Parte 16 - Una parola di troppo



Mirko

La sveglia irrompe nei miei sogni, e il volto di Sofia si allontana, mentre lentamente apro gli occhi. Allungo la mano e riesco finalmente a far tacere quell'aggeggio infernale. Ho dormito poco, ma l'eccitazione e la felicità non mi fanno sentire la stanchezza.

Mi prendo un momento per ripensare a tutto quello che è successo ieri pomeriggio. Il nonno che si è piegato in due dal dolore davanti a me mentre ero a casa sua, non ho mai avuto tanta paura, ma il medico ci ha tranquillizzato e l'operazione è andata bene. Si trattava di banale appendicite che però, se non presa in tempo, avrebbe potuto avere gravi complicazioni. Ancora scosso ho letto il messaggio di Sofia, e le sue poche parole, quel mi manchi apparso sullo schermo mi hanno fatto sussultare. In quel momento ho capito che non avevo più speranze e dovevo arrendermi: mi sono innamorato, proprio di lei, di Miss Perfettina. Quando l'ho chiamata per dirle dove mi trovavo, non mi aspettavo di vederla arrivare, credevo che lei avrebbe continuato a ballare, e a divertirsi con i suoi amici. Ma nella strada illumina dai lampioni Sofia è comparsa davanti ai miei occhi come un'apparizione, e in quel momento le parole di Dante su Beatrice hanno avuto un senso anche per me. Avvolta nel suo abito di tulle ricamato color bordeaux è sbucata fuori da un taxi e mi è corsa incontro. La battuta sarcastica che volevo fare sui suoi tacchi a spillo mi è morta in gola, quando ho incrociato i suoi occhi. Non è stata solo la sua bellezza a farmi saltare il cuore in gola, ma la tenerezza e la preoccupazione che ho letto nei suoi occhi.

Poi siamo andati a casa sua, ed è successo quello che segretamente desideravo, forse, mi accorgo adesso, lo desideravo fin da quando l'ho notata il primo giorno di scuola, ancora una matricola, e quando l'ho osservata cambiare nel corso degli anni e diventare la ragazza popolare e terribile che una parte di me ha odiato. Forse, mi dico, l'ho desiderata e odiata per tutto questo tempo, e adesso l'odio ha lasciato il posto a un altro sentimento che non oso pronunciare. Non oso neanche pensarlo.

Porto le braccia sopra alla testa, se chiudo gli occhi posso sentire ancora le sue mani su di me, il suo sguardo sul mio corpo, e l'ansia che non mi ha quasi permesso di respirare per buona parte della nostra serata. È stata la prima volta. Sapevo quello che dovevo fare, perché come ogni ragazzo ho visto la mia buona parte di filmati vietati ai minori su Internet, ma niente poteva prepararmi al sangue che scorreva veloce, alla testa che mi martellava, al calore del corpo di Sofia, all'adrenalina e all'eccitazione di averla nelle mie mani, e di unire i nostri corpi e i nostri cuori in un'unica danza. Con lei ho dimenticato le insicurezze sul mio corpo nudo, sul mio volto, sulla mia personalità. Con lei sono stato me stesso, e ciò che abbiamo fatto vale più di mille parole e delle stupide battute con cui Sofia mi ha tormentato in passato. Dopo l'amore ci siamo alzati e Sofia con la sua solita cocciutaggine un po' infantile ha insistito che le insegnassi a preparare le decorazioni al caramello per i dolci.

«Sarà più facile dare a mia madre delle spiegazioni se ci trova qui a cucinare e non mezzi nudi sul divano», mi ha detto.

In realtà non ci siamo rivestiti del tutto. Sofia ha indossato la mia felpa, e io sono rimasto poco dignitosamente in mutande, ma ho il sospetto che con questa ragazza la mia dignità sia solo un lontano ricordo.

Ho messo sul fuoco l'acqua e lo zucchero semolato, e mentre il caramello si scuriva, Sofia mi ha avvolto le spalle con le sue braccia e mi ha sussurrato che tutto cambierà. «Scusami», ha aggiunto, e non ha avuto bisogno di dire a cosa si riferisse.

Quando il caramello si è dorato al punto giusto, abbiamo steso i fogli di carta da forno sul piano di lavoro e le ho mostrato come creare dei fili intrecciati, semplicemente lasciando cadere gocce di caramello sulla carta a seconda della forma che volevamo realizzare. Il profumo dello zucchero si è mescolato al nostro e quando il caramello si è indurito lo abbiamo mangiato. Poi Sofia mi ha condotto nella sua camera. Sulle mensole della sua libreria, nascosti tra le riviste di moda, spuntavano i classici della letteratura, e come mi aspettavo il rosa dominava ovunque. Ho sentito, mentre sedevo sul suo letto, che tra noi non c'era più alcuna barriera, e che dovunque ci avesse portato questa storia, essa chiudeva definitivamente gli anni del liceo. Pochi mesi fa non mi sarei mai aspettato di voler portare con me nel capitolo della nuova vita che mi attende Sofia.

Il rumore della serratura mi riscuote dai miei pensieri, ed è meglio così, perché il ricordo di quello che abbiamo fatto ieri in camera di Sofia rischia di accelerare il battito del mio cuore, e di far circolare il sangue in zone proibite. Mi sento come un drogato in crisi di astinenza, e giuro che farei qualsiasi cosa per avere Sofia accanto a me, proprio in questo momento, per afferrare le sue mani, il suo volto, e tutto il resto, per esplorare ancora la sua pelle di alabastro, la sua bocca e guardarla negli occhi.

«Sei sveglio?» Niccolò fa irruzione nella mia stanza.

Leggo nei suoi occhi una luce maliziosa, e istintivamente mi copro con un lenzuolo le parti intime... i miei pensieri su Sofia hanno avuto ovvi effetti sul mio corpo, ma non è necessario che mio cugino lo veda.

«Dove sei stato?», gli domando.

«Da un amico, ieri è stata una giornata infernale e quando mi hai detto che ti fermavi da Sofia, ho pensato di dormire altrove. A proposito di Sofia...»

Mi alzo. Non ho intenzione adesso di affrontare il discorso della sua stupida scommessa. La scommessa l'ho vinta, solo che per me ha smesso di essere tale nel momento in cui ho realizzato che Sofia era molto di più di quello che voleva far apparire.

«Ho bisogno del bagno», gli dico laconico e mi fiondo nell'altra stanza.

Quando esco mi vesto rapidamente nel tentativo di evitare domande scomode, ma Niccolò per il momento sembra avere altro a cui pensare. È come al solito attaccato al telefono, a spezzare il cuore di qualche altra ragazza che si è fatta illusioni.

«Vieni con me dal nonno?», è una domanda retorica, so quanto Niccolò ci tenga, e ieri mi ha raggiunto non appena l'ho chiamato per avvisarlo che il nonno era stato male.

«Certo», lui mi risponde entusiasta.

Aspetto che sia dia una rinfrescata e che si cambi, e poi raggiungiamo la clinica. Mi guardo intorno per capre se Sofia sia già arrivata, ma all'ingresso e nel lungo corridoio non scorgo il suo volto.

Le ampie finestre lasciano entrare la luce di una bella giornata di sole, e le piante sistemate nei corridoi donano un tocco di colore all'ambiente troppo bianco e sterile. Vorrei fuggire via, e anche Niccolò lo vorrebbe, ma il nonno è troppo importante per lasciarlo da solo, ed entrambi siamo rincuorati dal fatto che presto verrà dimesso.

«Si può sapere perché ti guardi sempre intorno?», Niccolò mi domanda a un certo punto, mentre aspettiamo che altri parenti escano dalla stanza del nonno. Entrambi guardiamo fuori dalla finestra, incuranti del tacchettio delle infermiere che passano veloci alle nostre spalle lungo il corridoio.

«Aspetto Sofia, mi ha detto che sarebbe venuta, e che avrebbe portato al nonno dei dolci. Non guardarmi così, so che il nonno non può mangiare subito dolci, ma apprezzerà il pensiero».

Niccolò mi scruta, quando fa così c'è da preoccuparsi, perché mi dirà qualcosa di molto serio o di molto stupido, e francamente in questo momento non sono dell'umore di ascoltare nessuna delle due cose.

«Sei cotto».

«Di che parli?» Nego l'evidenza, ma ci sono abituato.

«Che gusto ci provi a fare il timido proprio con me, ti conosco meglio di chiunque altro. Dimmi solo se posso considerarmi salvo per il giorno di San Valentino. Non chiamerà più per invitarmi alla sua festa? In effetti sono giorni che non scrive neanche un messaggio».

Non posso negare che questa informazione mi tolga un peso sulle spalle, ho sempre il timore che un giorno Sofia mi dica che è stato tutto uno scherzo, anche se sono io quello che all'inizio voleva farla cascare in un tranello.

«Sei salvo», dico, accorgendomi di quanto stupida suoni quella frase. «La prossima volta, magari, non accettare di uscire con chi non ti piace».

«Sei proprio cotto», Niccolò mi ripete, «e anche geloso... però la scommessa l'hai vinta tu: sei riuscito a conquistarla e a togliermela di torno, ti devo un favore».

Mi innervosisce sentir parlare di me e Sofia in questi termini: una squallida scommessa. Per me, in fondo, non lo è mai stato, è iniziato come un gioco, ma adesso il mio cuore è maledettamente serio. Vorrei dire tutto questo a Niccolò, e vorrei anche dirgli che non dobbiamo parlarne più, ma il cigolio della porta alle nostre spalle mi ferma, così come il vociare familiare che si avvicina, segno che i parenti stanno uscendo dalla stanza del nonno. Mi volto e ciò che vedo mi gela il sangue.

I mie parenti sono lì, è vero, mia madre, zia Clara, suo marito, e mio padre, ma a pochi passi dalla porta c'è qualcun altro. Il cuore si ferma nel petto, quando incrocio lo sguardo di Sofia. I suoi occhi sono appena lucidi e infiammati di una rabbia che non le ho mai visto addosso.

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