Winter ✘ 1ª prova
Winter comes, oh
winter crush all
the things that I once loved.
«Neville».
Il ragazzo aprì gli occhi.
Un battito del suo cuore rimase bloccato lì, come una spina, a premergli nel petto, in attesa di perforargli l’anima.
Percepiva solo il suo respiro.
Si sentiva talmente debole da non riuscire nemmeno a muovere il suo corpo, come se ogni muscolo e ogni fibra del suo essere fossero stati prosciugati da qualsiasi energia, ma per lei, per lei avrebbe trovato la forza.
Volse il capo nella sua direzione e rimase a guardarla, mentre scrutava un cielo pallido susseguente a quell’alba ghiacciata; le sue guance erano sporche di cenere e di terra, graffiate dal pianto.
Passò un lungo istante di silenzio, riempito solo dai suoni lontani della battaglia ancora in corso, prima che riuscisse a concludere la frase.
«Sei stato coraggioso». La voce di Hermione era ormai flebile, quasi impercettibile.
Neville deglutì a vuoto.
«Se fossi davvero stato coraggioso, ora non saremmo qui». Le sue parole erano gonfie dell’amarezza che provava verso se stesso, verso ciò che non era riuscito a fare. Senza che se ne accorgesse, una lacrima solitaria gli solcò la guancia.
«Ora Harry potrà sconfiggere Voldemort anche grazie a te» mormorò Hermione.
Era maggio, eppure non c’era nemmeno un raggio di sole.
«Importa davvero ciò che è successo a noi?»
Neville inspirò a fondo, riempiendosi i polmoni della brezza primaverile che riempiva l’ambiente attraverso un varco nel muro sfondato.
C’erano tre corpi distesi sul cumulo delle sue macerie, cadute come briciole su quel cerchio di piastrelle di marmo, che fino a poche ore prima era stato il tratto di uno dei corridoi di Hogwarts.
Da quando avevano compiuto undici anni quella scuola era stata la loro incomparabile certezza e la Sala Comune di Grifondoro un cuore ardente e vibrante, un abbraccio materno che stringeva tutti i suoi studenti.
Ma Neville non si era mai sentito un cuor di leone.
Aveva sempre avuto paura.
Aveva avuto paura quando il Cappello Parlante l’aveva proclamato un Grifondoro, lui che si sentiva così inadatto in tutto quello che faceva, lui che domandava con timidezza di essere smistato in Tassorosso.
Aveva avuto paura quando aveva tentato di fermare Harry, Hermione e Ron dall’infrangere le regole per non far perdere punti alla loro Casa, e la stessa ragazza che ora giaceva accanto a lui l’aveva pietrificato. Sorrise tristemente al ricordo.
E aveva avuto paura nel momento in cui aveva visto l’enorme serpente strisciare giù per le scale, le stesse che da bambino aveva percorso trotterellando decine di volte.
Sarebbe dovuto correre verso Hermione e Ron per sollevare la spada di Godric Grifondoro e trafiggere la serpe.
Ma non l’aveva fatto.
La bestia era balzata ferocemente contro di loro per assalirli, e lui era rimasto pietrificato dal terrore.
In meno di un secondo era tornato il bambino pauroso che dentro di sé aveva indugiato ad andarsene per sempre.
Quello così goffo, timido e ingenuo.
Aveva paura del suo professore di Pozioni, aveva paura di deludere la nonna che l’aveva cresciuto e anche quei genitori coraggiosi che non avevano mai ricambiato il suo amore. Che in tutti quegli anni non avevano capito di avere di fronte il loro stesso figlio.
Ed era successo tutto talmente in fretta.
Hermione e Ron erano caduti sui resti anneriti della parete di solida roccia, le scintille inoffensive dei loro incantesimi che ancora frizzavano nell’aria, e il ragazzo l’aveva stretta a sé un’ultima volta, tentando, invano, di proteggerla.
Bloccato, con i piedi piantati sul pavimento grigio e gli occhi immobili dallo sgomento, era rimasto a guardare Nagini che affondava le zanne nel collo di uno dei suoi migliori amici.
Hermione, parandosi di fronte a lui per difenderlo, era stata la seconda ad essere azzannata mortalmente, questa volta alla spalla, subito dopo di lui.
Ricordava solo frammenti delle grida disperate della ragazza mentre, impotente, assisteva al colorito del volto di Ron divenire sempre più cereo.
«Ehy, Granger» aveva mormorato Ron, la voce ridotta a un bisbiglio roco per il dolore, mentre ella si affannava nel tentativo inutile di fermare l’emorragia. «Hai dello sporco sul naso, lo sai?» e una risata sconsolata, gonfia di pianto, aveva rischiarato per un attimo il viso di lei, tra le guance imperlate di lacrime.
Il veleno aveva fatto effetto poco dopo, in fretta, e il più giovane dei fratelli Weasley era morto con l’amore di Hermione sulle labbra.
Nel frattempo Nagini avanzava viscida e lenta verso Neville, tra le schegge di legno e i frantumi di vetro.
Dietro l’animale aveva scorto la giovane Grifondoro chinarsi sul corpo esanime di Ron e affondare il capo all’altezza di quel cuore che aveva ormai cessato di battere, la mano aggrappata alla sua maglietta inzuppata di sangue, mentre gli sussurrava all’orecchio, come un segreto, i loro ricordi più felici.
E Neville, prima interamente intorpidito dall’orrore e dal panico, si era come risvegliato da ciò che lo tratteneva. Aveva sentito la rabbia traboccare in ogni parte di lui.
Aveva lasciato che accadesse. Aveva permesso al Male di condannarli entrambi.
Con uno scatto improvviso, il serpente si era gettato su di lui spalancando le fauci e aveva conficcato le zanne avvelenate nel suo petto.
Neville aveva spalancato gli occhi per la sorpresa, boccheggiando e tremando per il dolore che andava consumandolo. La vista gli si era annebbiata per le lacrime. Il suo petto era squarciato come una tela.
Ma non aveva più paura.
Aveva mirato alla parte superiore del serpente e, dopo aver finalmente alzato la spada, con urlo stremato le aveva reciso la testa. L’argento sfavillante della spada era ancora lucido di sangue e il lungo corpo di Nagini era cascato mollemente a terra.
In un gesto istintivo, Neville si era tastato il petto. Le sue mani si erano tinte di un rosso cremisi. Ma non provava dolore, non fisico.
Solo rimorso.
Aveva raggiunto Hermione zoppicando; tutto intorno a lui si era fatto freddo, così grigio, così distante.
Le gambe non lo reggevano più: aveva vacillato per un attimo, poi era crollato accanto a lei.
Non aveva mai pensato che quel soffitto centenario, ormai crollato per metà, potesse essere l’ultima cosa che avrebbe visto nella sua vita.
«No, non importa veramente, Neville» sussurrò Hermione con un ultimo sorriso.
La sua voce si affievoliva lentamente, come la luce di una candela sul punto di estinguersi, che attende solo il suo alito di vento.
Neville si rigirò verso di lei, la bambina autoritaria che gli aveva proposto di aiutarlo a trovare il suo rospo.
Impiegò qualche attimo a trovare le parole, ma riuscì a pronunciarle.
«Perdonami, Hermione» disse soltanto, in un ultimo rantolo d’agonia.
Parlò a un corpo dal quale la vita era già volata via.
Spostò lo sguardo in alto, sopra di sé. La luna punzecchiava ancora il cielo opalino della mattina.
Poi chiuse gli occhi e si fece cullare dolcemente dal buio. Vi raggiungo, fu il suo ultimo pensiero.
Tre cuori Grifondoro avevano smesso di battere.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top