i maschietti.»

Alzo le spalle. A me non interessa parlare con quelli. A parte Adolfo. Adolfo è bravo.

«Damiano però è sposato» dico.

Lei non mi risponde, mi tiene sempre per il polso, stavolta meno forte, e torniamo verso l'aula.

«Sta facendo una cugina per me.»

«Parli troppo, Mia. Devi imparare a chiedere il permesso.»

«Con Damiano non chiedo il permesso. Quando lui sarà Generale toglierà questa regola.»

Lia si ferma davanti alla porta ma non la apre, «questa non è una regola. È buon senso. Le donne che parlano troppo non sono gradite e restano da sole. Vuoi rimanere da sola?»

È una domanda a trabocchetto. Sto zitta. Stare zitta risolve sempre tutto.

«Lo so che ti senti legittimata a comportarti così perché sei di famiglia Domini e hai preso questo esempio dai tuoi fratelli grandi. Ma per noi donne non funziona così, Mia. A te sarà richiesta il doppio della diligenza, il triplo della sottomissione, il quadruplo dell'educazione proprio come ai tuoi fratelli sono stati richiesti il doppio, il triplo e il quadruplo delle capacità che deve dimostrare un uomo qualunque.»

Mi scappa: «ma io non voglio. Io voglio diventare come Damiano. Capo di Corpo e poi Generale.»

Educatrice Lia alza gli occhi al soffitto e io insisto perché secondo me questa volta magari mi crede.

«E quando sarò Generale tolgo alche la regola di sposarsi per forza così non sei più zitella acida!»

Lia mi colpisce. Non forte come fa papà. Però non capisco, lo faccio per lei, così nessuno la prende più in giro.

Apre la porta e mi spinge dentro. Lei non entra. Le mie compagne mi guardano di nuovo. Sono ancora tutte composte come le ho lasciate e stanno ascoltando le poesie mentre aspettano i maschi.

L'altra educatrice mi manda nell'angolo lontano, tira fuori dall'armadietto il materiale da cucito e mi ordina di aggiustare il vestito.


***


Ora la mia gonna è riccia dove prima c'era il buchino. Mi sono punta il dito due volte e sono uscite due gocce di sangue. Ora è passato.

L'aula è silenziosa e c'è solo un'assistente a guardarmi. Io mi appoggio alla finestra che sporge sul giardino e guardo le mie compagne giocare con i maschi. In realtà non giocano: stanno raggruppate per conto loro e sopportano gli scherzi e le risa. I maschi sono sozzi e sudati perché hanno giocato col pallone, due hanno tolto la maglietta perché avevano caldo. Non sono stanchi perciò alcuni stanno ancora correndo. Le femmine non possono correre perché sennò si sporcano o si spettinano o si rovina il vestitino. E poi se la gonna si solleva e si vedono le mutandine sono guai.

I maschi possono strillare e ridere con la bocca aperta. Poi due di loro bisticciano e va a finire che si azzuffano e gli schiamazzi fanno alzare dalla sedia anche l'assistente che controlla me.

«Stanno facendo a botte» dico così.

«Sono ragazzi» sospira e forse le fanno tenerezza. Poi mi dice di togliere i gomiti dal davanzale perché non è signorile.

Resto a guardare e finalmente ritrovo Adolfo che si era allontanato. Viene dritto verso qua e poi si arrampica un pochino per raggiungere la finestra. Lui può mettere i gomiti sul davanzale e l'assistente non gli dice niente perché per un maschio non è vietato non essere signorile.

Adolfo infatti non è signorile per niente, però è gentile. Mi sorride e i denti davanti che gli sono ricresciuti sono giganteschi.

«Sei in punizione?» Mi chiede.

Faccio di sì con la testa.

«Che cosa hai fatto?»

«Un buco nella gonna.»

Lui sorride e non capisce dal momento che i suoi pantaloni hanno buchi davvero grandi sulle ginocchia. Ma è perché fa il portiere.

«La tua assistente ha detto che hai pianto.»

«Non è vero. Io non piango.»

«Però hai gli occhi rossi quindi è vero.»

«Non vale come pianto perché ero arrabbiata.»

«Una femmina che si arrabbia, sei proprio strana» ride e io gli guardo i dentoni. «Allora tieni questi» mi allunga un paio di occhiali da sole attraverso le sbarre. Li acchiappo subito perché sennò se ne accorge l'assistente e me li leva. Ho visto solo che sono azzurri e quindi sono da maschio.

«Mia madre mette gli occhiali da sole quando piange, così non si vede e nessuno le dice niente.»

Forse Adolfo non sa che non mi farebbero mai mettere degli occhiali da maschio, però è gentile e il regalo mi piace perciò me lo tengo. Poi prima di andarsene di nuovo a giocare mi sorride a bocca chiusa e mi piace perché ha gli occhi chiari che somigliano un pochino a quelli di Damiano ma quelli di Damiano sono più colorati.

«Devi fare la brava così ti fanno uscire a giocare. Quando da grande ti sposerò potrai fare tutti i buchi alla gonna che vorrai perché a me non interessa. Però ora devi fare come dicono loro sennò non possiamo socializzare.»

È per questo che mi piace Adolfo. Perché a lui non interessano la maggior parte delle cose che io devo fare per forza.

«Ma io sarò Generale da grande.»

«Anche le Generali si sposano, no?»

«Non lo so. Forse.»

«A me va bene se fai la Generale.»

Qualcuno lo chiama, lui si volta e strilla, «sì arrivo, cazzo!»

«Gli occhiali posso tenerli?»

«Te li regalo» fa spallucce, «tanto io non piango mai.»

Lo guardo col broncio, non può essere vero e non mi piacciono le bugie.

Lui invece insiste. «Davvero, nemmeno quando mi arrabbio.»

Adolfo si allontana dopo essere sceso con un salto e andando a marcia indietro per guardarmi di più. Ora sorride con i denti di fuori e anche se sono troppo grandi mi piacciono. Forse quando gli crescerà anche la testa saranno giusti.




***Nota dell'autrice***


Come anticipato negli avvisi, il vol.2 di Per Damiano-MM84, oggi 30 giugno 2023, viene rimosso da Wattpad, in occasione della pubblicazione cartacea del primo volume, edito La Corte Editore.

Mi dispiace che lasci questa piattaforma che mi ha dato tanto, ma Massimo e Damiano devono fare il salto e arrivare al grande pubblico. Devono cambiare il mondo.

Il secondo volume sarà presto in libreria. Do regolari aggiornamenti su instagram, su, mio profilo _jumaybe

Grazie per essere stat* con me e soprattutto CON LORO.


Stay Feminist,

Stay Queer.


Ju

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