La canzone del mare

Concorso: Wattpad Writers Games 2016
Parole: 2306
Genere: Decisamente fantasy
Incipit: Elemento; mare

Queste sono le parole esatte che due uomini a bordo del peschereccio "Emma Jane" giurano di aver udito durante un prolungato, improvviso soffio di vento.
Si attendono accertamenti.

"State udendo l'eco di questa voce in una fugace ventata di brezza marina, durante la quale vi sembrerà che il tempo si sia fermato. Non mi sembra di chiedere molto: desidero solo un briciolo della vostra attenzione, qualche sporadico minuto di ascolto.
Vorrei raccontarvi una leggenda che ha come protagonista il Mare.
O forse mi sbaglio, il vero eroe di questa storia non è quel misterioso pozzo color del cielo. Ma è uno dei personaggi principali, perciò perché non iniziare proprio da lui?
Partirò con calma, e spiegherò tutto dall'inizio alla fine.
Cos'è il Mare, innanzitutto?
O meglio, chi è? Sono io. Io sono il blu, l'azzurro, l'acqua limpida e trasparente, le tempeste furiose, gli schizzi, le alluvioni. Io sono la bassa marea, la salsedine, le più recondite ed oscure profondità degli abissi. Sono l'orizzonte che inghiotte il sole arancione, i pesci argentei che guizzano in superfice.
Io sono il Mare in persona, e la mia voce è qui per raccontarvi un pezzo di me.
Sono solito a sussurrare piano questa vecchia storia nelle orecchie dei pescatori, attraverso il tumulto delle onde e l'ululato del vento, perché sia tramandata di generazione in generazione.
Forse l'avete già sentita, forse sono già arrivate al vostro orecchio queste parole universali, suoni, verbi, aggettivi, nomi e tintinnii che la brezza marina porta in giro per il mondo, con lo scopo di trasmetterle da persona a persona. Ma se così non fosse, ascoltate attentamente, ve ne prego.
Sapete, molti mi ritengono potente, forte, impetuoso, forse addirittura divertente o spiritoso, ma sanno bene che posso tramutarmi improvvisamente, di punto in bianco, in un carnefice crudele e spietato.
Uccidere non è mai stata una mia scelta, anzi. Fosse per me, risparmierei la vita a tutti quei poveri sventurati che ogni giorno si ritrovano a sprofondare in una gigantesca piscina fredda, scura e spaventosa.
Ho sempre desiderato di diminuire drasticamente il numero delle mie vittime. Bramavo addirittura di azzerarlo, sognavo che le mie acque smettessero di rubare la vita a chi la meritava. Avrei voluto questo e molto altro ancora, ma nulla è mai facile se si tratta di realizzare i propri desideri: c'è sempre in agguato un tranello nascosto, di quelli subdoli e meschini. Per ottenere ciò che si desidera si deve pagare un prezzo, ogni volta. Nemmeno qualcuno come il Mare, qualcuno come me, si sarebbe potuto permettere di aggirare una simile legge universale.
Io però trovai il modo di sacrificare qualcuno la cui vita non avrebbe offerto nulla di meglio al suo protagonista.
Attesi per anni, certo, ma lo trovai.

                           ***

Tempo prima mi ero affrettato a tessere un semplice telo blu, caldo e spesso, dall'aspetto magico e misterioso, usando la mia stessa materia e consistenza. Lo plasmai con schiuma, brezza marina, sabbia scura, morbide alghe e conchiglie.
Quando fu pronto, incaricai le onde, mie figlie predilette, ad adagiarlo su una roccia, nell'attesa che un vecchio pescatore lo ritrovasse.
Presto accadde come avevo previsto e, in una nuvolosa sera di Novembre, si realizzò tutto quello che prima di allora avevo solo immaginato.

                          ***

Da qualche parte del mondo, un bambino sporco e debole si era appena rifugiato dentro una fatiscente casupola in cima alla sua isola. Stremato, si era stravaccato su una scomoda cuccetta di paglia, rimasta intatta dopo aver accolto tra le sue secche braccia chissà quale precedente proprietario, forse un vecchio pescatore dalla barba bianca.
Ora, però, in quella casa non abitava anima viva. Il bambino era solo, solo più che mai.
Non riusciva a percepire nessun rumore, tranne quello del suo respiro e dei suoi pensieri.
Quello strano silenzio assordante era però accompagnato dal familiare sciabordio delle onde, sempre presente.
Che dire?
Il Mare va spesso a braccetto con la solitudine.
  
                           ***

Faceva freddo. Le pareti legnose della catapecchia lasciavano traspirare molta umidità.
Al suo interno si respirava perciò un'aria gelida che penetrava fin dentro le ossa, rendendole sottili e fredde come lunghe lastre di ghiaccio.
Il bambino si raggomitolò su sé stesso, nel buio di quella vecchia catapecchia. L'unica sua fonte di svago era una piccola finestra dai bordi irregolari, forse più somigliante ad un foro nel legno, da cui poteva scorgere un pezzettino di Mare grigio.
Agli occhi del bambino sembrava un freddo ammasso di gelatina, spento e triste.
Ma non solo il Mare: fuori tutto era grigio. Il cielo, la sabbia, le nuvole, l'oceano, la nebbia.
Al ragazzino non piaceva per niente quel colore. Preferiva il nero, piuttosto. O il bianco.
Il grigio gli dava l'idea di essere una sfumatura senza senso, simile a tutte quelle persone che non sapevano scegliere tra due semplici opzioni. Era una tonalità stupida e insignificante: avrebbe dovuto decidere se essere bianco o nero, buono o cattivo. Non si può essere entrambi, e non possono, non devono esistere vie di mezzo.
Le vie di mezzo lo avevano sempre confuso, erano quel tipo di persone che più lo mandavano in crisi.
Ma il Mare, in fondo, si comporta proprio come il grigio. Può essere crudele, eppure ha il pregio di risultare rilassante. Può divertire, ma in alcuni casi è capace addirittura di uccidere.
Tutti noi siamo un po' come il grigio: non si può pretendere che l'uomo si comporti sempre nello stesso modo, o tutto bianco o tutto nero.
Purtroppo non viviamo in una favola, e non sempre esistono eroi e antieroi, protagonisti e antagonisti, ma da tutti noi, nessuno escluso, vengono commesse sia azioni "buone" che azioni "cattive".
Nessuno di voi ha mai fatto qualcosa di sbagliato, un gesto di cui si è pentito? Alzi la mano chi pensa non gli sia successo.
Anch'io ho commesso degli errori, ma tempo fa decisi di rimediare. E quello sfortunato bambino dal cuore tutto bianco -per nulla nero, e ancor meno grigio- mi avrebbe aiutato.

                          ***

Era ormai completamente buio, ed il mare che si scorgeva dalla piccola finestra si era tinto di sfumature più scure. Tutto era silenzioso, fatta eccezione per l'impetuoso ma rilassante rumore dell'acqua, sempre più increspata da alte onde nere.
Il bambino rabbrividiva ad ogni minimo rumore: aveva freddo e anche tanta, tanta paura.
Ognuno di noi ha diversi metodi per gestire l'agitazione, l'ansia o la tristezza: io, ad esempio, amo scuotermi e ballare, dando vita ad onde altissime e pericolose. Succede spesso, quando sono di malumore. Il cielo, invece, per asciugare il suo dolore preferisce piangere, e frequentemente inonda il mondo con le sue sottili lacrime dolci. C'è chi balla, chi piange, chi legge libri, chi scrive racconti, chi suona incredibili sinfonie, chi si ingozza di cibo. C'è chi fa tutte queste cose insieme, senza riuscirci. Spesso, però, le opere più spettacolari, le idee più geniali e le creazioni più originali, ci vengono in mente quando attraversiamo momenti di dolore, paura o maliconia. E ci appaiono più belle delle altre, perché sono servite a prosciugare la tristezza nel nostro cuore, assorbendola come spugne. Sono il nostro modo di sfogarci, rilassarci, sono intrise di dolore, traboccano di una tristezza che non è più dentro di noi, e questo le rende ancora più belle e felici.
Così era la melodia di quel bambino, un piccolo usignolo spennacchiato con la voce somigliante ad un campanello d'argento. Sì perché, mentre io facevo queste riflessioni, il racconto è andato avanti, e non ha intenzione di aspettarci ancora.
Cosa stavo dicendo? Oh, giusto.
Ognuno ha i suoi metodi per scacciare o assorbire la tristezza, e per quel bambino la salvezza era sempre stata il canto.
"I know you're scared tonight
I'll never leave your side..."
Aveva un timbro insolitamente profondo, serio e dolce, per essere un bambino così minuto.
Forse la sua voce, così come il suo cuore, era stata appesantita dalle numerose sofferenze.
"Maybe it was all too much
Too much for a man to take
Everything's bound to break
Sooner or later, sooner or later..."
Una strana musica si faceva strada tra le fessure della catapecchia, fino ad arrivare al mare e poi al cielo. Quella notte l'isola fu cullata da una ninnananna melodiosa dalle parole tristi, ma in fondo anche un po' allegre. La dolce canzone faceva assopire ogni bambino, meno quello che la cantava.
"When the pain cuts you deep,
when the night keeps you from sleeping,
just look and you will see
that I will be your remedy.
When the world seems so cruel
and your heart makes you feel like a fool,
I promise you will see,
that I will be, I will be your remedy."

                           ***

Impiegai pochi minuti a capire: era lui quello giusto.
Ordinai allora alla brezza di trasformarsi in vento e di soffiare ancora più forte, mentre io scuotevo la terra nel profondo, generando onde ancora più alte e minacciose.
L'aria passava veloce tra le cavità dell'isola, risuonando in un perenne eco. Il vento ululava.
La casupola arroccata sulla cima di quella landa deserta era scossa da tremiti, e traballava. Il bambino senza nome interruppe bruscamente la sua canzone, allarmandosi.
Adesso aveva realmente freddo. Si alzò di scatto, trascinando i suoi piccoli piedi scalzi e sporchi verso la seconda ed ultima stanza della casa.
Quella camera stretta e polverosa era provvista di un lavabo arrugginito e incrostato, di una bacinella di ferro e di un grande, imponente armadio scuro. Senza indugio, il bambino si diresse verso quel mobile antico, e spalancò le sue ante cigolanti, nella speranza di trovare un vecchio straccio qualsiasi che lo riparasse dal freddo. Ma l'armadio era vuoto, fatta eccezione per la polvere e per la comunità di tarli del legno che aveva fatto del mobile la sua tana. All'improvviso, però, un bagliore. Qualcosa di indefinito luccicava nel ripiano più alto.
Il ragazzino si alzò in punta di piedi e, allungando il suo braccio ossuto, riuscì a raggiungere l'oggetto desiderato, trascinandolo a terra.
Era una grande, pesante, spessa, vecchia coperta. Ora non brillava più: forse era stata solo una fugace impressione.
Il bambino la distese sul pavimento di legno, osservandola meglio.
Era di colore blu profondo, ma la sua sfumatura variava a seconda della luce o dall'angolazione da cui la si guardava. Aveva un motivo particolare, e ricordava molto l'acqua del mare, con onde disegnate e ricamate con cura, che apparivano quasi reali agli occhi di un semplice ragazzino venuto da lontano.
Sembrava si potesse infilare una mano dentro quella morbita coperta, facendosi risucchiare piano piano, come nelle sabbie mobili, sprofondando lentamente negli abissi.
Il bambino però, stanco e infreddolito, smise di pensare e si abbandonò all'abbraccio avvolgente della coperta, affondandoci il viso, e respirando lo sconvolgente profumo di mare e salsedine che proveniva dal tessuto.
Poi, cullato dal rumore delle onde, si addormentò.
"And when the world gets cold,
I'll be your cover.
Let's just hold
onto each other"

                            ***

Fu semplice mettere in pratica il mio piano. La coperta fece il suo lavoro.
Il bambino, lentamente, venne inghiottito dal tessuto.
Sprofondava giù, giù e giù, sempre più giù.
Sprofondava fino a sentirsi circondato da acqua, che diventava più fredda ad ogni minuto.
Era interamente circondato da un blu profondo, quando si svegliò ed aprì finalmente gli occhi.

                           ***

Era blu. Blu, infinito blu.
In tutte le sue sfumature, dalle più scure alle più chiare.
"No river is too wide or too deep for me to swim to you."
Sotto di lui solo blu, cupo.
Alzando la testa, però, quella sfumatura densa e scura lasciava il posto al cobalto, all'azzurro, al celeste, sfumati assieme: danzavano e ondeggiavano in giochi di luce, scurendosi e schiarendosi e illuminandosi continuamente, confondendolo.
Possono dei colori muoversi? Guardando più attentamente in su, dove prima c'era il cielo, scorgeva un po' di luce, forse del sole, chissà.
Ma tutt'attorno al suo corpo solo il blu.
Dove si trovava?
Quel colore scuro, somigliante al nero, lo avvolgeva dolcemente.
Il suo era un abbraccio delicato, piacevole, ma allo stesso tempo ferreo, stretto, sicuro.
Lo circondava, muovendosi, scuro e denso. Avvolgeva le sue dita, i suoi piedi, il suo petto, la sua testa.
Si sarebbe dovuto abbandonare a quell'abbraccio? Chissà, forse no.
Ma doveva farcela. Per tutti coloro che aveva perso. Per sé stesso.
Di nuovo quella melodia, quel suono, quella voce.
"I can see all the fears you face
through a storm that never goes away..."
"Caro Mare, non ti vedo, non ti sento. Dove sei?"
"Dove ti trovi?"
"Sei solo in mezzo a tutto questo blu, così come lo sono io."
"O forse sono io ad essere solo. Solo, immerso nei tuoi abissi."
"Mi senti? Senti i miei pensieri?"
Non aveva più aria. Ormai quel dolce abbraccio era solo un lontano ricordo, che aveva lasciato il suo posto ad una stretta quasi soffocante. Sembrava lo stesse stringendo di proposito, avvolgendolo nella sua morsa densa e scura fino a fargli esalare l'ultimo respiro.
I suoi occhi, aperti, vedevano blu.
Il blu bagnava le sue cornee, penetrava nelle pupille e nei polmoni.
"I can see every tear you've cried
like an ocean in your eyes
All the pain and the scars have left you cold..."
Era circondato, desiderava ardentemente altro ossigeno, ma non riusciva a muovere un solo muscolo.
Quella trappola lo stringeva sempre più forte, senza lasciarlo andare.
Era bloccato.
Dopo, più nulla.
Fu semplicemente inghiottito nel silenzio.
"I’ll be right here now
to hold you when the sky falls down.
I will always...
be the one who took your place, and
when the rain falls,
I won’t let go
I’ll be right here..."

                           ***

Quella notte un bambino come molti altri sprofondò nel mare, abbandonando il suo fragile corpo per poi diventare uno spirito magico, un guizzo luminoso nel tenue azzurro del mare calmo. Diventò un bambino dell'oceano. Gli abissi non avevano più segreti per lui, e si divertiva a giocare con conchiglie, pesci e delfini.
Nel mare non ci si annoia mai.
Oltre a creare splendide collane di conchiglie e madreperla, intrecciare alghe e volare sul dorso di splendidi delfini, quel bambino aveva un compito, un incarico molto importante.
Avrebbe fatto in modo di rimanere nella storia come l'ultimo ragazzo della sua età vittima del mare. Si sarebbe avvicinato alle barche in pericolo, tentando di calmare le acque in tempesta con la sua voce melodiosa. Si sarebbe occupato dei bambini naufraghi, cullandoli con le sue dolci ninnananne e trasportandoli delicatamente a riva sani, salvi e addormentati.
Purtroppo era -ed è- solo un bambino, un bambino come loro, un bambino proprio come i vostri figli, e non potrà mai pensare di soccorrere tutti. Ma ce la mette tutta, e ogni giorno adagia sulla terraferma piccoli naufraghi da ogni parte del mondo, che si svegliano dicendo di non ricordare nulla se non di aver sentito una dolce canzone.
Per questo, nelle favole e nei racconti popolari, gli uomini spesso si svegliano su un'isola sperduta, bagnati e spaventati, ma salvi. Pensate ad Ulisse, a Robinson Crusoe, al principe della Sirenetta.
Se mai un giorno siete stati o sarete risparmiati dalla furia cieca del Mare in tempesta, se mai siete sopravvissuti ad un naufragio e non ricordate come, sappiatelo: non è merito di nessuna sirena o magia divina. È stato lui, il bambino senza nome dalla voce melodiosa.
"I will show you the way back home,
never leave you all alone
I will stay until the morning comes,
I’ll show you how to live again
and heal the brokenness within,
I'll be right here..." "

                             -

Nota per il concorso:
Per questa storia mi sono permessa di usare le parole di tre canzoni meravigliose, che secondo me hanno in comune un solo elemento: il significato del testo.
Ognuna di queste melodie parla di qualcuno che ci è vicino nelle difficoltà, qualcuno che rimarrà lì dove siamo finché non ci saremo rialzati. Questo è proprio il compito del bambino protagonista del mio racconto.
Le parole della dolce "ninnananna" cantata dal ragazzo sono in realtà rubate da:
1. "Ghosttown" -Madonna
2. "Remedy" -Adele
3. "Right here" -Ashes Remain
Se conoscete almeno una di queste canzoni avrete la mia stima per sempre.

P.S. Ho preferito lasciare le parole in lingua originale.
P.P.S. Amo i P.S.!
2306 sono le parole totali senza contare il testo rubato alle canzoni. Non mi sembrava corretto allungare il racconto con pensieri non miei.

With love,
Una pazza.

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