Tempo che scorre.
Un traballante oscillare tra quello che veramente voglio e quello che cerco, tra quello che penso e quello che dico, tra quello di cui ho disperatamente bisogno e quello di cui, ammutolita, mi accontento.
Una strabiliante ricerca dell'effimero, solamente per sfuggire da quel desiderio incontrollato di vita.
La verità in realtà è che, alle volte, nel buio dei miei pensieri, penso che non sia così male accontentarsi di vivere scostanti, con la testa in un mondo utopico, un mondo che non ti chiede di fermarti a riflettere su chi vuoi essere perché non gli importa, non gli importa di un filo d'erba in un prato pieno di fiori.
Perché alla fine sei semplicemente il tempo che scorre, il tempo che perdi a cercare di comprenderti, il tempo che impieghi nel capire le sfumature di colore che ti appartengono.
Il tempo che scorre veloce e non torna mai indietro, il tempo che marca il tuo viso e la tua mente.
Quel tempo passato nella disperata ricerca di te stesso, della parte di te più nascosta, quella che tieni chiusa con il lucchetto, quella parte così intima che hai quasi vergogna nello scoprirla.
Così spaventosamente te da tenerla lontana, perché la paura di non essere realmente quello che credi, quello che hai sempre creduto, ti rende fragile.
Siamo sfumature contorte di un mondo che ci vorrebbe limpidi.
Siamo un cielo tempestoso in un giorno d'agosto, siamo occhi vispi di bambini e rughe sulla pelle degli anziani.
Siamo spezzati a metà, tra quello che speriamo di essere e quello che, lentamente, stiamo diventando.
Siamo il tempo che scorre e non torna più indietro.
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