Parte 9 - Bugie

Sofia

Infilo le chiavi nella porta di casa, ma mi accorgo che è già aperta. Il cuore mi salta in gola, no, non credo ci sia un ladro, ma spero che mio padre sia qui, o, forse, c'è mia madre che stasera non ha cene di lavoro a tenerla lontana da me.

Entro e mi libero del giubbino, avendo cura di non far cadere i dolcetti che ho preparato con Mirko e suo nonno.

Attraverso l'ingresso, e quando mi avvicino al salotto noto che la luce è accesa e che dalla stanza provengono delle voci femminili. Mia madre e Caty sono sedute sul divano cremisi, intente sfogliare una rivista. Alle loro spalle la porta-finestra che dà sul terrazzo è colorata dai riflessi delle luci serali.

«Non ti aspettavo qui, Caty. Ciao, mamma», le saluto.

Loro alzano lo sguardo su di me. «Come è andata dal dentista?», Caty rivolge uno sguardo insistente al vassoio che ho in mano.

«Bene, ho avuto tempo di fermarmi in una pasticceria», mi invento sul momento. Spero di non essere arrossita. Ho mentito a Caty e se mia madre non mi ha coperto, adesso lo sa.

«Stavamo guardando le riviste sul cake design, per la tua torta di compleanno», Caty mi spiega.

Poso il vassoio sul tavolino di cristallo. «Grazie, ma...», comincio.

Mia madre mi interrompe. «Puoi venire un attimo di là? Torniamo subito».

La seguo fino alla cucina, e mi siedo su uno sgabello dell'isola. Mia madre va avanti e indietro, con le braccia incrociate sul petto. È furiosa. Si ferma di scatto.

«Caty mi ha detto che non sei uscita con lei per andare dal dentista. Quale dentista? Ti ho retto il gioco, ma vorrei una spiegazione, era soltanto una scusa?»

Sento la rabbia mordermi lo stomaco. «Ti interessa qualcosa?»

Mia madre sgrana gli occhi, neri e bellissimi, esattamente come i miei. «Certo che sì. So che sono impegnata, ma... insomma dove sei stata questo pomeriggio?»

«In giro».

«In giro dove? Caty non è stupida, sai, e io non è che sia così brava a mentire».

Mi scappa da ridere. «Strano, mi sembra che menti abbastanza bene».

«Ma che diavolo dici? Poi non lamentarti che non hai amiche».

Mi mordo le labbra, ma sono incapace di fermare le emozioni che si sono accumulate dentro di me negli ultimi anni. Possibile che mia madre sia tanto cieca? Che abbia imparato tanto bene a mentire che crede alle sue stesse bugie? «Potresti starci tu con me qualche volta! Tu e papà pensate solo a voi stessi».

Lei mi si avvicina, adesso ha lo sguardo dolce, come se non avesse davvero capito di cosa la sto accusando. «Io e papà siamo molto impegnati, e per questo siamo un po' assenti, lo so».

«Lo sai? No, non lo sai. Sono mesi che non vi vedo nella stessa stanza, non so neanche se vedrò papà il giorno della mia festa, e anche tu... ti vedo a stento, non ricordo quando è stata l'ultima volta che abbiamo davvero cenato o pranzato insieme. Da quel giorno tu...»

«Basta!», mi interrompe. I suoi occhi hanno perso la dolcezza di poco prima, adesso sono freddi, e so che questo è il modo in cui mia madre tenta di ignorare il suo dolore per quello che è successo due anni fa, ma di dolore c'è anche il mio e nessuno sembra vederlo.

«Io e tuo padre abbiamo dei problemi, è inutile nascondertelo, non sei più una bambina, ma per il resto... il resto non c'entra niente, e non devi usarlo come scusa per raccontare bugie o accusarmi di non esserci per te. Per te ci sono sempre».

Bugiarda, penso, poi penso che Mirko sa già cosa fare della susa vita, e che mia madre, invece, non mi ha chiesto quali siano i miei piani dopo il liceo, non si è preoccupata di un'eventuale iscrizione all'università o test d'ingresso. Mi mancano le parole, anche se urlassi lei non mi sentirebbe, perché ascoltare me vorrebbe dire scendere a patti con il trauma che ha colpito la nostra famiglia.

«Vado da Caty», le dico, e mi alzo. «Per la torta di compleanno ho già deciso dove prenderla, quindi non ti preoccupare».

Caty è ancora seduta sul divano, non so se le mie urla siano arrivate fino a qui, ma lei fa finta di niente. Le siedo accanto.

«Mi dispiace di averti dato buca all'ultimo momento oggi».

Lei mi scruta, poi sistema una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio, segno di imbarazzo. «Non importa, ho pensato di passare per aiutarti a sistemare le luci sulla veranda, la festa si avvicina, e le decorazioni non sono ancora pronte. Come va il resto?»

«Mia madre chiamerà il catering, il vestito è pronto, è un modello che mamma mi ha preso alla boutique qui vicino. Mancano le decorazioni». E un cavaliere, penso, ma Caty non sa che Niccolò non è sicuro di venire né della mia bizzarra idea di conquistarlo con un dolce. Forse, in fin dei conti, Mirko ha ragione a considerare anacronistico il mio piano, ma lui non sa che il dolce è solo il primo passo verso il vero dessert che offrirò a suo cugino. E allora non potrà dirmi di no. Mai nessuno l'ha fatto, e non è il caso che qualcuno cominci proprio ora. La festa deve essere un successo, e poi potrò iniziare a concentrarmi sulla vita dopo il liceo. A dire il vero il pensiero mi atterrisce: come funziona l'università? La voglio frequentare davvero? Sarò una delle tante? Fantastico sul pensiero di trasferirmi in una città dove nessuno sappia chi sono e dove i miei colleghi imparino a conoscermi ignari dell'immagine che mi sono costruita, è un pensiero che mi spaventa e al tempo stesso mi esalta.

«Cosa vuoi fare dopo il liceo?», domando a Caty. «Manca poco ormai».

Lei sgrana gli occhi e ne capisco perfettamente il motivo: è una delle rare volte in cui parliamo di qualcosa che esuli le ripicche, le piccole meschinità, e il gossip del piccolo e claustrofobico mondo del liceo.

«Beh, mia madre vuole che faccia Giurisprudenza».

Le allungo un dolcetto. «Non è una risposta alla domanda che ti ho fatto, tu cosa vuoi fare?»

«Lettere classiche, anche se tutti mi dicono che non offre sbocchi».

Le piace studiare davvero, proprio come piace a me. Sono tentata di dirle tutto su Mirko, sulla mia passione per la lettura, sui rapporti difficili con i miei. Ma lei si alza, e tira fuori da una busta ai piedi del divano le luci che vuole aggiungere alle altre sulla veranda. «Andiamo?»

La seguo, addentando un ultimo morso del dolce, il sapore della crema alla panna, delle mele e del miele si fonde nella mia bocca, richiamando alla mente il senso di famigliarità che mi ha avvolta a casa del nonno di Mirko e che da troppo tempo non sento nella mia. Digito rapidamente un messaggio per lui. Tuo nonno è simpatico, peccato che tu non abbia preso da lui.

Caty intanto si è protetta con la sciarpa dal freddo, e ha cominciato a sistemare le luci sulla balaustra. «Che ne dici?»

Sembrano piccole stelle nell'oscurità della notte. Sulle travi che sono a vista sul tetto della veranda, ho fatto sistemare qualche giorno fa altre luci, intrecciate a fiori finti. L'effetto è quello di un esotico giardino serale, puntellato dalle lucciole. «È molto bello, ma sei sicura che le luci che hai preso siano a norma?» Caty mi guarda con aria indignata. «Prima di accenderle controlliamo la scatola», aggiungo.

«Che esagerata, sono a norma, fidati». Caty pigia il pulsante, e in un lampo le luci svaniscono, accompagnate da un botto.

La veranda è immersa nell'oscurità, e tutto il lavoro che ho fatto nei giorni scorsi è da rifare.

«Sei fortunata che adesso non ti vedo», sibilo a Caty.

«Merda», sento la sua voce dire.

Nell'aria si è diffuso uno sgradevole odore di bruciato, sento i passi di mia madre accorrere preoccupata dalla sua stanza. Spero che la mia festa non finisca allo stesso modo.

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