Storia della Filosofia - Stephen Hawking


"Potrei essere rinchiuso dentro un guscio di noce, e tuttavia sentirmi re dell'infinito spazio".

Questa frase, tratta dall'Amleto, William Shakespeare, atto II, scena II, ben s'addice alla difficile esistenza di Stephen Hawking. Nato a Londra durante la gravidanza, a causa dei bombardamenti tedeschi, solo nel 1950 la famiglia Hawking trova dimora presso St. Albans dove Stephen frequenta la scuola locale, prima di andare ad Oxford per studiare fisica. In questa autorevole sede universitaria si diploma nel 1962 per poi trasferirsi a Cambridge dove consegue il dottorato in fisica teorica; proprio in questa sede, dopo parecchi anni, diventa il titolare della cattedra lucasiana di matematica.

Il 1962 è anche l'anno in cui gli viene diagnosticata un'atrofia muscolare spinale progressiva (nota anche come ALS, sclerosi laterale amiotrofica), una patologia che comporta un deterioramento progressivo dei nervi che controllano l'azione muscolare volontaria e che lo porterà alla permanenza forzata su di una sedia a rotelle.

Malgrado questo pesantissimo deficit motorio lo abbia reso non autosufficiente sul piano corporeo, tutto questo non ha potuto fermare la smania di conoscenza tipica del grande filosofo. La sua passione sfrenata per il cosmo lo ha portato, sulla scia di Einstein, al tentativo di elaborare una teoria quantistica della gravità che fosse in grado di unificare le quattro forze della natura (interazioni nucleari forte e debole, l'elettromagnetismo e la gravità), sistema scientifico comunemente noto come: "teoria del tutto".

Bisogna tuttavia precisare che il contributo più importante di Stephen Hawking alla ricerca scientifica è stato quello derivante dallo studio delle modificazioni dello spazio-tempo, in particolare il fenomeno dei cosiddetti "buchi neri", ricerca dalla quale è nato il libro Dal big bang ai buchi neri, best-seller di divulgazione scientifica di fama internazionale.

Sappiamo, dalla Teoria della relatività generale di Einstein, che lo spazio-tempo è da considerarsi come un vero e proprio tappeto elastico, il quale, in presenza di grandi masse come stelle o pianeti, si curva, provocando delle distorsioni anche della luce in prossimità dei corpi celesti. Il nostro sistema solare, ad esempio, funziona proprio in questo modo: il sole curva lo spazio-tempo, a causa della sua forte attrazione gravitazionale, ed i pianeti gli viaggiano attorno seguendo un'orbita ellittica, in un delicato equilibrio tra forza centrifuga e centripeta. Questa scoperta fu la rivoluzione del paradigma scientifico newtoniano, secondo il quale l'attrazione fra due oggetti è proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza, principio conosciuto come "legge di gravitazione dell'inverso del quadrato".

Ora, sappiamo anche che le stelle hanno una nascita, un lungo periodo di vita e una morte. La fine di una stella può avvenire in modi spaventosamente potenti, attraverso esplosioni (come nel caso delle supernove) o collassi stellari, eventi, questi ultimi, che possono addirittura bucare lo spazio-tempo dando vita ai famosi buchi neri, che potrebbero essere in numero assai superiore rispetto alle stelle visibili, che vengono stimate da 100 a 400 miliardi solo nella nostra galassia.

Nel 1916 l'astronomo tedesco Karl Schwarzschild dimostra matematicamente che se la massa di una stella si concentra in una regione abbastanza piccola, il suo campo gravitazionale diventa così intenso da non lasciare nemmeno uscire la luce, e tale da rendere questi particolari oggetti cosmici come degli inarrestabili divoratori di materia. 

Inoltre, più il buco nero divora materia, più il suo contorno aumenta.

Prima di Hawking si credeva che qualsiasi cosa fosse disgraziatamente caduta in un buco nero non ne sarebbe più uscita. Il fisico inglese, invece, dimostra che le cose sono un po' diverse.

Ipotizzando che un astronauta abbia la sventura di oltrepassare l'"orizzonte degli eventi", ovvero la soglia di un buco nero, che cosa gli accadrebbe? (Ipotizzando che sopravviva all'enorme forza del campo gravitazionale)

Egli non noterebbe niente di particolare, fin quando non subirebbe la cosiddetta "spaghettificazione", ovvero un progressivo ed inarrestabile allungamento del proprio corpo, a causa dell'enorme forza di gravità, che lo condurrebbe verso una morte certa. Per gli osservatori esterni lo spettacolo consisterebbe nel vedere l'astronauta immobilizzato, pietrificato per l'eternità (e non risucchiato come si ipotizzava tempo fa), col suo orologio che si fermerebbe in un istante eterno, poco prima dell'ingresso; questo fenomeno è causato dalla compressione che subisce il tempo nei pressi dell'orizzonte degli eventi.

Come mai nulla può sfuggire ad un buco nero?

Hawking prende in esame la meccanica quantistica per spiegare tale fenomeno e giustificare la sua teoria. Mentre la teoria della relatività di Einstein è considerata una teoria "classica", a causa del fatto che riconosce la possibilità di determinare la posizione e la velocità di particelle infinitesimali, escludendo aprioristicamente l'elemento della casualità (famosa la frase di Einstein riferita alla nascita dell'universo "Dio non gioca a dadi"), la meccanica quantistica di Eisenberg, Dirac e Schrödinger, si basa sul "principio di indeterminazione" elaborato dallo stesso Werner Eisenberg negli anni 1920. 

Secondo tale assunto le particelle infinitesimali non hanno una posizione e una velocità definite; per di più, la meccanica quantistica prevede che lo spazio sia riempito di particelle virtuali e antiparticelle che si materializzano a coppie, che si separano, che si uniscono e infine che si annichilano a vicenda (queste teorie non vi ricordano, un po', i nostri Pluralisti?). 

Hawking sostiene, inoltre, che i buchi neri non sono eterni, ma evaporano e svaniscono in gigantesche esplosioni. Einstein, come si diceva, non accettò mai l'elemento della casualità previsto dalla meccanica quantistica all'interno dell'universo. A questo scetticismo Hawking risponde con l'affermazione: "Non solo Dio gioca a dadi, ma li getta dove non possono essere visti".

Un'altra domanda alla quale il cosmologo inglese ha tentato di dare una risposta è inerente al problema del tempo. Se l'universo è eterno, è un problema senza senso, visto che esso esiste da sempre e continuerà ad esistere per l'eternità. Ma se l'universo ha avuto un inizio, principio che la scienza fa coincidere col "Big Bang", il tempo scorrerà sempre nella stessa direzione o invertirà il suo corso? (Definito, in questo caso, "Big Crunch")

La domanda è pertinente se si considera il fatto che il nostro cosmo, essendo in espansione (dimostrato dalla teoria della deriva delle galassie di Edwin Hubble alla fine degli anni venti), potrebbe arrivare ad un punto in cui, a causa della forza esercitata dalla gravità della materia in esso contenuta, inizierebbe a regredire per ritornare all'istante iniziale e, anche il tempo invertirebbe il suo corso. 

Ma tranquilli, anche in caso di contrazione dell'universo, il tempo continuerà a scorrere nella medesima direzione per il principio dell'entropia, secondo il quale ogni trasformazione spontanea di un sistema fisico isolato è irreversibile.

Un'importante intuizione di Hawking, sempre riferita al tempo, riguarda il limite imposto alla fisica dall'istante zero, comunemente detto Big Bang. 

Per aggirare tale ostacolo egli propone di utilizzare il "Tempo immaginario", grandezza che viene misurata mediante numeri immaginari. La proposta di Hawking consente di concettualizzare un universo non più di forma conica col vertice a punta rappresentante il Big Bang, ma permette di immaginare un cono con il vertice arrotondato che non coincide più con alcun inizio. Una specie di sfera, insomma. Grazie al tempo immaginario il Big bang non sarebbe altro che un punto di un universo curvo, analogamente al polo nord terrestre, ma con due dimensioni aggiuntive. Combinando la relatività generale e il principio di indeterminazione, lo spazio e il tempo possono essere considerati finiti ma illimitati. L'analogia con la superficie della terra è illuminante in quanto, avendo a che fare con il tempo immaginario, ovvero uno spazio-tempo euclideo in cui la direzione del tempo è posta sullo stesso piano di quella dello spazio, si può ipotizzare che lo spazio-tempo sia finito e che non abbia alcuna singolarità che ne determini un confine o un bordo. Tra le tante teorie sull'universo (stazionario, in espansione, in recessione, eterno ecc.) questa è senz'altro una tra le più stimolanti. 

Postulare che il cosmo non abbia un inizio, significa affermare che non esisterebbe alcun momento zero o, in termini religiosi, di creazione: l'universo non sarebbe mai stato creato e non verrebbe mai distrutto da alcuna mente superiore, entità capace di sottrarsi alle leggi della fisica. 

Da qui, nasce l'idea di dare una spiegazione dell'intero universo tramite una teoria completa, che racchiuda il tutto, comprensibile a tutti gli uomini, nei suoi principi generali. 

Perché l'universo si dà tanta pena di esistere? Qual è la sua natura? Perché l'universo è così come lo vediamo? Qual è il nostro posto in esso? Esiste un Creatore? 

Questa serie di domande, a cui dobbiamo ancora dare una risposta (se mai ce ne sarà una) stimolano la nostra fantasia e il nostro pensiero così come già migliaia di anni fa stimolarono il pensiero e l'immaginazione dei primi filosofi.

Come astrofisico e scienziato, Hawking, avendo in tutta la sua esistenza cercato una risposta a queste domande, rientra, a mio parere, di diritto negli annali dei pensatori che più hanno contribuito a conoscere meglio il nostro universo, grazie alle sue brillanti teorie e alla sua splendida opera.


https://youtu.be/FXRGsa8q1EU

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