L

Era notte fonda ed io, come di consueto, ero sveglia. Lui aveva passato l'intera giornata chiuso nel suo laboratorio a lavorare su un progetto che egli stesso aveva definito "formidabile", per cui sapevo che anche quella sera avrebbe bussato alla mia porta, impaziente di mostrarmi la sua nuova invenzione. Difatti eccolo lì, stanco e sorridente, la maglietta verde macchiata dall'olio per motori, gli zigomi e il naso puntellati di cenere. Continuava imperterrito a tamburellare i polpastrelli sulle cosce smilze, componendo la stessa sequenza in codice morse, che io, come sempre, non riuscivo a decifrare. Un giorno gli avrei chiesto il significato di quei movimenti, mi dissi. Aveva i capelli scompigliati come al solito, gli occhi che riflettevano la luce della luna nelle loro iridi scure, ed io lo ammiravo come un'opera d'arte.
Era dannatamente bello, io ero dannatamente innamorata. Mi prese la mano senza dire nulla, perché entrambi sapevamo capirci senza parlare. Le sue dita erano callose, ruvide, e si scontravano perfettamente con le mie, morbide e curate. Giocavamo silenziosamente con i nostri respiri, mentre mi portava nel suo tempio di caos e genio, e io mi lasciavo portare, e osservavo il passo deciso con cui camminava, fissando nella mia mente ogni più piccola piega che prendevano i suoi vestiti, modellandosi al movimento rapido delle sue gambe. Arrivammo in poco tempo di fronte a una porta di metallo, che si aprì cigolante al Suo tocco. La stanza era ampia, piena di oggetti che io avrei considerato cianfrusaglie, ma che con il tempo avevo riconosciuto essere fondamentali, stando a quanto mi raccontava Lui. Io mi muovevo incerta, spesso non sapevo dove mettere i piedi, e cercavo goffamente di imitare il suo passo sicuro, perdendomi in quel percorso a ostacoli. Ogni tanto si girava a guardarmi, si fermava e mi faceva un sorriso, forse più per assicurarsi che fossi ancora in piedi che per altro. Poi stringeva di nuovo la presa sulla mia mano e proseguiva, e il mio cuore perdeva un battito per quello sguardo che mi aveva concesso. Ci arrestammo di fronte a un vecchio divano impolverato, quasi invisibile, sepolto com'era sotto a un mucchio di piccoli progetti andati a mal fine. Lasciò la mia mano, ed io intuii che avrei dovuto sedermi su quella poltrona, per cui iniziai a spostare con cura tutto quello che nel tempo era stato abbandonato sopra alla seduta. Le sue orecchie divennero rosse per l'imbarazzo, spostò delicatamente le mie mani da lì e disse: "faccio io , voglio comportarmi da vero gentiluomo." Iniziai a ridere. Ero felice. Poco dopo il divano era sgombro , seppur ancora ricco di polvere. Ma non mi importava, fremevo dalla curiosità di capire cosa avesse inventato questa volta. Mi sedetti a gambe incrociate, la poltrona cigolava, forse aveva qualche molla fuori posto. Lui si posizionò di fronte a me, le braccia fieramente incrociate al petto, un ghigno malizioso sul volto. Mi mostrò un oggetto sferico ricoperto di fili di rame e qualche pila, e cominciò a spiegarmi il suo funzionamento. Era emozionato, le mani che si muovevano rapide in aria mentre cercava di farmi capire il funzionamento di quel congegno. Gli occhi gli luccicavano, un sorriso era nato spontaneamente sulle sue labbra, ed io ero inerme, affascinata dalla passione che vedevo nel suo sguardo e nelle sue movenze. Quando ebbe finito di esporre il suo progetto mi rivolse uno sguardo che emanava nient'altro che felicità, ed io gli rivolsi il mio, uno sguardo sincero, grondante d'Amore e di lacrime trattenute nel petto. "Non ti sembra grandioso?" Mi chiese, indicando la sfera. Io non avevo capito assolutamente nulla di ciò che mi aveva spiegato. "Sì" risposi "è veramente grandioso." A quel punto le sue labbra sottili si aprirono in un enorme sorriso soddisfatto, esattamente come un bambino che ha appena imparato a scrivere la lettera A, e anche la mia felicità si mostrò in uno schiudersi di labbra, quasi impercettibile, ma che sapevo lui avrebbe potuto cogliere. Si mosse rapidamente per mostrarmi altre sue invenzioni, suoi progetti, sue idee talmente fenomenali che non riuscii nemmeno a comprenderle. Eppure Lui era così dannatamente bello, ed io così dannatamente innamorata. "Ti Amo." Gli dissi, senza ricevere una risposta. Andava bene così, forse non mi aveva nemmeno sentita, ma io lo sapevo che non avrebbe mai potuto amarmi, perché alla fine io sono sempre qui e lui è sempre nei miei testi senza destinatario. Io l'amerò per sempre, anche se non lo saprà mai. Allora io continuo a scrivere, e a sussurrare il suo nome nel buio della notte, aspettando che si presenti nei miei sogni; lui sempre dannatamente bello, io sempre dannatamente innamorata .

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top